Provvedimenti del giudice civile - Sentenza - Omessa pronuncia - Sentenza - Motivazione omessa - Correzione della motivazione erronea ex art. 384 cod. proc. civ. - Applicabilità - Fondamento.629571
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile
Sentenza 27 dicembre 2013, n. 28663
Assorbimento di una domanda - In senso proprio e improprio - Nozione - Conseguenza - Omessa pronuncia - Insussistenza - Limiti - Assorbimento erroneamente dichiarato - Configurabilità.629570
La figura dell'assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l'assorbimento non comporta un'omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell'assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l'unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa.
Giurisprudenza
Data udienza 31 ottobre 2013
Mutuo - Mutuo (in genere)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME' Giuseppe - Presidente
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26707-2008 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), nella qualita' di erede di (OMISSIS), gia' erede di (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS) (STUDIO (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) SOC. COOP. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 118/2007 del TRIBUNALE DI LATINA - SEDE DISTACCATA DI TERRACINA, depositata il 25/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/10/2013 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato (OMISSIS) che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 25 maggio 2007, il Tribunale di Latina ha respinto l'opposizione proposta dai coniugi (OMISSIS) ed (OMISSIS) avverso il precetto loro notificato dalla (OMISSIS) soc. coop. a r.l., avvalendosi del contratto di mutuo dell'importo di lire 650.000.000, garantito da ipoteca e da fideiussione della (OMISSIS), concluso fra (OMISSIS) e la banca per atto pubblico del (OMISSIS).
I coniugi hanno contestato il diritto sostanziale della creditrice a conseguire coattivamente la prestazione restitutoria rimasta inadempiuta, deducendo: a) la nullita' del precetto per l'omessa notifica del titolo esecutivo ex articolo 479 c.p.c.; b) la nullita', contraddittorieta' e genericita' dell'atto di precetto; c) la simulazione ex articolo 1414 c.c. del contratto di mutuo; d) l'inesistenza o la nullita' dell'ipoteca per la violazione del principio di specialita'; e) la nullita' della fideiussione ai sensi degli articoli 1344, 1418 e 1938 c.c.; f) in subordine, l'usurarieta' del tasso applicato; g) sempre in subordine: g1) la nullita' della clausola di determinazione degli interessi ultralegali nella misura di mezzo punto oltre il prime rate Abi ed iniziale del 9,50%; g2) la nullita' dell'articolo 4 delle condizioni generali di contratto in tema di anatocismo, ai sensi dell'articolo 1283 c.c..
Il tribunale ha ritenuto assorbente la questione preliminare della qualificazione, dal giudice del merito accertata, del contratto come mutuo fondiario e non di scopo, con conseguente insussistenza della simulazione, pur in presenza dell'utilizzo parziale delle somme per estinguere debiti precedenti della parte mutuataria; ha accertato, altresi', che il contratto ha avuto esecuzione piena da parte della banca con il prestito della somma e solo parziale della controparte, che non ha adempiuto all'obbligazione di restituzione rateale, nonche' l'insussistenza del carattere usurario del tasso, per il mancato assolvimento dell'onere probatorio circa l'approfittamento da parte della banca dello stato di bisogno e di un vantaggio usurario. Per il resto, ha ritenuto le altre deduzioni assorbite in dette statuizioni.
Avverso la sentenza ha notificato il 6 novembre 2008, depositandolo il 21 novembre 2008, ricorso per cassazione sulla base di tre motivi (OMISSIS), quale erede universale della madre (OMISSIS), venuta meno il (OMISSIS) e gia' erede universale del marito (OMISSIS), precedentemente scomparso l'(OMISSIS) nel corso del giudizio di opposizione.
Si e' costituita l'intimata, chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile per tardivita', posto che nessuna dichiarazione dell'evento interruttivo fu resa dal difensore di (OMISSIS) nel corso del giudizio di merito, onde tale evento non ha avuto alcun rilievo al fine del decorso del termine per impugnare e la decisione e' passata in giudicato verso il medesimo, con effetto anche sulla posizione accessoria del fideiussore. Ha chiesto, in subordine, il rigetto del ricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato con riguardo alla disposta compensazione delle spese.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. - La sentenza di primo grado, che ha deciso sull'opposizione all'esecuzione, e' stata depositata il 25 maggio 2007, dunque nell'arco temporale compreso tra il 1 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 e durante il periodo di vigenza dell'articolo 616 c.p.c., nel testo risultante dalla novella di cui alla Legge 24 febbraio 2006, n. 52, articolo 14 (poi oggetto di modificazione da parte della Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 49).
Ne deriva che essa non e' impugnabile con l'appello ed e', percio', soggetta al ricorso immediato per cassazione, ex articolo 111 Cost., comma 7 (cfr. Cass., sez. 3, 3 aprile 2013, n. 8106; sez. lav., 19 marzo 2013, n. 6788; sez. 3, 29 gennaio 2013, n. 2072; sez. 3, 18 luglio 2011, n. 15731; sez. 6, ord. 6 giugno 2011, n. 12165; sez. 6, ord. 30 aprile 2011, n. 9591).
1.2. - Il ricorso e', altresi', tempestivo, dovendosi disattendere l'eccezione di inammissibilita' sotto tale profilo sollevata dalla controricorrente.
Premesso che, secondo il costante orientamento di legittimita', per i termini mensili o annuali, fra i quali e' compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex articolo 327 c.p.c., si osserva, a norma dell'articolo 155 c.p.c., comma 2 e articolo 2963 c.c., comma 4, il sistema della computazione civile non ex numero, bensi' ex nominatione dierum, onde il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale (Cass., sez. 6, 9 luglio 2012, n. 11491), risulta che il primo evento interruttivo riguardo' il dante causa dell'odierno ricorrente e si verifico' in data (OMISSIS), restando, pero', irrilevante, in quanto non dichiarato dal difensore a norma dell'articolo 300 c.p.c. nel corso del giudizio di primo grado.
Sopraggiunta la definizione del grado con sentenza pubblicata il 25 maggio 2007, il termine lungo annuale per impugnare, a norma dell'articolo 327 c.p.c. (ratione temporis applicabile, nel testo anteriore alla dimidiazione disposta con la Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 46, comma 17, per la disposizione transitoria di cui all'articolo 58 1. cit. applicabile solo ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009), va individuato nella data del 25 maggio 2008, trattandosi di giudizio di opposizione all'esecuzione, sottratto alla sospensione feriale dei termini ai sensi del Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, articolo 92 e della Legge 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 3.
Un secondo evento interruttivo si verifico' il (OMISSIS), quindi nel secondo periodo semestrale di decorrenza del termine lungo per l'impugnazione: termine che, pertanto, fu automaticamente prorogato di sei mesi per tutte le parti, ai sensi dell'articolo 328 c.p.c., andando a scadere il 6 novembre 2008. Sul punto, giova osservare che la riforma attuata con la citata Legge n. 69 del 2009 ha mancato di incidere sull'articolo ora ricordato, al fine di renderlo coerente con il nuovo disposto dell'articolo 327 c.p.c., che ha abbreviato a sei mesi il termine lungo per l'impugnazione, dal momento che, invero, quando l'evento interruttivo si verifichi dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza - fattispecie contemplata dall'articolo 328 c.p.c. - ormai la sentenza stessa e' di regola gia' passata in giudicato e, dunque, non rileva alcuna proroga del termine stesso.
Il difetto di coordinamento e' stato risolto in dottrina in vario modo, avendo taluni sostenuto che la norma sia da reputare implicitamente abrogata, in quanto incompatibile con l'innovazione disposta nel 2009. Tale profilo, peraltro, resta irrilevante nel caso di specie, cui deve applicarsi il regime anteriore, e dunque anche l'(invariato) articolo 328 c.p.c..
Proprio l'ultimo giorno utile del 6 novembre 2008 e' stato notificato il ricorso introduttivo di (OMISSIS), che quindi e' tempestivo.
2. - Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la "radicale carenza di motivazione su questioni di fatto e conseguente nullita' della sentenza per difetto di un requisito di forma indispensabile prescritto dall'articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 2 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4".
Il motivo si articola in sette sottomotivi, rubricati da "A" a "G", con i quali egli intende evidenziare l'omessa motivazione su "questioni di fatto", indicate come segue:
A) inapplicabilita' del Decreto Legislativo 24 settembre 1993, n. 385, articolo 41 avendo le parti palesato (mediante gli argomenti dal ricorrente richiamati, quali la nullita' dell'ipoteca ed elementi testuali del contratto) trattarsi di mutuo ipotecario ordinario e non di mutuo fondiario, con violazione conseguente dell'articolo 479 c.p.c. a causa dell'omessa notifica del titolo esecutivo;
B) nullita', contraddittorieta' e genericita' dell'atto di precetto, quanto alla quantificazione delle 45 rate scadute e degli interessi;
C) simulazione ex articolo 1414 c.c. del contratto di mutuo, mirante nella realta' a costituire la garanzia ipotecaria per precedenti debiti chirografari del mutuatario;
D) inesistenza o nullita' dell'ipoteca per violazione del principio di specialita' ex articolo 2809, 2839 e 2841 c.c., indicando l'atto di concessione di ipoteca la somma di lire 1.950.000.000, ma per una serie di importi in parte ancora indeterminati, quale il debito degli interessi;
E) nullita' della fideiussione ai sensi degli articoli 1344, 1418 e 1938 c.c., in quanto fissata pari al predetto importo di lire 1.950.000.000, con elusione della norma, costituendo in effetti una fideiussione omnibus;
F) nullita', ai sensi degli articoli 1815 e 1284 c.c., della Legge 10 ottobre 1990, n. 287, articoli 2 e 20 delle clausole di determinazione degli interessi ultralegali nella misura di mezzo punto oltre il prime rate Abi ed iniziale del 9,50%;
G) nullita' ex articoli 1283 e 1418 c.c. delle condizioni generali di contratto sugli interessi moratori sulle rate scadute, per violazione del divieto di anatocismo.
Il quesito di diritto e' cosi' formulato: "Dica la Corte se, considerate le censure e i motivi sopra enunciati, la sentenza impugnata sia affetta da nullita' a causa della radicale carenza di motivazione sulle questioni analiticamente indicate nei punti A)-B)-C)-D)-E)-F)-G) del presente motivo di ricorso, la quale si traduce nel difetto di un requisito indispensabile prescritto dal combinato disposto dell'articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 2".
2.1. - Occorre ricordare che l'opposizione all'esecuzione ex articolo 615 c.p.c. introduce un giudizio avente per oggetto la contestazione del diritto della parte istante a procedere all'esecuzione forzata, essendo strutturata come un processo ordinario di cognizione, in cui la domanda e' volta alla contestazione dell'azione esecutiva, mirando essa ad accertare che il credito, per il quale si procede, sia inesistente, oppure inferiore a quello vantato, onde l'opponente ha l'onere di dedurre elementi idonei a giustificare la dedotta insussistenza del diritto all'esecuzione.
Assumendo la veste sostanziale e processuale di attore, l'opponente ha, quindi, l'onere di allegare e di provare i fatti estintivi, impeditivi o modificativi del credito vantato, nonche' gli elementi di diritto costituenti i motivi di opposizione; l'opposto, a sua volta, puo' contestare tali deduzioni, sia quanto all'esistenza dei fatti che l'opponente assume a fondamento dell'opposizione, sia alle conseguenze che l'opponente vuol trarre (Cass., sez. 3, 19 febbraio 2013, n. 4011; sez. 3, ord. 20 gennaio 2011, n. 1328; sez. 3, 13 novembre 2009, n. 24047). La contestazione del debitore esecutato circa l'ammontare del credito per cui si procede puo', quindi, comportare una pronuncia, con la quale si affermi, da parte del giudice dell'opposizione all'esecuzione, l'inesistenza del diritto del creditore di procedere per quella parte del credito che, rispetto alla maggior somma per cui si agisce in sede esecutiva, si accerti come non dovuta (Cass., sez. 3, 16 aprile 2013, n. 9161). Sulla base di tali consolidati principi deve, dunque, concludersi che le "eccezioni"" o "questioni"", avanzate per contrastare il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata, costituiscono le causae petendi della domanda proposta con il ricorso in opposizione.
Nel motivo, il ricorrente lamenta che, su tutte, meno una, delle censure in diritto proposte in primo grado, il tribunale ha omesso interamente di motivare il rigetto.
La parte ricorrente aveva chiesto, innanzi al tribunale, l'accoglimento di talune domande di accertamento della nullita' del contratto di mutuo, della costituzione di ipoteca e della fideiussione: sebbene cosi' formulata ivi la pretesa, deve ritenersi che essa (per quanto esposto) fosse volta all'accertamento del minore ammontare o dell'inesistenza del debito.
In questa sede di legittimita', il vizio denunziato dal ricorrente non e' l'omessa pronunzia, ma l'omessa motivazione: si sostiene, invero, che il tribunale avrebbe respinto - in parte espressamente ed in parte reputandole assorbite - tutte le domande proposte con l'atto di citazione in opposizione, pur mancando di motivare circa il rigetto delle medesime, salvo che per una (l'usurarieta' del tasso, per la quale infatti il ricorrente propone autonomamente il secondo motivo di ricorso).
2.2. - Questa Corte ha chiarito come "la figura dell'assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, in senso proprio, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo piu' pieno, e, in senso improprio, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessita' o la possibilita' di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande" (cfr., fra quelle recenti, Sez. 2, 9 ottobre 2012, n. 17219; sez. 5, 16 maggio 2012, n. 7663).
Dunque, l'ipotesi di assorbimento cd. improprio - che il tribunale ha reputato sussistere nell'ipotesi in esame per le questioni non espressamente affrontate nella sua motivazione - ricorre allorche' una domanda venga decisa sulla base della soluzione di una questione di carattere esaustivo, che renda vano esaminare le altre: in sostanza, ove sussista il presupposto logico predetto, la motivazione sufficiente e pertinente e' proprio quella dell'assorbimento.
Pertanto, l'assorbimento non comporta un'omissione di pronuncia (se non in senso solo formale), in quanto, in realta', la decisione cd. assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto come nella specie, oppure di accoglimento) anche sulle questioni cd. assorbite.
Con riguardo alla motivazione della sentenza, giova ricordare che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita', la carenza nell'impianto motivazionale della sentenza di alcuno dei momenti logici necessari configura un vulnus al principio generale secondo cui tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati, ai sensi dell'articolo 111 Cost., comma 6, vizio che puo' spaziare, secondo la gravita', dall'insufficienza logica ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b, convertito in Legge 7 agosto 2012, n. 134), fino alla totale difformita' della sentenza dal modello legale per assenza dell'indicato requisito essenziale, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all'articolo 132 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 1 (cfr. Cass., sez. 5, 20 luglio 2012, n. 12664).
Una motivazione inesistente o radicalmente inidonea a lasciar comprendere il procedimento logico-giuridico della decisione integra la violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4: la sentenza e' nulla, se risulta mancante dell'esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda, ovvero la motivazione sia solo apparente, perche' non idonea a rivelare la ratio decidendi, onde ne resta impedito ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del giudice (cfr. Cass., sez. lav., 8 gennaio 2009, n. 161; nonche' sez. 1, 4 agosto 2010, n. 18108; sez. 5, 16 luglio 2009, n. 16581; sin da Cass., sez. un., 12 giugno 1999, n. 319).
2.3. - Nel caso di specie, il tribunale ha respinto tutte le domande, espressamente motivando con riguardo ad alcune (la validita' del contratto di mutuo e la qualificazione, ritenuta non usuraria, degli interessi) e reputando invece "assorbite" tutte le altre.
Tuttavia, ove si escluda, per quanto esposto, che sia corretta rispetto ad una certa questione proposta dall'opponente la valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l'unica motivazione del rigetto ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa.
Orbene, dall'esame delle questioni, che l'opponente aveva sottoposto al giudice, si coglie agevolmente come la statuizione di assorbimento sia corretta con riguardo solo ad una parte delle medesime; negli altri casi, invece, l'errore compiuto con la statuizione di assorbimento delle questioni ha prodotto il vizio di omessa radicale motivazione, in quanto - non ravvisandosi ivi il fenomeno indicato - la sentenza perviene ad una pronuncia di rigetto priva di qualsiasi motivazione.
In particolare, reputa il Collegio che il lamentato vizio di motivazione non sussista con riguardo alle questioni dedotte sub a) e c) del primo motivo, riassunte al 2, mentre si ravvisa rispetto a quelle sub b), d), e), f), g).
Quanto all'accertamento dell'usurarieta' del tasso, il primo motivo non riguarda tale profilo (censurato nel secondo motivo).
2.4. - Non si ravvisa, anzitutto, il vizio di omessa motivazione con riguardo al gruppo di questioni sub a) e c).
Il Tribunale di Latina ha ampiamente argomentato circa la natura del contratto di finanziamento come mutuo fondiario e sull'esclusione della sua natura di mutuo di scopo, con legittimo utilizzo, pertanto, di una parte delle somme ricevute dalla parte mutuataria - fra le altre destinazioni ipotizzabili - per estinguere i propri precedenti debiti.
La sentenza del giudice del merito ha considerato come preliminare la questione circa la natura del contratto, richiamando il testo unico bancario, che legittima qualsiasi banca all'esercizio del credito fondiario, descritto dal Decreto Legislativo 24 settembre 1993, n. 385, articolo 38 solo con riguardo alla concessione di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado.
Alla stregua di tale definizione, il tribunale poi ha proceduto -sulla base degli elementi accertati, fra cui il patto di rimborso della somma in dieci anni, la garanzia concessa su immobili, la formulazione letterale del negozio, da cui emerge come non si tratti di mutuo di scopo perche' manca qualsiasi vincolo di destinazione della somma - ad escludere la illiceita' del contratto.
In tal modo, il giudice del merito si e' adeguato all'orientamento costante di legittimita', secondo cui il mutuo fondiario non e' mutuo di scopo.
Mentre quest'ultimo, infatti, e' connotato dall'obbligo del mutuatario di realizzare l'attivita' programmata, sicche' la destinazione delle somme mutuate e' parte inscindibile del regolamento di interessi voluto dalle parti (Cass., sez. 3, 24 gennaio 2012, n. 943) e la presenza della clausola di destinazione comporta allora che, qualora non sia poi realizzato il progetto, il contratto e' nullo (nullita' ora ricondotta alla mancanza di causa negoziale ai sensi dell'articolo 1418 c.c., ora all'illiceita' della causa stessa per essere stato il contratto voluto e attuato in frode alla legge ex articolo 1344 c.c: profilo che non rileva, pero', qui approfondire), invece il credito fondiario - secondo la nozione contemplata nel citato Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 38 - "ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili".
Esso "monetizza" nell'immediato il valore di scambio del bene immobile (cfr. Corte cost, 22 giugno 2004, n. 175), pur senza procedere il mutuatario alla dismissione di esso, e permette, a differenza ad esempio del mutuo ordinario o dell'apertura di credito, una durata medio-lunga, cio' essendo sufficiente ad integrarne la causa concreta.
Va, dunque, ribadito che il mutuo fondiario non costituisce un mutuo di scopo, dal momento che non ne e' elemento essenziale il patto di destinazione della somma mutuata a fini di miglioramento dei fondi sui quali e' costituita l'ipoteca, che il mutuatario sia tenuto a perseguire, ne' l'istituto mutuante deve controllare l'utilizzazione che viene fatta della somma erogata (Cass., sez. 1, 26 marzo 2012, n. 4792, con riguardo alla disciplina del t.u.b.; sez. 3, 20 aprile 2007, n. 9511).
Anche la tesi della simulazione e' stata disattesa dalla Corte (sez. 1, 6 novembre 2006, n. 23669), affermandosi "l'inconferenza del fenomeno simulatorio ai fini di una esatta ricostruzione delle fattispecie esaminate, dal momento che il successivo finanziamento con la contestuale garanzia ipotecaria risultano effettivamente voluti dalle parti").
Ne deriva che, nel mutuo fondiario, il finanziamento dietro garanzia ipotecaria ben puo' essere finalizzato allo scopo soggettivo che le parti si prefiggono, e, se questo e' costituito dall'utilizzo della somma per sanare debiti pregressi verso la banca, non per cio' solo puo' predicarsene l'illiceita'. E cio' appare del tutto coerente con la situazione fattuale, in cui l'erogazione di denaro si e' certamente realizzata, indipendentemente dall'uso che ne sia seguito.
Da tale preliminare accertamento, la sentenza impugnata ha fatto coerentemente derivare la decisione di assorbimento per quanto attiene (sub a) alla nullita' del precetto per l'omessa notifica del titolo esecutivo, trattandosi appunto di mutuo fondiario, cui si applica il Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 41, comma 1 il quale legittima l'inizio dell'esecuzione esonerando la banca da tale onere. La decisione di assorbimento e' esatta anche con riguardo alla insussistenza della simulazione (sub c), in quanto la dazione della somma fu realmente voluta.
In sostanza, il tribunale, avendo respinto gli argomenti fondati sulla illiceita' del mutuo, ha correttamente reputato assorbite le questioni legate da nesso logico consequenziale alla prima. Ne deriva che il motivo e' infondato, sotto tali profili.
2.5. - La sentenza impugnata ha errato, invece, nell'affermare l'assorbimento delle questioni afferenti la genericita' dell'atto di precetto (sub b), l'invalidita' dell'ipoteca per violazione del principio di specialita' (sub d), nonche' la nullita' della fideiussione (sub e), della clausola di determinazione degli interessi ultralegali (sub j) e di quella in tema di anatocismo (sub g).
Nessuna di tali questioni, infatti, puo' dirsi legata da nesso logico inscindibile con il rigetto delle domande espressamente argomentate (qualificazione del contratto come mutuo fondiario non di scopo ed esclusione dell'usurarieta' del tasso degli interessi pattuiti): tale rigetto, invero, non escludeva la necessita', ne' la possibilita' di pronunciare sulle questioni prospettate dalla parte, ora ricordate.
2.5.1. - Nondimeno, per taluni di questi profili non si deve provvedere alla cassazione con rinvio della pronuncia impugnata.
A norma dell'articolo 384 c.p.c., comma 4, "non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto" e, in tal caso, la Corte si limita a correggere la motivazione (norme rispettivamente contenute, antecedentemente alle modifiche apportate dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 12 nel primo e nell'articolo 384 c.p.c., comma 2).
Reputa il Collegio che, per i principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, cui all'articolo 111 Cost., comma 2, in una lettura costituzionalmente orientata ad essi dell'articolo 384 c.p.c., quando la domanda od il motivo, non esaminato dal giudice, proponga infondate questioni di diritto, lo "iato" esistente tra pronuncia di rigetto e mancato esame va colmato dalla Corte attraverso l'impiego del suddetto potere di correzione della motivazione, integrando la decisione di rigetto pronunciata dal giudice del merito mediante l'enunciazione delle ragioni che la giustificano in diritto, senza necessita' di rimettere al giudice di rinvio il compito di dichiarare infondato in diritto il motivo in sostanza non esaminato, determinandosi l'inutilita' di un ritorno della causa in fase di merito, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto. Si configura, quindi, il potere della Corte di correggere la motivazione anche in relazione ad un error in procedendo, quale la motivazione omessa.
In tal senso, la Corte si e' espressa piu' volte anche di recente (da ultimo, Cass., sez. 3, 17 giugno 2013, n. 15112, punto 3.2) e proprio in tema di opposizione all'esecuzione (Cass., sez. 3, 3 maggio 2011, n. 9695) o ad ordinanza-ingiunzione (sez. 2, 12 aprile 2006, n. 8561; sez. 1, 18 febbraio 2005, n. 3388), nonche' argomentando specificamente con riguardo al potere della stessa di pronunciare su questioni assorbite (Cass., sez. lav., 3 marzo 2011, n. 5139, in tema di domanda di accertamento della perdurante validita' ed efficacia del contratto individuale di lavoro, ritenuta assorbita in appello). Da tempo risalente invero si e' ritenuto che la mancanza di motivazione su una questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un un'esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame (Cass., sez. 3, 3 aprile 1990, n. 2756, seguita da Cass., sez. 3, 10 novembre 2000, n. 14630; sez. lav., 27 marzo 1993, n. 3665 e 9 aprile 1990, n. 2940).
Alle esigenze di speditezza occorre anche aggiungere quelle di certezza nomofilattica e deflazione del contenzioso, che l'ordinamento assegna alla Corte di cassazione e che parimenti inducono a tale pronuncia anche qualora, come nel caso in esame, solo su talune delle questioni erroneamente ritenute assorbite dal giudice del merito sia possibile non disporre il rinvio.
Per quanto ora esposto, l'orientamento in questione, che risulta attualmente prevalente, sembra da preferire rispetto a quello contrario (peraltro enunciato in ipotesi peculiari: cfr. Cass., sez. 3, 1 marzo 2007 n. 4804, che motiva mediante sintetico richiamo a quella del 2003; sez. 5, 5 maggio 2003 n. 6784, la quale pero' concerne un caso in cui la S.C. ha reputato il motivo di ricorso inammissibile; sez. 3, 11 novembre 2002 n. 15808, caso in cui il giudice di pace, in sede di opposizione a d.i., aveva revocato il medesimo, omettendo di decidere comunque la domanda nel merito e dunque con necessari accertamenti in fatto; sez. trib., 9 novembre 2011, n. 23328, e sez. 2, 14 marzo 1988, n. 2440, secondo cui il potere di correggere la motivazione non puo' essere esercitato allorquando sia denunziata l'omessa motivazione, in quanto apparente; sez. 3, 26 febbraio 1998, n. 2123, caso in cui era stato dichiarato inammissibile l'appello proposto).
Occorre, quindi, esaminare le questioni pretermesse, allo scopo di valutare la necessita', o no, del rinvio.
2.5.2. - L'allegata genericita' dell'atto di precetto (sub b) non sussiste, dal momento che l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo non richiede, quale requisito formale a pena di nullita', oltre all'indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla (Cass., sez. 3, 19 febbraio 2013, n. 4008).
Pertanto, benche' cosi' dovendosi correggere la motivazione della sentenza impugnata, sul punto il motivo di ricorso va disatteso.
2.5.3. - Parimenti, non e' invalida l'ipoteca per l'allegata violazione del principio di specialita' (sub d).
L'ipoteca deve essere iscritta su beni specialmente indicati e per una somma determinata in danaro (articolo 2809 c.c.), eventualmente precisata anche nella nota di iscrizione (articolo 2838 c.c.), la quale appunto deve fra l'altro indicare l'importo della somma per la quale l'iscrizione e' presa e gli interessi che il credito produce (articolo 2839 c.c., comma 1, nn. 4 e 5): dunque, in presenza - come nella specie - del rispetto di questo elementi formali non basta la mera allegata illegittimita' del calcolo degli interessi per escludere detto requisito.
2.5.4. - Circa la dedotta nullita' della fideiussione (sub e), a parte l'avvenuta confusione nello stesso soggetto della posizione di debitore e di fideiussore che potrebbe rendere inoperante la garanzia (cfr. articolo 1255 c.c.), occorre evidenziare comunque l'insussistenza del vizio.
La fideiussione, per esplicito assunto del ricorrente, fu prestata sino alla concorrenza della somma di lire 1.950.000.000, quindi con importo determinato. Tuttavia, egli prospetta il rilascio di una fideiussione omnibus, sulla base del fatto che essa e' d'ingente importo, che fu concessa insieme ad una garanzia ipotecaria e che il contratto contiene la clausola secondo cui "la parte fideiubente si impegna altresi' a rimborsare alla banca le somme che dalla banca fossero incassate in pagamenti di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, per qualsiasi altro motivo".
L'assunto non ha pregio.
Posto che il mero importo massimo della garanzia, per quanto elevato, non e' di per se' sintomo della mancanza effettiva di un "tetto" alla garanzia prestata, ne' cio' potrebbe parimenti predicarsi per essere il medesimo debito garantito pure a mezzo di ipoteca, circa il meccanismo della clausola in questione questa Corte si e' gia' pronunciata, affermandone la liceita'.
Si e' ritenuto, infatti, che il contratto di fideiussione omnibus, contenente una clausola di cd. reviviscenza dell'obbligazione di garanzia per il caso di invalidita' o revoca dei pagamenti effettuati dal debitore garantito, non e' affetto da nullita': il principio di accessorieta' della garanzia comporta bensi' il venir meno dell'obbligazione tutte le volte in cui quella principale sia estinta, ma non esclude la possibilita' della sua rinnovata vigenza, allorche' dopo l'estinzione il debito principale ritorni ad esistenza in virtu' di fatti sopravvenuti (Cass., sez. 1, 17 ottobre 2008, n. 25361; sez. 1, 8 febbraio 2008, n. 3011; sez. 1, 23 marzo 2004, n. 5720).
Pertanto, il motivo di ricorso va disatteso al riguardo, in tal modo correggendosi la motivazione della sentenza impugnata.
2.5.5. - La domanda di nullita' della clausola di determinazione degli interessi in misura ultralegale (sub f) e' infondata, ma occorre procedere all'integrazione della motivazione in diritto, come segue.
La valida stipulazione di una convenzione relativa agli interessi richiede - ai sensi dell'articolo 1284 c.c., comma 3, e poi della Legge 17 febbraio 1992, n. 154, trasfusa nel Decreto Legislativo 24 settembre 1993, n. 385, articolo 117 ss. testo unico bancario, applicabile nella specie - la forma scritta e il contenuto univoco; ma tali condizioni possono essere soddisfatte anche per relationem, attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purche' obiettivamente individuabili.
Infatti, il legislatore ha inteso sancire la sicura nullita' di alcune clausole di rinvio (si pensi a quella, che diede adito ad acceso dibattito, del rinvio agli "usi di piazza"), ma non ha pero' escluso la legittima relatio, nell'ambito del negozio formale in oggetto, del patto sugli interessi ultralegali.
Cio' che si richiede e' solo che, nell'ipotesi in cui il contratto formale rimandi all'esterno per la determinazione di una parte del suo contenuto (articolo 1346 c.c.), l'elemento esterno in questione sia noto e certo, o siano, comunque, prefissati i criteri della sicura determinazione, cosi' da escludere qualsiasi incertezza applicativa: in sostanza, occorre che il tasso, in tal modo individuato, sia altrettanto inequivoco di una diretta indicazione del medesimo nel testo contrattuale; cosi' esso risulta determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati, ed il requisito legale e' rispettato.
In particolare, se il tasso convenuto sia variabile, ai fini della sua precisa individuazione e' idoneo il riferimento a parametri fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari (Cass., sez. 3, 19 maggio 2010, n. 12276; sez. 1, 29 luglio 2009, n. 17679; sez. 3, 2 febbraio 2007, n. 2317; sez. 3, 11 novembre 2005, n. 22898; e v. gia', per l'epoca anteriore alla Legge n. 154 del 1992, sez. 3, 29 gennaio 2013, n. 2072; sez. I, 14 agosto 1997, n. 7627).
La clausola in esame soddisfa tale requisito, in quanto il contratto, concluso il (OMISSIS), prevedeva il tasso degli interessi nella misura di mezzo punto oltre il prime rate Abi ed iniziale del 9,50%: esso e' di agevole determinazione, operando il riferimento al tasso determinato, in quanto applicato alla clientela primaria ("prime rate"), dall'Associazione (OMISSIS), piu' mezzo punto, onde il calcolo ed il suoi elementi ne risultano agevoli, conoscibili e certi.
2.5.6. - Con riguardo alla dedotta nullita' ex articolo 1283 c.c. della clausola di cui all'articolo 4 delle condizioni generali di contratto (sub g), il ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, la riporta come segue: "in caso di ritardato pagamento, alle rispettive scadenze delle rate pattuite, decorreranno a favore della banca gli interessi di mora in ragione del 4% all'anno e cio' in aggiunta dell'interesse pattuito oltre gli accessori e le spese connesse".
Il contratto di mutuo fondiario fu concluso dalle parti il (OMISSIS), e, pertanto, nel vigore del testo unico bancario del 1993 e prima delle modificazioni apportate con il Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 342 e della deliberazione CICR del 9 febbraio 2000.
Con riguardo all'eventualita' della capitalizzazione degli interessi, mentre il Regio Decreto 16 luglio 1905, n. 646, articolo 38 e il Decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1976, n. 7, articolo 14 ammettevano espressamente la capitalizzazione degli interessi dovuti dal giorno della scadenza, in deroga alle previsioni dell'articolo 1283 c.c. (onde Cass., sez. 3, 3 maggio 2011, n. 9695 e 31 gennaio 2006, n. 2140 hanno ritenuto che il mancato pagamento di una rata di mutuo fondiario comporti l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento), sul punto il legislatore del 1993 nulla aveva disposto; ed ha provveduto il Decreto Legislativo n. 342 del 1999 con l'introduzione dell'articolo 120, comma 2 t.u.b., il quale, tuttavia, non e' applicabile in via retroattiva (dopo la declaratoria di incostituzionalita' del Decreto Legislativo del 1999 citato, articolo 25, comma 3).
La clausola in esame non e' univoca nelle espressioni letterali utilizzate e dunque avrebbe necessitato di un raffronto con le concrete modalita' attuative del rapporto, al fine, in particolare, di verificare se la banca abbia capitalizzato o no gli interessi di mora.
Qui, infatti, si puo' solo osservare che i contratti di che trattasi, sulla base delle deduzioni delle parti, sono mutui cd. ad ammortamento, con rate composte dalla quota di capitale e dalla quota di interessi. Come rilevato in altra vicenda, nella pratica frequente degli affari, applicando gli interessi di mora all'intero importo della rata di ammortamento si puo' determinare un fenomeno anatocistico, relativamente alla parte della rata corrispondente all'ammontare degli interessi, vietato dall'articolo 1283 c.c. in mancanza di usi contrari, quando manchi la domanda giudiziale o una convenzione posteriore alla scadenza (Cass., sez. 3, 29 gennaio 2013, n. 2072, in motivazione; sez. 3, 20 febbraio 2003, n. 2593).
Ma il relativo accertamento non e' consentito in questa sede, onde, al riguardo la sentenza va cassata con rinvio, affinche' il tribunale, in altra composizione, accerti se in fatto sia stato operato l'anatocismo con riguardo agli interessi di mora secondo la clausola dell'articolo 4 delle c.g.c..
3. - Con il secondo motivo, il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 1414 e 1345 c.c., nonche' dell'articolo 67. L.F., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la sentenza impugnata afferma che una delle possibili finalita' del mutuo fondiario e' anche quella di estinguere debiti preesistenti, mentre il ricorrente sostiene, in modo sovrapposto, le tesi della simulazione relativa, della revocabilita' del mutuo in quanto mezzo anomalo di pagamento o ancora della nullita' per motivo illecito comune. Chiede, dunque, alla Corte di stabilire se sia conforme all'ordinamento l'affermazione secondo cui una delle possibili finalita' del credito fondiario sia quella di utilizzare le somme per estinguere un debito precedente verso la banca, senza che possa riscontrarsi cosi' un uso distorto dello strumento.
Il motivo e' inammissibile, in quanto giustappone plurime qualificazioni di invalidita' del contratto in esame (simulato, revocabile, nullo per motivo illecito comune) e dunque viola il requisito della specificita' dei motivi del ricorso per cassazione, dal momento che contiene il riferimento ad una pluralita' di questioni precedute unitariamente dalle norme violate (di recente, cfr. Cass. 20 settembre 2013, n. 21611).
Esso, inoltre, sollecita in realta' la ripetizione del giudizio in fatto, laddove il giudice del merito, come gia' esposto, ha ampiamente motivato la ragione che induce a ravvisare nella specie proprio un mutuo fondiario.
Quanto alla liceita' del mutuo fondiario ove la somma sia utilizzata per sanare passivita' pregresse, si rimanda a quanto gia' esposto al 2.4. Dunque, incontestato che solo una parte delle somma mutuata sia stata utilizzata per l'adempimento di debiti preesistenti, la sentenza impugnata non ha errato nell'escluderne la nullita' per tale motivo.
4. - Con il terzo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1815 c.c., comma 2 e articolo 644 c.p., comma 3, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia ritenuto usurario il tasso ed abbia respinto la pretesa di non corrispondere a tale titolo alcunche' alla banca, avendo riscontrato la mancata prova dell'approfittamento dello stato di bisogno e di un vantaggio usurario.
Deduce che la misura degli interessi pattuita - pur pacificamente assai inferiore al cd. tasso soglia - sia usuraria, ai sensi dell'articolo 644 c.p., comma 3, come modificato dalla Legge 7 marzo 1996, n. 108, perche' lo stipulante si trovava in obiettive difficolta' economiche e finanziarie, in ragione del saldo debitore del conto corrente presso la banca che, alla data di stipula del mutuo del (OMISSIS), era pari a lire 411.604.431; mentre l'approfittamento e' ora non piu' elemento costitutivo del reato, ma circostanza aggravante.
Conclude con il seguente quesito: "Dica la Corte se, considerate le censure e i motivi sopra enunciati, sia conforme all'ordinamento l'affermazione che, in difetto di prova dell'approfittamento dello stato di bisogno da parte della Banca convenuta, e di un vantaggio usurario per la stessa, non e' configurabile la fattispecie di cui all'articolo 644 c.p.".
4.1. - Il motivo non coglie nel segno.
Il ricorrente, pur ammettendo che non sia certamente superato il cd. tasso soglia (nella specie, il tasso legale degli interessi ex articolo 1284 c.c. era fissato al 5% dal 1 gennaio 1997, Legge 23 dicembre 1996, n. 662, ex articolo 2, comma 185,; il Decreto Ministeriale Tesoro 25 settembre 1997, emanato ai sensi della Legge n. 108 del 1996, articolo 1 ha rilevato il tasso effettivo globale medio per i mutui, nel periodo dal 1 ottobre al 31 dicembre 1997, in quello del 9,39%, che, aumentato della meta', individua il tasso soglia nel 14,85%), reputa violato l'articolo 644 c.p., ponendo l'accento specificamente sull'esistenza di un precedente debito del mutuatario verso la banca.
Tuttavia, non la mera esistenza di un debito anteriore integra la fattispecie normativa, e, dunque, quella dell'articolo 1815 c.c., comma 2.
L'illiceita' del negozio di mutuo sussiste, ai sensi della norma, solo nel caso in cui si ravvisino gli estremi del reato di usura, di cui all'articolo 644 c.p., che, nella formulazione successiva alla Legge 7 marzo 1996, n. 108, richiede la sproporzione degli interessi convenuti e la condizione di difficolta' economica o finanziaria di chi li ha promessi.
Il secondo elemento, pertanto, non e' sufficiente: e posto che viene richiesto specificamente il requisito della "sproporzione rispetto alla prestazione di denaro", il mancato accertamento di tale presupposto, il cui onere grava sulla parte che lo fa valere, comporta che il fatto non sussiste.
Come gia' affermato da questa Corte, "alfine d'integrare il reato di usura ai sensi dell'articolo 644 c.p. cosi' come novellato per effetto della Legge 7 marzo 1996 n. 108, la condotta criminosa esige il requisito oggettivo dello squilibrio finanziario legalmente qualificato nell'ambito del contratto a prestazioni corrispettive; ne consegue che la linea di demarcazione tra condotta penalmente rilevante e operazione lecita in relazione alle concrete ed eventualmente complesse caratteristiche del rapporto e' dettata proprio dalla sproporzione dei vantaggi unilateralmente conferiti ad una sola delle parti" (Cass., sez. 3, 31 agosto 201 l,n. 17882).
In concreto, la situazione di difficolta' economica o finanziaria puo' anche dedursi dalla misura degli interessi, purche' pero' di entita' tale da far ragionevolmente presumere che soltanto un soggetto che versi in tale stato possa contrarre il prestito alle indicate condizioni; onde centrale diventa il requisito della sproporzione notevole tra interesse pattuito e quello praticato dalle banche, quest'ultimo misura del "valore" di quella prestazione pecuniaria (analogamente a quanto ritenuto in passato, per lo stato di bisogno, es. da Cass. pen., sez. 2, 27 febbraio 1995, Loizzi, ove l'interesse convenuto ammontava al quarantaquattro per cento su base annua rispetto al venti per cento richiesto dagli istituti di credito).
4.2. - Nel caso di specie, essendo incontestato che gli interessi pattuiti fra le parti fossero inferiori al cd. tasso soglia che delimita quelli usurari, deve applicarsi il regime probatorio di cui all'articolo 644 c.p., comma 3, seconda parte.
Il tribunale ha respinto la pretesa, ritenendo mancante la prova dell'approfittamento dello stato di bisogno e del vantaggio usurario. In tal modo, se la motivazione non e' pertinente riguardo al primo elemento (non piu' richiesto dalla norma e sostituito dall'elemento oggettivo della sproporzione), la pronuncia risulta nel contempo sufficientemente sostenuta dalla ritenuta assenza di prova dei vantaggi usurari.
Il ricorrente, invero, avrebbe dovuto dedurre e provare - in sede di merito - il requisito della sproporzione del tasso degli interessi, con riguardo alla prestazione di denaro ricevuta, ad esempio dimostrando la misura inferiore di quelli all'epoca corrisposti usualmente per prestazioni simili, il tutto mediante idonei e dettagliati calcoli, ed in tal modo assolvendo all'onere, gravante sulla parte che deduce l'usurarieta' degli interessi, di dimostrare l'assunto.
Egli, invece, si e' limitato ad affermare la sussistenza di un precedente debito in capo alla parte, situazione che di per se' e' inidonea ad integrare la fattispecie normativa.
Il motivo finisce per risolversi, cosi', nel sollecitare la ripetizione del giudizio di fatto, inammissibile in questa sede.
5. - Da quanto precede consegue che il ricorso va accolto, nei limiti su esposti, e la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio, perche' si accerti se la banca abbia incluso nel precetto la capitalizzazione degli interessi, sulla base dell'articolo 4 delle condizioni generali del contratto di mutuo.
La decisione si atterra' - oltre a quanto enunciato al 2 - al principio di diritto, secondo cui l'eventuale eccessivita' della somma portata nel precetto non travolge questo per l'intero, ma da luogo soltanto alla riduzione della somma domandata nei limiti di quella dovuta, con la conseguenza che l'intimazione rimane valida per la somma effettivamente spettante, alla cui determinazione provvedere il giudice, che e' investito di poteri di cognizione ordinaria a seguito dell'opposizione in ordine alla quantita' del credito.
Il rinvio e' disposto al Tribunale di Latina, che provvedera' in persona di diverso magistrato addetto all'ufficio, anche sulle spese del giudizio di cassazione.
6. - Il ricorso incidentale, che censura la compensazione delle spese disposta dal giudice del merito, deducendo la violazione dell'articolo 92 c.p.c., comma 2, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non averne la sentenza esplicitato i motivi, e' assorbito.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Latina, in diversa composizione
02-07-2017 21:40
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