Chi agisce in rivendica è tenuto alla probatio diabolica della proprietà
Cassazione civile sez. II, ordinanza 14 dicembre 2018, n. 32386
La vicenda oggetto del giudizio trae origine dalla domanda di rilascio di un immobile sito in Ponza, proposta da F.A., che assumeva esserne proprietaria in virtù di divisione per notar G. del 6.8.1982 nei confronti di L. A.C., la quale, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi l'usucapione del bene.
La Corte d'Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta dalla F.A., confermando il rigetto della domanda riconvenzionale proposta da L.A.C.
La corte territoriale riteneva che A.F. non avesse fornito la prova del titolo originario di acquisto dei beni, attraverso la produzione dei titoli d'acquisto dei suoi danti causa, né della continuità e durata del possesso ai fini dell'usucapione; quanto alla riconvenzionale, la corte territoriale riteneva che i testi escussi avessero reso dichiarazioni generiche quanto al possesso ultraventennale.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha osservato che l'azione di rivendica e l'azione di restituzione, pur tendendo entrambe al medesimo risultato pratico del recupero della disponibilità materiale del bene, hanno natura e presupposti distinti in quanto la prima è fondata sul diritto di proprietà di un bene di cui l'attore assume di essere titolare, ma di non averne la materiale disponibilità, mentre l'azione di restituzione è fondata sull'inesistenza, ovvero sul sopravvenuto venir meno di un titolo alla detenzione del bene da parte di chi attualmente ne disponga per averlo ricevuto da colui che glielo richiede o dal suo dante causa ed è volta, previo accertamento della mancanza del titolo, ad attuare il diritto personale alla consegna del bene.
In questo caso, la domanda, fondata sul titolo di proprietà era tipicamente di rivendicazione, poichè fondata non su un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma sul diritto di proprietà, tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica.
Per quanto riguarda poi il regime probatorio, chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell'usucapione.
Il rigore della probatio a carico di chi agisce in rivendica è attenuato dalla proposizione, da parte del convenuto, di una domanda riconvenzionale (o di un'eccezione) di usucapione, solo in caso di mancata contestazione dell'originaria appartenenza del bene rivendicato al comune autore ovvero a uno dei danti causa dell'attore, ipotesi nella quale il rivendicante può limitarsi alla dimostrazione di un valido titolo di acquisto, mentre, nella specie, la C. ha contestato il titolo di proprietà di A.F. e dei suoi danti causa, deducendo l'inidoneità sia dell'atto di successione sia dell'atto di divisione per notar G. del 6.8.1982, inidoneo, in ragione della sua natura meramente dichiarativa, a fornire la prova della titolarità del bene nei confronti dei terzi.
22-12-2018 15:12
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