La rapina ad un portavalori non è un caso fortuito. Il trasporto di gioielli costituisce un’attività che impone di per sé particolari forme di cautela, perché chi la svolge non può non mettere nel necessario conto l’eventualità di una rapina.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 14 novembre – 20 dicembre 2013, n. 28612
Presidente Massera – Relatore Cirillo
Svolgimento del processo
1. La società Groupe Chegaray Paris, Assurances Maritimes et Transport, nonché la SIACI (Societé intercontinentale d'assurance pour le commerce e l'industrie), nella qualità di cessionari del credito, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Genova, la s.p.a. Ferrari, chiedendo il risarcimento dei danni pari al valore della merce consistente in gioielli - da loro consegnata alla convenuta e poi oggetto di rapina dopo che la medesima era stata affidata a tale M.D. , autista e guardia giurata, per il trasporto in (…).
Costituitasi la società convenuta il Tribunale, dopo aver acquisito gli atti del procedimento penale ed aver assunto testimonianze, rigettava la domanda.
2. Avverso tale pronuncia proponevano appello entrambe le società attrici e la Corte d'appello di Genova, con sentenza dell'8 giugno 2007, in riforma di quella di primo grado, condannava la società Ferrari al pagamento della somma di Euro 73.019,44, oltre interessi, in favore della Groupe Chegaray Paris e della somma di Euro 63.778,52, oltre interessi, in favore della società SIACI, nonché al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora di interesse in questa sede, che non poteva condividersi la valutazione compiuta dal giudice di primo grado circa il carattere fortuito della rapina, ai fini dell'art. 1693 del codice civile, e ciò per le ragioni delle quali in seguito si dirà.
3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova propone ricorso la Ferrari s.p.a., con atto affidato a due motivi.
Resistono con un unico controricorso la SIACI e la Groupama Transport, quest'ultima nella qualità di successore della Groupe Chegaray Paris, Assurances Maritimes et Transport. In seguito, la SIACI ha conferito mandato ad un diverso difensore.
La società ricorrente e la società SIACI hanno presentato memorie.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., motivazione omessa o insufficiente su un profilo decisivo della controversia.
Secondo la società ricorrente, la Corte di merito sarebbe incorsa in diversi errori di valutazione del fatto.
In particolare, la motivazione sarebbe insufficiente e contraddittoria sui seguenti punti: 1) credibilità della versione dei fatti fornita dall'autista M. , che la sentenza sembra non condividere; 2) presunta agevolazione del fatto delittuoso, che sarebbe derivata dalle modalità del trasporto, senza che la pronuncia abbia tenuto conto della sicura presenza di un complice; 3) mancata vigilanza armata della merce, circostanza inesatta perché il M. era armato, ma non ha potuto far nulla contro tre rapinatori; 4) presunta conoscenza, da parte della società ricorrente, delle condotte illecite tenute dal consegnatario delle vetture, circostanza non rispondente al vero.
2. Col secondo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 1693 cod. civ. e dell'art. 115 del codice di procedura civile.
Osserva la ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità del vettore ex recepto.
A norma dell'art. 1693 cod. civ., la presunzione di responsabilità a carico del vettore può essere vinta solo attraverso la dimostrazione che il danno è derivato da un evento, positivamente identificato, del tutto estraneo al vettore stesso, come la giurisprudenza ha ribadito anche in relazione all'ipotesi della rapina. Tale principio è stato applicato dalla giurisprudenza di legittimità in modo differente a seconda delle diverse fattispecie.
In particolare, la società ricorrente osserva che la rapina in questione è stata compiuta da una banda di criminali, con precisione da veri "professionisti", mentre il trasporto era stato organizzato con tutte le cautele, in modo tale da escludere le soste ed il rischio conseguente di assalti; i conducenti erano due e il M. si era messo in viaggio dopo aver dormito; le vetture erano dotate dei migliori sistemi di allarme all'epoca esistenti, e l'autista era una guardia giurata dotata di armi; le modalità della rapina, infine, erano tali da impedire ogni possibilità di difesa e di reazione, sicché nessun addebito di negligenza poteva essere mosso al vettore.
3. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di fondamento.
3.1. La giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni affermato che l'art. 1693 cod. civ. pone a carico del vettore una presunzione di responsabilità ex recepto, che può essere vinta solo dalla prova specifica della derivazione del danno da un evento positivamente identificato e del tutto estraneo al vettore stesso, ricollegabile alle ipotesi del caso fortuito e della forza maggiore (v., tra le altre, le sentenze 14 luglio 2003, n. 10980, 14 novembre 2006, n. 24209, 21 aprile 2010, n. 9439, 17 giugno 2013, n. 15107, e 15 novembre 2013, n. 25756). La valutazione dell'evento in termini di evitabilità e di caso fortuito è compito che spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivata.
Seguendo tali criteri, è stato affrontato lo specifico problema del furto e della rapina e dei limiti entro i quali tali eventi possono scagionare il vettore da ogni responsabilità. Si è detto, ad esempio, che il mero fatto che il vettore sia stato aggredito con violenza alla persona non è evento di per sé scriminante, dovendosi accertare la sua diligenza nel prevedere la possibilità di una rapina e nel predisporre i mezzi per evitarla (sentenza 8 agosto 2007, n. 17398, a proposito di una rapina avvenuta in ora notturna ed in area di sosta isolata); allo stesso modo, è stato escluso l'esonero di responsabilità del vettore in relazione al furto consumato su di un automezzo lasciato incustodito all'interno di un'area portuale (sentenza n. 15107 del 2013 cit.), nonché in relazione alla rapina in danno di un container parcheggiato in ora notturna in zona incustodita (sentenza 27 marzo 2009, n. 7533).
Questa giurisprudenza merita integrale conferma nella sede odierna, tenendo presente che il trasporto dei gioielli costituisce un'attività che impone di per sé particolari forme di cautela, perché chi la svolge non può non mettere nel necessario conto l'eventualità di una rapina. Sicché il vettore è tenuto, al fine di ottenere l'esonero dalla responsabilità, a dimostrare l'effettiva natura di caso fortuito in riferimento ad un evento che - di per sé - non ha tale connotato.
3.2. La Corte genovese ha fornito una motivazione pienamente adeguata in ordine alle ragioni per le quali ha escluso che potesse, nella specie, ricorrere l'ipotesi del caso fortuito. Essa ha rilevato che, anche volendo attenersi alla versione dei fatti fornita dall'autista M. , questi aveva parcheggiato la vettura, contenente i gioielli già caricati, all'interno di un cortile chiuso e dotato di cancello, adiacente alla propria abitazione, e tanto già la sera prima della partenza. Alle ore 3 del mattino successivo, egli era andato in cortile per partire ed era stato affrontato da tre rapinatori armati i quali lo avevano costretto a salire a bordo della sua auto con la propria madre, dopo aver disinserito i sistemi di allarme, e lo avevano poi condotto verso la periferia di (omissis) dove si erano impossessati dei gioielli, allontanandosi a bordo di un'altra vettura.
La Corte ha osservato che il comportamento tenuto dal vettore nell'organizzazione del trasporto non era stato conforme al grado di diligenza e prudenza imposto dal rilevante valore della merce. Nel caso in esame, infatti, il M. non aveva vigilato il carico durante la notte, compito che si sarebbe potuto svolgere facilmente con l'ausilio di una guardia giurata armata. Oltre a ciò, il comportamento della società Ferrari si era segnalato per la “deplorevole inerzia”, poiché essa si era servita per l'abituale affidamento delle proprie vetture ad un'autorimessa il cui gestore era stato indagato per ricettazione, nonché trovato in possesso dei duplicati delle chiavi delle vetture; e, pur avendo subito, pochi giorni prima del fatto, il furto di una vettura gemella a quella poi oggetto della rapina in esame, la società non si era preoccupata neppure di sostituire le relative chiavi.
3.3. La sentenza, quindi, ha posto in luce una serie di negligenze imputabili alla società oggi ricorrente, tramite l'operato dell'autista M. che è stato materialmente vittima della rapina: 1) aver caricato i gioielli la sera prima della partenza, lasciandoli dentro una vettura, sia pure blindata, all'interno di un cortile protetto da un muro facilmente scavalcabile, in una zona isolata; 2) aver dormito (il M. ) fino alle ore 3 del mattino senza lasciare nessuno a guardia del mezzo, dovendosi intendere il richiamo contenuto nella sentenza alla necessità che un'altra persona armata, come una guardia giurata, vigilasse la vettura mentre il M. riposava; 3) non aver percepito, da tutta una serie di elementi indicati alla p. 15 della sentenza, che le vetture di dotazione aziendale non erano affidate in buone mani, tanto più che un furto su di una vettura gemella era avvenuto circa due settimane prima, sicché il momento era, evidentemente, critico ed esigeva una cautela ben maggiore.
4. Si tratta, com'è agevole intuire, di considerazioni del tutto logiche e ben motivate, senza contraddizioni e senza lacune. A fronte di simile motivazione, le censure contenute nei due motivi di ricorso si risolvono - soprattutto quella di vizio di motivazione - in una sostanziale richiesta di nuovo esame del merito.
Non è esatto, ad esempio, dire che la sentenza impugnata non abbia dato credito alla versione dei fatti fornita dall'autista M. (v. pag. 6 del ricorso); la sentenza, invece, ha osservato che, anche ipotizzando che essa fosse del tutto veritiera, ciò non consentiva di escludere la responsabilità del vettore. La circostanza, evidenziata nel ricorso, secondo cui la rapina fu resa più semplice dalla presenza di un complice non toglie solidità alla motivazione della sentenza, nella quale la Corte genovese ha proprio evidenziato che il vettore doveva essere in uno stato di massima allerta, per il fatto che la persona alla quale venivano consegnate le vetture era risultato indagato per ricettazione; in altre parole, la presenza di un complice era tutt'altro che imprevedibile. Quanto, poi, alla circostanza per la quale il viaggio era stato organizzato in modo da evitare le soste, si tratta di un dato non significativo, perché la stessa ricorrente precisa che la destinazione finale era la (…), luogo evidentemente non tanto lontano rispetto alla città di (OMISSIS) , da dove il viaggio doveva avere inizio.
La sentenza, quindi, resiste alle censure sia di violazione di legge che di vizio di motivazione.
5. In conclusione, il ricorso è rigettato.
A tale pronuncia segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. A tal fine, si precisa che la liquidazione tiene conto del fatto che, pur risultando i due controricorrenti assistiti da due diversi difensori nel momento della decisione, il controricorso era originariamente unico.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 200 per spese, in favore della SIACI, e in complessivi Euro 8.200, di cui Euro 200 per spese, in favore della Groupama transport s.a., oltre accessori di legge.
10-01-2014 15:13
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