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Sentenza

Isola di Favignana. Medici specialisti presso la A.T. con funzioni di emergenza ...
Isola di Favignana. Medici specialisti presso la A.T. con funzioni di emergenza sanitaria territoriale chiedono il riconoscimento del diritto a percepire l'indennità accessoria (3 euro per ciascuna ora di servizio prestato). Presidio Territoriale d'Emergenza (PTE) di Favignana. La Regione Siciliana è legittimata passivamente?
Tribunale Trapani Sez. lavoro, Sent., 12-07-2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TRAPANI

Il Giudice del Lavoro, dott. Dario Porrovecchio, nella causa civile iscritta al n. 383/2016 R.G., promossa

DA

D.A.V., C.D., C.F., G.M. e L.D., rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Spataro ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avv.to Anna Maria Bonura sito in Trapani, Via Poeta Calvino n. 82

- ricorrenti -

CONTRO

A.T., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Odilia Daniele, in forza della Delib. n. 5185 del 21 dicembre 2016 ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv.to Massimo Toscano Pecorella sito in Trapani, Via G. Marconi n. 82

- resistente -

E

REGIONE SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato - distretto Palermo ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici siti in Palermo, via A. De Gasperi n. 81

- resistente -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso depositato in data 2.3.2016, i ricorrenti indicati in epigrafe, tutti medici specialisti presso la A.T. con funzioni di emergenza sanitaria territoriale (EST) nelle isole minori (nella specie, presso il presidio Est di Favignana), lamentavano il mancato pagamento dell'indennità accessoria per lo svolgimento delle funzioni di Emergenza Sanitaria Territoriale in quanto, a seguito dell'accordo tra l'A.T. e i medici di emergenza sanitaria del 24 giugno 2013, non veniva reso dal Comitato regionale il prescritto parere.

Chiedevano, pertanto:

- il riconoscimento del diritto a percepire l'indennità accessoria per il servizio prestato presso il Presidio Territoriale d'Emergenza (PTE) di Favignana, e la conseguente condanna in solido delle Amministrazioni convenute ("la Regione Siciliana e l'A.T.") alla corresponsione di detta indennità, nella misura di Euro 3 per ciascuna ora di servizio prestato nella sede insulare, con decorrenza dalla sua previsione nel D.R. 23.2.2007, ovvero per gli ultimi cinque anni, ovvero dall'accordo aziendale del 24.6.2013;

- in subordine, la declaratoria del carattere non ostativo del parere di cui all'art.3 comma 4 del Decr. Reg. 23.2.2007, in virtù della fictio iuris dell'art. 1359 c.c.;

- ovvero in subordine, di ordinare al Comitato Regionale competente di esprimere il prescritto parere entro un congruo termine, o in alternativa la nomina di un commissario ad acta che possa provvedere in luogo del comitato;

- in subordinata alternativa, la condanna delle resistenti al risarcimento dei danni per violazione dei principi di correttezza e buona fede;

- in estremo subordine, la condanna delle resistenti al pagamento dell'indennità da indebito arricchimento ex art. 2026 c.c., art. 36 Cost. e art. 2041 c.c.;

- infine, il riconoscimento del diritto a percepire l'indennità anche per il futuro.

Le amministrazioni convenute, costituitesi in giudizio, chiedevano il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto; in particolare, la Regione Siciliana chiedeva l'estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.

Con ordinanza del 18.1.2017 veniva rigettata l'istanza, formulata dai ricorrenti all'udienza del 17.1.2017, di autorizzazione alla chiamata in causa dell'Assessorato Regionale alla Salute e del Comitato regionale preposto a esprimere il parere obbligatorio sulle indennità.

La causa, istruita in via documentale, è stata decisa all'odierna udienza sulle conclusioni delle parti di cui al verbale.

2. Preliminarmente, va accolta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Regione Siciliana, convenuta in giudizio nella persona del Presidente della Regione pro tempore. Sul punto va richiamato l'orientamento consolidato della giurisprudenza secondo cui "La regione siciliana, per quanto concerne l'attività amministrativa, non ha, a somiglianza dello stato, una propria soggettività unitaria, facendo capo l'attività medesima ai singoli assessorati, nell'ambito delle rispettive competenze" (Sezioni Unite n. 1561/1986) e ancora "Nella Regione Sicilia, l'attività amministrativa fa capo, con rilevanza esterna, ai singoli assessori, sicchè ciascuno di essi è legittimato a stare in giudizio per il ramo di attività amministrativa a lui riferibile" (Cass. civ., sez. un. 02.08.2011, n.16861; con identico contenuto Cass. civ. 11.01.2005 n.360 e Cass. civ. Sez. Un. 23.02.1995, n.2080).

Com'è noto, la Regione Sicilia, al pari dello Stato, non ha soggettività unitaria: l'art. 20, comma 1, dello Statuto regionale attribuisce infatti a ciascuno degli Assessorati una propria competenza istituzionale esterna. A ciò si aggiunga che con Decreto del Presidente della Regione siciliana, 5 dicembre 2009, n. 12 - precedente alla instaurazione del presente giudizio - si è completato l'iter di riorganizzazione dell'Amministrazione regionale in attuazione della L.R. n. 19 del 2008. Trattasi di un insieme di disposizioni normative che mirano a ripartire in modo chiaro e netto le competenze fra la Presidenza della Regione e gli Assessorati della Regione Siciliana.

Tale circostanza non consente di individuare nel Presidente della Regione il contraddittore necessario avverso le pretese azionate dalla ricorrente, il cui oggetto non rientra tra le incombenze istituzionali statutariamente affidate alla Presidenza della Regione Siciliana, ma rientra fra i compiti assegnati all'Assessorato Regionale alla Salute. Va, pertanto, dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Sicilia in persona del Presidente della Regione, essendo competente per materia l'Assessorato Regionale alla Salute, non ritualmente convenuto in giudizio.

Occorre al riguardo ribadire l'inammissibilità dell'integrazione del contraddittorio richiesta dalla difesa dei ricorrenti, atteso che gli stessi hanno proposto le loro domande avverso due soggetti, uno dei quali - la Regione Sicilia - privo di legittimazione passiva. Ed invero, non può certo ritenersi che l'interesse a chiamare successivamente in causa il soggetto effettivamente legittimato passivo - ossia l'Assessorato Regionale alla Salute - sia sorto dalle difese della Presidenza della Regione siciliana originariamente convenuta, trattandosi piuttosto di un evidente errore originario di individuazione del soggetto legittimato passivo rispetto alla domanda proposta. Neppure sussistevano i presupposti di cui all'art. 106 c.p.c., non avendo la resistente amministrazione regionale affermato una comunanza della causa né chiesto di essere da esse garantita, ma vertendosi piuttosto in ipotesi di legittimazione alternativa. Le precedenti considerazioni valgono anche con riferimento alla richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti del Comitato regionale preposto a esprimere il parere obbligatorio sulle indennità, in quanto non ritualmente convenuto in giudizio.

3. Passando ad esaminare il merito, seppur con esclusivo riferimento alle domande formulate nei confronti dell'A.T., deve premettersi che l'indennità accessoria per le isole, oggetto della presente controversia, trova il suo fondamento legislativo nell'articolo 3 comma 4 del Decreto dell'Assessore Regionale alla Sanità del 23 febbraio 2007, che stabilisce "Gli accordi aziendali, da stipularsi entro e non oltre 30 giorni dalla pubblicazione del presente accordo, stabiliscono le indennità accessorie per le isole; l'efficacia di detti accordi aziendali è subordinata al parere obbligatorio del comitato regionale".

Nel caso di specie, a seguito della conclusione dell'Acc. del 24 giugno 2013 tra l'A.T. e le organizzazioni sindacali dei medici di emergenza sanitaria, non è stato reso dal Comitato regionale alcun parere, motivo per cui, ad oggi, tale indennità non è stata corrisposta.

Come detto, il citato art. 3 comma 4, in merito agli accordi aziendali conclusi sulla base del decreto assessoriale, dispone che "l'efficacia di detti accordi aziendali è subordinata al parere obbligatorio del comitato regionale". L'emissione del parere da parte del comitato regionale può, quindi, qualificarsi - sotto il profilo negoziale - come una condizione sospensiva, che preclude l'efficacia dell'accordo sino al verificarsi dell'evento futuro ed incerto individuato dalle parti nel predetto parere.

I ricorrenti, proprio in ragione dell'assimilazione dell'espressione del parere ad una condizione sospensiva, ritengono che debba operare la fictio iuris di cui all'art. 1359 c.c., a mente del quale "La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa".

Tuttavia, l'operatività di siffatto meccanismo giuridico appare preclusa nel caso di specie dalle seguenti considerazioni.

In primo luogo, deve richiamarsi l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui "La condizione può ritenersi apposta nell'interesse di uno solo dei contraenti solo in presenza di una clausola espressa in tal senso o di elementi che inducano a ritenere che l'altra parte non abbia alcun interesse al suo verificarsi; ne consegue che l'art. 1359 c.c., secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non è applicabile nel caso in cui la parte, tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione, abbia anch'essa interesse al verificarsi della condizione" (Cass. 18512/2017)". E nel caso di specie, prescindendo dal fatto che non fosse l'A. la parte tenuta alla emissione del parere, non esiste comunque alcuna clausola espressa o altro elemento che inducano a ritenere la sussistenza di un interesse esclusivo delle parti ricorrenti e l'assenza d'interesse dell'A., dovendosi piuttosto ritenere che l'emissione del prescritto parere da parte del Comitato fosse prevista nell'interesse di ambedue le parti, anche in considerazione degli impegni di spesa consequenziali, tanto che l'A.T. si era tempestivamente attivata per richiedere il predetto parere.

In secondo luogo, deve richiamarsi l'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui "Nell'ipotesi di negozio condizionato, per l'operatività dell'art. 1359 cod. civ., in virtù del quale la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, è necessaria la sussistenza di una condotta dolosa o colposa di detta parte, non riscontrabile nel caso di mero comportamento inattivo, salvo che questo non costituisca violazione di un obbligo di agire imposto dal contratto o dalla legge" (Cass. n. 8843/2013). La norma di cui all'art. 1359 c.c. è infatti espressione del principio di buona fede (1358, 1175 c.c.), essendo l'intento del legislatore quello di evitare che un comportamento scorretto possa favorire chi lo tiene e danneggiare la controparte. Ebbene, nel caso di specie non può dirsi sussistente alcuna condotta dolosa o colposa da parte dell'A.T., che - pur non essendo, si ribadisce, la parte tenuta alla emissione del parere - ha comunque provveduto a richiedere tempestivamente il parere, trasmettendo all'Assessorato alla Salute, con nota 5533 del 5.7.2013 (all. 5 fascicolo A.), l'accordo aziendale concluso in data 24.6.2013 con le OO.SS. di categoria. In altri termini, deve escludersi la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nei rapporti tra le parti, in quanto risulta improntato alla correttezza il comportamento dell'A.T., che ha dapprima concluso con le OO.SS. di categoria l'accordo aziendale previsto dal decreto assessoriale del 23.2.2013 e ha poi provveduto alla trasmissione dello stesso all'assessorato competente, ai fini dell'ottenimento da parte del Comitato regionale del parere obbligatorio previsto dall'articolo 3 comma 4 del decreto assessoriale a pena di inefficacia, sicché non può certo addebitarsi all'azienda convenuta l'inerzia dell'organo regionale.

A medesime conclusioni si giunge anche laddove si ricostruisca l'iter giuridico per la concessione della indennità in questione ad una fattispecie complessa a formazione progressiva, stante il carattere inequivocabilmente essenziale del parere del comitato.

4. Va poi reputata inammissibile la domanda volta ad ottenere l'indennizzo per ingiustificato arricchimento di parte convenuta. Come è noto, infatti, l'azione di ingiustificato arricchimento è contraddistinta da un carattere di residualità che ne postula l'inammissibilità ogni qualvolta il danneggiato, per farsi indennizzare del pregiudizio subito, possa esercitare, tanto contro l'arricchito che nei confronti di una diversa persona, altra azione, secondo una valutazione da compiersi in astratto e prescindendo, quindi, dal relativo esito (Cass. n. 29988 del 20/11/2018; Sez. U., n. 28042 del 25/11/2008). E poiché nel caso in questione i ricorrenti avevano la possibilità di esperire, tanto contro l'A.T. (come in effetti hanno fatto) che nei confronti dell'assessorato regionale competente per materia, l'azione volta al conseguimento dell'indennità accessoria per le isole, deve ritenersi inammissibile l'azione residuale ex art. 2014 c.c.

Per altro verso, la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento si appalesa pure infondata nel merito. L'ingiustificato arricchimento, infatti, presuppone che vi sia un vantaggio di una parte a fronte del depauperamento dell'altra e qualora ciò non trovi un giustificato motivo nelle vicende giuridiche tra le parti.

Nel caso di specie, invece, le parti svolgono la prestazione dedotta in contratto ottenendo, per contro, la retribuzione contrattualmente pattuita. Non sussiste, quindi, una ipotesi di arricchimento senza causa ex articolo 2041 c.c., non avendo nessuna delle due parti, ecceduto a quanto contrattualmente pattuito e, di conseguenza, non sussistendo nessuna ipotesi di arricchimento di una delle parti a fronte del depauperamento dell'altra.

L'indennità prevista dal decreto assessoriale è, infatti, da ritenersi un surplus rispetto a quanto contrattualmente pattuito, corrisposto in ragione delle particolari difficoltà insite nella prestazione del proprio servizio presso le isole minori e conseguentemente non può dare luogo ad un ingiustificato arricchimento.

Ai fini dell'esercizio dell'azione generale di arricchimento, ai sensi dell'art. 2041 cod. civ., è richiesta la dimostrazione che il soggetto beneficiario non ha alcun titolo giuridico valido ed efficace per giovarsi di quanto corrisponde al depauperamento subito dall'istante; tale presupposto non sussiste quando l'attribuzione patrimoniale abbia avuto luogo in virtù di una disposizione di legge o di impegni unilaterali assunti dal soggetto depauperato (Cass. n. 18099 del 07/08/2009). Conseguentemente non è ipotizzabile l'applicazione della relativa disciplina con riferimento ad attività professionale svolta da un lavoratore subordinato a favore del datore di lavoro, quando sia accertato che la stessa sia riconducibile al contratto di lavoro subordinato.

5. Va pure respinta la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dai ricorrenti, non essendovi prova né dell'eventuale violazione degli obblighi contrattuali da parte dell'A.T., né del danno subito dalle parti.

Del resto, anche qualora le parti fossero riuscite a provare la sussistenza del danno, non è comunque ravvisabile il nesso di causalità con la condotta dell'A.T. la quale, improntando il proprio comportamento alla correttezza, come più volte evidenziato, si è tempestivamente mossa al fine di ottenere il parere obbligatorio del Comitato dal quale sarebbe derivata l'efficacia dell'accordo e di conseguenza dell'indennità per il servizio prestato presso le isole minori.

6. Va poi respinta la richiesta di ordinare al Comitato regionale competente l'espressione del parere, poiché, a prescindere dalla ammissibilità e fondatezza di tale tipo di richiesta, comunque non è stato convenuto in giudizio il soggetto deputato ad esprimere il parere, né l'Assessorato regionale competente per materia.

Conseguentemente, va pure respinta la richiesta di nominare un commissario ad acta che vi provveda in sua vece, non potendo il giudice ordinario surrogarsi agli organi competenti, esercitando i conseguenti poteri sostitutivi mediante designazione di un commissario "ad acta", la cui nomina attiene, peraltro, esclusivamente al c.d. giudizio di ottemperanza di un giudicato amministrativo, il cui scopo è quello di rendere effettivo il comando già contenuto nella decisione passata in giudicato, compiendo tutti gli accertamenti indispensabili a delimitare l'effettiva portata precettiva della sentenza di cui si chiede l'esecuzione.

7. In definitiva, dovendosi ritenere la mancata insorgenza del diritto alla prestazione sino all'effettiva espressione del parere da parte dell'organo competente, il sindacato giurisdizionale non può surrogarsi all'organo amministrativo cui è istituzionalmente devoluta la valutazione discrezionale di merito.

Ne consegue che, a prescindere dall'astratta espressione del diritto all'indennità per coloro i quali prestano il loro servizio in zone particolarmente disagiate (tra cui le isole), nel caso di specie non può trovare accoglimento la pretesa attorea in quanto non si è verificata l'altra fase essenziale per l'insorgenza del suddetto diritto, ossia l'espressione del parere da parte del comitato regionale, fase che non può intendersi esaurita per silenzio assenso in assenza di espressa previsione di legge, e che non è e non può essere demandata al giudice ordinario.

8. Il ricorso va dunque integralmente respinto. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale di Trapani, in funzione del Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza rigettata e disattesa, così decide:

dichiara il difetto di legittimazione passiva della Regione Sicilia in persona del Presidente della Regione;

rigetta le domande spiegate nei confronti dell'A.T.;

condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite, che liquida per ciascuna delle amministrazioni convenute (A.T. e Presidenza della Regione siciliana) in Euro 3.000,00 oltre iva, cpa e rimborso spese generali come per legge.

Così deciso in Trapani, il 12 luglio 2019.

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2019.
Avv. Antonino Sugamele

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