Tribunale di Trapani. Condanna ad arretrare fino alla distanza di un metro dal confine le condutture idriche poste a servizio di una abitazione, ubicate all'interno del manufatto addossato al muro divisorio con l'immobile dell'appellante incidentale.
Corte appello Palermo, sez. II, 03/03/2016, (ud. 27/11/2015, dep.03/03/2016), n. 416
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Palermo, II Sezione Civile, composta dai signori:
1) Dott. ANTONIO NOVARA - Presidente
2) Dott. DANIELA PELLINGRA - Consigliere
3) Dott. GIUSEPPE LUPO - Consigliere
dei quali il primo Presidente ed estensore, riunita in Camera di Consiglio, ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 2127/2009 del R.G. Cont. Civ. di questa Corte di
Appello, posta in decisione nell'udienza collegiale del 24.07.2015 e promossa in
questo grado
DA
T.A., nato in A. (T.) il (omissis...) C.F. (omissis...), elettivamente domiciliato
in Palermo in Via (omissis...) presso lo studio dell'Avv. Salvatore
Spedale, rappresentato e difeso dall'Avv. Leonardo Salato giusta procura a margine
dell'atto di citazione in appello.
APPELLANTE
CONTRO
B.R., nata in A. (T.) il (omissis...), C.F. (omissis...), rappresentata e difesa
dall'Avv. Aurelio Cacciapalle, giusta mandato a margine della comparsa di risposta
ed appello incidentale, e con con lui domiciliata in Palermo nella Via Sammartino
n. 4 presso lo studio dell'avv. Baldassare Agugliaro.
APPELLATA ED APPELLANTE INCIDENTALE
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
Con citazione notificata il 29 ottobre 2005, T.A., proprietario di un fabbricato con circostante terreno nella contrada (omissis...) di Alcamo, confinante con un fondo appartenente a B.R., espose che costei aveva realizzato nel suo terreno un locale parzialmente seminterrato a distanza inferiore a quella prescritta dagli strumenti urbanistici, nonché una cisterna interrata alla distanza di circa un metro dal confine, così violando il disposto dell'art. 889 cod. civ.
Nel convenire la B. davanti al Tribunale di Trapani, Sezione distaccata di Alcamo, l'attore chiese, pertanto, la rimozione dei predetti manufatti, oltre il risarcimento dei danni che la costruzione limitrofa, impedendo il normale deflusso delle acque piovane, aveva arrecato al suo edificio.
Ritualmente costituitasi, la convenuta si oppose alla domanda e chiese in via riconvenzionale che fosse accertato il suo diritto a mantenere il proprio fabbricato e la cisterna a intervallo inferiore a quello legale, per avvenuta usucapione, e che il T. fosse, a sua volta, condannato ad arretrare alcune opere da lui realizzate fino al rispetto della distanza legale dal confine, oltre la rimozione di alcune condutture e il risarcimento dei danni provocati alla sua abitazione.
Assunte delle prove testimoniali e disposta una consulenza tecnica, il Tribunale adito, con sentenza del 5 giugno 2009, condannò la convenuta a riportare la cisterna interrata realizzata nel suo terreno alla distanza di due metri dal confine con il fondo dell'attore e quest'ultimo ad arretrare la fossa Imhoff posta a servizio della sua abitazione fino alla distanza di due metri dal confine con la B., rigettando tutte le altre domande.
Con citazione del 30 settembre 2009, il T. ha proposto appello, chiedendo con due motivi la riforma della pronuncia di primo grado.
La B. ha resistito e ha proposto, a sua volta, impugnazione incidentale.
Indi, disposto il richiamo del consulente tecnico nominato in primo grado, all'udienza del 24 luglio 2015, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, la causa è stata posta in decisione, con l'assegnazione dei termini di cui all'art. 190 cod. proc. civ. per il deposito degli scritti difensivi conclusionali.
Tanto premesso, non può innanzitutto farsi a meno di rilevare la tardività dell'eccezione, di nullità del supplemento di consulenza disposto in questo grado del giudizio, perché, dopo essersi limitata ad affermare, all'udienza del 6 febbraio 2015 e a quella del 24 luglio successivo, che l'inizio delle operazioni non era stato preceduto dalla prescritta comunicazione, la B. l'ha specificamente sollevata, com'avrebbe dovuto subito fare, soltanto nella seconda comparsa conclusionale, in contrasto con il principio che detta nullità deve essere dedotta nella prima udienza, istanza o difesa successiva al deposito della relazione.
Nel merito, il Tribunale ha rigettato la domanda di arretramento della costruzione eseguita dalla B., in base al rilievo che, verso il confine con la proprietà del T., essa risultava completamente interrata, sicché, essendo inidonea a creare intercapedini pregiudizievoli, non soggiaceva al rispetto delle distanze legali.
Di questo si è lamentato l'appellante principale, il quale ha sostenuto, con il primo motivo, che, ben lungi da quanto ritenuto dal Tribunale, il manufatto in questione emergeva parzialmente dal terreno e la B., nel realizzarlo, avrebbe dovuto, pertanto, osservare le distanze legali dal confine.
La censura non ha, tuttavia, fondamento.
Infatti, sia dalla relazione principale che dal supplemento di indagini richiesto al C.T.U. risulta che, rispetto al confine con il terreno del T., il fabbricato della B. è, in parte, completamente interrato e non può, quindi, dar luogo alla formazione di intercapedini dannose alla sicurezza e alla salubrità del godimento della proprietà fondiaria, che l'art. 873 cod. civ. o i regolamenti locali in subiecta materia mirano ad assicurare, mentre, nella parte in cui sporge dal terreno, si trova a un intervallo di oltre cinque metri.
Bene ha fatto, pertanto, il primo giudice a rigettare la domanda di rimozione dell'edificio della B., in proposito giustamente rilevando, da un canto, che, nella parte in cui fuoriusciva dal terreno, esso rispettava il distacco previsto dalle disposizioni vigenti al momento della sua realizzazione e, d'altro canto, che, lì dove risultava interrato, era escluso, in ossequio a principi ampiamente consolidati nella giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 4 dicembre 1995 n. 12489; Cass. 1 luglio 1996 n. 5956; Cass. 22 maggio 1998 n. 5116; Cass. 17 dicembre 2012 n. 23189), che dovesse osservare alcuna distanza.
Disattesa la predetta censura, neanche il secondo motivo, poi, si rivela fondato.
Invero, il consulente tecnico ha accertato che lo smaltimento delle acque del fabbricato dell'appellante principale avviene tramite una rete fognante, che scarica, dapprima, in una fossa biologica di tipo Imhoff, la quale dista dal confine con il terreno della B. appena mt. 1,79, e, quindi, in una fossa perdente, che è, invece, situata a più di cinque metri da detto confine.
Costatata la violazione della distanza stabilita dall'art. 889 co. 1 cod. civ., il Tribunale non ha, dunque, per nulla errato nel condannare il T. ad arretrare la fossa Imhoff fino alla distanza di due metri dal confine con l'immobile limitrofo.
Con ciò resta definito l'esame dell'appello principale, che va, dunque, integralmente rigettato, al contrario dell'impugnazione incidentale, che risulta parzialmente fondata.
Ben vero, il Tribunale ha condannato la B. ad arretrare la cisterna interrata esistente nella part. (omissis...), già 570, di sua proprietà fino alla distanza di due metri dal confine con il fondo del T. e la statuizione si sottrae alla censura contro di essa proposta con il primo motivo del gravame incidentale.
Infatti, non solo il C.T.U. ha accertato la presenza del manufatto, precisando che esso era da tempo inutilizzato e non era ispezionarle, ma anche i testimoni sentiti sul punto ne hanno affermato l'esistenza.
L'assunto che sul terreno non vi sarebbe alcuna cisterna, anche perché quella che il consulente d'ufficio ha indicato come botola di apertura della stessa non sarebbe altro che la vecchia fondazione di un palo Enel ormai dismesso, risulta, pertanto, categoricamente smentito; e, del resto, se fosse vero il contrario, la B., per resistere alla domanda, non avrebbe ovviamente sostenuto in primo grado che "la cisterna esistente nella particella (omissis...)... non viola le distanze legali", né avrebbe richiesto che fosse accertato il suo diritto a mantenerla lì dove si trovava, per intervenuta usucapione, con ciò decisivamente confermando l'esistenza dell'opera.
Quanto, invece, al piccolo manufatto addossato al muro di confine, all'interno del quale il T. ha collocato un'autoclave, da cui fuoriescono i tubi che adducono acqua alla sua abitazione, il primo giudice ne ha rigettato la domanda di rimozione, sul rilievo che essi insistessero su terreno appartenente a terzi.
Ora, conformemente alla doglianza proposta con il secondo motivo dell'appello incidentale, è indubbiamente esatto che il predetto terreno risulta solo catastalmente intestato a tale C.B. e il T. non ha per nulla contestato in primo grado di esserne proprietario, se non del tutto tardivamente nella comparsa conclusionale, in cui ha posto soprattutto in rilievo, peraltro, che il vano di alloggiamento dell'autoclave, così come questa e le condutture idriche a servizio del suo immobile fossero posti a distanza legale.
Sennonché, il manufatto di ridottissime dimensioni in cui è situata l'autoclave costituisce un semplice vano tecnico, che, quindi, non è soggetto all'osservanza delle distanze legali (Cass. 3 febbraio 2011 n. 2566); e così pure l'autoclave, che, com'è dato rilevare dalle ritrazioni fotografiche allegate alla relazione di consulenza, non è altro che una pompa elettrica sormontata da un piccolo recipiente, la quale, non essendo in alcun modo assimilabile a una cisterna, non deve rispettare la distanza prevista dall'art. 889 cod. civ.
Alla distanza di un metro dal confine, stabilita dal secondo comma della disposizione testé citata, vanno, invece, arretrate le tubazioni dell'acqua, che, secondo gli accertamenti del C.T.U., sono poste ad appena 16 cm. dal muro divisorio con la limitrofa proprietà.
In tal senso va, quindi, parzialmente riformata la pronuncia di primo grado, mentre gli altri motivi dell'impugnazione incidentale non meritano accoglimento.
Infatti, la domanda di rimozione del piccolo fabbricato in muratura, che è posto interamente all'interno della part. (omissis...) appartenente al T., è stata giustamente rigettata, non avendo la B. dedotto alcun titolo idoneo a pretenderne, quale proprietaria del fondo confinante, l'abbattimento; ed è stata, altresì, rettamente disattesa la domanda di rimozione del tubo di scarico delle acque meteoriche dal fabbricato dell'appellante principale, poiché, a seguito delle migliorie da costui apportate al correlativo sistema di smaltimento, il consulente d'ufficio ha escluso qualsiasi pericolo di infiltrazioni nell'immobile dell'altra parte, non senza precisare che, anche in precedenza, l'umidità presente all'interno dell'abitazione della B. doveva ritenersi addebitabile principalmente a fenomeni di risalita dal terreno e non tanto alle acque provenienti dalla proprietà del T..
Avendo l'appellante incidentale limitato le proprie lagnanze ai punti sopra esaminati (cfr. pag. 9 della comparsa di risposta), senza muovere alcuna motivata censura contro la pronuncia di rigetto della domanda di condanna del T. a ripristinare l'originario livello del piano di campagna della part. (omissis...) di sua proprietà, resta soltanto da provvedere in ordine al regolamento delle spese di questo grado del giudizio, che, avuto riguardo all'esito complessivo della controversia, al pari di quelle di primo grado possono essere integralmente compensate, ad eccezione del costo del supplemento di consulenza disposto in questo grado del giudizio, che, liquidato con decreto del 20 febbraio 2015, va posto in ugual misura a carico di entrambe le parti.
PQM
P.Q.M.
La Corte di Appello di Palermo, II Sezione Civile, sentiti i procuratori delle parti, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trapani, Sezione distaccata di Alcamo, del 5 giugno 2009, impugnata in via principale da T.A. con citazione del 30 settembre 2009 e in via incidentale da B.R., condanna il T. ad arretrare fino alla distanza di un metro dal confine con il fondo della B., sito nella contrada (omissis...) di Alcamo, censito in catasto al fg. (omissis...), part. (omissis...), le condutture idriche poste a servizio della sua abitazione, ubicate all'interno del manufatto addossato al muro divisorio con l'immobile dell'appellante incidentale.
Conferma nel resto l'impugnata sentenza e compensa integralmente tra le parti le spese di questo secondo grado del giudizio, ad esclusione di quelle relative al supplemento di consulenza, che pone in ugual misura a carico di entrambe
Così deciso a Palermo il 27 novembre 2015, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Appello.
Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2016.
15-08-2016 23:06
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