Motociclista perde controllo della moto e impatta con guard rail deformato. Nessun risarcimento.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 maggio – 7 luglio 2016, n. 13948
Presidente Vivaldi – Relatore Spirito
Svolgimento del processo
La L. ed i N. citarono in giudizio risarcitorio l'Autostrade per l'Italia spa per i danni subiti a causa del decesso del loro congiunto, G.N., a seguito di sinistro stradale. Essi sostenevano che la vittima, a bordo del suo motociclo, era andato ad urtare un piantone del guardrail, divelto a causa di un precedente incidente, perdendo il controllo del mezzo. La domanda è stata respinta dal Tribunale di Roma con sentenza poi confermata dalla Corte d'appello della stessa città. Propongono ricorso per cassazione gli eredi della vittima attraverso cinque motivi. Risponde con controricorso la società Austostrade. I ricorrenti hanno depositato memoria per l'udienza.
Motivi della decisione
Il primo motivo, lamentando la violazione di una serie di disposizioni regolamentari concernenti la costruzione e la manutenzione delle strutture di sicurezza autostradale, censura la sentenza laddove afferma che, nonostante la deformazione, la funzione del guardrail di contenere la traiettoria del veicolo era stata assolta. Sostengono i ricorrenti che nessuna imprudenza può essere imputata alla condotta di guida della vittima e che l'evento s'è verificato a seguito dell'urto contro il piantone (ostacolo non segna lato, imprevedibile ed estraneo) disarticolato dalla barriera metallica, che risultava divelta e ripiegata all'interno dello spartitraffico, praticamente inutilizzabile nella sua essenziale funzione di ridirezione e riposizionamento del mezzo.
Il secondo motivo (violazione di legge e vizio della motivazione) censura la sentenza per non aver fatto applicazione, in considerazione della responsabilità contrattuale della società convenuta, della disposizione dell'art. 1218 c.c., così da accogliere la domanda risarcitoria in assenza di prova circa l'inimputabilità dell'inadempimento.
Il terzo motivo (violazione di legge) sostiene che nella specie era provata l'esistenza dell'insidia-trabocchetto attraverso una missiva della società Autostrade dalla quale risulta che era stato consentito che il piantone in questione rimanesse divelto per ben 18 giorni dopo il precedente incidente.
Il quarto motivo censura la sentenza per non aver fatto applicazione della disposizione dell'art. 1227 c.c.
11 quinto motivo censura la sentenza per avere omesso di valutare gli atti dell'indagine penale. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono tutti inammissibili.
Essi tendono, attraverso considerazioni in fatto ed in maniera non autosufficiente, a conseguire dalla corte di legittimità una nuova valutazione degli elementi probatori emersi in atti e, dunque, un nuovo e diverso giudizio di merito sulla dedotta responsabilità della società autostradale.
In particolare, i giudici del merito hanno accertato che la perdita di controllo del mezzo, da parte del motociclista è avvenuta prima ed a prescindere dall'impatto con il guardrail (la cui deformazione era segnalata e visibile), deducendo la circostanza dal rapporto della Polizia Stradale e dalla testimonianza dell'automobilista che seguiva a breve distanza la vittima. La sentenza impugnata ha, poi, risposto in maniera compiuta e coerente alle obiezioni che tuttora i ricorrenti pongono (ossia che una protezione integra avrebbe consentito il dolce riposizionamento su strada del motoveicolo) spiegando che la funzione assorbente propria del guardrail ben poco avrebbe potuto contro la violenza dell'impatto.
Si tratta di accertamenti e valutazioni di merito che hanno fatto dedurre al giudice che la condotta della vittima ha avuto efficienza causale esclusiva ed autonoma nella produzione del sinistro, tale da vincere la presunzione di responsabilità gravante sul custode autostradale. Accertamenti e valutazione che, siccome congruamente e logicamente motivati, sono incensurabili in cassazione. L'esclusione di ogni nesso causale tra lo strato della barriera ed il sinistro, risolve ogni questione sia riguardo ad un eventuale concorso colposo della società, sia riguardo alla prova in tema di responsabilità contrattuale.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2.800,00, di cui € 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 qua ter, del DPR n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
09-07-2016 14:34
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