Usucapione e interversione del possesso.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 febbraio – 17 marzo 2016, n. 5333
Presidente Migliucci – Relatore Lombardo
Ritenuto in fatto
I. - G.F. convenne in giudizio la AUSL n. 1 di Agrigento, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, chiedendo la declaratoria dell'avvenuto acquisto per usucapione dell'appartamento da lui abitato, concesso originariamente in locazione al suo defunto padre e da lui occupato in permanenza.
Nella resistenza della convenuta, il Tribunale di Palermo rigettò la domanda attorea, ritenendo che non vi fosse prova che la detenzione discendente dal rapporto locativo fosse stata mutata in possesso.
2. - Sul gravame proposto dal G., la Corte di Appello di Palermo confermò la pronuncia di primo grado.
3. - Per la cassazione della sentenza di appello ricorre G.F. sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l'AUSL di Agrigento, che propone altresì ricorso incidentale condizionato, affidato a un motivo, e che ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Considerato in diritto
1. - Preliminarmente, va rigettata l'eccezione con la quale la resistente ha chiesto dichiararsi la nullità o l'inesistenza del ricorso e della sua notificazione, per il fatto che lo stesso non è stato notificato al procuratore della convenuta costituito nel giudizio di appello, ma alla parte personalmente presso il domicilio eletto.
E invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, il principio, sancito in via generale dall'art. 156, comma terzo, cod. proc. civ., secondo il quale la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato, vale anche per le notificazioni, con la conseguenza che la costituzione in giudizio del convenuto, anche se intervenuta al solo scopo di eccepire la nullità della notificazione dell'atto introduttivo, produce una sanatoria del vizio con efficacia retroattiva che esclude ogni decadenza (Sez. 1, Sentenza n. 10119 del 02/05/2006, Rv. 591135; Sez. 2, Ordinanza n. 6470 del 21/03/2011, Rv. 616860).
Nella specie, pertanto, a seguito dell'avvenuta costituzione della AUSL di Agrigento, l'originaria dedotta nullità risulta sanata.
2. -- Con i due motivi di ricorso, che possono essere trattati unitariamente, il G. deduce la violazione e la falsa applicazione dell'ars. 1141 cod. cív., nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello escluso che si fosse verificata la interversione dei possesso in capo all'attore, nonostante la pluralità delle condotte che attestavano l'anirnus possidendi, costituite, in particolare, dai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti sull'immobile, dal mancato pagamento dei canoni locativi per oltre un ventennio, dalla iscrizione catastale dell'immobile a nome del locatore Giambalvo Giuseppe, dalla assoluta inerzia della convenuta.
Le censure non sono fondate.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v'è ragione di discostarsi, l'art. 1141 cod. civ. non consente al detentore di trasformarsi in possessore mediante una sua interna determinazione di volontà, ma richiede, per il mutamento del titolo, o l'intervento di "una causa proveniente da un terzo", per tale dovendosi intendere qualsiasi atto di trasferimento del diritto idoneo a legittimare il possesso, indipendentemente dalla perfezione, validità, efficacia dell'atto medesimo (compresa l'ipotesi di acquisto da parte del titolare solo apparente), oppure l'opposizione del detentore contro il possessore, opposizione che può aver luogo sia giudizialmente che extragiudizialmente e che consiste nel rendere noto al possessore, in termini inequivoci e contestando il di lui diritto, l'intenzione di tenere la cosa come propria. Lo stabilire se, in conseguenza di un atto negoziale, ancorché invalido, al detentore di un immobile sia stato da un terzo trasferito il possesso del bene, costituisce un'indagine di fatto, riservata al giudice di merito, i cui apprezzamenti e valutazioni sono sindacabili in sede di legittimità soltanto per illogicità o inadeguatezza della motivazione (Sez. 2, Sentenza n. 5419 del 08/03/2011, Rv. 616740). Questa Corte, ha peraltro precisato che l'interversione nel possesso non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d'esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente "animus detinendi" dell' "animus rem siti habendi"; tale manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto dell'avvenuto mutamento, e quindi tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una concreta opposizione all'esercizio del possesso da parte sua. A tal fine sono inidonei atti che si traducano nell'inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita (verificandosi in questo caso una ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale) ovvero si traducano in meri atti di esercizio dei possesso (verificandosi in tal caso una ipotesi di abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene). (Nella specie, il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva escluso l'interversione del possesso, da parte dei locatario di un immobile, sulla base della volontaria e prolungata inadempienza al pagamento dei canone) (Sez. 2, Sentenza n. 2392 del 29/01/2009, Rv. 606397).
Nella specie, la Corte di merito ha spiegato le ragioni per le quali, sulla base degli elementi probatori acquisiti, ha escluso che si sia mai verificata una interversione del possesso nei confronti del possessore; la motivazione della sentenza impugnata sul punto è esente da vizi logici e giuridici, aderente ai principi di diritto sopra richiamati, con conseguente infondatezza dei motivi di ricorso.
3. - Il ricorso incidentale condizionato rimane assorbito nel rigetto del ricorso principale.
4. - Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 2.700,00 (duemilasettecento), di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
25-03-2016 12:28
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