Il dipendente può criticare il proprio superiore gerarchico?
orte di cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 25 ottobre 2016 n. 21649
Licenziamento intimato a un dipendente che - nero su bianco - si era rivolto nei confronti del capo prospettandogli degli aggiustamenti organizzativi.
In primo grado era stata confermata la legittimità del licenziamento. Di segno completamente opposto, invece, la sentenza di secondo grado secondo cui una lettera scritta il 13 giugno 2002 di denuncia del lavoratore alla datrice di comportamenti scorretti e offensivi in proprio danno del superiore gerarchico, con allegato parere pro veritate di avvocato penalista (posta a base della contestazione disciplinare culminata nel licenziamento impugnato), doveva essere inquadrata nell'esercizio del legittimo diritto di critica del dipendente. E questo per rispetto dei limiti di continenza sostanziale (per la ravvisata corrispondenza a verità dei fatti denunciati, in esito ad articolato ragionamento argomentativo) e di continenza formale (per il tenore corretto e civile delle espressioni usate e senza diffusione all'esterno dell'ambito aziendale, così da escludere ogni lesione all'immagine e al decoro della società datrice). Era stato rilevato, inoltre, come la circostanza che il dipendente in passato non si fosse reso protagonista di comportamenti deplorevoli o comunque sanzionabili sotto il profilo della correttezza certo non integrava il principio di proporzionalità che deve sempre sussistere tra comportamento del dipendente e la misura inflitta (che per l'appunto risultava assolutamente abnorme). In fondo una lettera seppur con delle critiche non poteva certamente ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti.
La Cassazione ha ritenuto corretto il ragionamento dei giudici di secondo grado e, anzi, ha chiarito che in tema di esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, il prestatore si era limitato a difendere la propria posizione soggettiva, senza travalicare così, con dolo o colpa grave, la soglia del rispetto della verità oggettiva con modalità e termini tali da non ledere gratuitamente il decoro del datore di lavoro o del proprio superiore gerarchico e determinare un pregiudizio per l'impresa. In fin dei conti il dipendente nella lettera aveva sollecitato l'attivazione del potere gerarchico e organizzativo del datore di lavoro (ex articoli 2086 e 2104 del cc) in funzione di una migliore coesistenza delle diverse realtà operanti all'interno dei luoghi di lavoro e ad evitare conflittualità. Rigettato quindi l'appello della società con riconoscimento dell'illegittimità del licenziamento e condanna della parte ricorrente all'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
27-10-2016 23:26
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