Esclusione del socio - Delibera assembleare assunta con il voto di società partecipante rappresentata da “falsus procurator” - Annullabilità - Applicazione analogica dell’art. 2377 cc - Voto invalido per difetto di rappresentanza - Ratifica - Ammissibilità - Accertamento del giudice di merito - Eccezione di parte - Necessità.
La deliberazione assembleare di esclusione del socio da una società personale, assunta con il voto di una società partecipante rappresentata da un “falsus procurator”, è viziata da annullabilità, in quanto il diritto di partecipare all'assemblea è tutelato dalla legge in funzione dell'interesse individuale dei soci ed il contrasto con norme, anche cogenti, rivolte alla tutela di tale interesse determina un'ipotesi di mera annullabilità, in applicazione analogica dell'art. 2377 cc; il voto così espresso, invalido per vizio di rappresentanza, è peraltro suscettibile di ratifica, proveniente dalla medesima società legittimamente rappresentata, ai sensi dell'art. 1399 cc, restando compito esclusivo del giudice del merito accertare l'integrazione della fattispecie sanante, su eccezione della parte interessata a farla valere.
Si richiamano:
i) Cass. Sez. 1, Sentenza 8276/2002: la mancata previsione normativa di un organo assembleare nelle società di persone non comporta che ne sia, per ciò solo, vietata la costituzione, e che sia preclusa ai soci - qualora questi siano chiamati ad esprimere il proprio “consenso” nelle materie di cui agli artt. 2252, 2275, 2301, 2257 comma secondo, 2258 comma secondo, 2322 comma secondo - la possibilità di riunirsi in assemblea per deliberare, appunto, ai sensi delle norma citate, all'unanimità ovvero a maggioranza. Ne consegue che l'adozione del metodo assembleare per le deliberazioni sociali - da ritenersi del tutto legittimo - comporta che, quanto alla disciplina della validità/invalidità di tali atti deliberativi, debba farsi applicazione dei principi generali sulle patologie degli atti negoziali plurisoggettivi (esclusa, per converso, l'applicabilità degli artt. 2377 e 2379, dettati con specifico riferimento alle sole delibere delle società per azioni), di talché, dalla eventuale violazione di norme imperative (quale quella di cui all'art. 2252 cc, specificativa del principio generale di immodificabilità del contratto senza il consenso di tutti i contraenti), discende senz'altro la nullità della delibera societaria, ex art. 1418 cc.
ii) Sez. 1, Sentenza 8876/2006: l'attività di natura privatistica della P.A. resta soggetta alla generale disciplina del codice civile in materia di rappresentanza senza potere, così che il contratto di natura privatistica - o, per il rinvio contenuto nell'art. 1324 cc, l'atto unilaterale a carattere negoziale - posto in essere dal legale rappresentante di un ente pubblico in assenza del necessario atto deliberativo dell'organo competente, in quanto equiparabile al negozio concluso dal “falsus procurator” (art. 1398 cc), può formare oggetto di ratifica da parte del predetto organo ai sensi dell'art. 1399 cc. L'accertamento del giudice di merito in ordine alla sussistenza o meno della ratifica costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici. (Fattispecie relativa alla asserita possibilità di attribuire alla deliberazione del consiglio di amministrazione di un ente pubblico regionale valenza di ratifica dell'impegno a sottoscrivere il futuro aumento di capitale di una società per azioni, di cui detto ente era socio di maggioranza, assunto in sede assembleare dal suo presidente senza averne il potere).
14-01-2016 22:29
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