Un bambino si ferisce nel dondolo del ristorante mentre la famiglia sta pranzando. Nessuna responsabilità del ristoratore.
Corte di cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 aprile – 21 maggio 2013, n. 12401
Presidente Trifone – Relatore Ambrosio
Svolgimento del processo
Nel, giudizio promosso da A.F. e M.T., in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore A.F. nei confronti di A.V. per il risarcimento dei danni subiti dal minore in data 29.09.1993 a seguito di una caduta occasionata da un'attrezzatura (dondolo di una giostra) sita nel parco giochi del ristorante di proprietà del convenuto, il Tribunale di Torre Annunziata, sez. stralcio, rigettava la domanda attorca nei confronti del V., nonché nei confronti della s.n.c. Gelin e della s.r.l. Sarba, terze chiamate in causa, rispettivamente fornitrice e costruttrice della suddetta attrezzatura, compensando le spese processuali tra le parti.
La decisione, gravata da impugnazione da parte di A.F., M.T. e A.F. era parzialmente riformata dalla Corte di appello di Napoli, la quale con sentenza in data 22.08.2008 dichiarava la concorrente responsabilità di A.V. in ragione del 20% e di A.F. in ragione dell'80% nella verificazione dell'evento dannoso patito da quest'ultimo e condannava il V. a pagare a titolo risarcimento danni ad A.F. la complessiva somma di euro 20.644,43 e ad A.F. e M.T. la somma di euro 43,38 oltre accessori, nonché al pagamento della metà delle spese processuali, compensata l'altra metà.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso incidentale, affidato a unico motivo.
Il ricorrente principale ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale.
Nessuna attività difensiva è stata svolta dalle intimate s.n.c. Gelinna e s.r.l. Sarba.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente si dà atto che i ricorsi, proposti in via principale e incidentale condizionata, avverso la stessa sentenza, sono riuniti ex art. 335 cod. proc. civ..
1.1. La Corte di appello - preliminarmente evidenziata l'inconciliabilità e l'inattendibilità delle deposizione dei testi addotti di parte convenuta e, nel contempo, esclusa l'esistenza di vizi dell'attrezzatura ludica (“costruita a perfetta regola d'arte e con materiali non scadenti”) del parco giochi del ristorante del V. - ha ricostruito l'incidente occorso ad A.F. sulla base della deposizione del teste addotto dall'originaria parte attrice, P.S. e - valutate le relative dichiarazioni, alla luce delle indicazioni di attendibilità fornite dai due c.t.u. e sulla scorta del materiale fotografico in atti - ha ritenuto che effettivamente il piccolo A.F. fosse stato sospinto nella caduta dal movimento oscillatorio del dondolo (segnat:amente, da una sporgenza individuata nelle foto); e ciò in quanto “la sua posizione statica doveva essere così pericolosamente prossima all'altalena da lambirla, se ... ne è rimasto impigliato”. Di conseguenza ha ritenuto che la prevalente responsabilità del sinistro dovesse attribuirsi proprio al minore in ragione del 80% e che il residuo 20% facesse carico al titolare del ristorante ove era allocato il parco giochi, considerato che costui “omettendo di apprestare una necessaria sorveglianza dei minori intenti all'uso dell'attrezzatura, ha fatto sì che un'attività di svago normalmente innocua diventasse pericolosa”.
2. Il ricorso principale, logicamente prioritario, si articola in atto motivi, dei quali primi tre attengono all'individuazione del fondamento della responsabilità.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2043, 2051 cod. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) in considerazione della manciata enunciazione da parte del giudice di appello del fondamento della ritenuta (concorrente) responsabilità del V., come sarebbe stato necessario attesa la diversità dei presupposti applicativi, rispettivamente, dell'art. 2043 cod. civ. e 2051 cod. civ.. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “dica la S.C. se il giudice di merito, nell'affermare la responsabilità del convenuto per fatto illecito, debba precisare se ha inteso ricondurre la fattispecie sottoposta al suo esame nel campo di applicazione della previsione generale di cui all'art. 2043 cod. civ. o in quella specifica di cui all'art. 2051 cod. civ.».
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, subordinato al precedente, si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 2051 cod. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) in considerazione della mancata individuazione dei presupposti di applicazione della norma in rubrica. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “dica la S.C. se il giudice di merito, nell'affermare la responsabilità del convenuto ai ricorrenza, nel caso sottoposto al suo esame, degli elementi costitutivi della responsabilità disciplinata dalla norma in questione”.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, formulato in via ancora subordinata, si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 2043 cod. civ., degli artt. 40, 41 cod. pen. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.), rilevandosi - per l'ipotesi che si ritenga inquadrata dal giudice a quo la responsabilità dei. V. nell'ambito dell'art. 2043 cod. civ. - che non è stato operato alcun accertamento sul punto della causalità omissiva. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto; “dica la S.C. se il giudice di merito, ove ritenga un ristoratore il quale abbia messo a disposizione del figli dei propri clienti un parco giochi costituito da attrezzi innocui, costruiti a perfetta regola d'arte e tenuti in perfetto stato di manutenzione, responsabile dei danni subiti da un minore in connessione con l'uso di tali attrezzi in quanto ‘omettendo di apprestare una necessaria sorveglianza dei minori intenti all'uso dell'attrezzatura, ha fatto sì che un'attività di svago normalmente innocua diventasse pericolosa' debba specificare la fonte di tale obbligo di sorveglianza e della relativa responsabilità”.
3. I tre motivi, seppure formulati in ordine l'uno gradato all'altro, esigono, per l'evidente connessione, una trattazione in buona parte unitaria.
3.1. Va premesso, in merito al rapporto che intercorre tra l'azione di responsabilità per danni a norma dell'art. 2043 cod. civ. e l'azione di responsabilità a norma dell'articolo 2051 cod. civ., in conformità alla giurisprudenza assolutamente pacifica di questa Corte (cfr. Cass. 23 giugno 2009, n. 14622; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2308; Cass. 6 luglio 2004, n. 12329; Cass. Sez. Unite, 7 agosto 2001, n. 10893), che l'applicabilità dell'una o dell'altra norma implica, sul piano eziologico e probatorio, diversi accertamenti e coinvolge distinti temi d'indagine, trattandosi di accertare, nel primo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo, dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che e elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 cod. civ., nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito (ex plurimis: Cass. 17 gennaio 2001, n. 584).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il dubbio, prospettato con il primo motivo di ricorso, in ordine all'inquadramento da parte dei Giudici a quibus della fattispecie in oggetto nell'ambito dell'una o dell'altra azione sopra indicate, non ha ragione d'essere. Invero “i fatti” ritenuti rilevanti per l'affermazione del concorso di responsabilità - individuati, da un lato, nella posizione statica del minore “così pericolosamente prossima all'altalena da lambirla” (ascritta alla vittima) dall'altro, nell'omessa “necessaria sorveglianza dei minori intenti all'uso dell'attrezzatura” (ascritta al ristoratore) - prescindono totalmente dall'esistenza di un rapporto causale tra la cosa e il danno, necessario e sufficiente ai fini della responsabilità ex art. 2051 cod. civ. (salva la prova, da parte del custode, dell'elisione del nesso eziologico, costituita dal fortuito), declinando, implicitamente, ma inequivocamente l'affermazione di limitata responsabilità dell'odierno ricorrente nell'ambito normativo dell'art. 2043 cod. civ., che presuppone il dolo o la colpa dell'autore del danno.
E' il caso di precisare che parte resistente - sia pure, talora, confusamente profilando “l'omessa custodia” da parte del V. ovvero ancora postulando “la qualità di custode” del predetto - ha mostrato di condividere siffatta qualificazione della domanda e l'inquadramento del fatto nell'ambito dell'illecito aquiliano di tipo omissivo, segnatamente affermando che “la Corte di Appello ha reso giustizia riconoscendo la condotta colposa del titolare del ristorante” e correlativamente evidenziando, da un lato, l'omissione da parte di costui della “necessaria sorveglianza dei minori intenti all'uso dell'attrezzatura” e, dall'altro, l'assenza, all'epoca del fatto, di un cartello “che indicasse il regolamento d'uso delle attrezzatura” sotto la sorveglianza dei genitori (v. pag. 7 del controricorso).
In altri termini nella prospettiva dei giudici del merito, chiaramente condivisa da parte resistente - l'altalena non ha costituito la causa (o la concausa) dall'evento, ma una semplice occasione; la stessa, inoltre, siccome “costruita a perfetta regola d'arte e con materiali non scadenti”, non presentava particolari elementi di pericolosità oltre quelli propri di attrezzature di tal fatta, le quali richiedono un uso conforme alla loro concreta funzionalità e la vigilanza di adulti. E tale vigilanza - secondo la Corte di appello - avrebbe dovuto essere apprestata dal titolare del ristorante.
3.2. Se, dunque, il titolo della (cor)responsabilità del V. è stato individuato nell'omessa “sorveglianza dei minori”, risulta priva di pregio la deduzione svolta con il secondo motivo di ricorso in punto di omessa individuazione dei presupposti dell'azione di cui all'art. 2051 cod. civ.; mentre il problema da risolvere resta quello proposto con il terzo e ancor più gradato motivo di ricorso e, cioè, quello della verifica dell'esistenza di un nesso di causalità materiale e giuridica alla stregua dei principi operanti in tema di illecito omissivo ex art. 2043 cod. civ., tenendo presente che costituisce dato fattuale incontroverso (perché non attinto dal ricorso incidentale) la conformità alle “regole dell'arte” dell'attrezzatura di cui trattasi.
Va da sè - alla luce degli accertamenti in fatto e della qualificazione operata dal Giudice di appello, nonchè in considerazione delle stesse deduzioni di parte resistente sopra richiamate che è precluso a questo Giudice di legittimità di fare riferimento al criterio di collegamento causale più favorevole al danneggiato della (diversa) azione di cui all'art. 2051 cod. civ.
3.3. Così delimitato l'ambito normativa di riferimento, si rammenta che in tema di illecito aquiliano, l'analisi sull'esistenza del nesso causale va condotta alla stregua dei principi desumibili dagli artt. 40 e 41 cod. pen. (atteso che è comune alla disciplina civilistica e a quella penalistica la ricerca della determinazione dell'esistenza del nesso eziologico tra l'azione o l'omissione e l'evento, risultando diversa solo la regola probatoria, che, ai fini della responsabilità penale, è quella della prova “oltre il ragionevole dubbio”, mentre per l'illecito civile vige la regola della preponderanza dell'evidenza o “del più probabile che non”), assegnando rilievo nell'ambito delle serie causali individuate solamente a quelle che nel momento in cui si produce l'evento causante non appaiano del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile, secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quella similare della c.d. regolarità causale (ex multis Cass. 8 luglio 2010, n. 16123; Cass. 14 aprile 2010, n. 8885; Cass,. 7 luglio 2009, n. 15895).
Peraltro, in riferimento all'illecito aquiliano per omissione colposa, detta nozione di prevedibilità statistica deve essere adattata alla circostanza che in esso il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta omissiva del comportamento dovuto: rilievo che si traduce nell'affermazione dell'esigenza, per l'imputazione della responsabilità, che il danno sia una concretizzazione del. rischio, che la norma di condotta violata tendeva a prevenire. La causalità nell'omissione non può, dunque, essere meramente materiale, in quanto ex nihilo nihil fit ed il suo accertamento postula un giudizio ipotetico sulla idoneità dell'azione prescritta e colpevolmente omessa ad impedire l'evento, pur restando, comunque, distinguibili il piano della causalità e quello della colpevolezza (cfr. Cass. 31 maggio 2005, n. 11609).
In sostanza - poiché l'omissione di un certo comportamento, rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell'evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento imposto da una norma giuridica specifica (omissione specifica), ovvero, in relazione al configurarsi della posizione del soggetto cui si addebita l'omissione, siccome implicante l'esistenza a suo carico di particolari obblighi di prevenzione dell'evento poi verificatosi e, quindi, di un generico dovere di intervento (omissione generica) in funzione dell'impedimento di quell'evento - il giudizio relativo alla sussistenza del nesso causale non può limitarsi alla mera valutazione della materialità fattuale, bensì postula la preventiva individuazione dell'obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa in capo al soggetto. Inoltre l'individuazione di tale obbligo si connota come preliminare per l'apprezzamento di una condotta omissiva sul piano della causalità giuridica, nel senso che, se prima non si individua, in relazione al comportamento che non risulti tenuto, il dovere generico o specifico che lo imponeva, non è possibile apprezzare l'omissione del comportamento sul piano causale (Cass. 20 settembre 2006, n. 20328).
3.4. Ciò posto e considerato che la responsabilità civile per omissione può scaturire dalla violazione di un preciso obbligo giuridico di impedire l'evento dannoso ovvero, anche, dalla violazione di regole di comune prudenza, le quali impongano il compimento di una determinata attività a tutela di un diritto altrui, osserva il Collegio che Giudici a quibus hanno aprioristicamente postulato a carico del ristoratore un obbligo di "necessaria sorveglianza" dei minori intenti all'uso dell'attrezzatura ludica, senza considerare che la messa a disposizione del parco-giochi da parte del titolare dell'esercizio commerciale non comporta l'assunzione di obbligazioni diverse e ulteriori rispetto a quelle assunte con il contratto di ristorazione e, in specie, non determina alcuno specifico obbligo di vigilare sull'attività di svago dei minori che si accompagnano ai clienti.
In altri termini ritiene il Collegio che la situazione di cui trattasi - in cui costituisce dato fattuale non controverso che l'attrezzatura ludica messa a disposizione della clientela era a perfetta regola d'arte - non è diversa da quella che ordinariamente si verifica in qualsiasi caso di accesso di un minore, accompagnato da coloro che ne hanno la responsabilità, in un esercizio di ristorazione che, proprio in considerazione dell'attività svolta, non prevede tra le prestazioni offerte anche quella di vigilanza dei minori (salvo l'ipotesi che sia fornito anche un apposito servizio di baby sitter).
In tale contesto il dubbio sollevato dalla Corte di appello e ribadito anche da parte resistente circa l'esistenza in loco di 2un regolamento d'uso delle attrezzature del parco riservato ai minori dal 5 ai 12 anni sotto la diretta sorveglianza dei genitori” attiene a circostanza neutra sul piano della responsabilità del titolare del ristorante, atteso che l'eventuale “regolamento” nei termini sopra precisati non avrebbe fatto altro che confermare un canone di comportamento proprio dei genitori o, in genere, di chi ha la responsabilità dei minori, fermo restando l'obbligo del ristoratore di garantire il buono stato d'uso delle attrezzature (che qui non è in discussione).
In definitiva va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due ed assorbiti gli altri. Resta, altresì, assorbito il ricorso incidentale svolto sul punto dell'asserito difetto di prova del concorso di colpa della vittima, dovendosi affermare il principio che la messa a disposizione di un parco giochi a perfetta regola d'arte da parte di un titolare di un ristorante non determina a carico di costui alcun obbligo di sorveglianza dei minori intenti all'uso delle relative attrezzature.
La decisione impugnata va, dunque, cassata.
La causa si presta ad essere decisa nel merito, in quanto non occorrono accertamenti di fatto per ritenere che la domanda va rigettata, atteso che non può ritenersi (cor)responsabile del danno il V. in difetto dell'obbligo comportamentale, specifico o generico, a suo carico, necessario a postulare la ritenuta responsabilità omissiva.
Si ravvisano i motivi di cui all'art. 92 cod. proc. civ. (nel testo originario qui applicabile catione temporis), avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie e all'alterno esito nei gradi di merito, per compensare le spese dell'intero giudizio tra le parti.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, accoglie per quanto di ragione il ricorso principale, assorbito l'incidentale; decidendo nel merito, rigetta la domanda risarcitoria; compensa le spese dell'intero giudizio tra le parti.
23-05-2013 14:25
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