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Sentenza

Vice ispettore di Polizia municipale sanzionata perchè in ufficio manifestamente...
Vice ispettore di Polizia municipale sanzionata perchè in ufficio manifestamente ubriaca. Non passa la linea difensiva secondo la quale l'ispettore era stata colpita da una grave forma di labirintite che le avrebbe impedito di compiere movimenti lineari e articolare frasi coerenti.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 15 gennaio – 11 febbraio 2016, n. 2715
Presidente Petitti – Relatore Giusti

Ritenuto che il consigliere designato ha deposita­to, in data 10 giugno 2015, la seguente proposta di de­finizione, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ.: «L.C. ha adito il Giudice di pace di Firenze in opposizione all'ordinanza ingiunzione con la quale il Prefetto di Firenze, rigettando il ricorso amministrati­vo della stessa C., le irrogava la sanzione ammi­nistrativa per l'illecito (depenalizzato) di manifesta ubriachezza di cui all'art. 688 cod. pen. Con l'opposizione, la C. - vice ispettore della Polizia municipale di Firenze - affermava di essere sta­ta colpita sul luogo di lavoro (ossia, presso il Comando della Polizia municipale di Firenze) da una grave forma di labirintite che le impediva di compiere movimenti li­neari e articolare frasi coerenti; il suo superiore ge­rarchico, anziché disporre accertamenti medici, equivo­cava il suo atteggiamento e, ritenendolo dovuto all'abuso di alcol, redigeva il verbale di accertamento e contestazione dell'illecito.
Con sentenza in data 19 novembre 2000, il Giudice di pa­ce, ritenendo non inverosimile la ricostruzione dei fat­ti proposta dall'opponente, annullava l'ordinanza in­giunzione.
Accogliendo l'appello della Prefettura, il Tribunale di Firenze, con sentenza in data 5 agosto 2014, in totale riforma della pronuncia del Giudice di pace, ha rigetta­to l'opposizione proposta dalla C., rilevando che gli atti dell'accertamento rendono palese la fondatezza della contestazione e la legittimità della sanzione ap­plicata.
Per la cassazione della sentenza del Tribunale la C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 10 settembre 2014, sulla base di quattro motivi. L'intimata Prefettura ha resistito con controricorso. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa ap­plicazione dell'art. 112 cod. proc. civ.: il petitum dell'appello era giuridicamente impossibile per difetto di interesse, giacché la Prefettura, nelle sue conclu­sioni dell'atto di gravame, ha chiesto il rigetto del "ricorso" proposto dalla C..
Il motivo appare infondato, atteso che la richiesta di riforma della decisione di primo grado può essere posta in qualsiasi forma e può anche essere implicita nel complesso delle censure e delle deduzioni contenute nell'atto di appello.
Il secondo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2700 cod. civ. per il mancato riconoscimento di fede privilegiata alle dichiarazioni riportate nel verbale in atti e rese dalla C., pubblico uffi­ciale in servizio nell'adempimento delle proprie funzio­ni.
Il motivo appare privo di fondamento. La dichiarazione rilasciata dalla C. è priva del valore di atto pubblico, ai sensi dell'art. 2700 cod. civ., ancorché la stessa fosse, dal punto di vista soggettivo, pubblico ufficiale in servizio: la C., infatti, non era il soggetto verbalizzante, non spendeva, cioè, quel potere asseverativo dei fatti che è prerogativa del solo pub­blico ufficiale redattore del verbale nell'esercizio della funzione di accertamento e di contestazione dell'illecito amministrativo.
Il terzo motivo denuncia omesso esame circa un fatto de­cisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussio­ne tra le parti (certificazione medica della labirinti­te), nonché mancato riconoscimento di fede privilegiata alla certificazione medica della labirintite redatta e sottoscritta dal dott. Gennaro Ferriero. Il quarto moti­vo, a sua volta, denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 688 cod. pen. per evidente mancanza dell'elemento soggettivo e oggettivo dell'illecito. I motivi terzo e quarto - da esaminare congiuntamente, stante la loro connessione - appaiono inammissibili. Con congruo e logico apprezzamento delle risultanze pro­batorie, il Tribunale ha rilevato:
- che nell'occasione la C. barcollava e non poteva mantenere la posizione eretta senza appog­gio, aveva la voce impastata e quasi incomprensibi­le, emanava un forte odore di alcol, aveva gli oc­chi lucidi ed il volto congestionato, non riusciva ad articolare frasi di senso compiuto;
- che è vero che la labirintite è malattia che può pregiudicare la stazione eretta, ed è anche vero che alla C. è stato rilasciato, in data 12 febbraio 2009, un certificato medico di "sindrome vertiginosa ai cambiamenti di postura da circa un mese"; ma la labirintite non provoca tutti gli al­tri sintomi la cui presenza è stata verificata nel­la specie (l'odore di alcol, l'incapacità di arti­colare frasi, il volto congestionato e gli occhi lucidi) ;
-- che inoltre la sindrome vertiginosa in atto da circa un mese non si doveva presentare in forma acuta e difficilmente avrebbe causato un così prolungato barcollamento.
In questo contesto, i motivi di censura, al di là della loro astratta rubrica, sono palesemente ed univocamente volti allo scopo di sollecitare questa Corte ad una nuo­va, e non consentita in questa sede, valutazione dei fatti oggetto dell'illecito amministrativo contestato. Né, d'altra parte, ha rilevanza ostativa alla configura­bilità dell'illecito la circostanza che l'episodio sia "avvenuto all'interno di un comando di polizia municipa­le, e, più in particolare, all'interno del corpo di guardia, in orario di chiusura al pubblico", giacché - al contrario di quanto opinato dalla ricorrente - il fatto si è verificato in un luogo pubblico, tale essendo il comando di polizia municipale.
Il ricorso per cassazione può essere avviato alla trat­tazione in camera di consiglio, per esservi rigettato».
Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;
che i rilievi critici contenuti nella memoria illu­strativa, e ribaditi dal difensore della ricorrente in camera di consiglio, non sono idonei a condurre a diver­sa soluzione, tanto più che la certificazione medica, redatta non contestualmente al fatto (ma ad oltre un giorno di distanza), che pure attesta la presenza di una labirintite, non giustifica la ricorrenza di tutti gli altri sintomi constatati nella specie e dal giudice del merito ricondotti, con congruo e motivato apprezzamento, ad un episodio di ubriachezza manifesta;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che, poiché il ricorso è stato proposto successiva­mente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -- ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla Prefettura controricorrente, che liquida in complessivi euro 700 per compensi, oltre alle spese prenotate a de­bito.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei pre­supposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Avv. Antonino Sugamele

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