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Sentenza

Arricchimento senza causa....
Arricchimento senza causa.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele - Presidente -

Dott. CARLUCCIO Giuseppa - Consigliere -

Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere -

Dott. CIRILLO Francesco Maria - rel. Consigliere -

Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1051-2013 proposto da:

TECNIMONT SPA (OMISSIS) (già MAIRE ENGINEERING SPA e già FIAT ENGINEERING), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione G.F., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato SCICOLONE Marco giusta procura speciale del dottor Notaio GABRIELLA QUATRARO, in MILANO del 13/10/2015, rep. 6801;

- ricorrente -

contro

ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI E DELL'IDENTITA' SICILIANA DELLA REGIONE SICILIANA, (già Assessorato Dei Beni Culturali, Ambientali e della Pubblica Istruzione), in persona dell'Assessore pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO da cui è difeso per legge;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1471/2012 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 22/10/2012, R.G.N. 28/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l'Avvocato MARCO SCICOLONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l'accoglimento del 4 motivo di ricorso p.q.r. assorbiti i restanti.
Svolgimento del processo

1. La s.p.a. Fiat Engineering convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Palermo, l'Assessorato per i beni culturali, ambientali e la pubblica istruzione della Regione Siciliana, chiedendo che fosse condannato al pagamento della somma di L. 1.527.019.309 a titolo di compenso per l'attività svolta, consistente nella progettazione dei lavori di recupero, per finalità didattiche, turistiche e culturali, della dismessa tonnara di (OMISSIS) e comunque a titolo di indebito arricchimento.

Si costituì in giudizio l'Assessorato convenuto, sostenendo di aver ottenuto un finanziamento comunitario per quel titolo ma di non averne potuto beneficiare, e chiedendo il rigetto della domanda per mancato conseguimento della utilitas.

Il Tribunale, espletata una c.t.u., accolse la domanda e condannò il convenuto al pagamento della somma sopra indicata a titolo di indebito arricchimento, oltre rivalutazione, interessi e con il carico delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dall'Assessorato soccombente e la Corte d'appello di Palermo, dopo aver disposto il richiamo a chiarimenti ed integrazione del c.t.u. nominato dal Tribunale, con sentenza del 22 ottobre 2012, in totale riforma di quella di primo grado, ha rigettato la domanda attrice ed ha condannato la s.p.a.

Tecnimont (già Fiat Engineering) al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che doveva essere prima di tutto respinta l'eccezione, sollevata dalla società appellata, di nullità della c.t.u. depositata in secondo grado per avere il consulente allargato il proprio ambito di indagine oltre i limiti fissati dal Collegio. L'eccezione di nullità era da ritenere inammissibile, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., in quanto la stessa società appellata, nella prima udienza successiva al deposito della relazione, aveva insistito per la nomina di un nuovo consulente, ma senza ribadire l'eccezione. E comunque, ad avviso della Corte, nessuna nullità era - C configurabile, perchè gli accertamenti eseguiti dal c.t.u. erano da ritenere "funzionali allo scrupoloso adempimento dell'incarico affidatogli".

Nel merito, la Corte palermitana ha rilevato che il progetto predisposto dalla società Tecnimont aveva consentito di conseguire un finanziamento per la somma di L. 20 miliardi, peraltro poi revocato, senza tuttavia che l'Assessorato avesse ottenuto una qualche concreta utilità. Come emergeva dalla relazione del c.t.u., il progetto risultava redatto senza osservare i canoni essenziali necessari per la corretta operazione di recupero della tonnara; esso prevedeva, infatti, interventi molto pesanti e costosi, per una spesa di oltre L. 34 miliardi, somma superiore al finanziamento, per cui l'Assessorato si era visto costretto ad indire una nuova gara.

Poichè, pertanto, l'amministrazione non aveva raggiunto il proprio obiettivo di recuperare la tonnara di (OMISSIS), l'Assessorato appellante non aveva, in realtà, conseguito alcun arricchimento, con conseguente rigetto della domanda accolta in primo grado.

3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Palermo propone ricorso la Tecnimont s.p.a. con atto affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso l'Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana della Regione Siciliana, già Assessorato per i beni culturali, ambientali e la pubblica istruzione.

La società ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell'art. 157 c.p.c..

Rileva la società ricorrente di aver eccepito la nullità della c.t.u. con le note depositate in data 25 ottobre 2010 e quindi antecedentemente alla prima udienza utile dopo il deposito della relazione peritale; nella successiva udienza del 3 novembre 2010 "si è insistito per la sostituzione del perito, ponendo a riferimento quindi le critiche sviluppate nelle note". La Corte d'appello, perciò, avrebbe dovuto esaminare l'eccezione di nullità, mentre la motivazione sul punto sarebbe "sbrigativa".

1.1. Il motivo è inammissibile.

La società ricorrente insiste nell'affermare, come si è detto, che la presunta nullità della c.t.u. fu eccepita in data antecedente rispetto alla prima udienza utile dopo il deposito della relazione peritale; sicchè non sarebbe valida l'argomentazione della sentenza in esame la quale ha ritenuto l'eccezione inammissibile ai sensi dell'art. 157 c.p.c., comma 2, in quanto non tempestivamente ribadita.

Rileva questo Collegio, però, che la Corte d'appello non si è limitata a sostenere che la presunta nullità, in quanto relativa, sarebbe stata sanata ai sensi dell'art. 157 cit., ma ha anche aggiunto che gli accertamenti eseguiti dal c.t.u. erano stati in tutto funzionali allo scrupoloso adempimento dell'incarico, sicchè non era ravvisabile alcuna nullità. Tale affermazione, che costituisce a tutti gli effetti una seconda ed ulteriore ratio decidendi, non è stata contestata nel motivo di ricorso in esame, il che comporta l'inammissibilità del medesimo in quanto non in grado di scardinare il contenuto della decisione, come da pacifica giurisprudenza (v., per tutte, la sentenza 8 agosto 2005, n. 16602, delle Sezioni Unite di questa Corte).

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Osserva la ricorrente che nelle proprie note critiche poste all'attenzione della Corte d'appello si era evidenziato che il c.t.u.

aveva oltrepassato i limiti del compito a lui attribuito. Egli, infatti, avrebbe esaminato in modo comparativo i progetti redatti dalla società Tecnimont insieme ad altri, ivi compreso quello della Soprintendenza di Trapani; avrebbe classificato tali progetti ponendo al primo posto quello della Soprintendenza, formulato in epoca successiva e sulla base di una tecnica più evoluta; avrebbe comparato anche i compensi professionali ed avrebbe valutato i danni subiti dall'Assessorato senza alcuna richiesta da parte della Corte d'appello. Tali rilievi dovevano indurre la Corte territoriale a nominare un nuovo consulente.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Secondo la società ricorrente, la Corte di merito avrebbe errato nel considerare tecnicamente non valida la progettazione compiuta dalla Tecnimont, come non avrebbe valutato l'incapacità dell'amministrazione di suggerire le necessarie modifiche al nuovo aggiudicatario, la società RTI Grassetto, che avrebbero consentito di non rinunciare in autotutela al finanziamento.

4. I due motivi, da trattare congiuntamente in considerazione della stretta connessione che li unisce, sono entrambi inammissibili.

Osserva la Corte che al presente ricorso, il quale ha ad oggetto una sentenza pubblicata in data 15 giugno 2014, deve essere applicato il nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è configurabile il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Nel presente caso, le censure poste dai motivi ora in esame in parte sono ripetitive delle circostanze indicate nel primo motivo, ribadendo che il c.t.u. avrebbe oltrepassato i limiti del compito a lui conferito; in parte fanno riferimento ad elementi di prova che la Corte d'appello ha comunque esaminato e valutato; in parte, infine, non sono supportate adeguatamente in termini di autosufficienza (v.

il richiamo al parere rilasciato dal Consiglio di giustizia amministrativa di cui a p. 12 del ricorso), poichè non danno conto nè di come i documenti indicati siano stati posti all'esame della Corte di merito nè di se e dove essi siano consultabili nella presente sede di legittimità.

Le censure, che si risolvono in modo palese nell'indebito tentativo di ottenere in questa sede una nuova e non consentita valutazione del merito, sono pertanto inammissibili sulla base dei criteri indicati dalla sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, delle Sezioni Unite di questa Corte.

5. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c..

Rileva la società ricorrente che la sentenza in esame sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto non raggiunta alcuna utilità da parte dell'Assessorato in conseguenza della mancata esecuzione dell'opera.

Richiamando la giurisprudenza di legittimità, si sostiene che l'utilità rilevante ai fini dell'art. 2041 c.c., non è solo quella patrimoniale, potendo consistere "anche solo in un risparmio di spesa". Nel caso di specie, sarebbe evidente che l'amministrazione ha comunque ricevuto la progettazione redatta dalla società ricorrente e l'ha utilizzata per ottenere il finanziamento, con un chiaro vantaggio economico. Il riconoscimento dell'utilità, pertanto, poteva considerarsi realizzato per implicito con l'invio del progetto al fine di ottenere il finanziamento da parte dell'Unione europea.

5.1. Il motivo non è fondato.

5.2. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato già in passato che, ai fini dell'utile esperimento dell'azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione, il vantaggio da essa goduto non deve avere necessariamente un contenuto di diretto incremento patrimoniale, ma può consistere anche in un risparmio di spesa, quale potrebbe essere quello del mancato esborso per procurarsi altro progetto idoneo alla realizzazione di un'opera pubblica (Sezioni Unite, sentenza 10 febbraio 1996, n. 1025).

La giurisprudenza più recente ha lungamente discusso, in relazione all'azione suddetta, sul requisito della c.d. utilitas da parte della pubblica amministrazione e, soprattutto, sulla necessità o meno del riconoscimento della utilitas. Con una recente pronuncia, alla quale si intende oggi dare continuità, le Sezioni Unite di questa Corte - recependo un orientamento definito come minoritario - hanno enunciato il principio di diritto in base al quale "la regola di carattere generale secondo cui non sono ammessi arricchimenti ingiustificati nè spostamenti patrimoniali ingiustificabili trova applicazione paritaria nei confronti del soggetto privato come dell'ente pubblico;

e poichè il riconoscimento dell'utilità non costituisce requisito dell'azione di indebito arricchimento, il privato attore ex art. 2041 c.c., nei confronti della P.A. deve provare - e il giudice accertare - il fatto oggettivo dell'arricchimento, senza che l'amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa, piuttosto, eccepire e dimostrare che l'arricchimento non fu voluto o non fu consapevole" (sentenza 26 maggio 2015, n. 10798). Le Sezioni Unite, in altri termini, hanno accolto le sollecitazioni di quella giurisprudenza (v. soprattutto la sentenza 21 aprile 2011, n. 9141) secondo cui "il criterio idoneo a mediare tra tutti gli interessi in conflitto è l'affidamento al saggio apprezzamento del giudice dello scrutinio sull'intervenuto riconoscimento ovvero la valutazione, in fatto, dell'utilità dell'opus, utilità desunta dal contesto fattuale di riferimento, senza pretendere di imbrigliare l'ineliminabile discrezionalità del relativo giudizio in schemi predefiniti, ma solo esigendo che del suo convincimento il decidente dia adeguata e congrua motivazione"; non più, quindi, necessità di un apposito riconoscimento dell'utilità da parte della pubblica amministrazione, che finirebbe con diminuire "fortemente il diritto del privato ad essere indennizzato dell'impoverimento subito, svuotando di fatto i poteri di accertamento del giudice" (così le Sezioni Unite), ma affidamento a quest'ultimo del relativo accertamento.

5.3. La Corte d'appello di Palermo risulta aver fatto buon governo dei principi che si sono adesso richiamati.

La sentenza impugnata, infatti, ha dato atto che il progetto di recupero della tonnara di (OMISSIS) presentato dalla società ricorrente aveva consentito all'amministrazione di ottenere un finanziamento di L. 20 miliardi; ma ha poi aggiunto che quel finanziamento era stato revocato per la sostanziale inutilizzabilità, del progetto il quale prevedeva interventi eccessivamente "pesanti" sullo stato dei luoghi, oltre che assai più dispendiosi rispetto al finanziamento stesso (si parla di un esborso necessario pari a oltre L. 34 miliardi). Ciò aveva costretto la pubblica amministrazione ad indire una nuova gara, ragione - per cui essa non aveva conseguito alcun vantaggio dall'opera prestata, non essendo stati conseguiti gli obiettivi per i quali era stato conferito l'incarico di progettazione alla società oggi ricorrente.

A fronte di tale motivazione il ricorso, tentando di sovvertire la valutazione di merito compiuta dalla Corte d'appello e di ottenere in questa sede una diversa decisione, ribadisce che vi fu una concreta utilitas consistente nell'erogazione del finanziamento, ma non prospetta neppure che la revoca del medesimo avvenne per una qualche inerzia dell'amministrazione (ritardi, uso non corretto del progetto et similia). La società ricorrente, cioè, si limita a dare una propria valutazione della vicenda che finisce col non cogliere la ratio deciderteli della sentenza in esame intesa nella sua globalità.

Il motivo in esame, pertanto, deve essere respinto.

6. In conclusione, il ricorso è rigettato.

A tale pronuncia segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2016
Avv. Antonino Sugamele

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