Motociclista cade a causa di una buca esistente sul manto stradale. L’idoneità a nuocere della cosa in custodia e il comportamento dell’infortunato.
Tribunale di Brescia, sez. I Civile, sentenza 11 dicembre 2014
Giudice De Lellis
Fatto e diritto
La responsabilità della Provincia convenuta deve essere esclusa.
Spettava alla parte attrice dimostrare, anzitutto, l'esistenza del nesso causale tra cosa in custodia (punto della strada Provinciale n. 300, per il Passo Gavia, in cui si verificò il sinistro) e fatto dannoso.
A tale scopo è indispensabile (secondo il principio della “conditio sine qua non”
temperato dal criterio della regolarità causale) :
- che le caratteristiche della cosa costituiscano antecedente necessario dell'evento dannoso;
- che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di quella particolare
situazione.
Il verificarsi di quest'ultima condizione dipende, in via diretta, dalla concreta sussistenza, nella cosa in custodia, di una specifica idoneità a nuocere ad altri, in mancanza della quale, la cosa stessa svolge il mero ruolo di occasione dell'evento (che è, in realtà, provocato da una causa ad essa estranea, che può anche essere integrata dal comportamento dello stesso soggetto danneggiato).
La valutazione della predetta “idoneità a nuocere” (che si sostanzia in un'indagine sul livello di intrinseca pericolosità della cosa) influisce inevitabilmente sul giudizio relativo alla sussistenza di un'autonoma capacità, da riconoscere al fattore esterno (estraneo alla cosa), di provocare l'evento lesivo, interrompendo il nesso eziologico tra cosa e danno.
Tanto meno la cosa risulterà intrinsecamente pericolosa (essendo l'eventuale situazione di pericolo facilmente prevedibile e superabile attraverso l'adozione delle normali cautele) tanto più la condotta del danneggiato dovrà essere considerata (nel caso concreto) incidente sul dinamismo causale del fatto dannoso, giungendo anche ad interrompere (come già detto) il rapporto causale tra cosa e danno.
L'attore non ha provato l'oggettiva pericolosità dell'anomalia della strada descritta in citazione (rilevata e descritta dai verbalizzanti intervenuti nell'immediatezza del fatto) né ha provato che l'evento lesivo scaturì quale normale conseguenza di quella particolare situazione.
Parte attrice si è limitata ad affermare che la caduta a terra del motociclista sarebbe avvenuta a causa della “…buca esistente al centro della propria corsia di marcia…” in cui il Tavelli sarebbe finito con la ruota anteriore del motociclo per evitare altra buca “…esistente ai margini del tombino…” presente circa 35 metri prima.
La predetta descrizione della dinamica del sinistro, tuttavia, non trova riscontro negli elementi rilevati dai verbalizzanti.
Infatti:
- il tombino menzionato dalla parte attrice (rilevato dai verbalizzanti) è posto a ragguardevole distanza (oltre 35 metri) dal punto in cui iniziano le tracce di scarrocciamento lasciate dal motociclo del Tavelli ed è situato al margine della carreggiata;
- non vi sono elementi (né sono state offerte, a tale riguardo, prove adeguate) per affermare con certezza che attorno a tale tombino vi fosse un avvallamento realmente pericoloso;
- nessuna indicazione precisa viene infatti fornita circa la reale profondità di quel presunto avvallamento;
- l'altro avvallamento dell'asfalto (rilevato in prossimità del punto “W” sulla planimetria) è
stato indicato dai verbalizzanti come caratterizzato da profondità variabile tra cm. 1 e cm. 3;
- trattasi di avvallamento situato al centro della carreggiata.
Tali elementi oggettivi impongono di escludere che le caratteristiche del secondo avvallamento (di profondità del tutto modesta) fossero tali da determinare, quale normale conseguenza, la caduta di un motociclo in transito.
Il giudicante osserva infatti, a tale riguardo, che:
- la presenza di piccole anomalie del piano viabile di una pubblica via è sempre prevedibile;
- tale prevedibilità diviene ancora più ovvia su strade di montagna;
- nel caso in cui l'anomalia sia facilmente avvistabile ed evitabile, con le opportune manovre di emergenza, la sua presenza costituisce circostanza priva di reale capacità offensiva;
- in ogni caso, la profondità (variabile da cm. 1 a cm.3) dell'avvallamento era talmente modesta da consentire, se affrontato a velocità adeguata, a qualsiasi motociclo un passaggio sicuro e privo di rischi.
Nella concreta fattispecie:
- la giornata era serena e l'unico limite alla completa visibilità dei luoghi derivava dalla presenza di una curva (circostanza che deve allertare opportunamente l'utente della strada inducendolo a ridurre la velocità);
- sul luogo vigeva il limite di velocità di 30 km/h (la fotografia prodotta dalla parte attrice ritrae un cartello sufficientemente visibile);
- era obbligo del motociclista mantenere una velocità sufficientemente moderata per poter affrontare la curva (destrorsa) mantenendosi alla propria destra e seguendo l'andamento curvilineo del tracciato stradale, restando alla propria destra fino alla fine della curva ed evitando di “allargare” la traiettoria alla propria sinistra verso il centro della carreggiata (in cui vi era la descritta anomalia dell'asfalto).
L'insieme delle predette considerazioni impedisce di affermare che l'infortunio descritto in citazione sia conseguenza normale delle particolari condizioni del piano viabile percorso dal motociclista (e che vi sia stata quindi violazione dell'obbligo di custodia dell'ente proprietario).
Le menzionate condizioni della strada costituirono invece elemento legato da rapporto di mera occasionalità con l'infortunio patito dal Tavelli, causalmente riconducibile, in via esclusiva, al comportamento di quest'ultimo che non regolò adeguatamente la propria velocità (circostanza evidenziabile anche dalla lunghezza - mt. 23 - delle tracce di scarrocciamento lasciate dal motociclo) o non seppe condurre il veicolo con la necessaria prudenza e perizia.
Le istanze di prova orale non sono idonee a superare le predette argomentazioni e risultano quindi irrilevanti.
In conclusione, gli atti impongono di affermare che l'infortunio si verificò per causa
esclusivamente riferibile alla condotta della parte attrice.
La domanda deve dunque essere respinta con aggravio di spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
- respinge la domanda;
- condanna l'attore Tavelli Michele a rifondere le spese di lite sostenute dalla convenuta Provincia di Brescia che liquida in € 4.500,00 per compenso professionale, oltre spese generali, Iva e Cpa.
01-01-2015 16:10
Richiedi una Consulenza