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Sentenza

Roma: un avvocato, centrato in pieno mentre era alla guida del proprio ciclomoto...
Roma: un avvocato, centrato in pieno mentre era alla guida del proprio ciclomotore lungo la strada che costeggia il Tevere. Chi deve pagare i danni il Comune o il Ministero?
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 maggio – 27 agosto 2015, n. 17204
Presidente Salmè – Relatore Rubino

I fatti

Nel 2004 l'avv. G.T. citava in giudizio il Ministero dei Lavori Pubblici per ottenerne la condanna ex art. 2051 c.c. al risarcimento dei danni subiti allorché, mentre percorreva via Capoprati in Roma, direzione Ponte Milvio, a bordo di un ciclomotore, veniva colpito da un grosso ramo di un platano staccatosi da uno degli alberi che costeggiavano la strada riportando gravi danni alla persona.
Il Tribunale di Roma nel 2010 rigettava la domanda ritenendo che legittimato passivo alla domanda proposta ex art. 2051 c.c. fosse unicamente il proprietario del bene, che individuava nell'Agenzia del Demanio.
La Corte d'Appello di Roma accoglieva l'appello del T., ritenendo che l'area a lato della sede stradale, ove si trovava l'albero, di proprietà demaniale, fosse stata data in gestione al Ministero dei lavori Pubblici, facendo parte dell'argine del fiume Tevere, quale ente dotato della struttura più idonea per occuparsi di quella parte di demanio idrico e delle opere idrauliche collegate, e condannava il Ministero responsabile per custodia a risarcire il danno alla persona subito dal T..
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, già Ministero dei Lavori Pubblici, contumace in appello, propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 1490 del 19 marzo 2012 della Corte d'Appello di Roma articolato in due motivi nei confronti di G.T., il quale resiste con controricorso illustrato da memoria.

Le ragioni della decisione

Con il primo motivo di ricorso, il Ministero ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 100 c.p.c. in relazione all'art. 360, primo comma n. 4 c.p.c.. Sostiene che con la sentenza di primo grado di rigetto il Tribunale aveva affermato non solo che la domanda di condanna del gestore fosse infondata nel merito, avendo ritenuto che potesse essere evocato in giudizio come responsabile per custodia solo il proprietario del bene, ma anche che tale domanda contenesse una parziale e tardiva modifica della domanda originaria, e che quindi ne avesse (implicitamente) rilevato anche la tardività, perché essa si traduceva in una tardiva emendatio libelli. Non essendo stata censurata in appello questa seconda ratio decidendi , essa di conseguenza sarebbe ormai passata in giudicato, con conseguente violazione dei limiti del giudicato da parte della sentenza di appello.
Il motivo è inammissibile , in quanto mai in precedenza risulta essere stata sollevata dal Ministero, costituito in primo grado e rimasto contumace in appello, la questione della tardività di una eventuale emendatio libelli, all'interno di una azione peraltro introdotta fin dall'inizio ex art. 2051 c.c. nei confronti del soggetto individuato come quello avente il potere- dovere di intervenire affinchè la cosa nella sua disponibilità non provocasse danni a terzi. Il ricorrente sottopone peraltro una sua unilaterale rilettura degli atti di parte e della sentenza di primo grado senza mai richiamarne i passi salienti, in difetto del principio di autosufficienza.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., laddove la corte d'appello ha ritenuto responsabile il Ministero perché unico soggetto titolare dell'obbligo di manutenzione e custodia del platano, ritenendo per contro che non fossero emerse evidenze probatorie decisive nel senso che la manutenzione degli alberi lungo i bordi del lungotevere fosse, come quella della sede stradale, stata affidata al Comune di Roma. Sostiene che non siano stati tenuti nella dovuta considerazione alcuni documenti atti a mettere in discussione che la gestione e quindi la responsabilità per custodia in relazione ai platani al bordo della strada, sulla sommità dell' argine dei Tevere, dovesse essere del Ministero ricorrente e non piuttosto del Comune. Segnala in particolare che la corte d'appello non avrebbe adeguatamente considerato un dato emergente dal doc. 9 allegato all'atto di citazione in primo grado dallo stesso attore, che riproduce (la nota di consegna dal Ministero dei Lavori Pubblici alla XX circoscrizione del Comune della sede stradale) : dalla lettura del documento si dedurrebbe nella ricostruzione che ne offre il ricorrente che non solo la sede stradale di via Capoprati ma anche i suoi lati, ed in particolare la fascia parallela al Tevere, dove si trovava il platano e in relazione alla quale era precisato nella nota che sarebbe stato opportuno realizzare un marciapiedi, sarebbero stati conferiti in gestione al Comune. Sottolinea anche che non si è tenuto nel dovuto conto il fatto che fosse stato richiesto un accertamento tecnico preventivo nel timore che nel frattempo il Comune potesse procedere all'abbattimento del platano.
Il motivo è infondato.
La Corte d'Appello di Roma, con motivazione assai accurata ed esente da censure, ha ricostruito sulla base della normativa vigente e della documentazione prodotta in giudizio:
-che l'area sulla quale si trovava l'albero dal quale si era staccato il ramo che aveva colpito il T. facesse parte del demanio idrico dello Stato per opere idrauliche ed in particolare dell'alveo del fiume Tevere;
-che tale area, di proprietà dell'Agenzia del Demanio, rientrava al tempo del sinistro nelle competenze amministrative del Ministero dei Lavori Pubblici, ora Infrastrutture e Trasporti;
- che fin dal 1983 il Ministero aveva attribuito al Comune di Roma la gestione della sola sede stradale (la "partita carrabile') di via Capoprati (doc. 9 citato dal ricorrente); -- che mancava alcun documento scritto dal quale risultasse che la manutenzione del verde in quella particolare area fosse stata affidata al servizio giardini del Comune;
-che al contrario, al momento dell'incidente sul posto era affisso un cartello con la dicitura "Lega ambiente parco pubblico ingresso libero area fluviale protetta di via Capoprati demanio idrico in uso governativo al Ministero dei Lavori Pubblici...". Dal complesso di questi elementi desumeva inequivocamente che la gestione e di conseguenza la responsabilità per custodia dell'area facessero capo al Ministero dei Lavori Pubblici. Le circostanze segnalate dal ricorrente sono state ritenute implicitamente la prima smentita dalla documentazione e non sopportata da prove, la seconda ( un eventuale ed occasionale intervento manutentivo del Comune) meramente ipotetica e comunque inidonea a far venir meno il potere e la responsabilità della gestione in capo al Ministero. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dal controricorrente e le liquida in complessivi euro 7.500,00 di cui 200,00 per spese, oltre accessori e contributo spese generali.
Avv. Antonino Sugamele

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