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Sentenza

Transito illegittimo sulla corsia riservata agli autobus: l’infrazione è accerta...
Transito illegittimo sulla corsia riservata agli autobus: l’infrazione è accertata dagli ispettori del trasporto pubblico
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 14 febbraio - 19 giugno 2013, n. 15285
Presidente Goldoni – Relatore Falaschi

Considerato in fatto

Con sentenza n. 3530 del 2011 (depositata il 1 ottobre 2011) il Tribunale di Genova respingeva l'appello proposto dal Comune di Genova nei confronti di S.F. avverso la sentenza n. 5457/2008 del Giudice di pace di Genova, confermando l'accoglimento dell'opposizione proposta ex art. 22 legge n. 689/1981 dall'appellato avverso n. 8 verbali di accertamento elevati fra il 10.4.2007 ed il 18.5.2007 dagli ispettori dell'Azienda Trasporti AMT, relativi alla violazione degli artt. 7.4 e 7.14 del C.d.S., perché transitava con il proprio veicolo nelle corsie riservate agli autobus cittadini (cc.dd. corsie gialle) in via (omissis).
Il Comune di Genova ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 16.12.2011 e depositato il 3.1.2012) nei riguardi della predetta sentenza formulando dodici motivi. L'intimato non si costituiva in questa fase.
Il consigliere relatore, nominato a norma dell'art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all'art. 380 bis c.p.c. proponendo l'accoglimento del ricorso. All'udienza camerale il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

Ritenuto in diritto

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: "Con il primo motivo il Comune denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 201, comma 1 bis, lett. g) C.d.S. e dell'art. 17, comma 133 bis della legge n. 127 del 1997, del D.P.R. n. 250 del 1999 e dell'art. 36 della legge n. 120 del 2010, anche per vizio di motivazione, per avere il giudice del gravame erroneamente ritenuto che le apparecchiature per il rilievo dei transiti sulle corsie riservate debbano soggiacere al D.P.R. n. 250 del 1999 circa il rilascio di autorizzazione ministeriale. Con il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 250 del 1999 e dell'art. 36 legge n. 120 del 2010, anche per vizio di motivazione, per essere stato affermato dal giudice di appello, anche senza alcun supporto motivazionale, che gli operatori privati non potevano sostituirsi al corpo di Polizia municipale.
Con il terzo motivo è lamentata la violazione o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 del D.P.R. n. 250 del 1999 in relazione all'art. 17, comma 133, della legge n. 127 del 1997, anche per vizio di motivazione, per avere il Tribunale maturato il convincimento che la gestione della rilevazione dei transiti delle corsie riservate, trovandosi i relativi monitor presso la sede dell'Azienda Municipalizzata Trasporti, fosse sottratta al monopolio della Polizia Municipale, cosi operando in violazione degli artt. 3 e 5 del D.P.R. n. 250 del 1999 che imporrebbe la gestione direttamente dalla Polizia stradale.
I motivi — che per la loro stretta connessione, vertendo tutti nella sostanza sull'ampiezza dei poteri di accertamento delle violazioni in questione da parte dell'autorità procedente, vanno esaminati congiuntamente - appaiono da condividere. Occorre premettere che nella specie i verbali di contestazione per transito nello spazio riservato alla circolazione dei bus, sono stati elevati da ispettori di azienda esercente il trasporto pubblico di persone cui sono state conferite le funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico, violazioni che erano state oggetto di rilevamento con gli impianti di cui all'art. 11, comma 133 bis, della legge n. 127 del 1997.
Ciò posto, si osserva che questa Corte ha già avuto modo di osservare (cfr Cass. 18 agosto 2006 n. 18186) che la legge 15 maggio 1997 n. 127, art. 17, comma 132, ha stabilito che i comuni possono, con provvedimento del sindaco, conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta a dipendenti comunali o delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione.
Al comma 133, poi, il medesimo art. 27 dispone che le funzioni di cui al comma 132 sono conferite anche al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone nelle forme previste dalla legge 8 giugno 1990 n. 142, artt. 22 e 25, e successive modificazioni. A tale personale sono inoltre conferite, con le stesse modalità di cui al primo periodo del comma 132, le funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, art. 6, comma 4, lett. c).
La legge 23 dicembre 1999 n. 488, art. 68, comma 1, ha successivamente chiarito che la legge 15 maggio 1997 n. 127, art. 17, commi 132 e 133, si interpreta nel senso che il conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni, ivi previste, comprende, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, art. 12, comma 1, lett. c), e successive modificazioni, i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c. (comma 1). La norma ha, inoltre, stabilito che queste funzioni, con gli effetti di cui all'articolo 2700 del codice civile, sono svolte solo da personale nominativamente designato dal sindaco previo accertamento dell'assenza di precedenti o pendenze penali, nell'ambito delle categorie indicate dalla citata legge n. 127 del 1997, art. 17, commi 132 e 133 (comma 2).
Da detta normativa emerge che il legislatore ha inteso conferire agli ispettori delle aziende di trasporto pubblico urbano il controllo della sosta e della circolazione sulle corsie riservate ai mezzi pubblici, anche se non limitato a detto territorio  (ma anche nell'intero territorio comunale: cfr Cass. 24 ottobre 2009 n. 22676).
Ne consegue che la sentenza, avendo premesso che il verbalizzante era un dipendente dell'Azienda Trasporti AMT, non poteva escludere la legittimità dell'accertamento da parte di detta categoria della violazione del divieto di transito di veicoli nelle corsie riservate sul rilievo del "sostanziale monopolio e primazia della polizia stradale (nella specie, municipale) per ciò che concerne l'autorizzazione all'impiego del Sirio Ves per le corsie riservate; l'installazione degli apparati di controllo; la disponibilità dei sistemi di controllo esclusivamente presso la Polizia Municipale, e non presso strutture tecniche della concessionaria, come avvenuto nella specie", non trovando la limitazione all'esercizio da parte degli ispettori AMT delle funzioni di prevenzioni ed accertamento delle infrazioni in materia di circolazione nell'ambito delle cc.dd. corsie gialle alcun riscontro nella disciplina normativa, che caratterizza invece altre categorie (come gli ausiliari del traffico). Del resto la stessa sentenza n. 18186/2006 cit. e successivamente le Sezioni Unite (v. Cass. SS.UU. 9 marzo 2009 n. 5621), queste ultime seppure implicitamente, hanno confermato che la circolazione in corsie riservate ai mezzi pubblici può essere accertata solo dal personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico di persone (cfr. in tal senso anche Cass. 13 gennaio 2009 n. 551), dovendosi aggiungere che l'equiparazione dei dipendenti della concessionaria AMT alla Polizia stradale, prevista normativamente, non contempla limitazione alcuna circa le modalità di rilievo delle contestazioni.
Il quarto motivo - con il quale l'ente locale lamenta la violazione o erronea applicazione dell'art. 68 della legge n. 488 del 1999 - ed il quinto motivo - con quale viene dedotta la contraddittoria motivazione circa l'equiparazione degli ausiliari del traffico al personale di Polizia stradale - appaiono superati da quanto sopra esposto e comunque non coglierebbero la ratio decidendi del provvedimento impugnato dal momento che l'argomentazione fondante il convincimento del giudice del gravame attiene alla diversa questione della estensione e delle modalità di esercizio dei poteri conferiti al personale A.M.T..
Con il sesto motivo il Comune ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 112 c.p.c. per infripetizione, nonché dell'art. 111 Cost. in relazione all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., per avere il giudice di appello omesso di pronunciarsi sull'eccezione di inammissibilità della nuova questione relativa all'osservanza della normativa a tutela dei dati personali, non sollevata in primo grado dall'opponente se non in comparsa conclusionale; con il settimo motivo in relazione alla medesima questione viene dedotta la violazione dell'art. 112 c.p.c. per extrapetizione quale conseguenza della violazione di cui al sesto motivo; con l'ottavo motivo viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003, in precedenza legge n. 615 del 1996, nonché degli artt. 3 e 4 del D.P.R. n. 250 del 1999 e art. Ili Cost.; con il nono motivo viene lamentato il vizio di motivazione laddove il giudice del gravame ha ritenuto equiparabili A.M.T. e Polizia stradale per le sole contestazioni visive dirette dei transiti sulle corsie riservate, mentre ha considerato non operante tale equiparazione per le riprese da remoto, con apparecchiature elettroniche; con il decimo motivo l'Amministrazione locale ha insistito nella violazione e/o falsa applicazione del Codice privacy, anche per vizio di motivazione, argomentazione utilizzata dal giudice di appello per giustificare la differenziazione del personale A.M.T. e Polizia stradale circa il momento di elevazione della contestazione.
Anche dette censure (dal sei al dieci) - che per la evidente connessione logico- argomentativa vanno esaminate congiuntamente e nel loro complesso -appaiono meritevoli di accoglimento.
Invero anche a non volere ritenere la novità della questione sottoposta al vaglio del giudice di appello in ordine alla violazione della normativa in materia di tutela dei dati personali, potendo essere ricompresa nell'ampio concetto di illegittimità della procedura di accertamento dell'infrazione (cfr pag. 6 della decisione impugnata), occorre osservare che come questa corte ha avuto occasione di rilevare (cfr, da ultimo, Cass. 24 aprile 2010 n. 9877), l'art. 201 C.d.S., comma 1 bis, dispone che "Fermo restando quanto indicato dal comma 1, nei seguenti casi la contestazione immediata non è necessaria e agli interessati sono notificati gli estremi della violazione nei termini di cui al comma 2... e) accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia. stradale e nella loro disponibilità", mentre l'art. 345 regr. esec. C.d.S., peraltro con riferimento all'eccesso di velocità, prescrive che l'accertamento avvenga tutelando la riservatezza dell'utente. Ed è questo il momento di sintesi della tutela della privacy, incentrato sull'atto del riscontro della violazione, giacché nel quadro normativo di riferimento sopra delineato -diversamente dalle argomentazioni del giudice di appello - non è consentito desumere che si tratti di garanzia che attenga all'individuazione dell'autorità deputata all'accertamento, valendo per la gestione delle apparecchiature ai sensi dell'art. 12 C.d.S. le considerazioni sopra svolte.
Per completezza motivazionale si osserva che per gli impianti di rilevazione degli accessi dei veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, che devono essere conformi anche alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 250 del 1999, è necessario che la relativa documentazione sia conservata per il solo periodo necessario per contestare le infrazioni e definire il relativo contenzioso e che ad essa si possa inoltre accedere solo a fini di indagine giudiziaria o di polizia. La deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali del 29 aprile 2004, per quanto qui rileva, ha poi previsto, in via generale, al punto 3.1., che gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e dell'eventuale registrazione, non applicabile alla fattispecie in esame, ratione temporis, la più recente delibera 8 aprile 2010 del Garante per la protezione dei dati personali adottata sempre in materia di videosorveglianza, la prima ad essersi posto in via generale il problema della previa informativa agli utenti, laddove in precedenza specifiche disposizioni stabilivano un simile obbligo per alcune violazioni, quale ad esempio quella dei limiti di velocità rilevate a mezzo di apparecchiature elettroniche (in tal senso v. Cass. 2 febbraio 2012 n. 1479).
Con l'undicesimo motivo il Comune ha denunciato in relazione all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell'art. 1 del D.P.R. n. 250 del 1999, della legge n. 689 del 1981, dell'art. 99 c.p.c., oltre a vizio di extra petizione ex art. 112 c.p.c. ed error in procedendo per avere il Tribunale ritenuto non sussistere l'autorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti necessaria per rilevare i transiti nelle corsie riservate, avendo, di converso, l'opponente lamentato il solo difetto di omologazione, autorizzazione peraltro non necessaria; con il dodicesimo motivo viene dedotta in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la violazione dell'art. 12 del C.d.S. sempre in considerazione della ritenuta necessità di ottenere autorizzazione ministeriale.
Pure gli ultimi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono manifestamente fondati. Il vizio dell'impugnata sentenza denunziato da parte dell'amministrazione ricorrente consiste, infatti, nell'erronea interpretazione ed applicazione della normativa (secondaria) in materia di autorizzazioni per il rilevamento di transiti nelle corsie riservate da parte dei giudici di merito più che in un'inadeguata valutazione delle caratteristiche tecniche dell'apparecchiatura in discussione, laddove dal testo della medesima decisione, nella parte relativa allo svolgimento del processo, emerge evidente che la ragione dell'opposizione alla sanzione amministrativa era incentrata nella mancata omologazione degli apparati di controllo, nonché nella illegittimità (per eccesso di potere) del procedimento che ha condotto alla installazione delle apparecchiature di rilevazione degli accessi, oltre alla questione della presegnalazione della esistenza dell'apparecchiatura di rilevazione a distanza.
In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all'art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta fondatezza del ricorso".
Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta, sono condivisi dal Collegio, e, pertanto, il ricorso va accolto.
Alla fondatezza del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo, peraltro, necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa, a norma dell'art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, può essere decisa nel merito, con rigetto dell'opposizione.
In considerazione dell'oscillante esito del giudizio nei diversi gradi, si ritiene sussistere giusti motivi per dichiarare interamente compensate le spese processuali per tutte le fasi processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione;
dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite di tutti i gradi di giudizio.
Avv. Antonino Sugamele

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