Se si accerta la natura condominiale di un bene, nessun condomino può limitarne l'uso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 17 giugno – 20 ottobre 2014, n.
22192
Presidente Bianchini – Relatore Proto
Fatto e diritto
Il relatore nominato per l'esame del ricorso ha depositato la relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. nella quale ha esposto le ragioni di manifesta infondatezza del ricorso e ha concluso per il suo rigetto. Il ricorso è stato fissato per l'esame in camera di consiglio e sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite che non hanno depositato memorie.
Nella relazione il relatore ha rilevato quanto segue.
"Osservazione in fatto e in diritto
1. Con citazione del 6/5/1995 il Condominio di via Pepe conveniva in giudizio i condomini Inam M. e D.T., proprietari della terrazza, di proprietà esclusiva, posta al sesto piano dell'edificio. L'attore esponeva:
- che lo stabile, sin dall'epoca della sua costruzione era munito di ascensore e che il locale macchine (condominiale) era sito sul lastrico solare, sulla sommità del vano scale e vi si accedeva salendo la scala condominiale fino alla terrazza dei convenuti, transitando sulla stessa e salendo sulla scaletta che conduceva sopra la gabbia scale;
- che i convenuti avevano apposto un cancello lungo la scala condominiale;
- che con provvedimento di urgenza era stato ordinato ai condomini di consentire il libero accesso.
Tanto premesso e rilevato che era fallito ogni tentativo di bonario componimento, l'attore chiedeva che fosse dichiarata la natura condominiale della scala di accesso e che fosse accertata la servitù di passaggio sulla terrazza dei convenuti, costituita per destinazione del padre di famiglia.
I convenuti chiedevano il rigetto della domanda attrice che invece era accolta sia in primo che in secondo grado.
In particolare la Corte di Appello di Messina, con sentenza del 18/12/2012 rigettava l'appello di D.T. rilevando:
- che, contrariamente a quanto affermato dall'appellante in atto di appello, il condominio aveva chiesto la declaratoria della servitù di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia; - che in mancanza di titolo contrario il locale ove sono ubicati i motori dell'impianto di elevazione devono presumersi comuni ai sensi dell'art. 1117 n. 3 c.c.;
- che la situazione dei luoghi, inalterata fin dal progetto dell'edificio evidenziava il vincolo di servizio tra le due proprietà (condominiali) attualmente divise; la scaletta collocata sulla terrazza era opera che garantiva l'accessibilità al vano motori;
- che la collocazione della cassetta contenente le chiavi di accesso alla terrazza non era sufficiente ad escludere la limitazione dell'esercizio del diritto di servitù perché il fatto addotto non era stato riscontrato dal ctu e gli stessi convenuti avevano riferito che la collocazione della cassetta era stata limitata ad un certo periodo; - che il pianerottolo dell'ultimo piano, così come la terrazza di sua copertura e l'area soprastante non potevano considerarsi di proprietà esclusiva trattandosi di parti che, per obiettive caratteristiche strutturali erano permanentemente destinate all'uso e al godimento comune e quindi di contitolarità necessaria a meno di un atto di natura negoziale che ne disponga un diverso regime.
D.T. ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo.
Il Condominio ha resistito con controricorso mentre è rimasto intimato I.M..
2. Con l'unico motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione degli artt. 840, 841, 843, 934 e 1117 c.c..
La ricorrente sostiene:
a)che siccome la gabbia ove è ubicato il locale macchine è stata costruita sulla terrazza di proprietà esclusiva, la costruzione ai sensi dell'art. 934 c.c. è anch'essa di proprietà esclusiva; b) che ai sensi dell'art. 841 c.c. il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo ed essa si è avvalsa di tale facoltà; c) che non viene in rilievo l'art. 843 c.c. perché essa non ha mai impedito in modo assoluto l'accesso al locale macchine, ma intende consentirlo solo in caso di necessità e, anzi, la Corte di Appello avrebbe violato proprio tale norma imponendo di lasciare aperta la proprietà sempre a tutti;
d) che ha sopraelevato sulla terrazza ai sensi dell'ars 840 c.c. senza compromettere il locale attiguo ove è ubicato il locale macchine. 2.1 Il motivo è manifestamente infondato sotto ogni profilo. a) La gabbia ove è ubicato il locale macchine non risulta costruita sulla parte di terrazza di proprietà esclusiva; al contrario, dalla motivazione della sentenza di appello, non specificamente impugnata sul punto, si evince che la costruzione insiste su una parte condominiale; in ogni caso risulta che la situazione dei luoghi era tale sin dal progetto così che nella vendita dell'area scoperta costituente la terrazza non poteva essere ricompresa la costruzione che alloggiava le macchine, sicuramente destinata all'uso comune;
b) non viene in rilievo l'art. 841 c.c., secondo il quale il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo, perché il diritto di proprietà è appunto limitato dalla necessità di rispettare il diritto di servitù di passaggio accertato dai giudici del merito; c) l'art. 843 c.c. (che disciplina l'obbligo del proprietario di consentire l'accesso al fondo) non è pertinente nella fattispecie, nella quale si discute di un accertato impedimento all'esercizio della servitù; il motivo non attinge neppure la ratio decidendi secondo la quale la disponibilità delle chiavi non risultava garantita; il riferimento all'indiscriminato accesso di tutti alla terrazza di proprietà esclusiva è del tutto fuori luogo perché la servitù atipica accertata ha come contenuto il rapporto di asservimento a carico di una unità in proprietà esclusiva al fine di consentire l'accesso all'impianto comune e quindi consente l'accesso a quello servente non in via indiscriminata, ma nei casi di specifiche esigenze correlate alla manutenzione del bene comune;
d) il fatto che la ricorrente abbia sopraelevato sulla terrazza senza compromettere il locale attiguo ove è ubicato il locale macchine è irrilevante nel caso concreto nel quale è stato accertato che è stato impedito l'esercizio della servitù di passaggio. 3. In conclusione il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli arti. 380 bis e 375 c.p.c. per essere dichiarato manifestamente infondato"
Il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore.
Ne discende il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza_
Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare al controricorrente le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in euro 2.500 per compensi oltre curo 200,00 per esborsi. Così deciso in Roma il 17/6/2014 nella camera di consiglio della sesta sezione civile.
21-10-2014 22:10
Richiedi una Consulenza