ll debito restitutorio che nasce in esito al giudizio, in relazione alle somme corrisposte in base a sentenza di merito successivamente riformata o cassata, trova titolo nella sentenza di riforma o di cassazione ed ha per oggetto la identica somma - già determinata nell'importo dalla sentenza riformata o cassata - che risulta essere stata effettivamente incassata dalla parte tenuta alla restituzione. Il debito in questione riveste, perciò, il carattere oggettivo "ab origine" della liquidità.
Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., (ud. 22/11/2018) 20-03-2019, n. 7722
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele - Presidente -
Dott. OLIVIERI Stefano - rel. Consigliere -
Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29711-2017 R.G. proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORNIELLI 46, presso lo STUDIO LEGALE PROTA, rappresentato e difeso da se medesimo e dall'avvocato LUIGI VINGIANI;
- ricorrente -
contro
E DISTRIBUZIONE SPA;
- intimata -
per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 22114/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 25/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/11/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale PEPE ALLESSANDRO, che chiede che la Corte di Cassazione dichiari improcedibile o comunque rigetti il ricorso.
IL COLLEGIO:
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 25.11.2017 n. 22114 il Tribunale Ordinario di Roma ha rigettato la opposizione proposta dall'avv. M.A. avverso il decreto monitorio con il quale CREDEN s.p.a., quale mandataria di E-Distribuzione s.p.a. aveva ingiunto al professionista il pagamento della complessiva somma di Euro 32.012,07 oltre interessi spese processuali, a titolo di restituzione degli importi liquidati e corrisposti al medesimo in qualità di distrattario ex art. 93 c.p.c., per compensi, accessori (Iva e Cpa), in esito ad ottantuno giudizi - aventi ad oggetto risarcimento danni richiesti da altrettanti utenti in conseguenza della interruzione del servizio di somministrazione di energia elettrica - svoltisi in primo grado avanti il Giudice di Pace e definiti con sentenze integralmente riformate in grado di appello, con decisioni del Tribunale di Torre Annunziata passate in giudicato, con il rigetto dei ricorsi per cassazione.
Il Tribunale di Roma ha ritenuto infondate le eccezioni pregiudiziali di incompetenza per territorio e valore proposte dall'avv. M., il quale aveva indicato la competenza per territorio del Tribunale di Torre Annunziata, sia in relazione al "forum rei" che al "forum destinatae obligationis":
quanto alla prima, rilevando che il credito di natura pecuniaria era da ritenersi liquido in base alla prospettazione contenuta nel ricorso monitorio della società creditrice ed ai documenti da questa allegati e non contestati dal professionista (comunicazioni di avvenuto pagamento in data 27.12.2007 e 25.3.2008 - doc 4 all. fasc. monitorio -; tabella riepilogativa dei pagamenti effettuati in relazione a ciascuna delle parti difese dal professionista con distinta indicazione degli importi versati all'avvocato distrattario, nonchè delle relative sentenze - doc 6 -), trovando pertanto applicazione il criterio di radicamento della competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. e art. 1182 c.c., comma 3, (domicilio-sede legale della società creditrice) e non venendo in questione il "foro del consumatore" stante l'autonomia della causa avente ad oggetto l'obbligazione restitutoria del legale rispetto a quelle dallo stesso patrocinate ed aventi ad oggetto il diverso rapporto contrattuale di somministrazione quanto alla seconda, rimanendo sottratta alla competenza per valore del Giudice di Pace la cumulativa proposizione di distinte domande nei confronti della medesima parte ex art. 104 c.p.c., comma 1, dovendosi verificare la competenza in base alla somma degli importi chiesti con ciascuna domanda ex art. 10 c.p.c., comma 2.
La sentenza di prime cure, comunicata dalla Cancelleria in data 25.11.2017 è stata ritualmente impugnata con regolamento facoltativo di competenza dall'avv. M., con ricorso notificato telematicamente e ricevuto, in data 20.12.2017, all'indirizzo PEC del difensore della società creditrice che non ha svolto difese.
Il Procuratore Generale ha espresso parere, instando per la improcedibilità o per il rigetto del ricorso.
La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380 ter c.p.c. allegando anche la attestazione autografa di conformità all'originale telematico del ricorso notificato e depositato in Cancelleria.
Motivi della decisione
L'originario vizio di improcedibilità del ricorso per regolamento facoltativo di competenza ex art. 369 c.p.c., comma 1, è stata sanato dal ricorrente, in difetto di costituzione in giudizio della società intimata, mediante deposito in allegato alla memoria ex art. 380 ter c.p.c. della "attestazione di conformità all'originale telematico" del ricorso notificato. Trova infatti applicazione il principio di diritto enunciato da questa Corte Sez. U -, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018 secondo cui "il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l'improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale notificatogli D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio.".
Con l'unico motivo di ricorso viene denunciata la violazione dell'art. 1182 c.c., in relazione all'art. 20 c.p.c., nonchè violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 17989/2016.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Sostiene il ricorrente che le sentenze del Tribunale di Torre Annunziata, passate in giudicato, non erano state prodotte dal creditore monitorio e comunque non contenevano alcuna condanna alla restituzione delle somme liquidate dal Giudice di primo grado sia a titolo di importo risarcitorio, che di spese di giudizio, sicchè il credito azionato monitoriamente non era fondato su un titolo e richiedeva un autonomo accertamento giudiziale, non potendo quindi ravvisarsi il requisito della liquidità della obbligazione pecuniaria ai fini del radicamento della competenza territoriale presso il domicilio del creditore, trattandosi di obbligazione "querable": in assenza di titolo convenzionale o giudiziale che liquidasse gli importi chiesti in restituzione, la competenza per territorio ai sensi dell'art. 20 c.p.c., doveva essere determinata in base al disposto dell'art. 1182 c.c., comma 4 (domicilio del debitore).
L'assunto è fondato su una distorta ed errata lettura dell'arresto di questa Corte Sez. U, Sentenza n. 17989 del 13/09/2016 che, dirimendo un contrasto di giurisprudenza, ha statuito -proprio in tema di regolamento di competenza - che "le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell'art. 1182 c.c., comma 3, sono - agli effetti sia della mora ex re ai sensi dell'art. 1219 c.c., comma 2, n. 3, sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell'art. 20 c.p.c., u.p. - esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l'ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale, e i presupposti della liquidità sono accertati dal giudice, ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l'art. 38 c.p.c., u.c.".
E' appena il caso di rilevare come l'affermazione contenuta nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite, secondo cui "le obbligazioni pecuniarie, invero, quelle illiquide hanno una particolarità: ai fini dell'adempimento del debitore è necessario un passaggio ulteriore, è necessario cioè un ulteriore titolo, convenzionale o giudiziale", debba essere letta in correlazione alla nozione di "illiquidità" intesa come elemento ostativo alla stessa possibilità di adempimento della obbligazione da parte del debitore: l'esame della fattispecie compiuto delle Sezioni Unite della Corte si rivolge, quindi, al piano della attuazione fisiologica - e non patologica - del rapporto, rimanendo pertanto estranea alla verifica della liquidità/illiquidità la distinta (ed ulteriore) esigenza del creditore di acquisire un eventuale titolo giudiziale di condanna all'adempimento della prestazione pecuniaria (che si rende necessario nella fase patologica del rapporto, laddove il debitore risulti inadempiente o rifiuti l'adempimento, anche qualora il debito pecuniario sia da ritenere pacificamente "liquido"). Ed infatti le Sezioni Unite, nella richiamata sentenza, vengono a chiarire che la "natura liquida" di un credito deve essere intesa in senso oggettivo e non rimessa alla mera soggettiva allegazione del creditore: "le indicate esigenze di protezione del debitore, che sono a fondamento dell'interpretazione restrittiva dell'art. 1182 c.c., comma 3, richiedono evidentemente che la liquidità del credito sia ancorata a dati oggettivi, mentre sarebbero frustrate se essa si facesse coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell'attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, pur in mancanza di indicazioni nel titolo, come sostenuto da Cass. 7674/2005, cit., e dagli altri precedenti che vi si richiamano discostandosi dall'orientamento tradizionale. In tal modo, infatti, non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoria, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale. Va dunque ribadito che rientrano nella previsione di cui all'art. 1182 c.c., comma 3, esclusivamente le obbligazioni pecuniarie liquide, il cui ammontare, cioè, sia determinato direttamente dal titolo ovvero possa essere determinato in base ad esso con un semplice calcolo aritmetico.....".
Tanto premesso, il credito restitutorio che nasce in esito al giudizio, in relazione alle somme corrisposte in base a sentenza di merito successivamente riformata o cassata (art. 389 c.p.c.), trova titolo per l'appunto nella sentenza di riforma o di cassazione ed ha per oggetto la identica somma - già determinata nell'importo dalla sentenza riformata o cassata - che risulta essere stata effettivamente incassata dalla parte tenuta alla restituzione.
In quanto tale il debito in questione riveste il carattere oggettivo "ab origine" della liquidità (le spese di lite sono determinate nel loro ammontare nelle sentenze di primo grado riformate; gli accessori di legge - Iva e Cpa - sono determinabili in base a meri calcoli aritmetici), non venendo in rilievo, ai fini della individuazione del Giudice territorialmente competente, eventuali contestazioni, mosse dalla parte convenuta in giudizio (nella specie dall'opponente-convenuto sostanziale), sia riferite all'"an" che al "quantum" (afferma il ricorrente di aver contestato che le matrici degli assegni di pagamento delle spese di lite si riferivano anche ad alcune sentenze di primo grado che non erano state appellate o riformate; che le sentenze di appello, prodotte dalla società creditrice, erano in numero di 33, mentre in primo grado erano stati definiti 81 giudizi), attenendo tali rilievi esclusivamente alla successiva fase di accertamento del merito, occorrendo precisare sul punto che il Tribunale di Roma non ha affatto fondato la liquidità del debito restitutorio in base alla non contestazione del credito vantato dalla società, ma si è limitato ad osservare che non era stato contestato dal professionista l'effettivo pagamento delle spese di lite nel complessivo importo risultante dalla documentazione prodotta dalla società (cfr. sentenza impugnata, in motivazione: "....la parte opposta ha configurato la domanda in base alle suindicate sentenze prodotte in giudizio e della non contestata documentazione comprovante il pagamento delle spese processuali liquidate a norma dell'art. 93 c.p.c. a favore dell'attuale opponente, con sentenze riformate in grado di appello......").
In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Non occorre regolare le spese di lite in difetto di difese svolte dalla parte intimata.
P.Q.M.
Dichiara la competenza del Tribunale Ordinario di Roma.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019
26-03-2019 22:32
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