L'indicazione del numero di telefax ai sensi dell'art. 125 c.p.c è chiaramente funzionale alle comunicazioni di cancelleria.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 febbraio – 9 maggio 2017, n. 11218
Presidente/Relatore Vivaldi
Fatti di causa
La Corte d'appello di Bari, con sentenza del 5.3.2014, ha dichiarato l'inammissibilità - per tardività - dell'appello proposto dalla Regione Puglia nei confronti di F.M. avverso la sentenza del Tribunale di Lucera, Sez. dist. di Rodi Garganico, depositata il 26.10.2012, corretta con provvedimento del 6.12.2012 ed infine notificata al procuratore costituito dell'Ente in data 20.3.2013. Con detta sentenza, il giudice di primo grado aveva condannato la Regione al pagamento, in favore del F. , della somma di Euro 38.973,50, oltre accessori e spese, a titolo di risarcimento per i danni arrecati a propri fondi siti in Vico del Gargano da parte di fauna selvatica, nella specie cornacchie.
La Regione Puglia ricorre per cassazione affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso l'intimato.
Ragioni della decisione
1.1 - Preliminarmente, si dà atto che il Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione semplificata.
1.2 - Con il primo motivo, deducendo "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Artt. 82 Regio Decreto n. 37/1934 e 125, primo comma, c.p.c.", si sostiene che la Corte d'appello, nel ritenere valida la notifica della sentenza effettuata da F.M. presso la Cancelleria ai fini della decorrenza del termine breve, avrebbe errato nel non considerare che, in base alla giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un. n. 10143/2012), la domiciliazione ex lege presso la cancelleria ai sensi dell'art. 82 R.D. n. 37/1934 consegue solo ove la parte non abbia indicato la propria PEC, come previsto dall'art. 125 c.p.c.. Pertanto, poiché l'art. 125 c.p.c. stabilisce anche che il difensore debba indicare il numero di telefax (oltre alla PEC), la notifica della sentenza in questione avrebbe potuto e dovuto eseguirsi proprio a mezzo telefax e non presso la cancelleria, poiché l'indicazione del detto numero sarebbe in tutto equipollente a quella dell'indirizzo di posta elettronica certificata.
1.3 - Col secondo motivo, deducendo "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Art. 25, comma primo, lettera d), n. 1) e n. 2), della legge 12.11.2011 n. 183", si sostiene che dalla nuova formulazione dell'art. 136, commi 2 e 3 c.p.c., come disposta dalla legge in rubrica, si evince chiaramente che il riferimento al telefax è sempre alternativo alla PEC, dal che deriverebbe che - pur in assenza di abrogazione dell'art. 82 R.D. n. 37/1934 - l'Ente aveva comunque validamente indicato un recapito (appunto il telefax) ove la notifica della sentenza, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, avrebbe dovuto essere effettuata.
2.1 - Il primo motivo è infondato.
L'indicazione del numero di telefax ai sensi dell'art. 125 c.p.c. è chiaramente funzionale alle comunicazioni di cancelleria. Altra cosa è il domicilio o il recapito ove deve eseguirsi la notifica ai fini di cui agli artt. 325-326 c.p.c., che può ovviamente essere eseguita anche all'indirizzo PEC, ove indicato (anche ai sensi dell'art. 3 bis L. n. 53/94, ma solo dal 15.5.2014 - v. Cass. n. 20307/16), ovvero nelle forme ordinarie.
Nella specie, è pacifico che il procuratore della Regione Puglia, nel corso del giudizio di primo grado, non ha eletto domicilio nella circoscrizione del Tribunale dinanzi al quale si procedeva, né ha indicato la propria PEC, ma solo l'indirizzo di posta elettronica ordinaria, con la conseguenza che non può che trovare applicazione l'art. 82, comma 2, R.D. n. 37/1934, a mente del quale, in difetto di domicilio eletto, questo va individuato presso la cancelleria del giudice adito (v. in tal senso, Cass., Sez. Un., n. 10143/2012, pure invocata dalla ricorrente).
3.1 - Anche il secondo motivo è infondato.
Infatti, non è per nulla casuale la circostanza che le norme invocate, di cui si assume la violazione, abbiano apportato modifiche all'art. 136 c.p.c., che riguarda le comunicazioni di cancelleria, e non certo le notificazioni ad istanza di parte. Nessuna equipollenza, quindi, ai fini che interessano, può scorgersi tra indicazione del numero di telefax e PEC.
4.1 - In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell'applicabilità dell'art.13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.800,00 per compensi, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228), si dà atto della sussistenza del presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
11-05-2017 23:55
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