Trapani. Esistenza di una giusta causa di licenziamento.
Tribunale Trapani, sez. lav., 15/04/2017, ud. 15/04/2017
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TRAPANI
Il Giudice del Lavoro, dott. Dario Porrovecchio nella causa civile
iscritta al n° 1463/2016 R.G.L., promossa
DA
Ca. Al., nata a Erice (TP) il -omissis- (C.F. -omissis-),
rappresentata e difesa dall'avv. Vito De Stefano,
- opponente -
CONTRO
AIRGEST S.P.A., in persona del Presidente e legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sebastiano Bruno Caruso
e Antonio Lo Faro,
- opposta -
ha pronunciato, ai sensi dell'art. 1, comma 57 della L. 92/2012, la
seguente
Fatto
SENTENZA
Con ricorso depositato il 22.8.2016 la ricorrente in epigrafe proponeva opposizione avverso l'ordinanza resa in data 29.7.2016 da questo Tribunale, ai sensi dell'art. 1, comma 49, della L. 92/2012, con la quale veniva respinto il ricorso per impugnativa del licenziamento irrogatole in data 21.1.2016, chiedendo condannarsi la società convenuta alla reintegrazione in servizio ed al pagamento dell'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento sino a quella della effettiva reintegra, oltre al versamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali, col favore delle spese di lite.
La convenuta, ritualmente costituitasi, contestava la fondatezza dell'opposizione, chiedendone il rigetto.
La causa è stata istruita in via documentale, discussa e posta in decisione ai sensi dell'art. 1, comma 57 della L. 92/2012.
L'opposizione va respinta.
Va preliminarmente respinta l'eccezione di improcedibilità sollevata dalla resistente, stante la natura ordinatoria del termine per la notifica del ricorso individuato dall'art.1 comma 52 della l.92/2012 in almeno trenta giorni prima della data fissata per la costituzione del convenuto.
Passando al merito, deve osservarsi che l'opponente ripropone sostanzialmente le medesime censure già sollevate nel ricorso introduttivo della fase sommaria, e poiché anche in tale fase risulta irrilevante e superfluo ai fini del decidere l'espletamento dell'attività istruttoria richiesta dalla ricorrente, non si ravvisano ragioni specifiche per mutare le conclusioni cui si era giunti nell'ordinanza qui opposta.
Occorre premettere che il provvedimento impugnato fa riferimento all'addebito contestato alla ricorrente in data 7.1.2016 per i fatti accaduti in data 27.12.2015 e consistenti, in particolare, nell'avere omesso il controllo della corrispondenza fra carta d'imbarco e documento di riconoscimento dei passeggeri e la verifica del numero esatto di passeggeri che stava imbarcando, e più in particolare nell'avere imbarcato una passeggera (Ba. Na.) che non era in possesso di titolo da viaggio ma deteneva una carta di imbarco a nome di un altro passeggero (Ba. Al.), e che risultava essere la 39ma persona imbarcata a fronte dei 38 posti disponibili a bordo (cfr. contestazione disciplinare del 7.1.2016).
Si verte dunque in una fattispecie di licenziamento disciplinare per giusta causa, in relazione alla quale la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che Per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare; la valutazione della gravità dell'infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (Cass. civ., Sez. L, n. 12001 del 08/08/2003, v. anche Cass. civ., Sez. L, n. 8631 del 24/06/2000).
Deve aggiungersi che la nuova disciplina prevista dall'art. 18 St. lav. nella versione modificata dalla legge n.92 del 2012 - applicabile ratione temporis al caso di specie - prevede due distinti regimi di tutela per le ipotesi di insussistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo.
Il primo regime disciplinato dal nuovo comma 4 dell'art. 18 Stat. Lav. - per il quale continua ad applicarsi la tutela reintegratoria unitamente a quella risarcitoria - viene in considerazione nelle sole tassative ipotesi in cui il giudice ritenga che il fatto rientri fra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle disposizioni del contratto collettivo applicato o dei codici disciplinari applicabili alla fattispecie in esame, ovvero accerti la c.d. insussistenza del fatto contestato.
Il secondo regime, disciplinato dal nuovo comma 5 dell'art. 18 Stat. Lav., si applica nelle "altre ipotesi" in cui emerge in giudizio che non vi sono gli estremi integranti la giusta causa o per il giustificato motivo soggettivo, con esclusione delle ipotesi di licenziamento adottato in violazione delle regole procedurali previste dall'art. 7 L. n. 300 del 1970.
Passando ad analizzare i singoli motivi di ricorso seguendo l'ordine logico dettato dal dato normativo, occorre accertare, in primo luogo, se il fatto contestato al lavoratore rientri fra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle disposizioni del contratto collettivo applicato ovvero dei codici disciplinari.
Ebbene, dalla lettura delle disposizioni del CCNL Gestori aeroportuali emerge che la specifica condotta contestata alla ricorrente non rientra fra nessuna di quelle per le quali è prevista una sanzione disciplinare di tipo conservativo, ma che anzi le infrazioni contestate all'odierna ricorrente sono esplicitamente indicate dal CCNL tra quelle passibili di sanzione espulsiva immediata. In particolare, l'art. G40, clausola 7.2.d) include tra le ipotesi tipizzate ai fini del licenziamento senza preavviso la effettuazione di movimentazioni irregolari diretti all'accesso abusivo in zone e/o utilizzo di mezzi per le quali sono richieste specifiche autorizzazioni da parte dell'autorità competenti e/o specifici titoli anche di viaggio e/o all'imbarco abusivo di passeggeri e/o bagagli e/o merci.
Passando ad esaminare l'eventuale insussistenza del fatto contestato di cui all'art. 18 comma 4 st. lav., occorre premettere che, a fronte delle divergenti opzioni interpretative avanzate in sede di concreta applicazione della nuova disciplina dell'art. 18 st. lav., la Corte di Cassazione ha chiarito che L'insussistenza del fatto contestato, di cui all'art. 18 st. lav., come modificato dall'art. 1, comma 42, della l. n. 92 del 2012, comprende l'ipotesi del fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, sicché in tale ipotesi si applica la tutela reintegratoria, senza che rilevi la diversa questione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e fatto di modesta illiceità precisando che la completa irrilevanza giuridica del fatto equivale alla sua insussistenza materiale e dà perciò luogo alla reintegrazione ai sensi dell'art. 18, quarto comma, St. lav. (Cass. civ., Sez. L, n. 20540 del 13/10/2015).
Alla luce del suddetto orientamento interpretativo, il giudice del merito deve valutare la sussistenza del "fatto contestato" sia nella sua struttura materiale, sia nella sua componente soggettiva, al fine di ravvisarne l'eventuale completa irrilevanza giuridica.
Nel caso odierno, appaiono integrati entrambi i requisiti, dovendosi escludere sia l'insussistenza del fatto materiale sia la sua completa irrilevanza giuridica.
Sotto il primo aspetto, si osserva che le censure mosse dalla ricorrente non hanno ad oggetto la sussistenza materiale dei fatti addebitati, quantomeno con riferimento all'avvenuto imbarco di un passeggero (Ba. Na.) con carta d'imbarco intestata ad altro soggetto (Ba. Al.) e all'omessa verifica del numero di passeggeri imbarcati, trattandosi di fatti, anzi, esplicitamente ammessi dalla stessa ricorrente (cfr. pag. 4 ricorso l'errore contestato è stato commesso), né la ricorrente ha contestato la discrepanza tra il numero di passeggeri comunicati a chiusura dell'imbarco e il numero di passeggeri effettivamente ammessi a bordo.
Sul punto vanno respinti i motivi di opposizione incentrati su fatti relativi alla procedura di check-in - ed, in particolare, alla circostanza che il check in di Ba. Na. non sarebbe stato effettuato dalla ricorrente ma dalla collega Vi. Va. An. - poiché assolutamente irrilevanti, poiché a ben vedere il fatto contestato non riguarda la procedura di check-in bensì la procedura di imbarco ed in particolare l'omesso riscontro fra la carta d'imbarco e il documento d'identità del passeggero nonché l'omesso conteggio passeggeri, fatti - lo si ripete - non contestati.
Così esclusa l'insussistenza materiale dell'addebito, deve poi evidenziarsi che lo stesso rivesta una indubbia rilevanza disciplinare, atteso che la ricorrente, omettendo di verificare l'effettiva identità del passeggero Ba. Na. rispetto alla carta d'imbarco presentata dalla stessa ed intestata ad altro passeggero di sesso maschile (Ba. Al.) e consentendone l'imbarco a bordo del velivolo in soprannumero rispetto al numero di passeggeri comunicato a completamento delle operazioni di check-in, ha violato specifiche norme comportamentali contrattualmente imposte (cfr. art.36 - parte generale - e art. G39 n.5 - parte speciale - del CCNL Trasporto aereo) e specifiche norme poste a presidio dei controlli di sicurezza in aeroporto (art.3 lett. f DM 85/1999), e in generale i più elementari obblighi di diligenza richiesti nell'espletamento delle sue specifiche mansioni di addetta agli imbarchi, così integrando il suo comportamento una condotta gravemente colposa.
Una volta esclusa la riconducibilità del fatto contestato ad alcuna delle condotte punibili con una sanzione conservativa previste dal contratto collettivo e acclarata la sussistenza del fatto contestato nei termini sopra precisati (sia dal punto di vista materiale sia dal punto di vista disciplinare), il licenziamento risulta legittimo anche sotto il profilo della proporzionalità della massima sanzione espulsiva rispetto al comportamento addebitato, che attiene ad un aspetto diverso ed ulteriore nonché soggetto ad una valutazione, dopo la novella riforma dell'art. 18 st. lav., logicamente successiva in ragione della tutela più attenuata, rispetto alla valutazione sulla sussistenza del fatto (cfr. Cass. civ., Sez. L, n. 23669 del 06/11/2014).
Considerato che, in base all'art. 30, comma 3, L. 183/2010, nella valutazione delle motivazioni poste a base del licenziamento il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro, nel caso di specie la negligenza posta in essere dalla ricorrente appare meritevole della sanzione espulsiva, tenuto conto della relativa tipizzazione contrattuale contenuta nel sopracitato art. G40, clausola 7.2.d) del CCNL, che (diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente) non prevede il dolo quale presupposto soggettivo.
Non v'è dubbio che dall'addebito contestato alla ricorrente derivi un insanabile rottura del vincolo fiduciario tra la stessa e la società. Infatti la ricorrente, consentendo l'imbarco a bordo del velivolo di un passeggero con carta d'imbarco di altri senza verificarne l'effettiva identità e dunque consentendo l'imbarco di un numero di passeggeri superiori rispetto a quello comunicato a completamento delle operazioni di check-in, ha violato i più elementari obblighi di diligenza richiesti nell'espletamento delle sue specifiche mansioni, ciò comportando una grave lesione dell'elemento fiduciario che connota qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, mettendo in dubbio la futura correttezza dell'adempimento (cfr. Cass. Sez. L. 15004/2000).
In particolari, i fatti addebitati - in virtù della natura e delle qualità del rapporto nonché in relazione alla portata soggettiva degli stessi- non possono essere considerati una mera svista priva di conseguenze dannose per il datore di lavoro e/o di terzi e che, nella specie, oltre a cagionare un potenziale gravissimo pericolo per la sicurezza del volo, hanno determinato sia le reazioni da parte del vettore allarmato dall'accaduto (cfr. all.4 fasc. resistente) sia una richiesta di risarcimento danno da parte della passeggera imbarcata senza titolo (cfr. all.6 fasc. resistente), oltre che determinare la presentazione di un esposto da parte del rappresentate legale della società resistente alla Polizia di Stato (cfr.all.2 fasc. resistente), così configurando una grave lesione dell'immagine dell'azienda nella gestione di sicurezza dei servizi aeroportuali.
Le giustificazioni rese dalla ricorrente, riconducibili al notevole afflusso di viaggiatori nello scalo aereo, appaiono anzitutto irrilevanti ove si consideri che la specifica procedura d'imbarco del volo Trapani-Pantelleria, inerente all'addebito contestato, interessava un numero di passeggeri (38) certamente gestibile da un solo operatore, come d'altronde previsto dal Manuale delle operazioni richiamato dalla ricorrente (cfr. pagg.2-3 ricorso), per cui già sotto tale aspetto la negligenza della ricorrente non appare scusabile.
Ma a prescindere dalla loro fondatezza, le giustificazioni addotte dalla ricorrente non appaiono, nel caso di specie, neppure idonee ad escludere o attenuare la gravità delle condotte contestate, in considerazione della particolare delicatezza degli interessi di tutela di ordine e pubblica sicurezza a presidio dei quali sono predisposte le norme comportamentali violate dalla ricorrente che, nell'ottica di un controbilanciamento, devono necessariamente prevalere sui concorrenti interessi del privato, anche tenendo conto del particolare grado di diligenza richiesto agli addetti allo scalo nell'osservanza degli obblighi contrattuali di vigilanza, proprio in ragione della natura degli interessi coinvolti.
In definitiva, il provvedimento espulsivo impugnato appare pienamente legittimo e proporzionato alla gravità della condotta.
Va infine esclusa la natura discriminatoria o ritorsiva del licenziamento impugnato asserita dalla ricorrente, non avendo quest'ultima, su cui gravava il relativo onere, fornito alcuna allegazione specifica o prova utile a dimostrare (quanto meno a livello presuntivo) che il provvedimento espulsivo fosse riconducibile, anziché alle ragioni dedotte nel provvedimento impugnato, a finalità discriminatorie o ritorsive nei confronti della ricorrente
In particolare, la natura ritorsiva del licenziamento impugnato non può ritenersi provata esclusivamente in ragione del contenzioso intercorso fra le parti, mancando specifici indizi che non emergono neppure dalle sentenze di condanna della convenuta; neppure può ravvisarsi la natura discriminatoria in ragione della più tenue sanzione di natura conservativa applicata ai colleghi, tenuto conto della diversità e minore gravità degli addebiti ad essi contestati.
In conclusione, tutte le censure sollevate da parte ricorrente anche nella presente fase di opposizione appaiono infondate e il ricorso va conseguentemente respinto, con condanna della ricorrente, soccombente in giudizio, alla rifusione delle spese sostenute dalla resistente, che si liquidano per la presente fase di opposizione come in dispositivo ai sensi del dm 55/2014, tenuto conto della sostanziale assenza di attività istruttoria se non esclusivamente di carattere documentale.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida, per la presente fase, in E 3.000,00 oltre iva, cpa e spese generali.
Si comunichi.
Trapani, 15.4.2017
24-07-2017 22:11
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