Arresti per mafia: Pietraperzia. Giornale di Sicilia. Il nome di un avvocato viene citato erroneamente nella locandina relativa agli arresti. La Cassazione annulla il risarcimento del danno.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 luglio – 10 ottobre 2014, n. 21424
Presidente Amatucci – Relatore Sestini
Svolgimento del processo
L'avv. S.A.B. convenne avanti al Tribunale di Enna la Soc.Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica s.p.a., chiedendo il risarcimento dei danni da subiti a seguito della pubblicazione -sulla locandina del Giornale di Sicilia del 25.7.2003 di un titolo ("Pietraperzia - Mafia, 7 arresti. C'è anche B.") che aveva fatto ritenere agli abitanti del proprio paese che egli era stato arrestato per attività mafiosa.
il Tribunale condannò la società al risarcimento dei danni (liquidati nell'importo di e 6.000,00, in luogo dei 100.000,00 euro richiesti).
La Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza rigettando sia l'appello principale della Società che l'appello incidentale con cui il B. aveva richiesto che gli venissero risarciti anche i danni patrimoniali e che fosse liquidato un maggior importo per quelli non patrimoniali.
Ricorre per cassazione la Società Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica s.p.a., affidandosi a cinque motivi (erroneamente numerati fino a sei, con omissione del numero quattro); resiste, a mezzo di controricorso, il B..
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, viene dedotta "violazione delle norme sulla competenza", assumendosi che la causa avrebbe dovuto essere proposta avanti al Tribunale di Palermo, in relazione al luogo ove aveva sede la società convenuta, che costituiva anche il forum commissi delicti (giacché in quella città il quotidiano veniva stampato) e, altresì, il forum destinatae solutionis (quanto al pagamento del risarcimento richiesto).
1.1. Il motivo è manifestamente infondato in quanto la Corte di Appello ha deciso in conformità all' ormai consolidato orientamento di legittimità (affermato da Cass. S.U. n. 21661/2009 e ribadito -con specifico riferimento alla diffamazione a mezzo di stampa tradizionale- da Cass. n. 17020/2011 e da Cass. n. 10594/2012) secondo cui "nel giudizio promosso per il risarcimento dei danni conseguenti al contenuto diffamatorio di una trasmissione televisiva e, più in generale, di quelli derivanti dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in riferimento al "forum commissi delicti" di cui all'art. 20 cod. proc. civ., nel luogo del domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato. Tale individuazione - che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione - consente, da un lato, di evitare un criterio "ambulatorio" della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall'altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile inteso non come danno-evento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole".
2. Col secondo motivo, viene dedotta la "nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 112 c.p.c.", in quanto "la Corte di Appello ha del tutto omesso di pronunziarsi in relazione ala censura mossa al primo giudice per aver dichiarato la ... ricorrente decaduta dai termini di cui all'art. 183, comma 6, C.P.C.".
2.1. Il motivo è inammissibile atteso che il vizio di omessa pronuncia non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito. Infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, "il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall'art. 112 cod. proc. civ., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte"
(Cass. n. 7406/2014).
3. Col terzo motivo, la ricorrente si duole - in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 C.P.C.che la Corte abbia ritenuto che la semplice indicazione di un cognome (B.) fosse idonea a recare pregiudizio a B. Salvatore, in un contesto territoriale in cui il cognome risultava diffuso e a fronte di una comunicazione (quella della locandina) che non conteneva indicazioni volte ad orientare univocamente il lettore verso la persona dell'odierno intimato.
Col quarto motivo (erroneamente indicato come quinto), si duole, inoltre, che sia stato riconosciuto un concreto pregiudizio benché la notizia dell'arresto di Raffaele B. fosse stata anticipata il giorno precedente dalla televisione (così da rendere improbabili possibili equivoci sulla base della locandina) e benché dalle stesse dichiarazioni rese dai testi indotti dall'attore fosse emerso che, lo stesso giorno della pubblicazione, i concittadini del B. avevano potuto incontrarlo a Pietraperzia e constatare che non era lui l'arrestato; ogni possibile dubbio era stato dunque fugato nel volgere di qualche ora, oltreché -il giorno successivo- a mezzo della pubblicazione della lettera di rettifica inviata al Giornale di Sicilia dal medesimo B..
L'ultimo motivo attiene al regolamento delle spese di lite e censura la Corte territoriale per non avere considerato che la pretesa del B. era stata accolta per un importo notevolmente inferiore a quello richiesto.
4. Il terzo e il quarto motivo -che si esaminano congiuntamente in quanto attengono entrambi alla possibilità di considerare integrato l'illecito diffamatorio- sono fondati.
Innanzi tutto non appare adeguatamente motivata la conclusione secondo cui "ciò che rende illecito il comportamento del giornale è l'attribuzione oggettiva di ... fatti veri alla persona sbagliata e cioè a Salvatore B. e non a Raffaele B.".
L'affermazione (che, peraltro, risulta alquanto ridimensionata in passaggi successivi della sentenza, laddove si dice che la locandina aveva ingenerato "se non la certezza, quantomeno il forte dubbio, che l'arrestato ... fosse Salvatore B." e, altresì, che l'attribuzione del fatto a B. Salvatore costituiva una "ipotesi plausibile") risulta giustificata dalla Corte di merito, oltreché con l'identità fra il cognome riportato in locandina e quello dell'odierno intimato, con la considerazione "che il cittadino medio di Pietraperzia ... conosceva il proprio concittadino, che pure aveva rivestito cariche pubbliche". Nulla di più si dice: non risultano, dunque, sufficientemente spiegate le ragioni che avrebbero determinato l'oggettiva idoneità del titolo della locandina ad indirizzare "inequivocabilmente" il lettore verso la persona di Salvatore B..
Al riguardo, non può non rilevarsi che, quantunque il mero cognome possa bastare talvolta ad identificare una persona (si pensi ad politico che rivesta un importante incarico pubblico, ad un campione sportivo, ad una star del cinema), ciò non può valere allorquando il cognome non abbia immediata attitudine individualizzante, come nel caso di specie, in cui è incontestato che il cognome aveva ampia diffusione locale (finanche il sindaco di Pietraperzia si chiamava B.) e che l'odierno intimato non rivestiva più cariche istituzionali atte a porlo in una posizione di primo piano rispetto all'opinione pubblica.
Sotto diverso (ma collegato) profilo, va considerato -in iure- che l'offesa dell'altrui reputazione necessaria ad integrare l'illecito diffamatorio presuppone necessariamente l'attitudine della comunicazione a rendere individuabile il soggetto diffamato, sulla base di elementi che, ancorché non univoci, siano oggettivamente tali da far convergere l'offesa o il fatto offensivo su un determinato soggetto; va escluso, pertanto, che il mero fatto che alcun] concittadini di Salvatore B. abbiano potuto ipotizzare che fosse proprio lui il "B." arrestato possa valere ad attribuire alla notizia quell'efficacia individualizzante di cui era, di per sé, oggettivamente priva.
Va -infine- considerato che la Corte territoriale ha ritenuto integrato un danno da diffamazione senza curarsi di verificare se il pregiudizio subito dal B. superasse il filtro della serietà del danno che la giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un. n. 26972/2008) ha posto -in uno con quello della gravità della lesione- a presidio dell'esigenza di non risarcire danni meramente bagatellari (cfr., al riguardo, anche Cass. n. 16713/2014).
La Corte di merito si è limitata, invece, ad affermare l'esistenza di una "lesione all'immagine del B. ... rimasta confinata nei soli limiti territoriali del Comune di Pietraperzia", senza spiegare come possa essersi concretizzato un concreto pregiudizio alla reputazione in una situazione in cui (per essere stata la notizia diffusa da radio e televisione il giorno precedente, per essere stati forniti tutti i ragguagli sulla persona effettivamente arrestata nelle pagine dei quotidiani del giorno in cui venne esposta la locandina e, altresì, per il fatto che nella stessa giornata i concittadini di Salvatore B. avevano potuto constatarne lo stato di libertà e per il fatto che il giorno, successivo il Giornale di Sicilia aveva pubblicato la lettera di rettifica inviata dall'odierno intimato) qualunque possibilità di dubbio sul fatto che l'arrestato fosse Salvatore B. era stata pressoché immediatamente fugata.
S. In accoglimento del terzo e quarto motivo
(e con assorbimento del quinto), la sentenza impugnata va dunque cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito col rigetto della pretesa risarcitoria, che -per quanto osservato al punto 4- è risultata priva di fondamento in ordine alla sussistenza dell'illecito diffamatorio e -comunque- di un'apprezzabile lesione della reputazione.
6. Le peculiarità della vicenda giustificano la compensazione delle spese dei gradi merito (in cui la necessità di ricostruire compiutamente i termini fattuali della vicenda dava adito ad obiettive ragioni di incertezza nell'inquadramento giuridico); le spese del presente giudizio seguono, invece, la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del B.; compensate le spese dei gradi di merito, condanna l'intimato al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 3.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese generali ed accessori di legge.
12-10-2014 14:20
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