Gli accordi sindacali, di ambito nazionale, che regolino i trasferimenti dei lavoratori e concordino i criteri per la loro individuazione, costituiscono una disposizione speciale, perciò da applicare, rispetto al contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, il quale costituisce una disciplina generale per la materia.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 gennaio – 19 marzo 2014, n. 6325
Presidente Vidiri – Relatore Ghinoy
Svolgimento del processo
La Corte d'Appello di Napoli, giudice del rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n 10219 del 2008 per insufficienza della motivazione della sentenza gravata, con la sentenza 7287 del 2011 accogliendo il ricorso incidentale di Telecom Italia s.p.a. respingeva la domanda proposta in primo grado dal sig. S. , finalizzata ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del trasferimento da Nola a Napoli disposto in data 21.2.1997.
Ad avviso della Corte d'Appello, il trasferimento era legittimo, né vi era spazio per valutare la situazione personale del lavoratore, in quanto l'art. 16 del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende del settore delle telecomunicazioni del 9.9.1996, che dispone che nel trasferimento da una sede di lavoro ad un'altra le esigenze di servizio devono essere contemperate con l'interesse personale del lavoratore, opererebbe solo con riguardo ai trasferimenti individuali; nel caso, invece, il provvedimento non era isolato, ma aveva riguardato 26 dipendenti del Centro lavoro linee (CLL) di Nola, struttura da sopprimere, ed era stato determinato dall'attuazione di intese sindacali aventi ad oggetto l'accorpamento nelle strutture Telecom della soppressa Azienda di Stato per i servizi telefonici (ASST) ed il S. era il primo nella graduatoria all'uopo predisposta, in quanto il criterio prioritario concordato era stato quello della possibilità, per i dipendenti della struttura da sopprimere, di accedere direttamente al pensionamento avendo maturato i relativi requisiti. Quanto alle condizioni di salute del S. , prospettate come ostative al trasferimento, la Corte rilevava che lo stato di portatore di handicap era stato richiesto ed acquisito successivamente al provvedimento di trasferimento e che Telecom non era in possesso di altre certificazioni mediche, a parte la richiesta di esonero dai turni esterni e da quelli di centrale che non gli erano stati affidati neppure nella nuova destinazione, ove aveva continuato a svolgere le stesse mansioni che svolgeva a Nola.
Dichiarava inoltre assorbito il ricorso principale del S. , finalizzato ad ottenere il riconoscimento del danno biologico conseguente all'illegittimità del trasferimento nella misura del 40-50% anziché in quella inferiore del 7% riconosciuta nella sentenza del Tribunale di Napoli.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso gli eredi del sig. S. , nel frattempo deceduto, affidato a cinque motivi; ha resistito Telecom Italia s.p.a. con controricorso, nel quale chiede il rigetto dei primi quattro motivi e chiede che eventualmente l'esame del quinto sia rimesso ad un nuovo giudizio di rinvio. Gli eredi del sig. S. hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Come primo motivo i ricorrenti denunciano "Falsa applicazione del CCNL Telefonici 1996, in particolare dell'art. 16". Deducono che nell'interpretare l'art. 16 del CCNL suddetto e nel ritenere che esso si riferisca solo ai trasferimenti individuali e non a quelli per i quali viene stilato, come nel caso di specie, un elenco sulla base di intese sindacali e di criteri concordati, la Corte d'Appello di Napoli avrebbe violato i canoni ermeneutici dettati dall'art. 1362 c.c. in tema di interpretazione dei contratti. Il testo della norma contrattuale sarebbe infatti chiaro nell'introdurre una disciplina di miglior favore per i dipendenti rispetto a quella di diritto comune per tutti i casi di trasferimento e non lascerebbe spazio a diverse interpretazioni.
2. Come secondo motivo deducono "Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio". Lamentano che la Corte si sia limitata ad affermare che il citato art. 16 va letto "armonicamente", senza spiegare in relazione a quali altre previsioni si determinerebbe l'interpretazione adottata.
3. Come terzo motivo deducono la "Violazione dell'art. 2697 c.c. sull'onere della prova" e contestano la motivazione della Corte di merito nella parte in cui ha escluso che il provvedimento di trasferimento per essere legittimo dovesse contenere l'indicazione dei motivi, delle ragioni e dell'elenco dei lavoratori da trasferire. Richiamano la sentenza n. 23675 del 2010 di questa Corte secondo la quale nei trasferimenti collettivi attuati sulla base di una procedura concordata è onere del datore di lavoro provare il rispetto delle regole stabilite per la formazione delle graduatorie: lamentano che ciò nel caso non sarebbe avvenuto e che, non fornendo le necessarie informazioni, Telecom avrebbe impedito al lavoratore di impugnare il trasferimento.
4. Come quarto motivo deducono l'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio" sostenendo che la Corte, nello stabilire che l'onere di motivazione del trasferimento sorge per il datore di lavoro solo quando il lavoratore ne faccia richiesta, nulla ha detto sul fatto se il S. abbia o meno fatto detta richiesta.
5. Come quinto motivo ripropongono le censure mosse alla prima sentenza della Corte d'Appello e ritenute assorbite dalla Cassazione nella sentenza rescindente in merito al risarcimento del danno biologico, sostenendo che il giudice di merito avrebbe trascurato di valutare i rilievi mossi alla c.t.u. medico-legale, idonei ad elevare il danno biologico dal 7% riconosciuto al 40-50%.
6. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto attengono all'interpretazione data dalla Corte d'Appello dell'art. 16 Contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende del settore delle telecomunicazioni del 9.9.1996. In proposito, si osserva che la premessa da cui muove il Giudice di merito è la circostanza, che risulta pacifica in causa ( né il ricorrente deduce di averla contestata) che il trasferimento comunicato in data 21.2.1997 al sig. S. era un trasferimento "collettivo", disciplinato dagli accordi sindacali di ambito nazionale del 1.8.1995 e 5.12.1996 regolatori di un processo di riorganizzazione aziendale, operati sulla base di una procedura concordata in sede sindacale con formazione di graduatorie redatte in forza di criteri predeterminati. Ha quindi ritenuto che la disciplina applicabile al trasferimento fosse quella compiutamente dettata da detti accordi, che prevaleva sulla norma dell'art. 16 del CCNL che disciplina le vicende del singolo rapporto di lavoro.
In tal senso ed in connessione con le precedenti argomentazioni va letto il termine "armonicamente" utilizzato dalla Corte di merito e la motivazione, seppure sintetica, non è sul punto "omessa" come vorrebbe il ricorrente. 7. La soluzione adottata appare inoltre corretta.
Non essendo poste in discussione né la legittimità degli accordi in questione né la loro applicabilità al S. , il conflitto fra le sue previsioni e quelle del contratto collettivo non può essere risolto sic et simpliciter invocando la prevalenza del secondo, ma occorre avere riguardo, come reiteratamente ribadito da questa Corte (v. tra le altre Sez. L, sentenza n. 12098 del 18/05/2010 e Sez. L, sentenza n. 19351 del 18/09/2007, in tema di contratti collettivi di diverso livello), all'effettiva volontà delle parti contraenti.
Nel caso degli accordi relativi ai trasferimenti di cui è causa, le 00.SS., a tutela degli interessi collettivi di cui sono portatrici, hanno inteso operare con valenza preventiva e generale il contemperamento tra le esigenze aziendali sottese al trasferimento, pacificamente consistenti nella riorganizzazione in atto, con le situazioni soggettive dei singoli dipendenti interessati, individuando nel personale con maggiore anzianità di servizio (tra i quali era il S. ) quello da trasferirsi in via prioritaria. Tale volontà emerge anche dal dato testuale dell'accordo del 1 agosto 1995, richiamato dalla difesa di Telecom, che al punto B, "Trasferimenti per esigenze di servizio" nella premessa del paragrafo "Mobilità Territoriali interregionali" dispone che "In funzione dei processi organizzativi sopradescritti e secondo i tempi e le modalità ivi precisate potrà darsi luogo a trasferimenti per servizio verso località ubicate in altre regioni. In tal caso le esigenze di servizio dovranno intendersi contemperate con quelle dei lavoratori - a norma degli artt. 14 e 49 del CCNL - mediante l'applicazione dei criteri e delle priorità sotto indicate nonché dei relativi trattamenti" (corsivo nostro); al punto B1 e B2 individua poi i criteri, le priorità e i trattamenti. Al successivo paragrafo "Mobilità territoriale all'interno della Regione" - che è quella che interessò il sig. S. - i detti criteri vengono richiamati ed estesi anche a tale tipologia di trasferimento, aggiungendosi la previsione di specifici trattamenti economici. All'art. 14 del CCNL del 1992 ivi richiamato è poi succeduto in tema di trasferimenti l'art. 16 del CCNL Telefonici del 1996. La previsione contenuta negli accordi costituisce quindi una disposizione speciale rispetto a quella generale contenuta nel contratto collettivo, che ha dettato la disciplina completa da attuarsi nei trasferimenti plurimi che nel caso dovevano essere realizzati.
Diversamente opinando, ed imponendosi di valutare ulteriormente le singole situazioni personali dei lavoratori che risultano "trasferibili" sulla base delle graduatorie, si determinerebbe la possibilità per il datore di lavoro di alterare le graduatorie e quindi di violare gli accordi ed i criteri in essi predeterminati, alla cui osservanza si è impegnato nei confronti delle controparti collettive.
9. Il principio di diritto che deve essere enunciato ex art. 384 I comma c.p.c. è quindi il seguente "L'art. 16 del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende del settore delle telecomunicazioni del 9.9.1996 non si applica ai trasferimenti che siano regolati da accordi sindacali di ambito nazionale regolatori di un processo di riorganizzazione aziendale, disposti sulla base di una procedura concordata in sede sindacale con formazione di graduatorie redatte in forza di criteri predeterminati con le quali le OO.SS. abbiano inteso operare, con valenza preventiva e generale, il contemperamento tra le esigenze aziendali con le situazioni personali dei singoli dipendenti interessati".
8. A quanto detto deve aggiungersi che la sentenza della Corte napoletana conteneva un'autonoma ratio decidendi in merito alla legittimità della mancata valutazione da parte di Telecom delle condizioni di salute prospettate dal S. come ostative al trasferimento, costituita dal rilievo che esse non risultavano all'epoca al datore di lavoro e che lo stato di portatore di handicap era stato richiesto ed ottenuto successivamente. In ordine a tale argomentazione gli eredi non hanno formulato alcun motivo di impugnazione, dal che consegue tout court l'inammissibilità dei primi due motivi di ricorso, considerato che anche adottando una diversa interpretazione dell'art. 16 del CCNL o ritenendo che la Corte di merito non abbia sufficientemente motivato su tale aspetto non si determinerebbe comunque una riforma del decisum. Le Sezioni Unite nella sentenza n. 7931 del 29/03/2013 hanno infatti affermato che "Il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione".
9. Anche il terzo e quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto attengono alla sussistenza o meno da parte di Telecom dell'obbligo di indicare nella comunicazione del trasferimento le motivazioni, anche con riferimento ai contenuti degli accordi collettivi. Essi sono ugualmente infondati.
La Corte d'Appello ha applicato l'orientamento consolidato di questa Corte, secondo il quale il provvedimento di trasferimento non è soggetto ad alcun onere di forma e non deve necessariamente contenere l'indicazione dei motivi, mentre l'obbligo del datore sorge solo nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta, applicandosi alla fattispecie la previsione dell'art. 2 della l. 604 del 1966 (così da ultimo Cass. Sez. L, sentenza n. 11984 del 17/05/2010, Sez. L, sentenza n. 8268 del 29/04/2004). Il giudizio di merito risulta essersi fondato sulla pacifica circostanza che nessuna richiesta di specificazione dei motivi del trasferimento fosse stata presentata, sicché non si trattava di questione controversa sulla quale la Corte di merito aveva l'obbligo di motivazione. Neppure in ricorso peraltro si deduce che il S. l'avesse presentata.
Quanto poi all'onere della prova gravante sul datore di lavoro, risulta pacifico in causa che il trasferimento è stato disposto in applicazione delle graduatorie previste dagli accordi sindacali, la cui applicazione e correttezza non è stata oggetto di contestazione. Non è pertinente pertanto il richiamo al precedente costituito dalla sentenza n. 23675 del 2010 di questa Corte, laddove l'oggetto della controversia atteneva alla prova del rispetto da parte del datore di lavoro delle regole stabilite per la formazione delle graduatorie, mentre nel caso il S. chiedeva di disattendere tali regole valorizzando la propria soggettiva situazione di salute.
10. Il rigetto dei primi quattro motivi di ricorso determina l'assorbimento del quinto, che attiene alla valutazione del danno biologico il cui risarcimento sarebbe conseguito all'illegittimità del trasferimento.
11. Le spese processuali del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, in applicazione dei criteri previsti dal DM 140 del 2012, che si applica, a mente del suo art. 41, alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore e quindi al 23.8.2012.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali ed Euro 100,00 per esborsi, oltre IVA e CPA.
22-03-2014 15:31
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