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Sentenza

Notaio si sottrae al pagamento dei propri debiti nei confronti di un legale; si ...
Notaio si sottrae al pagamento dei propri debiti nei confronti di un legale; si rifiuta di produrre al Consiglio Notarile documenti dal medesimo richiesti.-
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 marzo – 11 luglio 2016, n. 14130
Presidente Petitti – Relatore Cosentino

Motivi della decisione

Con decisione n. 138 del 3.7.14 la Commissione regionale di disciplina della Lombardia inflisse al notaio F.R. la sanzione di 5 mesi di sospensione dalla professione, ritenendolo responsabile delle violazioni di cui agli articoli 147 lett. a) e lett. b) della legge notarile (1. 16 febbraio 1913 n. 89) - in relazione all'articolo 1, commi primo e secondo, ed all'articolo 22, lett. a) e b), del codice deontologico dei notai (nel testo approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato con deliberazione n. 2/56 del 5 aprile 2008) - per aver posto in essere le seguenti condotte, unitariamente valutate a fini disciplinari:
a) aver commesso diversi errori, facilmente evitabili, nella liquidazione degli atti da registrare, peraltro riscuotendo dai clienti l'esatto importo dovuto all'Erario e quindi ritardandone il versamento fino alla notifica dell'avviso di rettifica e liquidazione, nonostante i diversi avvisi di procedere con maggior cautela al riguardo rivoltigli dall'Agenzia delle entrate;
b) essersi sottratto al pagamento dei propri debiti nei confronti dell'avv. P.S., costringendo quest'ultimo al compimento di atti esecutivi, conclusisi con esito negativo per essere il notaio risultato non titolare di alcun patrimonio e privo di residenza anagrafica, fittiziamente stabilita presso lo studio professionale;
e) essersi rifiutato di produrre al Consiglio Notarile documenti dal medesimo richiesti, in tal modo tenendo un atteggiamento non collaborativo contrastante con i principi deontologici dei notai;
d) aver omesso molti versamenti fiscali e contributivi e aver promiscuamente utilizzato conti correnti bancari per ragioni personali e professionali.
La Corte di appello di Milano, adita dal notaio R. con l'impugnazione di cui all'articolo 158 l.n., ha confermato la decisione della Commissione regionale di disciplina con ordinanza n. 468/15, depositata il 29.1.15. Avverso tale ordinanza il notaio R. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, tutti promiscuamente riferiti ai nn. 3 e 5 dell'articolo 360 c.p.c.
Il Consiglio notarile di Milano ha resistito con controricorso.
Solo il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 3.3.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 24 e 25 Cost., dell'articolo 81 c.p. e degli articoli 147, primo comma, lettere a) e b), e 156 bis l.n. in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa perché, confermando la sanzione irrogata dalla Commissione regionale di disciplina, ha disatteso la doglianza con cui, in sede di impugnativa, esso ricorrente aveva lamentato che soltanto nel provvedimento decisorio, in difetto di previa contestazione, era stato affermato che gli illeciti sanzionati componevano "un quadro complessivamente denso di violazioni deontologiche che fanno parte di un medesimo disegno", così da risultare "soggetti ad una valutazione unitaria e globale". Il notaio R. lamenta quindi la lesione del proprio diritto dì difesa conseguente all'impossibilità di interloquire sull'esistenza di un unico disegno, comprensivo di condotte anche diverse da quelle tipizzate. Nel corpo del motivo, poi, si censura specificamente la gravata ordinanza per aver compreso nell'unico disegno al quale la sanzione è stata commisurata anche la condotta di utilizzo promiscuo dei conti bancari "sia per le esigenze professionali che personali", non vietata da alcuna disposizione né legale né deontologica. Il motivo non può trovare accoglimento; il ricorrente, infatti, non lamenta la mancata contestazione di talune delle condotte illecite per le quali è stato condannato, ma la mancata contestazione del vincolo della continuazione tra tali condotte, che la Commissione regionale di disciplina ha ritenuto sussistente al fine di irrogare il trattamento sanzionatorio "nel rispetto del principio della continuazione dell'illecito disciplinare". Ciò posto, il Collegio osserva che tale censura va giudicata inammissibile per carenza di interesse a ricorrere, perché il ricorrente non specifica quale concreta lesione sarebbe derivata al suo diritto di difesa dalla mancata previa contestazione della continuazione fra gli illeciti a lui ascritti, né, in particolare, esplicita le ragioni per le quali l'applicazione del cumulo materiale delle sanzioni avrebbe condotto ad un esito sanzionatorio in concreto più mite rispetto a quello raggiunto, per effetto dell'affermato vincolo della continuazione tra gli illeciti accertati, con l'applicazione del cumulo giuridico. Quanto, poi, all' argomento concernente la pretesa irrilevanza disciplinare dell'utilizzo promiscuo dei conti bancari, per esigenze sia professionali che personali, è sufficiente rilevare che la qualificazione di tale condotta come lesiva del decoro della professione notarile tutelato dalla lettera a) dell'articolo 147 l.n. - per le concrete modalità del suo svolgimento e per il contesto in cui la stessa si inserisce - rientra tra i compiti istituzionali del giudice dì merito e non è sindacabile dalla Corte di cassazione, il cui controllo di legittimità sull'applicazione, da parte di detto giudice, di concetti giuridici indeterminati e clausole generali può solo mirare a verificare la ragionevolezza della sussunzione in essi del fatto concreto (Cass. 4720/12).
Il primo mezzo di ricorso va pertanto rigettato.
Con il secondo mezzo di ricorso si deduce la violazione dell'articolo 12 disp. prel. cod. civ. e dell'articolo 147 lett. b) I.n., in relazione all'articolo 21, primo comma, e 22 del codice deontologico dei notai in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa confermando il giudizio della Commissione regionale di disciplina secondo cui il notaio R. avrebbe tenuto un atteggiamento non collaborativo con il Consiglio Notarile, in particolare mancando di corrispondere alle richieste di trasmissioni documentali dal medesimo rivoltegli. Il ricorrente specificamente lamenta che la Corte distrettuale abbia omesso di:
1) considerare le giustificazioni al riguardo offerte dal R.;
2) rilevare che dall'atto di apertura del procedimento disciplinare risultava che la tabella delle irregolarità predisposta dal Consiglio Notarile era stata realizzata "grazie alla documentazione consegnata dal dott. R." (pag. 23, terzultimo rigo, del ricorso);
3) considerare che la mancanza di precedenti disciplinari risultava incompatibile con il requisito della "non occasionalità" di cui all'articolo 147, primo comma, lettera b), l.n. .
Il motivo non può trovare accoglimento.
I primi due profili di censura si sostanziano, infatti, in una doglianza di puro merito, in quanto non enucleano specifici vizi logici del ragionamento decisorio del giudice territoriale ma si risolvono nella richiesta alla Corte di cassazione di procedere ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie che, come è noto, esula dall'ambito del giudizio di legittimità. Il terzo profilo di censura è giuridicamente errato perché confonde la nozione di "non occasionalità" di cui alla lettera b) del primo comma dell'articolo 147 l.n. ("viola in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato") con la nozione di recidiva. La non occasionale
violazione di norme deontologiche si ha quando una violazione venga ripetuta più volte, cosicché la stessa non possa essere ascritta a ragioni contingenti e momentanee ma dimostri un atteggiamento indifferente al rispetto dei doveri deontologici e ciò non presenta alcun collegamento con l'evenienza che l'incolpato abbia o meno riportato precedenti condanne disciplinari per la stessa o per altre violazioni dei doveri deontologici.
Con il terzo motivo - rubricato in riferimento alla violazione degli articoli 144 e 147, lett. a) e b), l.n. e 62 e 62 bis c.p. - il ricorrente denuncia l'omessa pronuncia della Corte di appello sul capo di impugnativa con cui il notaio R. aveva criticato la statuizione della Commissione regionale di disciplina che gli aveva negato l'attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144, primo comma, l.n. (da lui invocata per avere egli, ancorché in ritardo, provveduto ai versamenti dovuti) e lamenta il mancato riconoscimento di detta attenuante, nonché il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (invocate in ragione della sua incensuratezza) e, comunque, l'eccessività della sanzione inflitta in relazione ai fatti sanzionati.
Il motivo è fondato sotto il profilo della denuncia del vizio di omessa pronuncia.
Preliminarmente va osservato che l'assenza, nella rubrica del motivo, di espressi richiami all'articolo 112 c.p.c. e al numero 4 dell'articolo 360 n. 4 c.p.c., non impedisce a questa Corte di apprezzare la sostanza della censura come deduzione di un vizio di omessa pronuncia ( cfr. SSUU 17931/13), in ragione del riferimento a tale vizio contenuto nel corpo del motivo (vedi pag. 25 del ricorso, terzultimo capoverso: "L'aspetto è stato ampiamente censurato in sede di reclamo (par. 4 e par. 5), tuttavia l'ordinanza della Corte di appello n. 468/2015 impugnata non contiene alcuna argomentazione o statuizione sul punto, che viene completamente ignorato"). Ciò posto, il Collegio rileva che effettivamente la Corte territoriale ha omesso di prendere posizione sulle doglianze avanzate dal notaio R. avverso la decisione della Commissione regionale di disciplina che aveva negato l'attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144, primo comma, l.n.. In tali limiti il motivo va accolto. Inammissibili sono, invece, le ulteriori deduzioni svolte in tale motivo in ordine alla ritenuta applicabilità delle attenuanti generiche e dell'attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144, primo comma, l.n., e in ordine alla ritenuta eccessività della sanzione inflitta. Tali deduzioni, infatti, criticano il provvedimento della Commissione regionale di disciplina e non l'ordinanza gravata, la quale su dette questioni non contiene alcuna pronuncia. Va peraltro aggiunto che il ricorrente non formula nei confronti dell'ordinanza qui gravata alcuna autosufficiente censura di omessa pronuncia in relazione alle questioni relative al riconoscimento delle attenuanti generiche e all' entità della sanzione inflitta. Nel ricorso per cassazione infatti - mentre si riferisce che nei paragrafi nn. 4) e 5) dell'impugnativa presentata alla Corte di appello dal notaio R. era stato criticato il mancato riconoscimento, da parte della Commissione
regionale di disciplina, dell'attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144, primo comma, l.n. - non si precisa se, ed in quali punti, detta impugnativa contenesse specifiche doglianze anche in punto di diniego delle attenuanti generiche e di eccessività della sanzione inflitta.
In definiva il terzo motivo di ricorso va accolto limitatamente alla censura di omessa pronuncia della Corte territoriale sulla doglianza con cui il notaio R. aveva censurato la decisione della Commissione regionale di disciplina in punto di diniego dell'attenuante del ravvedimento operoso ex art. 144, primo comma, l.n..

P.Q.M.

La Corte, rigettati il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
Avv. Antonino Sugamele

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