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Sentenza

Il termine ex art. 588 c.p.c. per il deposito dell'istanza di assegnazione (di 1...
Il termine ex art. 588 c.p.c. per il deposito dell'istanza di assegnazione (di 10 giorni prima della udienza fissata per la vendita) è ordinatorio o perentorio?
Tribunale di Palermo, sez. VI, ordinanza 25 gennaio 2019
TRIBUNALE DI PALERMO
Sezione Sesta Civile – Esecuzioni Immobiliari
Il Tribunale di Palermo, sesta sezione civile, riunito in camera di consiglio, in
persona dei magistrati:
Dott.ssa Gabriella Di Marco Presidente
Dott.ssa Valentina Imperiale Giudice rel. est.
Dott. Fabrizio Minutoli Giudice
ha emesso la seguente
ORDINANZA
sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 21.12.2018 nel procedimento di
reclamo exartt. 624 e 669 terdecies c.p.c., iscritto al n. 14728/2018 R.G.,
proposto da C. G., rappresentata e difesa dall'avv. Caterina D'Amato, presso il cui
studio in Palermo, piazza G. Amendola n. 43, è elettivamente domiciliata,
avverso
l'ordinanza del 7 settembre 2018 con cui il Giudice dell'esecuzione, dott. F.G. ,
ha rigettato l'istanza di sospensione e revoca del provvedimento emesso in data
19.03.2018 formulata dall'odierna reclamante in seno all'opposizione proposta,
ai sensi degli artt. 617 c.p.c., nell'ambito della procedura esecutiva immobiliare
n. 263-3/2013 R.G.Es..
All'udienza del 9 novembre 2018 la reclamante chiedeva un termine per
documentare la notifica del reclamo a tutte le parti.
Con memoria depositata in data 6 dicembre 2018 si costituiva il creditore
procedente, Italfondiario s.p.a. n.q. di procuratore di Penelope SPV s.r.l.
FATTO
1. Giova premettere in punto di fatto che, la reclamante, sig.ra C. G., è creditore
intervenuto nella procedura esecutiva n. 236/2013 promossa da Italfondiario
s.p.a. nei confronti di B. M. A. M. ed avente ad oggetto l'immobile sito in Palermo,
via (omissis). Tale immobile pignorato è adibito a residenza familiare
dell'odierna reclamante, già coniuge dell'esecutato, e delle figlie minori (giusta
provvedimento di assegnazione emesso dal Presidente del Tribunale di Palermo
in data 17/05/2011 e trascritto il 24/05/2011).
Con istanza, depositata in data 15/03/2018, la reclamante chiedeva al Giudice
l'assegnazione del bene pignorato al prezzo base d'asta fissato per il tentativo di
vendita del 20.03.2018 e, segnatamente, pari a € 238.613,00; l'istanza veniva
dichiarata inammissibile, con il decreto del 18.03.2018, per tardività, atteso il
mancato rispetto del temine fissato dall'art. 588 c.p.c.
Avverso il predetto decreto e la successiva aggiudicazione proponeva ricorso agli
atti esecutivi ex art. 617 comma 2, c.p.c. la cui domanda cautelare veniva rigettata
con ordinanza del 7.09.2018.
La predetta ordinanza veniva reclamata deducendo:
a) l'erroneità del provvedimento in ragione della natura non perentoria del
termine di cui all'art. 588 c.p.c. e la conseguente ammissibilità dell'istanza di
assegnazione con vendita ad un prezzo più alto dell'aggiudicazione avvenuta
all'offerta minima efficace di euro 178.960,00;
b) in via subordinata, l'irregolarità dell'intero procedimento di vendita per
violazione dell'art. 591, comma 2, c.p.c. a tenore del quale “Il giudice può altresì
stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un
prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il quarto
tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà. Il giudice, se
stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa un nuovo prezzo, assegna altresì
un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta,
entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo
571”;
c) in via ulteriormente subordina, l'illegittimità dell'intero procedimento di
vendita e, conseguentemente, la ricorrenza dei presupposti per l'operatività del
potere – ex officio rimesso al G.E. – di sospensione della vendita quando ritiene
che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto (art. 586 c.p.c). In
particolare, la reclamante deduceva che il bene era stato posto in vendita a
seguito di una illegittima decurtazione dal valore effettivo (pari ad euro
997.230,00) al prezzo base d'asta di € 565.500,00 operata per tenere conto del
provvedimento di assegnazione della casa familiare. La rivalutazione al ribasso
del cespite – alla stregua dei criteri espressi nella relazione integrativa
dell'Esperto, Arch. Daniela Carollo, del 6.05.2014 - risultava erroneamente
applicata atteso il principio della non opponibilità del diritto di abitazione al
creditore ipotecario (cfr. Cass. n. 7776/2016);
d) le condizioni di salute dell'occupante dell'immobile e del proprio nucleo
familiare (con particolare riferimento alle condizioni della figlia Anna, come da
documentazione che produceva);
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il reclamo non è fondato per i motivi che saranno di seguito illustrati e,
conseguentemente, deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo censurato, attenendo alla questione della ordinarietà o
perentorietà del termine di cui all'art. 588 c.p.c. merita una preliminare disamina
in ordine all'istituto della c.d. assegnazione del bene pignorato.
In primo luogo, si è ritenuto che l'assegnazione non costituisce un mezzo di
soddisfazione coattiva del credito alternativo rispetto alla vendita forzata,
bensì successivamenteconcorrente con quest'ultimo, nel senso che i creditori
possono accedervi solo dopo che sia tentata, con esito negativo, la vendita (cfr.
Cass. 16799/2008).
Inoltre, nel caso di più creditori, occorre altresì precisare che, ai fini
dell'ammissibilità dell'istanza di assegnazione, il creditore/assegnatario deve,
con la sua offerta, soddisfare i crediti dei creditori con privilegio (nel caso di
specie, del procedente, Italfondiario n.q., che nella gradazione dei crediti, trova
prioritaria allocazione in ragione dell'antecedente iscrizione ipotecaria rispetto
al titolo dell'intervenuta) nonché le spese di procedura.
Ciò premesso, occorre dar conto che, in ordine alla natura del termine per la
presentazione dell'istanza di assegnazione, non si registra una unanimità di
vedute in dottrina e giurisprudenza. Invero, a fronte di una tesi che – nell'ottica
di una tendenziale equiparazione della “istanza di assegnazione” alla “offerta di
acquisto” – privilegia la non perentorietà del termine di cui all'art. 588 c.p.c, si
sviluppa anche un differente indirizzo interpretativo che valorizza la natura
perentoria del termine con conseguente decadenza del potere da parte del
creditore istante di depositare istanza di assegnazione tardiva.
Gli indirizzi sopra richiamati, ove va, pertanto, collocato anche il precedente
giurisprudenziale invocato in seno al reclamo (cfr. Cass. n. 8857/2011), si sono
sviluppati con riferimento al quadro normativo antecedente alle riforme di cui al
d.l. n. 83/2015 e d.l. 59/2016 (e segnatamente, quando l'istituto trovava
applicazione residuale, presupponendo l'infruttuoso esito della vendita con
incanto).
Tali recenti riforme, però, oltre ad avere esteso la portata applicativa dell'istituto
anche al caso, come quello che ci occupa, della vendita senza incanto, hanno
inciso – estendendone la portata – sulla funzione dell'istituto dell'assegnazione
(e non solo).
Resta, conseguentemente, da chiedersi se le modifiche appena richiamate, nella
misura in cui abbiano inciso sulla ratio dell'istituto, possano valere anche quali
chiavi di lettura nella individuazione della natura ordinatoria o perentoria del
termine.
A tal proposito, occorre immediatamente sgomberare il campo dall'assunto che
la perentorietà del termine debba escludersi in assenza di esplicita qualificazione
legislativa.
Infatti, tale obiezione risulta facilmente superata dall'elaborazione
giurisprudenziale condotta dalle Sezioni Unite, le quali hanno avuto modo di
precisare - valorizzando indirizzi già espressi in altre pronunce (Cass. 8 febbraio
2006 n. 2787; 5 marzo 2004 n. 4530 tra le altre) – che, anche laddove il
legislatore non abbia provveduto a qualificare il termine come perentorio o da
osservare a pena di decadenza, la natura perentoria dello stesso possa essere
tratta dalla sua funzione, ammettendo, quindi, che il termine può essere
perentorio anche in assenza di una sua esplicita qualificazione in tal senso (cfr.
Cass. S.U. n. 262/2010).
Ora, tornando al caso di specie, l'interpretazione sistematica delle norme e
l'assunto della eterogeneità dell'istanza di assegnazione rispetto all'offerta di
acquisto (per mancanza di cauzione e di irrevocabilità) porta a ritenere che il
termine a ritroso rispetto alla vendita del cespite pignorato (nel termine di dieci
giorni prima della data dell'udienza fissata per la vendita), persegua la funzione
di rendere l'istanza di assegnazione conoscibile alla platea dei possibili
e successivi offerenti per evitare la lesione del diritto – normativamente sancito
dall'art. 572, comma 3, c.p.c. – dell'offerente che voglia presentare una
offerta inferiore al prezzo base determinato dall'art. 568 c.p.c. o al prezzo
ribassato a seguito dei successivi esperimenti di vendita.
Il deposito anticipato dell'istanza di assegnazione lascerebbe, infatti,
impregiudicato il diritto dell'eventuale presentatore dell'offerta minima di
partecipare nella consapevolezza di una mancata aggiudicazione,
consentendogli, altresì, di valutare – con effetto benefico per la procedura
esecutiva – anche la presentazione di un'offerta pari o superiore – pure di poco
– al prezzo base in funzione della già depositata istanza di assegnazione.
Conseguentemente, il Tribunale ritiene che l'istanza di assegnazione depositata
dalla sig.ra C. a soli cinque – in luogo dei dieci – giorni prima dell'esperimento
di vendita sia stata correttamente qualificata inammissibile dal Giudice
dell'Esecuzione per tardività.
Inoltre, privilegiando la tesi, ad avviso del Collegio maggiormente aderente
alla ratio della previsione normativa, della perentorietà del termine di cui all'art.
588 c.p.c. è da escludere una proroga, anche tempestivamente richiesta, del
suddetto termine a ritroso.
Le considerazioni sopra esposte confermano l'infondatezza del motivo di reclamo
prospettato.
Peraltro non va trascurato che, nel caso di specie, la reclamante non risulta avere
contestualmente indicato il nocumento sostanziale arrecatole, né la prova
del concreto ed attuale pregiudizio derivante all'opponente – reclamante (in
proposito, si rimanda a Cass., 25.1.2012, n. 1029, Cass., 13.5.2014, n. 10327,
Cass., 16.5.2014, n. 10841, e Cass., 30.1.2018, n. 2294), soprattutto ove si
consideri che alla stessa era consentito, non trattandosi di debitore esecutato, di
partecipare come offerente al procedimento di vendita, anche presentando una
offerta di acquisto minima (seppure accompagnata dal versamento della
cauzione).
1.2. Con riferimento alle censure afferenti all'irregolarità ed illegittimità del
procedimento di vendita, prospettate in via subordinata, occorre procedere ad
esaminare, con priorità quella di cui alla lettera c), la quale attiene ad una
questione di natura preliminare e assorbente rispetto agli altri vizi denunciati
(lettere b e d).
Esclusa ogni valutazione in ordine alla incompatibilità tra la domanda principale
(che presuppone la piena validità del procedimento di vendita ai fini
dell'accoglimento della domanda di assegnazione) e quelle subordinate - sulle
quali, quindi, potrebbero sorgere dubbi in ordine alla proponibilità nel
medesimo atto -, giova subito premettere che la censura - in un giudizio
prognostico da compiersi in tale sede - non supera il vaglio di rilevanza ed
ammissibilità.
Infatti, preme rilevare che, se da un lato, occorre dare conto dell'evoluzione
giurisprudenziale riportata dalla reclamante (Cass. n. 7776/2016), a tenore del
quale, in materia di assegnazione della casa familiare, l'art. 155 quater c.c.
(applicabile "ratione temporis"), laddove prevede che "il provvedimento di
assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi
dell'art. 2643" c.c., va interpretato nel senso che entrambi non hanno effetto
riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull'immobile
in base ad un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di
assegnazione, il quale perciò può far vendere coattivamente l'immobile come
libero; d'altro canto, però, le doglianze prospettate si risolvono in osservazioni
alla relazione di stima integrativa dell'Esperto depositata in data 6.05.2014 e,
come tali, sono tardive, ai sensi dell'articolo 173 bis dd.aa. c.p.c., in quanto non
rilevate ed eccepite nell'udienza fissata ai sensi dell'articolo 569 c.p.c.
Ed anche a volere accedere alla tesi che la reclamante abbia avuto conoscenza dei
fatti idonei a determinare la illegittimità del procedimento di vendita soltanto in
seguito all'udienza per disporre la delega delle operazioni di vendita e,
segnatamente, solo dopo il consolidarsi dell'indirizzo ermeneutico sopra
richiamato, ne conseguirebbe, in ogni caso, la tardività della censura eccepita a
distanza di oltre due anni e, nonostante, siano nelle more intercorsi molteplici
esperimenti di vendita senza che il creditore abbia proposto reclamo ex art. 591
ter c.p.c.
Ed anzi, proprio la presentazione, in data 15.03.2018, di un'istanza di
assegnazione per la vendita del 20.03.2018 manifesta una volontà contraria della
reclamante ad interrompere la vendita forzata del cespite pignorato per
illegittimità del procedimento di vendita, presupponendo la piena volontà di
mantenere quel prezzo base d'asta (pari ad € 238.613,00).
Le considerazioni sopra esposte appaiono suffragate dalla giurisprudenza della
Suprema Corte di Cassazione, la quale ha avuto modo di precisare che, attraverso
l'opposizione, si stabilizzano i risultati del processo esecutivo, nel senso che, in
caso di mancata opposizione (o tardiva opposizione) l'eventuale vizio dello
svolgimento dell'attività esecutiva è sanato (in tal senso, cfr. Cass. n.
14449/2016).
Inoltre, anche provando a ricondurre – come prospettato in reclamo – la censura
nell'alveo dell'istanza volta a sollecitare un potere ex officio del Giudice
dell'esecuzione ai sensi dell'art. 586 c.p.c., devono essere ribadite le
argomentazioni prospettate dal provvedimento reclamato atteso che non
ricorrono quei fattori devianti enunciati dalla giurisprudenza della Suprema
Corte di Cassazione (Sentenza n. 18451/2015).
A chiusura delle argomentazioni sopra esposte, va aggiunto che la individuazione
del prezzo di vendita è rimessa unicamente ai poteri del Giudice dell'Esecuzione
(art. 568 c.p.c.), il quale non è vincolato al prezzo di stima individuato
dall'Esperto, potendo, per converso, determinarlo valorizzando altri ed ulteriori
circostanze di fatto (per esempio, la occupazione dell'immobile,
anche temporanea, la più rapida allocazione del bene nel mercato, la ragionevole
durata del processo esecutivo, la riduzione del valore di mercato per l'assenza
della garanzia per vizi, lo stato d'uso e di manutenzione, lo stato di possesso).
Alla scelta in concreto rimessa al Giudice dell'Esecuzione di individuazione del
prezzo base d'asta fa da contraltare la possibilità, per le parti del processo
esecutivo – ove deve essere collocata anche la creditrice intervenuta – di
proporre opposizione agli atti.
È di tutta evidenza che il Giudice dell'esecuzione, nel bilanciamento dei
molteplici interessi in gioco nel caso in esame (inopponibilità del diritto di
abitazione al creditore ipotecario, effettiva allocazione del bene pignorato nel
mercato e ad un prezzo che permette di coprire interamente il credito del
creditore procedente e parte di quello degli intervenuti, ragionevole durata del
processo esecutivo) ha - allo stato e ferma ogni esclusiva e successiva valutazione
- ritenuto di non potere obliterare all'attività esecutiva in precedenza compiuta
(ed, in particolare, ai precedenti tentativi di vendita eseguiti con l'applicazione
degli ordinari ribassi del prezzo.
1.3. Le considerazioni appena sviluppate sono estendibili anche alla censura di
cui alla lettera b), con l'ulteriore precisazione che la stessa è infondata in quanto
il frutto di una non corretta interpretazione dell'art. 591 bis c.p.c.. Tale norma ha
assegnato al G.E. il potere di disporre ribassi fino al limite di un quarto (25%) e
dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto fino al limite della metà.
Giova precisare che il richiamo è da intendersi nel senso che, a partire dal quinto
tentativo di vendita, è possibile disporre un ribasso, rispetto al precedente prezzo
a base d'asta, pari alla metà.
1.4. Irrilevanti, ai fini del decidere, appaiono, in ultimo, le condizioni economiche
e di salute della reclamante e del nucleo familiare (lettera d) in quanto afferenti
a censure che non inficiano la legittimità del provvedimento reclamato,
investendo unicamente il quomodo, ossia le concrete modalità per l'attuazione
del trasferimento del bene e dell'ordine di liberazione.
In altri termini, occorre precisare che la destinazione del bene pignorato ad
abitazione principale del debitore (e del suo nucleo familiare) e le condizioni di
salute dei membri che lo abitano non sono in grado – per ciò solo - di rendere
illegittima la procedura esecutiva, né rappresentano un ostacolo alla sua
definizione con la vendita e l'esecuzione dell'ordine di liberazione.
2. Tenuto conto della costituzione tardiva della convenuta, oltre la prima udienza
del 9.11.2018, e della complessità della vicenda trattata sussistono i presupposti
per una compensazione totale delle spese di lite.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13
comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002 (“quando l'impugnazione, anche
incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o
improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione,
principale o incidentale, a norma del comma 1 bis”).
P.Q.M.
1. rigetta il reclamo proposto in data 27 settembre 2018 da C. G. con conferma
dell'ordinanza depositata il 7 settembre 2018 nell'ambito della procedura
esecutiva immobiliare n. 236-3/2013 R.G.Es.;
2. compensa interamente le spese di lite;
3. dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento, da parte della
reclamante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma
dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. 30/5/2002 n. 115.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di rito.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 18 gennaio 2019.
Il Giudice relatore
Valentina Imperiale
Il Presidente
Gabriella Di Marco
Avv. Antonino Sugamele

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