Contratto a termine. Illegittimita' dell'apposizione. Voci di danno. Ricostruzione della carriera.
Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-06-2014, n. 13630
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere -
Dott. MANNA Antonio - Consigliere -
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - rel. Consigliere -
Dott. GHINOY Paola - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27119-2011 proposto da:
MERIDIANA FLY S.P.A. P.I. (OMISSIS) e MERIDIANA S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo Studio degli avvocati CARLO BOURSIER NIUTTA, DE LUCA TAMAJO MARCELLO, che le rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
B.L.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 620/2011 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/05/2011 R.G.N. 1028/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
uditi gli Avvocati BOURSIER NIUTTA CARLO, ARMENTANO ANTONIO per delega DE LUCA TAMAJO MARCELLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
Svolgimento del processo
Con sentenza 18 maggio 2011 la Corte d'appello di Firenze rigettava l'appello di Meridiana s.p.a. avverso la sentenza 14 luglio 2008 del Tribunale di Firenze, che aveva dichiarato, su domanda di B. L., sua dipendente in qualità di assistente di volo nel periodo da agosto 1999 al 10 luglio 2004, sulla base di plurimi contratti a tempo determinato, la nullità del termine ad essi apposto e la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 1 agosto 1999, e condannato la società datrice alla corresponsione delle retribuzioni maturate dall'offerta delle prestazioni lavorative, individuabile nella comunicazione della richiesta di tentativo di conciliazione.
Preliminarmente disattesa l'eccezione di nullità del ricorso della lavoratrice, in quanto chiaramente determinato l'oggetto della domanda, la Corte territoriale ravvisava, come già il Tribunale, la nullità della clausola temporanea per difetto di prova, a carico del datore di lavoro, del rispetto della percentuale di legge nel rapporto tra personale precario e a tempo indeterminato e la data di formale messa in mora della società con la richiesta della lavoratrice di convocazione per il tentativo di conciliazione presso l'ufficio del lavoro (24 maggio 2007). Riteneva, infine, ben dimostrabile l'aliunde perceptum dalla società datrice appellante nel separato giudizio cui riservava, su esplicita richiesta di B.L., la liquidazione delle retribuzioni dovute.
Meridiana Fly s.p.a. (succeduta nella posizione di Meridiana s.p.a., in quanto cessionaria del ramo d'azienda in cui occupata B. L.) e Meridiana s.p.a. ricorrono per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.;
l'intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con unico motivo, le società ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nel senso della sua applicabilità, benchè norma sopravvenuta nel corso del processo di appello, anche ai giudizi pendenti, a norma del comma 7 e quindi anche di legittimità (anche secondo arresti della Corte di cassazione), con la conseguenza della sola riconoscibilità, in favore del lavoratore ed in sostituzione integrale di ogni altra conseguenza economica cui la società datrice condannata, dell'indennità omnicomprensiva fissata da un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. n. 604 del 1966, art. 8 (dimensioni dell'impresa, anzianità di servizio, condizioni e comportamento delle parti) e pertanto, nella loro declinazione concreta nel caso di specie, in misura minima di legge. Il motivo è fondato.
Lo ius superveniens costituito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 (secondo cui "Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8, avuto riguardo alla dimensione dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro ed al comportamento delle parti"), applicabile anche al giudizio di legittimità ai sensi del comma 7 dell'articolo di legge citato (Cass. 29 novembre 2013, n. 26840), lo è anche nel presente giudizio, per la sua pertinenza rispetto alla questione dedotta nel(l'unico motivo di) ricorso (Cass. 1 ottobre 2012, n. 16642; 26 luglio 2011, n. 16266).
Essa riguarda, infatti, proprio la corresponsione della somma dovuta, a titolo risarcitorio per illegittima apposizione del termine al contratto a tempo determinato convertito per tale ragione a tempo indeterminato, dalla società datrice alla lavoratrice; e rispetto ad essa Meridiana Fly s.p.a. e Meridiana s.p.a. lamentano la mancata applicazione dalla Corte d'appello della nuova normativa entrata in vigore nel corso del giudizio di impugnazione (in particolare, al p.to 2 del mezzo).
Al riguardo, occorre precisare che rientra nell'ambito previsionale della norma il pagamento delle differenze retributive relative al periodo compreso fra l'allontanamento dal posto di lavoro e la sentenza di merito, siccome riferite al danno subito dal lavoratore e da liquidare con carattere forfettario ed omnicomprensivo (Cass. 29 febbraio 2012, n. 3056). Sicchè, tutto quanto dovuto, entro questi limiti temporali, a titolo di retribuzione, compresi eventuali scatti di anzianità non pagati, deve essere compreso nell'indennità risarcitoria dell'art. 32 cit. Non altrettanto può dirsi di quanto, fuori dai detti limiti temporali, spetti al lavoratore per la ricostruzione della carriera, una volta unificati i diversi rapporti a tempo determinato in un unico rapporto a tempo indeterminato:
riguardando la ricostruzione i periodi di effettiva prestazione dell'attività lavorativa, con conseguente riconoscimento dell'anzianità retributiva e contributiva e relativi scatti successivi al periodo di cui sopra.
Non possono poi essere condivisi i dubbi di illegittimità costituzionale (da ultimo con ordinanza 21 dicembre 2012 del Tribunale di Velletri), nè pare doversi pregiudizialmente rinviare la questione alla Corte di Giustizia UE' con riferimento alle clausole della Direttiva CE n. 70 del 1999 ed al relativo accordo quadro intersindacale.
L'eccezione di incostituzionalità, per contrasto con l'art. 6 CEDU e quindi con l'art. 117 Cost., comma 1, è manifestamente infondata.
Il contrasto della L. n. 183 del 2010, art. 32 con tali norme è stato escluso dalla Corte costituzionale con la sentenza 11 novembre 2011, n. 303. La portata retroattiva dell'art. 32, comma 5 L. cit. è giustificata dallo scopo, imperativo e d'interesse generale, di dare certezza ai rapporti giuridici delle parti dei rapporti di lavoro, coinvolte in rilevanti processi produttivi, al fine di superare le incertezze applicative a cui aveva dato luogo il sistema previgente.
Nè può essere trascurato lo scopo di alleviare i costi del lavoro eccessivi che, a causa di quelle incertezze, possono gravare sulle imprese.
La valutazione dei motivi di interesse generale evidente e imperativo (interet general evident et imperieux - Corte EDU 26 marzo 2006, Scordino c. Italia), che possono giustificare la deroga a principi e norme dell'ordinamento EDU, ben può essere lasciata al giudice costituzionale, organo dell'ordinamento interno. E' ben vero che tali motivi non possono essere soltanto di ordine finanziario (Corte EDU, Di Maggio c. Italia), ma nel caso attuale si tratta di considerare un quadro giuridico, sociale ed economico complessivo, nel quale deve essere inserito quel motivo imperativo e l'apprezzamento non può essere compiuto che dall'organo interno. Spetta dunque al giudice costituzionale di sindacare le scelte del legislatore nazionale, risultato di conoscenze, anche statistiche e finanziarie, che non possono prescindere dalle condizioni economiche e sociali sulle quali la disciplina normativa deve incidere: condizioni che possono variare in misura rilevante in ciascuno dei paesi, con la conseguenza che una statuizione legislativa da ritenere irragionevole o "abusiva" in una situazione nazionale può essere giustificata in altra situazione.
Se così non fosse, si potrebbe giungere a pronunce della giurisdizione comune impositive di gravi pesi per il bilancio dello Stato, ma estranee ai processi di progettazione della fiscalità e della spesa, che rischierebbero di sacrificare interessi anch'essi tutelati da norme di livello Europeo.
Non corrisponde al vincolo Europeo che l'apprezzamento di dati e fatti di bilancio, noti al potere politico, ma non a quello giudiziario, sia condizionato da sentenze che, destinando risorse in una direzione, possano sacrificare altri obiettivi anch'essi imposti dalla Convenzione EDU o anche dall'appartenenza all'Unione.
Non potrebbero richiamarsi in contrario le osservazioni svolte davanti alla Corte di Giustizia UE' il 15 settembre 2011 nella causa Jansen C133/1O dall'Avvocato Generale Jaaskinen, il quale ipotizza che i datori di lavoro pubblici, fissando le loro priorità di bilancio, possano precostituire il motivo giustificativo della sequela di contratti a tempo determinato, eludendo così i principi essenziali del diritto del lavoro. La verifica di questa ipotesi, e della possibilità di adoperare strumenti legislativi diversi, esula dalle possibilità della giurisdizione.
Anche il contrasto dell'art. 32, quinto comma 1. cit. con la normativa comunitaria è stato negato dalla Corte costituzionale nella sentenza citata, che ha ritenuto la conversione del contratto di lavoro a termine e la comminatoria dell'indennità risarcitoria idonea a contrastare l'abusivo ricorso al termine nei contratti di lavoro.
Dalle superiori ragioni discende allora coerente, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Bologna, che si atterrà al seguente principio di diritto: "La L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 commisura l'indennità, dovuta nei casi di conversione del contratto a tempo indeterminato, all'ultima retribuzione globale di fatto, così riferendosi al danno subito dal lavoratore, ossia alla perdita della retribuzione (ed accessori), per essere stato allontanato dal proprio posto nel periodo compreso tra l'allontanamento e la sentenza di merito. L'espressione "omnicomprensiva", adoperata dal legislatore con riferimento all'indennità, si riferisce soltanto a detto danno e non a quanto spetti al lavoratore per eventuale ricostruzione della carriera, una volta unificati i diversi rapporti a tempo determinato in un unico rapporto a tempo indeterminato".
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Bologna.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2014
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20-06-2014 21:09
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