Tribunale di Trapani. Contratti agrari. Risoluzione contratto di affitto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio - Presidente -
Dott. PETTI Giovanni B. - Consigliere -
Dott. AMBROSIO Annamaria - rel. Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. RUBINO Lina - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 18246-2012 proposto da:
A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio dell'avvocato FISCHIONI GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall'avvocato SALATO LEONARDO con studio in ALCAMO (TP), VIA MADONNA DELL'ALTOMARE 23, giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
L.C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCULLO 3, presso lo studio dell'avvocato ADRAGNA NICOLA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PIACENTINO MASSIMO giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 218/2012 della CORTE D'APPELLO di PALERMO Sezione Agraria, depositata il 16/03/2012, R.G.N. 902/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/05/2015 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l'Avvocato GIUSEPPE FISCHIONI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
A.L. propone ricorso per cassazione, svolgendo un unico motivo, avverso la sentenza n. 218 in data 15.03.2012 con la quale la Corte di appello di Palermo, sez. specializzata agraria - accogliendo l'appello proposto da L.C.V. avverso la sentenza del Tribunale di Trapani n. 544/2010 - ha dichiarato risolto il contratto inter partes di affitto di fondo rustico, sito in territorio di (OMISSIS), alla data del 10 novembre 2010 e condannato l'appellato al rilascio del fondo alla fine dell'annata agraria (10 novembre 2012) e alle spese del doppio grado.
Ha resistito L.C.V., depositando controricorso e memoria.
Motivi della decisione
1. La Corte di appello - premesso che in un precedente giudizio tra le stesse parti la domanda di risoluzione del concedente era stata rigettata per la considerazione che la disdetta intimata con lettera A.R. del 2.11.1996 risultava inefficace rispetto alla data di effettiva scadenza del contratto da individuarsi nel novembre 1995 - ha rilevato che la stessa lettera era, comunque, espressiva della volontà del concedente di riottenere la disponibilità dell'immobile e, benchè tardiva per la scadenza indicata, era valevole per la successiva scadenza, che era incontestatamente quella del novembre 2010.
2. Con l'unico motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 violazione o falsa applicazione di diritto con riguardo alla L. 3 maggio 1982, n. 203: rinnovazione tacita. Al riguardo parte ricorrente deduce che la lettera A.R. del 02.11.1996, inviata sul presupposto che il contratto avesse scadenza in data 11.11.1997, sebbene il contratto si fosse già rinnovato tacitamente dal novembre 1995 al novembre 2010, non poteva valere per quest'ultima scadenza.
2.1. Il motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale fatto corretta applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte in materia di locazione, esteso per identità di situazioni alla materia agraria, in ragione del quale, ove la parte concedente, nella comunicazione della disdetta, abbia indicato una erronea data di cessazione del rapporto, ben può la domanda di rilascio essere accolta per la data di scadenza effettiva del rapporto (confr. Cass. 1 febbraio 2000, n. 1068; Cass. 16 dicembre 2005, n. 27731; Cass. 19 ottobre 2006, n. 22407) . Inoltre, una volta intimata la disdetta dal contratto di affitto di fondi rustici, ai sensi della L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 4, essa, in quanto atto negoziale unilaterale recettizio, produce i propri effetti fin dal momento in cui perviene nella sfera di normale conoscibilità del conduttore, di modo che non sussiste alcun onere, per la parte concedente, di intimare una nuova disdetta (confr. Cass. 19 febbraio 2002, n. 2388, Cass. 3 ottobre 1997, n. 9666).
2.2. Assume il ricorrente che il principio non è applicabile alla fattispecie all'esame in cui la lettera di disdetta risultava "frutto di un macroscopico errore commesso dal proprietario del fondo" - e, cioè, l'avere ritenuto che il contratto avesse scadenza nel novembre 1997 - con la conseguenza che, essendosi l'affitto rinnovato tacitamente nel 1995, "per il periodo locativo compreso tra il 10.11.1995 ed il 10.11.2010 non è mai stata inviata alcuna lettera racc. a.r. dal proprietario del fondo rustico all'affittuario, nei modi e termini dalla L. n. 203 del 1982, art. 4".
Senonchè la speciosa censura - già adeguatamente stigmatizzata nella decisione impugnata - prescinde totalmente dalla considerazione che ciò che rileva è la volontà manifestata dal concedente di riottenere la disponibilità dell'immobile, spettando, invece, al giudice di accertare, sulla base delle risultanze di causa, quale sia la data esatta di cessazione del contratto; e tanto vuoi nel caso di erronea indicazione della scadenza, vuoi anche nel caso che per l'avvenuta rinnovazione del contratto, l'effettiva data di scadenza dello stesso sia posteriore a quella indicata dal concedente (o dal locatore) nella lettera di disdetta o nell'atto di intimazione di licenza per finita locazione o di sfratto (cfr. in materia di locazione: Cass. 26 aprile 2004, n. 7927; Cass. 19 gennaio 2010, n. 684). Invero la rinnovazione tacita del relativo contratto non è desumibile dal solo fatto della permanenza dell'affittuario nel fondo oltre la scadenza del termine, ma occorre anche che manchi una manifestazione di volontà contraria da parte del concedente, cosicchè, qualora questi abbia manifestato con la disdetta la volontà di porre fine al rapporto, la rinnovazione non può desumersi dalla perdurante permanenza nel fondo da parte dell'affittuario o dal fatto che il concedente abbia continuato a percepire il canone senza proporre tempestivamente azione di rilascio, occorrendo, invece, un comportamento positivo idoneo ad evidenziare una nuova volontà, contraria a quella precedentemente manifestata per la cessazione del rapporto (v. Cass. m. 10644/2002).
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2015.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2015
29-01-2016 22:59
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