Immobile avente ad oggetto un contratto preliminare di un immobile che doveva ospotare i servizi segreti dello Stato. La società fallisce. Ricorso in Cassazione rigettato.
Cassazione civile sez. I Data:22/05/2014 ( ud. 07/02/2014 , dep.22/05/2014 )
Numero: 11421
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo - Presidente -
Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere -
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere -
Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MONEYPENNY S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona
dell'amministratore unico Dott. L.C.C., rappresentata e
difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dal prof. avv.
Farenga Luigi (C.F. (OMISSIS)) ed elett.te dom.ta presso lo
studio del medesimo in Roma, Via A. Bertoloni n. 19;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO MONEYPENNY S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del
curatore Dott. F.R., rappresentato e difeso, per procura
speciale a margine del controricorso, dall'avv. Quojani Fabio (C.F.
(OMISSIS)) ed elett.te dom.to presso lo studio del medesimo
in Roma, Via Cardinal De Luca n. 1;
- controricorrente -
contro
GATTEL S.R.L. in liquidazione (C.F. (OMISSIS)), in persona del
liquidatore C.M., rappresentata e difesa, per procura
speciale a margine del controricorso, dall'avv. Russo Sebastiano ed
elett.te dom.ta presso lo studio del medesimo in Roma, Via Buccari n.
11;
- controricorrente -
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (C.F. (OMISSIS)), in
persona del Presidente del Consiglio dei ministri, e MINISTERO
DELL'INTERNO (C.F. (OMISSIS)), in persona del Ministro,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato
(C.F. (OMISSIS)) e dom.ti presso gli uffici della medesima in
Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1558/12 della Corte d'appello di Roma
depositata il 21 marzo 2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7
febbraio 2014 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;
udito per la ricorrente l'avv. prof. FARENGA Luigi;
udito per i controricorrenti Presidenza del Consiglio dei ministri e
Ministero dell'Interno l'avv. dello Stato DE BELLIS Gianni;
udito per la controricorrente Gattel s.r.l. l'avv. RUSSO Sebastiano;
udito per il controricorrente fallimento Moneypenny s.r.l. l'avv.
QUOJANI Fabio;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Del
Core Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel dicembre 2009 la Gattel s.r.l. propose istanza di fallimento nei confronti della Baia Paraelios s.r.l. deducendo un credito - accertato con sentenza di primo grado non passata in giudicato - di Euro 14.000.000,00 per restituzione della caparra, oltre oneri accessori, versata in relazione ad un contratto preliminare di vendita dichiarato nullo, avente ad oggetto un immobile da destinare a sede dei servizi segreti dello Stato.
Il Tribunale di Roma respinse l'istanza, ma poi la Corte d'appello accolse il reclamo proposto dalla creditrice istante ai sensi dell'art. 22 L. Fall., e rimise gli atti al Tribunale per la dichiarazione del fallimento. Con sentenza del 24 marzo 2011 il Tribunale dichiarò dunque il fallimento della Moneypenny s.r.l., già Baia Paraelios s.r.l..
Avverso la dichiarazione di fallimento la Moneypenny propose reclamo, contestando che potesse ritenersi sussistente lo stato d'insolvenza sulla base di un unico credito sub iudice. Resistettero la creditrice istante, il curatore fallimentare e la Presidenza del Consiglio dei ministri nonchè il Ministro dell'Interno.
La Corte d'appello ha respinto il reclamo osservando, tra l'altro:
- che la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione del fallimento era stata accertata con il suo precedente provvedimento sul reclamo ex art. 22 L. Fall., e avrebbe potuto essere superata soltanto dalla allegazione di circostanze sopravvenute tali da escludere lo stato d'insolvenza; il che però la società debitrice non aveva fatto nella fase di rinvio davanti al Tribunale, in cui si era limitata a documentare le ragioni della contestazione giudiziale del credito di controparte a seguito del rilievo della omessa indicazione delle medesime formulato dalla Corte con il precedente provvedimento di cui si è detto;
- che, peraltro, la nullità del contratto preliminare, dichiarata dal Tribunale di Roma sul rilievo della giuridica inattuabilità delle modifiche strutturali da apportare all'immobile promesso in vendita al fine di renderlo idoneo alle particolari esigenze (adibirlo, cioè, a sede dei servizi segreti) della promissaria acquirente Gattel s.r.l., non poteva essere superata facendo applicazione del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 81, che consente allo Stato di derogare alle norme urbanistiche allorchè si tratti di opere militari, in quanto la Gattel s.r.l. non era assimilabile allo Stato, nè si trattava, nella specie, di realizzare un'opera militare, bensì di adattare un palazzo sito nel centro di Roma a sede dei servizi segreti grazie a una serie di modifiche volte a garantire non la sicurezza dello Stato ma - come affermava la stessa reclamante - "la sicurezza e la particolare operatività dei soggetti che vi avrebbero dovuto svolgere la loro attività".
La Moneypenny s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura. Il curatore fallimentare, la Gattel s.r.l., nonchè la Presidenza del Consiglio dei ministri assieme al Ministero dell'Interno hanno resistito con tre distinti controricorsi. Tutte le parti, ad eccezione del curatore, hanno anche presentato memorie.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Con il primo motivo di ricorso si denunciano violazione dell'art. 5 L. Fall. e vizio di motivazione.
A) La tesi principale della ricorrente è che non può affermarsi la sussistenza dello stato d'insolvenza sulla base di un solo credito sub iudice. Ciò in quanto:
- un giudice non può giudicare ciò che è all'esame di un altro giudice, e tanto meno può farlo se egli stesso ne è il giudice in un distinto procedimento (nella specie la Corte di Roma era sia giudice dell'istanza di fallimento in grado di reclamo, sia giudice del credito della Gattel in grado di appello);
- elemento essenziale dello stato d'insolvenza è l'irreversibilità dello stesso, e non può aversi irreversibilità in presenza di un unico credito non definitivamente accertato, che potrebbe essere poi escluso in sede di impugnazione; nè rileva l'efficacia provvisoriamente esecutiva dell'accertamento di primo grado, il quale può fondare una esecuzione individuale, ma non la dichiarazione di fallimento, che produce la cessazione dell'impresa con gravissimo danno non riparabile patrimonialmente.
B) In subordine, ad avviso della ricorrente, anche ammesso che il giudice dell'istanza di fallimento abbia il potere di verificare la fondatezza delle contestazioni della debitrice avverso la sentenza non passata in giudicato favorevole alla creditrice, tale verifica poteva e doveva esser fatta sulla base della sentenza stessa, senza necessità alcuna di acquisire altri atti.
C) In ulteriore subordine, quand'anche fosse necessario acquisire tali atti, ben avrebbe potuto la Corte d'appello disporne d'ufficio l'acquisizione nel procedimento di reclamo.
1.1. - La tesi sub A) è infondata.
La sussistenza del credito vantato dal creditore istante rileva sia ai fini della legittimazione di quest'ultimo, ai sensi dell'art. 6 L. Fall., che ai fini dell'accertamento dello stato d'insolvenza. La legge, inoltre, non prevede che tale credito sia stato accertato con efficacia di giudicato. Dunque spetta al giudice dell'istanza di fallimento accertarlo, ovviamente incidenter tantum.
Nè l'irreversibilità dello stato d'insolvenza va confusa con l'irrevocabilità dell'accertamento dei crediti che lo determinano.
Già si è osservato che la legge non richiede che i crediti posti a base dell'accertamento dello stato d'insolvenza risultino da sentenze passate in giudicato e che l'accertamento dei medesimi va eseguito incidenter tantum dal giudice della dichiarazione di fallimento; una volta intervenuta la quale, del resto, non potrebbe più darsi l'ipotesi di riforma in grado d'impugnazione dell'accertamento del credito già effettuato in un giudizio ordinario con sentenza non passata in giudicato, dato che la dichiarazione del fallimento comporta l'improcedibilità di quel giudizio ai sensi dell'art. 52 L. Fall..
E' esatto, infine, che non ha alcun rilievo la provvisoria esecutività del titolo in possesso del creditore, ma perchè ciò che conta è solo l'accertamento incidentale del credito operato dal giudice dell'istanza di fallimento.
1.2. - I rilievi subordinati sub B e C) sono inammissibili.
Il giudice dell'istanza di fallimento, invero, procede all'accertamento del credito dell'istante sulla base degli elementi a sua disposizione, offertigli dalle parti o acquisiti d'ufficio, e certamente la Corte d'appello ben avrebbe potuto trarre dalla stessa sentenza di primo grado che accertava il credito della Gattel s.r.l.
gli eventuali elementi a sostegno della insussistenza del medesimo, così come ben avrebbe potuto acquisire anche gli atti del giudizio di appello pendente, ove ritenuti rilevanti. Tuttavia qualunque discorso sulla valenza probatoria degli atti di cui dispone il giudice di merito o sulla necessità dell'acquisizione di ulteriori atti non può essere svolto in astratto: il punto, cioè, è valutare se dagli atti in questione emerga o meno l'infondatezza della pretesa creditoria, dunque valutare il loro contenuto. Sarebbe stato dunque onere della ricorrente precisare quali decisive affermazioni a sostegno della sua tesi fossero contenute in quegli atti; ma a questo riguardo il ricorso tace del tutto.
2. - Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 22 L. Fall. e vizio di motivazione. La ricorrente sostiene quanto segue.
A) Ben avrebbe potuto il Tribunale, in sede di rinvio, effettuare l'accertamento di non infondatezza delle contestazioni mosse dalla società debitrice alla sentenza di condanna di primo grado, essendo stati in quella sede depositati gli atti del giudizio pendente in appello; atti acquisibili considerato che per "fatti nuovi" rilevanti ai sensi dell'art. 22 L. Fall. devono intendersi non già i fatti successivi alla decisione sul reclamo, bensì quelli precedentemente non considerati. Peraltro avrebbe dovuto essere la creditrice a provare l'infondatezza dell'appello, e non la debitrice a provarne la fondatezza.
B) Nella sentenza impugnata, inoltre, si fa riferimento alla sola contestazione mossa dalla debitrice sulla base del D.P.R. n. 616 del 1977, art. 81, mentre non si fa alcun riferimento alla ulteriore contestazione basata sull'inammissibile utilizzo, nel giudizio civile in cui la ricorrente era stata condannata, di una perizia disposta dal PM in sede di indagini penali che accertava l'ineseguibilità delle opere necessarie per il cambiamento di destinazione d'uso dell'immobile.
2.1. - La censura sub A) è inammissibile per quanto già osservato sopra, ossia perchè qualsiasi discorso circa la mancata acquisizione di atti non può prescindere dalla valutazione della loro rilevanza e, dunque, dalla specificazione del loro contenuto e del contributo da essi offerto alla tesi della ricorrente. Nè può dirsi che i giudici di merito abbiano mal distribuito tra le parti l'onere della prova, avendo invece essi ritenuto che gli atti acquisiti dimostrassero, appunto, la fondatezza del credito vantato dalla creditrice istante.
2.2. - Neanche la censura sub B) può trovare accoglimento, perchè l'accertamento svolto in sede penale è una prova atipica, che ben può valere in sede civile come indizio da valutare nel contesto di tutte le risultanze istruttorie, come del resto ammette la stessa ricorrente in altra parte del ricorso (pagg. 6 e 7, ove è richiamata la giurisprudenza di questa Corte in proposito), sicchè sarebbe stato necessario che la ricorrente avesse, piuttosto, precisato tempestivamente davanti ai giudici di merito perchè le risultanze di quella perizia erano errate, ossia perchè le opere previste erano, a suo avviso, da ritenere invece eseguibili.
3. - In conclusione il ricorso va respinto, con condanna della ricorrente alle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per compensi di avvocato, in favore di ciascuna delle parti private controricorrenti e in Euro 3.500,00 per compensi di avvocato, oltre spese prenotate a debito, solidalmente in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'Interno; spese tutte maggiorate degli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2014
16-08-2014 15:23
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