Tribunale di Rovereto. Danni patrimoniali e non patrimoniali. Danni morali.
Autorità: Tribunale Rovereto
Data: 29 gennaio 2013
Numero:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROVERETO
- in composizione monocratica -
Il Giudice del Tribunale di Rovereto dr. Riccardo Dies ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile promossa da D. G., elettivamente domiciliata in
Trento, via M., presso lo studio dell'Avv. Franco Nardelli che la
difende e rappresenta in giudizio come da mandato a margine all'atto
di citazione.
ATTRICE
CONTRO
T. R., residente in Ponarolo (TN), via C. e Royal & Sunalliance
Assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, con
sede legale in Genova, via M.P..
CONVENUTI CONTUMACI
E
Allianz S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore S.
U., elettivamente domiciliata in Rovereto, c.so R., presso lo studio
dell'Avv. Enrico Ballardini che la rappresenta e difende in giudizio
come da mandato a margine della comparsa di intervento volontario.
TERZA INTERVENUTA
Conclusioni delle parti. Per l'attrice: "Voglia l'Ill.mo Tribunale
di Rovereto adito, nel merito, accertato che il sinistro di causa
verificatosi a Rovereto il 12.09.2008 è da ascriversi all'esclusiva
responsabilità del signor R. T., conducente della vettura Citroen,
targata ... ed assicurata Royla & Sunalliance Assicurazioni,
condannare in solido i convenuti R. T. e Royal & Sunalliance
Assicurazoni, in persona del legale rappresentante pro tempore, a
risarcire alla signora G. D. i danni patrimoniali e non patrimoniali
tutti subiti quantificati globalmente nell'importo di euro 33.829,85
e, quindi, al netto dell'importo di euro 12.337,72 già versato ante
causam, in complessivi euro 21.292,13 o in quella misura diversa,
maggiore o minore, che sarà ritenuta di giustizia, oltre a
rivalutazione monetaria ed interessi dal giorno del sinistro al
saldo. Parte attrice si rimette alla decisione del Tribunale, sia
per quanto riguarda la domanda di manleva formulata, in via
subordinata, dalla terza intervenuta Alliazn S.pA. sia,
sussistendone i presupposti, in ordine alla sentenza dell'Isvap ai
sensi e per le conseguenze di cui all'ar. 148, comma 10 cod. ass.
priv. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa. In via
istruttoria come da foglio di conclusione allegato all'udienza del
08.02.2010."
Per la terza intervenuta: "Voglia l'Ill.mo Tribunale di Rovereto,
contrariis rejectis, 1) nel merito, in via principale, accertare che
il risarcimento già corrisposto corrisponde a quanto dovuto e per
l'effetto rigettare ogni e qualsiasi domanda formulata dall'attrice
siccome infondata in fatto e in diritto, anche in via di eccezione
ex art. 1227, comma 2 c.c.; 2) nel merito, in subordine, nella
denegata ipotesi di accertamento e conseguente declaratoria di una
somma di danno eccedente quanto già consegnato all'attrice, ridurre
le richieste attoree a giustizia e, detratti gli acconti già
versati, dichiarare la Società Allainz Sp.A. tenuta a manlevare e
garantire la società Royal & Sunalliance S.p.A. da ogni negativa
statuizione nei limiti definiti dall'art. 139 cod. ass. priv. (e
quindi fino all'importo corrispondente al 9% di danno biologico); 3)
in ogni caso, spese, diritti ed onorari di causa integralmente
rifuse oltre IVA, CNPA 4% e 12,5% spese generali."
OGGETTO: risarcimento danni da sinistro stradale.
(Torna su ) Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Omesso lo svolgimento del processo, ai sensi del nuovo testo dell'art. 132, comma 2 nr. 4 c.p.c. introdotto dall'art. 45, comma 17 legge nr. 69 del 2009, va solo preliminarmente precisato che l'attrice ha svolto domanda di risarcimento danni nei confronti del responsabile e del suo assicuratore r.c. auto (i convenuti), a norma dell'art. 145 cod. ass., anche sul presupposto che il proprio danno alla persona superasse la soglia del 9%, prevista dall'art. 149 cod. ass. per attivare la c.d. procedura di risarcimento diretto nei confronti del proprio assicuratore (la domanda iniziale si fondava su un'allegazione di un danno alla persona del 16%). A sua volta Allianz S.p.A. è volontariamente intervenuta nel processo, quale assicuratore r.c. auto dell'attrice, sul presupposto che il suo danno alla persona fosse inferiore a quella soglia (precisamente la terza intervenuta assumeva fosse del 6%, sulla base della perizia svolta dal proprio medico fiduciario) e dunque assumendo la propria legittimazione passiva a norma del cit. art. 149 cod. ass. Benché la CTU svolta abbia stimato il danno alla persona in un 8-9%, con valutazione sostanzialmente condivisa dall'attrice, in quanto negli scritti conclusivi la stessa ha ammesso che il preteso danno psichico, dal CTU escluso come danno biologico, si configurasse solo come motivo di adeguamento del valore per punto percentuale, l'attrice ha tuttavia continuato a richiedere i danni ai convenuti e non anche alla terza chiamata, come del resto gli è consentito una volta chiarito che la procedura di cui all'art. 149 cod. ass. è solo una facoltà in più per il danneggiato e non un obbligo (cfr. Corte Cost. 22.04.2009, nr. 180).
Ciò chiarito, la domanda dell'attrice è solo parzialmente fondata e va, pertanto, accolta nei termini di seguito precisati.
La responsabilità esclusiva del sinistro stradale per cui è causa non è minimamente contestata dalla terza intervenuta e dagli stessi convenuti rimasti contumaci ed emerge, del resto, in modo inconfutabile dalle prove documentali dimesse dall'attrice (crf. doc.ti 1, 2 e 81-82 attr.). Emerge infatti che il convenuto T. R. nel condurre la propria vettura ne perdeva il controllo andando ad invadere l'opposta corsia di marcia sulla quale procedeva regolarmente l'attrice, investendola in pieno e frontalmente.
L'oggetto della causa è pertanto limitato alla liquidazione dei danni subiti per effetto del sinistro dall'attrice.
L'attrice ha inizialmente allegato un danno biologico da invalidità permanente del 16%, nonostante l'evidente minima entità delle lesioni fisiche, limitate ad una lesione al rachide cervicale e ad un danno estetico da deformazione post-traumatica al seno destro, in considerazione di un danno psichico configurato come disturbo post traumatico da stress, che è risultato sin da subito decisamente contestato dalla terza chiamata.
Il CTU, con indagine immune da vizi logici e di motivazione, in tutto congruente con la copiosa documentazione clinica versata in atti e sorretta dal parere dell'ausiliario, esperto in psichiatria, dott. F. B., ha escluso qualsiasi danno biologico come danno psichico e ha valutato le lesioni fisiche in un 8-9% di invalidità permanente, in 10 giorni di inabilità temporanea totale, in 10 giorni di parziale al 75%, 45 giorni di parziale al 50% e 60 giorni di parziale al 25%. Con riferimento all'invalidità permanente gli esiti invalidanti sono descritti come: 1) "esiti di trauma discorsivo rachide cervicale, con limitazione antalgica dei movimenti del capo, con segni di sofferenza C8 a destra, strumentalmente (EMG) accertati"; 2) "danno estetico da deformazione psot-traumatica e saltuarie algie alla mammella destra, in esito a liponecrosi".
In risposta alle osservazioni del CTP dell'assicuratore, il CTU ha precisato che ha ritenuto che le due distinte lesioni fisiche rientrassero a pieno diritto nei valori massimi di riferimento, ossia il 4 ed il 5%. Con riferimento al danno estetico alla mammella, particolarmente contestato dal CTP, ha ricordato che pur trattandosi di parte nascosta del corpo coinvolge l'intimità della persona, mentre il prospettato intervento plastico con un preventivo di euro 2.550,00 non comporterebbe un assoluto annullamento del danno ma solo un semplice miglioramento, stimabile in un 2,5% e, pertanto, il danno biologico scenderebbe al 6-7%.
Si tratta di valutazioni che devono essere condivise con l'avvertenza, da un lato, che il danno biologico da invalidità permanente va valutato, secondo le indicazioni del CTU, nella misura del 9% (4+5) e, dall'altro, che tra le spese per cure mediche non potrà essere riconosciuta la somma di euro 2.550,00 per il possibile intervento plastico al seno, di cui l'attrice ha prodotto il preventivo di spesa (cfr. doc. 28), sia perché l'attrice ad oltre 4 anni di distanza non si è sottoposta all'intervento sia perché, come si è visto, l'indicata spesa implicherebbe una riduzione del danno biologico. In buona sostanza l'attrice non può pretendere, da un lato, il riconoscimento del danno biologico come ora si presenta e, dall'altro, anche il riconoscimento della spesa per l'intervento plastico, che in realtà non intende sostenere e che consentirebbe di ridurre in modo significativo il danno biologico.
Con riferimento al danno psichico, il CTU ed il suo ausiliario esperto in psichiatria, ancora con indagine accurata, immune da vizi logici e di motivazione e che va, pertanto, interamente condivisa, ha evidenziato la presenza di sintomi significativi di disagio psichico, quali discontinuità nel sonno, ruminazioni sull'evento, limitazione nell'uso dell'auto, pensieri ipocondriaci sul fatto che al seno destro lesionato possa in futuro svilupparsi un cancro, che sono stati tuttavia ritenuti insufficienti sul piano nosografico per riconoscere un disturbo post traumatico da stress, per l'assenza del tipico quadro clinico (cfr. relazione dell'ausiliario, pg. 4), configurandosi piuttosto un semplice "disturbo dell'adattamento con ansia e umore depresso misti", il cui grado tuttavia non assume la rilevanza di una infermità che possa integrare un danno biologico di natura psichica, anche se si tratta di una condizione di sofferenza che si "riverbera sull'equilibrio soggettivo e sul versante interpersonale". CTU ed ausiliario propongono pertanto di prendere in considerazione questo disturbo psichico, non qualificabile come vera e propria malattia psichiatrica clinicamente accertabile, al solo fine dell'adeguamento al caso concreto del valore del punto di invalidità del danno biologico ovvero del riconoscimento di un certo grado di sofferenza psichica (danno c.d. morale). Della effettiva sussistenza di un disagio psichico rilevante, in buona misura sganciata dalla pregnanza delle lesioni fisiche, come si è visto inquadrabili nelle c.d. micropermanenti, va osservato come possa ritenersi un riscontro fattuale alle valutazione dell'esperto l'estrema violenza dell'urto tra i due veicoli, desumibile dalla quasi totale distruzione degli stessi (cfr. fotografie prodotte sub 81 e 82 attr.). Insomma è ben verosimile che un incidente assai violento ed improvviso possa arrecare alla vittima un disagio psichico che non trovi usuale riscontro nelle minime lesioni fisiche in concreto subite.
La proposta del CTU merita piena condivisione perché di danno biologico di natura psichica può legittimamente discorrersi solo in presenza di una vera e propria patologia psichiatrica clinicamente accertabile, che non può essere confusa con un semplice disagio psichico. D'altra parte quando il disagio psichico è accertato e supera in modo considerevole quanto normalmente si verifica per le lesioni fisiche subite, come avvenuto nel caso di specie, non è dubitabile che il danneggiato abbia diritto di un adeguamento del risarcimento, appunto perché si è accertato che quelle lesioni fisiche hanno comportato un corteo di pregiudizi diverso e maggiore di quanto accade nella normalità dei casi ed essendo noto che i valori tabellari necessariamente prendono in considerazione solo ciò che accade nella normalità dei casi.
Al fine poi di determinare l'esatto ammontare del suddetto adeguamento, è poi rilevante osservare come dalla stessa relazione psichiatrica dell'ausiliario del CTU emerge chiaramente come il disagio psichico di cui l'attrice soffre abbia inciso sia sulla dimensione per così dire esistenziale del danno biologico, pregiudicando il rapporto con gli altri e le varie attività (ad es. l'attrice non guida più la vettura fuori dai centri cittadini e quando è trasportata dal marito lo stressa per la paura di subire ulteriori incidenti), sia sotto il profilo della sofferenza interna.
Ciò premesso, sulla base degli elementi di cui sopra il danno non patrimoniale alla persona può essere liquidato come segue.
Trattandosi di c.d. micropermanenti devono trovare applicazione i criteri di liquidazione di cui all'art. 138 cod. ass., coi valori (euro 720,95 per il primo punto di invalidità permanente ed euro 42,06 per ogni giorno di inabilità assoluta) di cui al d.m. 24.06.2008 (in G.U. 30.06.2008, nr. 151), in vigore al momento del sinistro.
Considerando che, al momento del sinistro, l'attrice aveva 66 anni essendo nata il 31.12.1941, il danno biologico è il seguente:
euro 10.783,66 per il 9% di invalidità permanente (= euro 720,95 x 9 x 2,3 meno il 27,5%, per effetto della decurtazione dello 0,50% ogni anno d'età a partire dall'undicesimo);
euro 2.313,30 per l'inabilità temporanea (= euro 420,60 per l'inabilità totale; euro 715,45 per la parziale al 75%; euro 946,35 per la parziale al 50% ed euro 630,90 per la parziale al 25%).
Il danno biologico complessivo per così dire "base" è pertanto pari ad euro 13.096,96.
Si pone a questo punto il problema dell'adeguamento del risarcimento al caso concreto, sulla base di quanto sopra precisato in ordine al disagio psichico patito dall'attrice e ciò dovrà essere necessariamente fatto sulla base del fondamentale insegnamento delle Sezioni Unite del novembre 2008 in tema di danno non patrimoniale (cfr. Cass. Sez. un. 11.11.2008, nr. 26972, 26973, 26974 e 26975) le quali, come è noto, hanno fatto strage delle vecchie categorie concettuali e, in particolare del danno c.d. morale e c.d. esistenziale (ma anche del danno biologico), ritenute mere sintesi descrittive, per ricondurre l'intera materia del risarcimento del danno alla persona al sistema bipolare originariamente accolto nel codice.
Due pertanto sono solo le categorie di danno ammesse: danno patrimoniale e danno non patrimoniale.
Sul piano operativo, poi, le Sezioni Unite individuano due contrapposti principi che il Giudice deve tenere entrambi sempre in considerazione, per operare la corretta ed unitaria liquidazione equitativa del danno non patrimoniale.
Il principio secondo il quale l'ampia nozione di danno non patrimoniale desumibile dall'interpretazione costituzionalmente orientata dall'art. 2059 c.c. impone la considerazione di tutte le singole conseguenze pregiudizievoli (c.d. danno - conseguenza) derivanti dalla lesione dell'interesse (danno-evento o danno ingiusto) e, pertanto, non solo le mere sofferenze psichiche che venivano in passato qualificate come danno morale c.d. soggettivo ma anche le ripercussioni sull'esistenza delle persone, con riguardo al "non poter più fare", ricondotte in passato sotto le categorie del danno biologico o del danno esistenziale. Il principio secondo il quale vanno evitati con cura tutti i rischi di duplicazioni risarcitorie, ossia il rischio di risarcire due volte la stessa conseguenza pregiudizievole, ossia lo stesso danno, mediante l'espediente di definirlo in modo diverso (tipico il caso dei rapporti tra danno biologico e danno esistenziale).
Pertanto, se sono solo due le categorie di danno risarcibili, va però subito avvertito che la categorie del danno non patrimoniale può risultare composta da una somma di pregiudizi o "voci" risarcitorie che, benché non possano assurgere ad autonome categorie, devono essere tutte considerate ai fini della liquidazione integrale del danno. Infatti, la mancata considerazione di una singola conseguenza pregiudizievole comporta la violazione del principio di integrale risarcimento del danno, così come la doppia considerazione della medesima conseguenza pregiudizievole, variamente denominata ad es. come danno biologico e come danno esistenziale, implica la violazione del divieto delle duplicazioni risarcitorie.
Il profilo più critico, sotto questo aspetto, attiene ai rapporti tra danno biologico e danno morale, perché un passaggio particolarmente virulento posto alla fine della sentenza (pg. 47) sembra implicare la decurtazione, puramente e semplicemente, del danno morale dalla liquidazione del risarcimento: "determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale (...), sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo". Se ci si dovesse fermare a questo punto si dovrebbe giungere alla conclusione che i risarcimenti successivi al 28.11.2008 subirebbero un drastico ridimensionamento, nei termini sopra riferiti.
Sennonché certamente non è così, anche a prescindere dalla successiva giurisprudenza che ha continuato a riconoscere l'autonoma rilevanza della sofferenza morale soggettiva quale singolo pregiudizio risarcibile. Infatti, immediatamente dopo le stesse Sezioni Unite aggiungono: "esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza". Questa seconda affermazione consente di affermare che il ristoro del pregiudizio rappresentato dalla sofferenza psichica e fisica, ossia il vecchio danno morale, potrà continuare ad influire sulla concreta liquidazione del danno, sotto forma di adeguamento del danno biologico o, meglio ancora se si vuole adottare sino in fondo la sistematica concettuale delle Sezioni Unite, del danno non patrimoniale genericamente inteso, unitariamente considerato e composto sia dai pregiudizi di tipo esistenziale, sino ad ora denominati danno biologico, sia delle sofferenze interne, sino ad ora denominati danno morale.
Va però subito aggiunto che qualcosa sul piano operativo cambia o, comunque rischia di cambiare, perché le Sezioni Unite mostrano di guardare con grande sfavore l'automatismo col quale si era soliti liquidare il danno morale in una quota del biologico: occorre perlomeno allegare la sofferenza ed il Giudice per liquidarla deve accertarne, anche a mezzo di presunzioni, l'esistenza. Quindi scompare l'automatismo ma scompare anche il limite rappresentato da una quota del danno biologico cui si era soliti fare riferimento, non essendo impossibile individuare singoli casi in cui la sofferenza superi persino il biologico.
All'indomani delle sentenze delle Sezioni Unite tutti i giudici di merito si sono posti il problema dell'adeguamento dei concreti criteri di risarcimento, prima ancora che le tabelle potessero essere aggiornate (come poi avvenuto con le tabelle milanesi nella versione del 2009), con specifico riferimento alle ipotesi più ricorrenti, ossia la lesione dell'integrità psico-fisica, che pone il problema del rapporto tra i "vecchi" danno biologico e danno morale (intesi come categorie).
Per risolvere correttamente il problema occorre preventivamente identificare con chiarezza nelle varie ipotesi il preciso oggetto del risarcimento, alla stregua del diverso ordine categoriale accolto nella prassi prima dell'intervento delle Sezioni Unite.
Da questo punto di vista non si può dubitare che l'oggetto del risarcimento del danno biologico era limitato alle sole conseguenze per così dire "esistenziali" della lesione, ovvero per utilizzare il linguaggio del legislatore "all'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato"(cfr. artt. 138 e 139 cod. ass.). Si può pertanto affermare che la misura del risarcimento del danno biologico espresso dalle "vecchie" tabelle pretorie e dalle tabelle, ancora attuali, di fonte legale, si riferisse unicamente al complesso di queste conseguenze pregiudizievoli che si verificano nella normalità dei casi per le lesioni del tipo oggetto di decisione e per un danneggiato con quella età. E' altresì noto che questa misura poteva essere adeguata in eccesso nel caso il danneggiato dimostrasse di aver subito conseguenze pregiudizievoli eccezionali, ossia decisamente maggiori di quanto accade nella normalità dei casi (per esemplificare, si consideri la perdita di una gamba per un grande appassionato di escursioni in montagna). L'adeguamento era subordinato all'allegazione e alla prova che per quel soggetto le conseguenze pregiudizievoli sulle proprie abitudini di vita erano state in concreto maggiori di quanto normalmente si verifica nella normalità dei casi.
La misura di questo adeguamento, per le c.d. micro permanenti non può legalmente superare la soglia del quinto, a norma dell'art. 139 cod. ass., sicché manifestamente infondata è la pretesa dell'attrice di ottenere un appesantimento del 40% per le maggiori conseguenze di natura esistenziali (cfr. comparsa conclusionale, pg. 10).
Tuttavia questo adeguamento non riguardava e non riguarda ancora in alcun modo la sofferenza interna che, non a caso, prime delle Sezioni Unite si era soliti risarcire a titolo di danno morale, con una somma aggiuntiva fissata in una frazione del biologico (da un terzo alla metà) ed in base ad un automatismo, la cui legittimità è ora esclusa dalle Sezioni Unite. Se però la sofferenza morale viene allegata e provata dal danneggiato, come le stesse Sezioni Unite chiariscono, il risarcimento del danno biologico, rectius del danno non patrimoniale, deve essere ulteriormente adeguato in relazione all'entità delle sofferenze subite. Si tratta, tuttavia, di un adeguamento diverso da quello appena sopra indicato, perché correlato non a conseguenze "esistenziali" diverse e maggiori di quanto accade nella normalità dei casi, ma a sofferenze che possono anche non esservi, come tipicamente avviene proprio in tema di microperamenti, perché spesso proprio la minimalità della lesione fisica esclude un qualsiasi grado di sofferenza morale.
Ma ciò non toglie che le soglie legali previste per l'adeguamento del biologico, in particolare la soglia del quinto prevista dall'art. 139 cod. ass. per le micro permanenti, non può trovare applicazione per l'adeguamento del danno biologico, giustificato dalla ricorrenza di sofferenze morali. Insomma, proprio la piena applicazione dei principi esposti dalle Sezioni Unite impone di adeguare il danno biologico per le sofferenze morali senza alcun automatismo e, pertanto, solo a seguito di precise allegazioni e prove e di una specifica motivazione, ma anche senza alcun limite premeditato. Viceversa la soglia legale del quinto continua ad essere applicata con riferimento all'adeguamento del caso concreto per le conseguenze pregiudizievoli di tipo esterno o "esistenziale" (per chi è affezionato a questa terminologia), ossia all'oggetto del risarcimento legalmente definito dal cit. art. 139 (e 138) cod. ass.
Ciò precisato, considerando che il disagio psichico che affligge l'attrice in conseguenza del sinistro per cui è causa ha comportato, come si è sopra visto, sia un maggiore pregiudizio esterno, di natura biologico-esistenziale, sia una maggiore sofferenza interna, che in passato si sarebbe definita come danno morale, considerando inoltre che la soglia del quinto per il primo tipo di adeguamento consente di giungere ad un danno biologico al massimo di euro 15.716.35, si può ritenere che in forza del secondo tipo di adeguamento, conseguente alla sofferenza morale che nel caso di specie c'è stata ed è stata provata, ance a mezzo di CTU, il danno non patrimoniale complessivo sia di euro 18.000,00.
Si precisa che l'adeguamento del danno al caso concreto non è stato spinto sino alle estreme conseguenze, con riferimento alla sofferenza morale, perché si deve ritenere che la valutazione del danno biologico base del 9%, compiuto dal CTU, sia già estremamente favorevole per la danneggiata, non tanto perché il CTU ha stimato le due lesioni fisiche (rachide cervicale e danno estetico al seno) nella loro massima estensione, cosa che appare decisamente condivisibile alla luce della copiosa documentazione clinica prodotta, quanto perché ha provveduto ad una somma algebrica delle stesse, mentre è prassi nella medicina legale procedere ad una stima complessiva e in via di sintesi, con risultati normalmente assai inferiori rispetto alla somma algebrica (esemplificando chi subisce 100 distinte lesioni con invalidità dell'1% ciascuna conduce una vita pressoché normale e non si può pertanto certamente riconoscere un'invalidità del 100%, che invece descrive la vita di chi sia paralizzato a letto).
Alla luce dei rilievi che precedono manifestamente eccessiva è la pretesa dell'attrice di ottenere un risarcimento a titolo di danno morale pari alla metà del danno non patrimoniale, tra l'altro con disinvolto uso delle categorie concettuali adottate prima e dopo l'intervento delle Sezioni Unite.
Ulteriore forte contrasto vi è sui danni patrimoniali esposti da parte attrice, anche in questo caso in distinte voci.
Viene in primo luogo in rilievo un preteso danno di euro 2.000,00 che l'attrice avrebbe corrisposto alla figlia L. per l'aiuto nei lavori casalinghi e nell'impresa familiare di carrozzeria ove l'attrice collabora (cfr. doc. 33). La circostanza è stata confermata dalla testimonianza della figlia la quale ha confermato di aver percepito la somma di euro 500,00 al mese per 4 mesi e di aver aiutato la madre sia nei lavori di casalinga, in precedenza svolti in piena autonomia, sia nel disbrigo di pratiche burocratiche per la carrozzeria di cui è titolare il padre. Sennonché in considerazione del fatto che questo danno non ha trovato alcun riscontro documentale e solo la testimonianza di una persona vicina e direttamente interessata (la figlia), mentre il CTU, in risposta alle osservazioni dei CTP, ha precisato che le lesioni subite dall'attrice hanno comportato solo che "nei primi dieci giorni la paziente non abbia potuto svolgere alcuna attività lavorativa e nei successivi 55 giorni, solo parzialmente (al 50%), avendo difficoltà negli spostamenti", con esclusione pertanto di una inabilità lavorativa durata ben 4 mesi, come invece riferito dalla figlia, si può solo riconoscere a tale titolo, in via equitativa, la somma di euro 500,00.
Quanto alle spese mediche di cui ai numerosi documenti prodotti dall'attrice (cfr. doc.ti 34-59 e 95-99), il CTU aveva inizialmente ritenuto congrue solo le spese sostenuto dal settembre 2008 al gennaio 2009, per un importo complessivo di euro 1.788,41 e a questa quantificazione la difesa dell'attrice ha limitato la domanda nel foglio di precisazione delle conclusioni, salvo poi pretendere in conclusionale la maggior somma di euro 3.119,43, in considerazione di un preteso errore materiale e del rilievo che poi il CTU, a seguito dei rilievi del CTP, ha riconosciuto ulteriori spese.
Resta tuttavia il fatto che la limitazione della domanda in sede di precisazione delle conclusioni configura rinunzia della stessa per l'eccesso e non è consentito alla parte una nuova estensione sulla base di un preteso errore materiale, che in realtà è una diversa valutazione del materiale probatorio. Si deve poi osservare, con riferimento alle iniziali pretese, come il CTU nella risposta al CTP osservi anche come le spese inerenti a soggiorni e cure termali siano relative alle alterazioni osteo-artrosiche di cui è affetta, ma non specificatamente ai postumi del sinistro in oggetto.
Si deve pertanto, riconoscere a tale titolo solo la somma di euro 1.788,41.
A seguito di un giudizio equitativo ed in assenza di una compiuta prova sul relativo ammontare può essere riconosciuta la somma complessiva di euro 1.000,00 per spese di trasporto, per i danni subiti durante il sinistro ai vestiti e per la perdita di un collier in oro giallo e di un orecchino. E' bensì vero che, quanto alla pretesa più rilevante, di euro 2.000,00 per la perdita dei gioielli, il danno è parzialmente provato a messo della denunzia di smarrimento presentata dall'attrice, dalle foto dei gioielli (cfr. doc.ti 60.61) nonché dalla testimonianza del marito che ha dichiarato, in particolare, che si trattava di suoi regali per i quali ha speso euro 1.500,00 per il collier ed euro 500,00 per gli orecchini (di cui peraltro è andato peso un solo esemplare), ma in assenza degli scontrini fiscali la sola testimonianza del marito, quale persona di certo non disinteressata, non può essere ritenuta sufficiente a dimostrare l'effettivo ammontare del danno subito.
Infine va rigettata la pretesa di ottenere il rimborso dell'importo di euro 2.400,00 per il pagamento delle competenze alla Garda Multiservice S.a.s. che ha pacificamente tutelato nella fase stragiudiziale gli interessi dell'attrice (cfr. preavviso di parcella sub doc. 63).
Con ciò non si vuole mettere minimamente in discussione l'insegnamento della Cassazione secondo il quale "il danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese legali; se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all'instaurazione del giudizio divengono componente del danno da liquidare e, come tali, devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali" (cfr. Cass., 02.02.2006, n. 2275).
Ma mette conto di osservare come la Garda Multiservice abbia già ricevuto la somma di euro 1.479,60 dalla terza intervenuta in occasione del pagamento dell'acconto (cfr. doc. 62 e 74 attr.), che il fallimento delle trattative è in massima parte imputabile all'esposizione di danni inesistenti o gonfiati ad arte da parte dell'attrice e della stessa società di servizi in questione. Poiché la somma già corrisposta appare del tutto congrua a compensare tutta l'attività di assistenza prestata nella fase stragiudiziale che, alla luce della documentazione dimessa dalla stessa attrice, è limitata alla redazione di qualche lettera di richiesta di risarcimento danni e alla presentazione di professionisti per la redazione di perizie di parte, nulla può essere riconosciuto a tale titolo. Naturalmente ciò non toglie che le parti del contratto di opera professionale possano concordare somme maggiori per l'opera svolta, ma si deve escludere che dette spese possano essere poste a carico dell'assicuratore oltre il limite di ciò che appare congruo rispetto all'attività svolta.
Pertanto, in definitiva, il danno patrimoniale ammonta alla complessiva somma di euro 3.288,41 (= 1.788,41 + 1.000,00 + 500,00).
Il danno complessivo è quindi di euro 21.288,41 (= euro 18.000,00 per danno non patrimoniale + euro 3.288,41 per danno patrimoniale).
A titolo di rivalutazione monetaria ed interessi per il ritardato pagamento, sulla base dei criteri suggeriti dalla nota sentenza a Sezioni Unite nr. 1712/95 ed in base ad una valutazione equitativa, fondata sull'andamento nel periodo in considerazione degli interessi legali, da un lato, e della svalutazione monetaria, dall'altro, appare equo riconoscere un 4% in ragione annua dall'illecito, ossia il 12.09.2008.
Essendo stato corrisposto pacificamente un acconto di euro 12.337,72 (cfr. doc.ti 75 e 76: all'importo complessivamente versato di euro 13.817,32 va detratto l'importo di euro 1.479,60 riconosciuto come onorari della Multigarda Service), esso va imputato prima agli interessi e dopo al capitale, in applicazione dell'art. 1194 c.c.
Considerando che dal sinistro al pagamento dell'acconto, avvenuto il 30.10.2009 sono decorsi 1 anno, 1 mese e 15 giorni, gli interessi al 4% annuo maturati al momento del pagamento dell'acconto, ammontano ad euro 957,98, sicché il danno residuo al 30.10.2009 è di euro 9.908,67 (euro 21.288,41 + 957,98- 12.337,72).
In conclusione, i convenuti vanno condannati a pagare, in solido tra loro ed in favore dell'attrice la somma di euro 9.908,67 oltre al 4% annuo dal 30.10.2009 al saldo effettivo.
Sussistono giustificati motivi per una compensazione parziale, nei limiti del 50% delle spese processuali, in considerazione dell'accoglimento solo parziale (in riferimento alle conclusioni rassegnate e, ancor più, alle originarie pretese). I convenuti vanno pertanto condannati, in solido tra loro ed in favore dell'attrice, alla rifusione della restante quota delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
In accoglimento della domanda della terza intervenuta va dichiarato che la Società Allianz S.p.A. è tenuta a manlevare la Royal & Sunalliance S.p.A. di tutto quanto dovesse pagare in adempimento della presente sentenza. Si è visto, infatti, che il risarcimento del danno si riferisce ad una c.d. micropermanente ai sensi dell'art. 139 cod. ass. e deve trovare pertanto applicazione l'art. 149 cod. ass. Tuttavia, in assenza di una domanda della danneggiata, non è possibile imputare la condanna direttamente al proprio assicuratore e la relativa richiesta non può che produrre effetti nel solo rapporto tra assicuratori.
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P.Q.M.
Il Giudice del Tribunale di Rovereto definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da D. G. contro T. R. e Royal & Sunalliance Assicurazioni e sulla richiesta proposta da Allianz S.p.A., così provvede:
1) In parziale accoglimento della domanda condanna i convenuti T. R. e Royal & Sunalliance Assicurazioni a pagare, in solido tra loro ed in favore dell'attrice, la somma di euro 9.908,67 oltre al 4% annuo dal 30.10.2009 al saldo effettivo.
2) Condanna altresì in convenuti alla rifusione, in solido tra loro ed in favore dell'attrice, delle spese processuali nei limiti del 50%, quota che liquida in complessivi euro 4.503,94, di cui euro 1.200,00 per diritti, euro 1.500,00 per onorari, euro 337,50 per spese generali ed euro 1.466,44 per spese vive, oltre IVA e CNPA come per legge.
3) Dichiara che Allianz S.p.A. è tenuta a tener indenne Royal & Sunalliance S.p.A. per tutto quanto questa dovesse pagare all'attrice in adempimento ai capi sub 1) e 2) della presente sentenza.
Rovereto, 1 maggio 2012
IL GIUDICE
(dott. Riccardo Dies)
Depositata in Cancelleria il 29/01/2013
02-02-2013 15:13
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