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Sentenza

PEC: la casella del destinatario è piena. Va rinnovata tempestivamente la notifi...
PEC: la casella del destinatario è piena. Va rinnovata tempestivamente la notifica presso il domicilio fisico.
Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 28-09-2021) 20-12-2021, n. 40758
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta - Presidente -

Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere -

Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -

Dott. CRICENTI Giuseppe - Consigliere -

Dott. PORRECA Paolo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 35506/2018 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Rosa Raimondi Garibaldi n. 141, presso lo studio dell'avvocato Petitta Leonardo, che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

Poste Italiane Spa;

- intimato -

avverso la sentenza n. 8823/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/2021 da PORRECA PAOLO;

udito l'Avvocato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale.
Svolgimento del processo

che:

l'avvocato P.L. conveniva in giudizio Poste Italiane, s.p.a., chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di un indebito prelievo, ad opera di sconosciuti, dal suo conto corrente postale abilitato al servizio telematico "online";

il Giudice di pace accoglieva la domanda, con pronuncia riformata dal Tribunale secondo cui l'evento di danno, non risultando un malfunzionamento del sistema telematico della società, non poteva addebitarsi alla convenuta, che aveva anzi avvisato la clientela di non inserire dati sensibili rispondendo ad "email" non verificate, dovendo invece ragionevolmente correlarsi all'incauta comunicazione, da parte del titolare del conto, delle credenziali di accesso a seguito della riferita ricezione e risposta a un'email" volta alla frode poi, infatti, posta in essere;

avverso questa decisione ricorre per cassazione P.L. sulla base di un unico motivo, corredato da memoria;

il processo è stato rinviato alla pubblica udienza con ordinanza n. 2755 del 2020 della sezione Sesta;

il Pubblico Ministero ha depositato memoria.
Motivi della decisione

che:

con l'unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 31, "ratione temporis" applicabile, e dell'art. 2729 c.c., poichè il Tribunale avrebbe errato imputando al deducente la prova del mancato funzionamento del sistema telematico della convenuta, omettendo, al contempo, di evincere presuntivamente dai fatti la mancata predisposizione, da parte della medesima società, d'idonee misure volte a prevenire frodi come quella in esame, tenuto conto che, come risultato, in risposta all'evocata e non filtrata "email", erano stati inseriti codice identificativo e "password" ma, prudentemente, non il codice di dieci cifre necessario all'operazione;

Rilevato che:

va dato atto che il ricorso è stato chiamato per l'udienza pubblica di discussione, non tenuta in camera di consiglio ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, siccome successivamente prorogato al 31 luglio 2021 dal D.L. 1 aprile 2021, n. 44, art. 6, comma 1, lett. a), n. 1), convertito dalla L. 28 maggio 2021, n. 76, nonchè fino al 31 dicembre 2021, ma con eccezione delle udienze già fissate per i mesi di agosto e settembre 2021, dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, commi 1 e 2, quale convertito;

il ricorso è inammissibile;

l'atto risulta infatti notificato via p.e.c. al difensore dell'intimata, con accettazione, da parte del sistema, ma senza consegna per "casella piena";

al contempo, l'intimata aveva eletto domicilio presso lo studio dell'avvocato Domenico Febbo, in Roma viale Europa n. 190;

il procedimento notificatorio avrebbe dunque dovuto riprendersi per tempo all'indirizzo di elezione;

come osservato esplicativamente nella richiamata ordinanza interlocutoria, questa Corte ha chiarito che una notificazione è validamente effettuata all'indirizzo p.e.c. del difensore di fiducia, quale risultante dal Reginde, indipendentemente dalla sua indicazione in atti, ai sensi dell'art. 16 sexies del D.L. n. 179 del 2012 - come convertito dalla L. n. 221 del 2012, e modificato dall'art. 47 del D.L. n. 90 del 2014, convertito a sua volta dalla L. n. 114 del 2014 - non potendosi configurare un diritto a ricevere le notificazioni esclusivamente presso il domiciliatario indicato (Cass., 24/05/2018, n. 12876);

se però la notificazione telematica non vada a buon fine per una ragione, come nel caso, non imputabile al notificante - essendo invece addebitabile al destinatario per inadeguata gestione dello spazio di archiviazione necessario alla ricezione dei messaggi (Cass., 20/05/2019, n. 13532, Cass., 21/03/2018, n. 8029) - il notificante stesso deve ritenersi abbia il più composito onere, anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario (fisico) eletto, in un tempo adeguatamente contenuto (arg. ex Cass., Sez. U., 15/07/2016, n. 14594, che ha indicato il temine della metà di quello previsto dall'art. 325, c.p.c.; Cass., 19/07/2017, n. 17864, Cass., 31/07/2017, n. 19059, Cass., 11/05/2018, n. 11485, Cass., 09/08/2018, n. 20700);

la conclusione è in linea con il principio, recentemente ribadito, per cui dev'esser escluso che il regime normativo concernente l'identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati (Cass., 11/02/2021, n. 3557, pag. 5, in cui si richiamano: Cass. nn. 1982 del 2020, 2942 del 2019, 22892 del 2015);

solo in tal caso, dunque, potranno conservarsi gli effetti della originaria notifica: in tal senso, e misura, si può raccogliere l'affermazione di Cass., 18/11/2019, n. 29851, secondo cui, più in generale, in caso di notifica telematica effettuata dall'avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella p.e.c., pur chiaramente imputabile al destinatario, impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dall'art. 137 c.p.c. e ss., e non mediante deposito dell'atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui al (citato) D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 6, ultima parte, prevista per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dalla Cancelleria, atteso che la notifica trasmessa a mezzo p.e.c. dal difensore si perfeziona al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC);

parte ricorrente, nella memoria depositata prima del rinvio alla pubblica udienza, richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il titolare dell'account" di posta elettronica certificata ha il dovere di assicurarsi il corretto funzionamento della propria casella postale sicchè, nel caso di notifica telematica di atti quali un rigetto di opposizione allo stato passivo, poi impugnato, o la comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione nel giudizio di legittimità, effettuati alla casella di posta elettronica e rifiutati dal sistema con il messaggio di "casella piena", la notificazione ovvero comunicazione debbono ritenersi regolarmente avvenute giacchè, una volta ottenuta dall'ufficio l'abilitazione all'utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, l'avvocato, che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di p.e.c., diventa responsabile della gestione della propria utenza, avendo l'onere non solo di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli a tale indirizzo, ma anche di attivarsi affinchè i messaggi possano essere regolarmente recapitati (Cass., 21/05/2018, n. 12451, che cita Cass. n. 23650 del 2016, in cui poi la Cancelleria aveva effettuato la comunicazione dell'avviso di udienza anche via fax, preso atto dell'esito di "casella piena" della comunicazione via p.e.c.);

ritiene il Collegio che i principi in parola non siano dirimenti perchè relativi a fattispecie diversa, in cui:

a) risultava indicato a tali fini l'indirizzo telematico;

b) soprattutto, non risultava effettuata una diversa elezione di domicilio fisico;

se, cioè, si può ritenere che l'elezione di domicilio fisico non impedisca l'utilizzo di quello telematico sopra richiamato, ciò non può viceversa imporre al difensore destinatario della notifica, in assenza di norme esplicite, gli stessi oneri che sono a lui richiedibili quando non possa aver fatto affidamento sulla suddetta legittima elezione e, anzi, abbia dato speculare valore al luogo elettronico di ricezione appositamente eletto;

e, parimenti, l'onere del notificante si articola come detto diversamente, dovendo tenersi congruo conto della specifica elezione di domicilio fisica;

pertanto, la notifica telematica al domicilio digitale sarà valida nell'ipotesi di avvenuta consegna, mentre, qualora vi sia una differente e specifica elezione di diverso domicilio (nell'odierna fattispecie, fisico), nell'eventualità di "casella telematica piena" (presso il domicilio digitale più sopra ricordato) per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica, il notificante dovrà, per tempo, riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio eletto, e ciò a valere solo nel caso specificato, altrimenti non potendo sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun'altra appendice alla condotta esigibile dal notificante;

in senso opposto - per ritenere, cioè, la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico, essendo addebitabile al destinatario lo stato di casella p.e.c. piena - si sono richiamati (cfr. Cass., 11/02/2020, n. 3164):

- il disposto di cui all'art. 149 bis c.p.c., comma 3, in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica eseguite dall'ufficiale giudiziario;

- il D.M. n. 44 del 2011, art. 20, comma 5, in cui si stabilisce che "il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell'imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione";

la prima norma appare, però, neutra ai fini in parola, prevedendosi, infatti, solo che "la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario";

seppure il "rendere disponibile" quale azione dell'operatore deve potersi evolvere in una effettiva disponibilità da parte del destinatario suscettibile di essere dunque onerato di fare quanto necessario perchè ciò avvenga, tale prospettiva ricostruttiva, ad avviso del Collegio, non tiene conto dei due elementi cui prima si è accennato:

i) il difetto di esclusività del domicilio digitale;

ii) la mancata elisione della prerogativa processuale di eleggere domicilio fisico con effetti alternativi;

diversamente, la previsione legale del domicilio digitale dovrebbe intendersi aver soppresso ad ogni fine e valenza la facoltà processuale di elezione di diverso domicilio (fisico), in assenza di una specifica norma in questo senso;

il disposto del D.M., poi, data la natura secondaria della fonte, non è sufficiente a giustificare la conclusione che in presenza di casella di p.e.c. satura la notificazione si abbia per perfezionata;

neppure decisivo appare l'art. 138 c.p.c., comma 2, che considera il rifiuto del destinatario di ricevere la copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie come equivalente a una notificazione di tale genere: la responsabilità, in ipotesi anche colposa, di lasciare la casella di p.e.c. satura, non può equivalere a un intenzionale rifiuto di ricevere notificazioni tramite essa, tanto più attesa l'alternativa elezione di domicilio fisico utilizzabile;

il punto di caduta ed equilibrio appena ricostruito appare inoltre il più coerente con la fase di transizione del regime processuale dalla dimensione fisica, intesa in senso tradizionale, a quella esclusivamente telematica;

in questa cornice, infine, non può ritenersi giustificato un ordine di rinnovo giudiziale della notificazione, che risulterebbe privo di legittimazione normativa a fronte, invece, dell'opposto principio di ragionevole durata del processo;

ne consegue, nella fattispecie in scrutinio, l'inammissibilità del ricorso; non deve disporsi sulle spese in assenza di difesa della controparte.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021
Avv. Antonino Sugamele

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