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Sentenza

Il notaio, incaricato della redazione e autenticazione di un contratto prelimina...
Il notaio, incaricato della redazione e autenticazione di un contratto preliminare per la compravendita di un immobile, non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell’atto, occorrendo anche che egli si interessi delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 febbraio – 18 maggio 2017, n. 12482
Presidente / Relatore Vivaldi

Fatti di causa

B.C. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino il notaio D.L.N. , per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti in occasione della stipula di un contratto preliminare, da lui concluso per sé o per persona da nominare con i coniugi C.V. e Cr.Al. e trascritto ai sensi dell'art. 2645 bis c.c., per violazione del "dovere di consiglio". In particolare, ha esposto di essersi rivolto al notaio nel luglio 2002, e di aver pattuito con i promittenti venditori che il rogito notarile per il contratto definitivo avrebbe dovuto eseguirsi entro il 30.6.2011, data in cui sarebbe scaduta l'ultima rata di mutuo che egli s'era accollato. Il notaio avrebbe consigliato di trascrivere il preliminare, rassicurandolo circa l'assenza di condizioni pregiudizievoli per la stabilità del futuro acquisto, nonostante il notevole lasso di tempo pattuito con i promittenti. Senonché, nel 2006, rivoltosi il B. al notaio D.L. per la stipula del contratto definitivo, ci si accorgeva che nelle more, sull'immobile promesso in vendita, era stata iscritta ipoteca in favore di Uniriscossioni; ciò comportava l'impossibilità di procedere al rogito, e la perdita della caparra frattanto ottenuta dal B. da un terzo promissario acquirente, che l'avrebbe sostituito nel contratto definitivo con i coniugi C. . Secondo il B. , il notaio avrebbe violato il "dovere di consiglio", non avendolo opportunamente avvertito che la trascrizione del preliminare avrebbe perduto efficacia qualora, entro tre anni, non fosse intervenuto il contratto definitivo.
Il Tribunale di Torino accolse la domanda con sentenza del 27.4.2010, condannando il notaio al risarcimento del danno patito dal B. in misura pari ad Euro 21.690,74 oltre accessori, e rigettò la domanda di garanzia proposta dal notaio D.L. nei confronti della terza chiamata Lloyd's of London per intervenuta prescrizione dei diritti dell'assicurato.
La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 9.10.2013, accolse però l'appello proposto dal D.L. , assolvendolo dalle domande avanzate dall'odierno ricorrente e condannando quest'ultimo alla restituzione di quanto nelle more ottenuto.
B.C. ricorre ora per cassazione, affidandosi a tre motivi. Gli intimati resistono con controricorso. Sia il ricorrente che il D.L. hanno depositato memoria.

Ragioni della decisione

1.1 - Con il primo motivo, deducendo "Violazione/falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 co. 1, n. 3 c.p.c. con riferimento all'art. 1218 c. c. sotto il profilo dell'individuazione della prestazione, dell'inadempimento e dell'onere della prova dell'esatto adempimento", il ricorrente rileva che la Corte d'appello ha ritenuto che non sussistesse uno specifico dovere del notaio di informarlo che la convenzione di un termine così lungo tra contratto preliminare e definitivo avrebbe vanificato la cautela di trascrivere il preliminare, stante l'efficacia triennale della trascrizione, ai sensi dell'art. 2645 bis c.c.. La Corte piemontese ha anche osservato che, d'altronde, erano state proprio le parti a pattuire un termine così lungo.
Secondo il ricorrente, al contrario, proprio la pattuizione di un tale termine avrebbe comportato il dovere del notaio di informare i clienti dei vantaggi e degli svantaggi della trascrizione del preliminare. Trattandosi di obbligazione ex contractu, secondo il ricorrente, il notaio non ha assolto il relativo onere probatorio, con violazione dell'art. 1218 c.c..
1.2 - Col secondo motivo, deducendo "Violazione/falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 co. 1 n. 3 c. p. c. con riferimento all'art. 112 c.p.c.", si censura il passaggio della sentenza impugnata ove si afferma che il notaio non avrebbe comunque potuto garantire una efficacia della trascrizione maggiore del triennio. Sostiene il B. che ciò è palesemente infondato, dal momento che egli, ove correttamente informato, avrebbe potuto decidere se rinnovare la trascrizione, acquistare l'immobile per sé o farlo acquistare ad altri entro il termine triennale di efficacia della trascrizione. Inoltre, secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe ben compreso l'oggetto della domanda (risarcimento danni per violazione del "dovere di consiglio"), confondendolo con una diversa questione, ossia quella della garanzia del risultato del preliminare (p. 12 sentenza). Vi sarebbe poi, secondo il ricorrente, anche extrapetizione, dal momento che la Corte ha dichiarato d'ufficio l'inammissibilità della prova testimoniale tendente a dimostrare che il notaio aveva assicurato le parti, che trascrivendo il preliminare, si sarebbe "coperto" l'intero periodo di interesse.
1.3 - Infine, col terzo motivo, deducendo "Violazione/falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. con riferimento all'art. 1176 c.c.", si rileva che la Corte avrebbe omesso di valutare la diligenza qualificata richiesta al notaio, esaminata limitatamente agli effetti tipici dell'atto (vincolo derivante dal preliminare) e non, invece, avuto riguardo all'interesse complessivamente perseguito dalle parti, che il notaio avrebbe dovuto salvaguardare con "elevata professionalità". La Corte, secondo il ricorrente, avrebbe addossato alle parti ogni conseguenza della pattuizione del termine così lungo, senza minimamente valutare se il notaio fosse stato diligente nell'esecuzione della prestazione richiestagli. Diligenza, peraltro, non provata dal notaio, com'era suo onere.
2.1 - I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante l'intima connessione, sono anzitutto ammissibili.
Non colgono infatti nel segno le eccezioni sollevate dai controricorrenti, perché in primo luogo il B. ha chiaramente indicato le norme che si assumono violate e comunque esse sono pienamente evincibili dal contenuto delle censure (segnatamente, il riferimento alla diligenza professionale richiesta dall'art. 2236 c.c., sebbene non espressamente richiamato); in secondo luogo, dette censure sono del tutto specifiche, essendo ben chiaro quale ne sia il contenuto e quali specifici passaggi della motivazione del giudice d'appello ne siano oggetto; inoltre, esse non si risolvono affatto in un riesame del merito, né si ritiene che - in relazione al loro contenuto - fosse necessario rispettare lo specifico disposto dell'art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., ben potendo prescindersi, nello scrutinio del ricorso in questione, dall'esame della documentazione cui il ricorrente fa riferimento e che è all'origine della controversia.
Nella sostanza, infatti, la tesi del B. - fondata sulla pacifica circostanza che tra lui e il notaio sia stato concluso un contratto di prestazione d'opera professionale - si snoda nei seguenti passaggi: a) nell'ambito delle obbligazioni del notaio, figura anche il c.d. "dovere di consiglio"; b) in relazione alle specifiche condizioni pattuite tra le parti (ossia, il lungo ed obiettivamente anomalo termine intercorrente tra la stipula del preliminare e quella del definitivo, nonché il timore che, stante quanto precede, terzi potessero utilmente aggredire il bene, nelle more della stipula), rientra in detto dovere anche quello di avvertire il promissario acquirente che la mera trascrizione del preliminare lo garantisce per il limitato periodo di un triennio, ai sensi dell'art. 2645 bis, comma 3, c.c.; c) il promissario acquirente B. ha dato prova del titolo e ha allegato l'inadempimento del notaio (ossia, il mancato avvertimento circa le possibili conseguenze pregiudizievoli dell'efficacia solo triennale della trascrizione); d) costituiva a tal punto preciso onere del notaio, nel solco dell'insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 13533/2001, provare l'esatto adempimento, il che non era avvenuto.
Quindi, secondo l'impianto impugnatorio del B. , la Corte d'appello è incorsa nelle plurime violazioni di legge denunciate, anzitutto nel non rilevare che il notaio non aveva dato la prova cui era tenuto, e comunque nel ritenere che (alla luce delle risultanze istruttorie - da cui risulta che il B. temeva che il promittente venditore fallisse, tanto che lo stesso notaio suggerì di trascrivere il preliminare onde evitare una possibile revocatoria fallimentare - v. interrogatorio formale del D.L. , riportato a p. 18 del ricorso) non gravasse sul notaio stesso uno specifico obbligo di informazione, ut supra.
3.1 - Le doglianze sono anche fondate.
La Corte piemontese ha anzitutto ritenuto che l'attività del notaio D.L. sia stata improntata a diligenza rispetto alla situazione rappresentatagli, "garantendo con la trascrizione del preliminare la volontà delle parti di creare una barriera a eventuali rivendicazioni di terzi" (v. sentenza impugnata, p. 11); ha poi rilevato (p. 12) che la prestazione sia stata idonea al conseguimento dello scopo dell'atto perseguito dalle parti, tanto è vero che erano state esse stesse a pattuire un così lungo lasso temporale tra contratto preliminare e definitivo.
3.2 - Ora, con specifico riferimento ai doveri deontologici del notaio, questa Corte ha condivisibilmente affermato che il professionista non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell'atto, occorrendo anche che egli si interessi "delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato pratico perseguito" (Cass., Sez. Un. n. 13617/2012). Sempre nel suddetto ambito, è stato anche affermato che il cd. "dovere di consiglio", imposto dall'art. 42, comma 1, lett. a) del codice di deontologia notarile "investe solo le conseguenze giuridiche della prestazione richiesta al professionista, e non pure le circostanze di fatto dell'affare concluso, tra le quali rientrano i rischi economici dello stesso, la cui valutazione è rimessa in via esclusiva al prudente apprezzamento delle parti" (Cass. n. 11665/2015). Ancora, ma sul piano generale, si è anche affermato che "Poiché il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti, contenuto essenziale della sua prestazione professionale è il c.d. dovere di consiglio, che peraltro ha ad oggetto questioni tecniche, cioè problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad es., che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell'immobile trasferito; tale contenuto non può essere peraltro dilatato fino al controllo di circostanze di fatto il cui accertamento rientra nella normale prudenza, come la solvibilità del compratore nella vendita con pagamento dilazionato del prezzo, o l'inesistenza di vizi della cosa. (...)" (Cass. n. 7707/2007).
In definitiva, ciò che emerge dagli insegnamenti sopra riportati è che il "dovere di consiglio" del notaio, nel rispetto del principio di autoresponsabilità delle parti del contratto, non si spinge, né fino alla valutazione della convenienza economica dell'operazione, né tantomeno fino alle valutazioni che rientrano nella normale prudenza esigibile da chiunque, ma trova il proprio ambito elettivo nelle questioni tecniche, ossia in quelle che sfuggono di norma alla cognizione e alla comprensibilità dell'uomo medio o comunque non dotato di specifiche conoscenze in ambito giuridico.
3.3 - Ritiene questa Corte che, nella specie, il giudice d'appello non si sia attenuto a tali condivisibili principi.
Anzitutto, è irrilevante che, nella specifica vicenda, il notaio D.L. sia andato assolto in sede disciplinare, dal momento che l'esito di tale procedimento non può configurare alcuna preclusione nel presente ambito processuale. Nel caso in esame, poi, non si tratta tanto di verificare se si siano prodotti gli effetti obbligatori del preliminare e gli effetti temporanei della sua trascrizione, come ha ritenuto la Corte d'appello: essa ha sul punto equivocato la domanda, incorrendo nella denunciata ultrapetizione, anche perché non v'era affatto questione sulla circostanza che il notaio avesse garantito che, con la trascrizione, l'effetto protettivo si sarebbe protratto fino alla scadenza del termine pattuito. Si tratta invece di accertare se - in relazione alle circostanze concrete palesate al notaio dal B. , ossia: 1) timore di fallimento del promittente; 2) lungo termine per la stipula del definitivo - possa dirsi diligente il comportamento del notaio che non avverta il promissario acquirente dei rischi dell'operazione; rischi che derivano da una specifica previsione normativa, concernente la soluzione proposta dallo stesso notaio per far fronte alle esigenze prospettate dal promissario (v. interrogatorio formale, ut supra). Trattandosi di questione che ha natura tecnica e che rientra, quindi, nelle specifiche competenze del professionista, la risposta al quesito che precede non può che essere negativa, perché se il termine pattuito tra le parti per la stipula del contratto definitivo è pari a ben nove anni, e se lo stesso notaio, per cautelare il promissario, ha suggerito di trascrivere il preliminare - i cui effetti "protettivi" sono pari ex lege a tre anni - è evidente che il notaio, per adempiere al suo mandato professionale sulla base dei principi già sopra richiamati, non poteva limitarsi al suggerimento relativo alla trascrizione del preliminare, ma avrebbe dovuto chiarire alle parti gli ulteriori adempimenti al fine di garantire la sicurezza dell'operazione in relazione al lungo termine pattuito. È quindi del tutto errata l'osservazione della Corte piemontese sul fatto che furono proprio le parti a convenire un inusuale termine di nove anni: ciò non esonera affatto il notaio, perché costituisce un elemento che caratterizza la convenzione sottoposta alla valutazione del professionista incaricato e che costituisce il presupposto dello specifico "dovere di consiglio", nei termini sopra riportati, pacificamente rimasto inadempiuto nel caso in esame.
Non è infine pertinente l'affermazione della Corte piemontese circa il fatto che il B. non ha mai allegato che, se fosse stato avvertito, avrebbe valutato diversamente i termini dell'operazione che sarebbe andato a concludere: il punto non è questo. Non era il B. , infatti, a dover dimostrare alcunché, ma era il notaio a dover dimostrare il corretto adempimento professionale, sulla base di informazioni complete, pertinenti, puntuali e corrette.
4.1 - In definitiva, il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione, con rinvio alla Corte d'appello di Torino, in altra composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità, e si atterrà al seguente principio di diritto: "il notaio, incaricato della redazione ed autenticazione di un contratto preliminare per la compravendita di un immobile, non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell'atto, occorrendo anche che egli si interessi delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse. (Nel caso di specie, in cui le parti avevano pattuito un termine particolarmente lungo tra la stipula del contratto preliminare e quella del contratto definitivo, la Corte ha ritenuto che rientra nel c.d. "dovere di consiglio", cui il notaio è tenuto in forza dell'art. 42, comma 1, lett. a) del codice di deontologia notarile, avvertire le parti che gli effetti della detta trascrizione cessano, in ogni caso, qualora, entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale di cui all'articolo 2652, primo comma, numero 2), c.c.)".

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
Avv. Antonino Sugamele

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