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Sentenza

Lavoro subordinato – Diritto alla pausa – Diritto alla mensa (Dlgs 66/2003, arti...
Lavoro subordinato – Diritto alla pausa – Diritto alla mensa (Dlgs 66/2003, articolo 8)

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto si sofferma in sentenza sul diritto alla pausa ex articolo 8 d.lgs. n. 66/2003 secondo cui, quando l’orario di lavoro giornaliero eccede il limite di sei ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro. Tanto ai fini del recupero delle energie psico-fisiche, dell’eventuale consumazione del pasto e per attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.

Se dunque, da un lato, il diritto alla pausa è riconosciuto in via assoluta al lavoratore nel caso in cui l’orario ecceda le sei ore, dall’altro lato, la richiamata norma non contiene –si sottolinea ancora in sentenza- un esplicito riferimento al diritto alla mensa, essendo presente solo un fugace richiamo all’eventuale consumazione del pasto, che, tuttavia, fa presupporre la possibilità che il diritto alla pausa si possa identificare con il diritto alla consumazione del pasto e conseguenzialmente con il diritto alla mensa.

Ne discende che non è possibile limitare, in assenza di specifiche definizioni contrattuali collettive nazionali e, o, integrative, il diritto di mensa, richiedendo presupposti ulteriori (quali, ad esempio, il compimento di turni lavorativi che, iniziati di mattina, si prolunghino il pomeriggio) poiché, proprio per non essere tali limiti specificatamente richiamati nel CCNL di categoria, non è possibile inferire alcuna volontà delle parti di includere gli stessi nell’attribuzione del diritto di mensa.

Il diritto alla mensa deve pertanto essere riconosciuto a tutti i dipendenti che effettuino un orario di lavoro particolarmente gravoso (e quindi a tutti i dipendenti che effettuino un orario lavorativo giornaliero eccedente le sei ore); e ciò al fine di garantire loro il diritto alla pausa oltre che il diritto alla mensa, essendo pienamente compatibile la pausa per il recupero psicofisico con la consumazione del pasto.

Tali considerazioni, secondo l’adito Tribunale, valgono anche per i turnisti e la determinazione del momento in cui godere della pausa è rimessa al datore di lavoro che la può individuare, tenuto conto delle esigenze tecniche dell’attività lavorativa, in qualsiasi momento della giornata lavorativa e non necessariamente successivamente al trascorrere delle 6 ore di lavoro.

    Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sez. lav., sentenza 15 maggio 2024 n. 447

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO
in funzione di Giudice del lavoro ed in persona del giudice dott. ###
### ha pronunciato, all'esito del deposito di note effettuato ai sensi
dell'art. 127 ter c.p.c., la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n. ###/2023 R.G.L. promossa da ### (c.f.
###), elettivamente domiciliato in ### di ####, via ### n. 114
presso lo studio dell'Avv. ### che lo rappresenta e difende per
procura in atti, ricorrente, contro ### di ### (c.f. ###), in persona
del legale rappresentante pro tempore, resistente, ### delle parti:
all'udienza del 14 maggio 2024 le parti concludevano come in atti,
riportandosi ai rispettivi atti difensivi, ai quali si rinvia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
FATTO E DIRITTO
Parte ricorrente, dipendente dell'ASP di ### ha adito questo
Tribunale evidenziando che l'ente resistente non ha mai attivato un
servizio mensa.
Ha quindi dedotto che, ai sensi del ### collettivo vigente, il personale
dell'azienda ospedaliera che svolge attività lavorativa per più di sei
ore ha diritto alla pausa mensa, ovvero, in difetto della sua
attivazione, al servizio sostitutiva della mensa mediante erogazione di
buoni pasto.
Richiamata la giurisprudenza di merito e di legittimità che ha
riconosciuto il diritto all'erogazione dei buoni pasto per ogni turno
eccedente le sei ore, ha chiesto la condanna dell'### di ### al
risarcimento del danno per la mancata corresponsione dei buoni
pasto, da quantificarsi nella somma indicata in ricorso, ed
all'erogazione dei buoni pasto per ogni turno eccedente le sei ore.
L'### di ### non si costituiva in giudizio ed all'udienza del 14
maggio 2024 la causa veniva assunta in decisione.
Il ricorso è meritevole di accoglimento.
Giova premettere che il diritto alla fruizione del buono pasto non ha
natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere
assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente
occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le
esigenze quotidiane del lavoratore (cfr., e### multis, Cass. n.
5547/2021; Cass. n. ###/2019; Cass. n. 14388/2016; Cass. n.
13841/2015; Cass. n. 14290/2012); proprio per la suindicata natura,
il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della
contrattazione collettiva che lo prevedono (cfr. Cass. n. 5547/2021;
Cass. n. 22985/2020; App. Milano n. 480/2022; ### Palermo n.
421/2021).
Questione dirimente è quindi l'individuazione della fonte pattizia del
diritto invocato.
Sul punto, non può non rilevarsi che l'art. 29 del C.C.N.L. 1998-2001,
stipulato il ###, modificato dall'art. 4 del C.C.N.L. del 31.07.2009,
nel disciplinare il diritto alla mensa, afferma che «le aziende, in
relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le
risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa,
garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive. In
ogni caso l'organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano
nell'autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la
competenza del ### nella definizione delle regole in merito alla
fruibilità e all'esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori.
Hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, ivi compresi quelli che
prestano la propria attività in posizione di comando, nei giorni di
effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare
organizzazione dell'orario. Il pasto va consumato al di fuori dell'orario
di lavoro. Il tempo impiegato per il consumo del pasto è rilevato con
i normali mezzi di controllo dell'orario e non deve essere superiore a
30 minuti. Le Regioni, sulla base di rilevazioni relative al costo della
vita nei diversi ambiti regionali e al contesto sociosanitario di
riferimento, possono fornire alle aziende indicazioni in merito alla
valorizzazione - nel quadro delle risorse disponibili - dei servizi di
mensa nel rispetto della partecipazione economica del dipendente
finora prevista. Nel caso di erogazione dell'esercizio del diritto di
mensa con modalità sostitutive, queste ultime non possono comunque
avere un valore economico inferiore a quello in atto ed il dipendente
è tenuto a contribuire nella misura di un quinto del costo unitario del
pasto. Il pasto non è monetizzabile. Sono disapplicati gli artt. 33 del
DPR 270/1987 e 68, comma 2, del DPR 384/1990». ### e l'efficacia
della riportata disposizione pattizia non è stata modificata a seguito
dell'entrata in vigore del C.C.N.L. 2016-2018 il quale, per ogni capo,
ha espressamente indicato le norme destinate a perdere efficacia
(vedi artt. 21, 26 bis, 32, 35, 51, 56, 63, 71, 79, 85, 93, 98) e tra
queste, per vero, non figura l'art. 29 sopra citato.
A riguardo, va peraltro precisato che l'art. 56 del suindicato C.C.N.L.,
inserito nel capo relativo alla formazione, fa riferimento
all'abrogazione dell'art. 29 del C.C.N.L., biennio 1998-2001, stipulato
il ### (che disciplina appunto la formazione e l'aggiornamento
professionale), norma da non confondere con l'art. 29 del C.C.N.L. del
biennio 1998-2001, stipulato il ###, che istituisce il diritto alla
mensa.
Inoltre, l'art. 99 dispone che «Le disposizioni contenute nei precedenti
### concernenti le ### e gli ### del presente comparto della ###
continuano a trovare applicazione, in quanto non espressamente
disapplicate dal presente ### negli articoli appositamente riferiti alle
disapplicazioni o in quanto compatibili con le disposizioni legislative
vigenti nonché con le previsioni del presente ### Ora, l'art. 27,
comma 4, del C.C.N.L. stipulato il ### prevede che «### la
prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore, il personale, purché
non in turno, ha diritto a beneficiare di una pausa di almeno 30 minuti
al fine del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale
consumazione del pasto, secondo la disciplina di cui all'art. 29 del
### integrativo del 20/9/2001 e all'art.4 del ### del 31/7/2009
(###. La durata della pausa e la sua collocazione temporale, sono
definite in funzione della tipologia di orario di lavoro nella quale la
pausa è inserita, nonché in relazione alla disponibilità di eventuali
servizi di ristoro, alla dislocazione delle sedi dell'### o Ente nella
città, alla dimensione della stessa città. Una diversa e più ampia
durata della pausa giornaliera, rispetto a quella stabilita in ciascun
ufficio, può essere prevista per il personale che si trovi nelle particolari
situazioni di cui al precedente comma lett. G.».
La disciplina contrattuale, quindi, delega alla singola ### solo ed
esclusivamente, l'organizzazione e la gestione del servizio mensa o
delle modalità sostitutive dello stesso servizio mentre detta
direttamente i criteri e le regole per l'attribuzione al dipendente del
diritto di mensa (o alle modalità sostitutive) Per vero, l'utilizzo, nel
primo comma dell'art. 29 sopra citato, del verbo “possono” crea non
pochi problemi interpretativi.
Se, da un lato, è possibile interpretare la disposizione in esame come
attributiva di una facoltà alle singole ### di poter (o meno) istituire
mense di servizio (in relazione al proprio assetto organizzativo e
compatibilmente con le risorse disponibili), d'altro canto, ciò non fa
venir meno il carattere di doverosità della garanzia dell'esercizio del
diritto di mensa, almeno con modalità sostitutive.
Se è vero, infatti, che l'istituzione di una mensa di servizio può,
certamente, creare problemi di tipo economico ed organizzativo (e per
questo motivo rimane una libera scelta delle singole ###, vero è
anche, tuttavia, che non si può riconoscere identica discrezionalità
anche per quello che concerne l'erogazione del diritto di mensa con
modalità sostitutive: se così fosse, non si spiegherebbe il secondo
comma dello stesso art. 29 del C.C.N.L. 1998-che individua un diritto
alla mensa per tutti i dipendenti (“hanno diritto alla mensa tutti i
dipendenti, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla
particolare articolazione dell'orario”).
A ciò si aggiunga che l'inciso aggiunto nel 2008 (“in ogni caso
l'organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano
nell'autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la
competenza del ### nella definizione delle regole in merito alla
fruibilità e all'esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori”)
disconosce espressamente la discrezionalità delle aziende nella
definizione di regole in merito alla fruibilità e all'esercizio del diritto di
mensa da parte dei lavoratori, individuando una competenza esclusiva
del C.C.N.L.
La disciplina pattizia, dunque, contempera il diritto potestativo
dell'interessato a richiedere la fruizione del servizio mensa con le
necessità aziendali, fermo restando, comunque, la garanzia
dell'esercizio del diritto di mensa, almeno, con modalità sostitutive.
Non si può, quindi riconoscere una discrezionalità assoluta del datore
di lavoro nell'assegnare il diritto al buono pasto quale modalità
sostitutiva di esercizio del diritto alla fruizione della mensa. ###
canto, l'esclusione del personale in turno, operata dal comma quarto
dell'art. 27 del C.C.N.L. stipulato il ###, riguarda solo l'articolazione
dell'orario di lavoro e il diritto ad interrompere la prestazione
lavorativa, con la conseguente possibilità di fruire di una pausa di 30
minuti per la consumazione del pasto.
Detta esclusione, quindi, non toglie che il lavoratore abbia diritto alle
modalità sostitutive della pausa non fruita qualora l'articolazione
dell'orario di lavoro sia con essa incompatibile.
Il punto focale di osservazione si incentra, allora, sulle modalità di
svolgimento dell'orario di lavoro, ossia su come la particolare
articolazione dell'orario di lavoro incida sull'attribuzione del diritto di
mensa.
La mancanza di specificità della norma fa sorgere l'esigenza di una
lettura sistematica della stessa, correlata ad altre previsioni in
materia, applicabili al lavoro pubblico.
Per vero, in altri comparti (come quello delle forze di pubblica
sicurezza o dei ferrovieri), i CC.CC.NN.LL. contengono norme
specifiche, per ogni tipologia di lavoratore, che individuano in ogni
situazione quando e come deve essere attribuito il diritto di mensa.
Nel caso del comparto ### gli unici riferimenti contenuti nel C.C.N.L.
sono le espressioni di cui al comma 2 dell'art. 29 del C.C.N.L. 1998-
2001 secondo cui “hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti […] in
relazione alla particolare articolazione dell'orario di lavoro”.
A riguardo, non è possibile richiamare la circolare dell'### della ###
del 20 aprile 1995 sulle mense aziendali perchè facente riferimento
alla disciplina contenuta nell'art. 33 del d.P.R. n. 270/1987 che, per
quanto simile all'art. 29 C.C.N.L. del 2001, è dallo stesso
esplicitamente disapplicato.
Inoltre, essendo per l'appunto il C.C.N.L. in oggetto successivo alla
circolare in questione oltre che alla norma da tale circolare analizzata,
risulta più opportuno interpretare l'art. 29 alla luce di principi più
attuali derivanti dall'analisi del panorama legislativo in materia di
pause e buoni pasto.
Sul punto, è allora utile richiamare, più in generale, il diritto alla pausa
e### art. 8 del d.lgs. n. 66/2003 a mente del quale «### l'orario
di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve
beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata
sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle
energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche
al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. Nelle ipotesi di cui
al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo
a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una
pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo
giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui
collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo
lavorativo. ### diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono
non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei
limiti di durata i periodi di cui all'articolo 5 regio decreto 10 settembre
1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dell'articolo 4 del regio
decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni».
Il diritto alla pausa, dunque, è riconosciuto in via assoluta al
lavoratore nel caso in cui l'orario ecceda le 6 ore per il recupero delle
energie psico-fisiche e per l'eventuale consumazione del pasto.
Il riportato art. 8 del d.lgs. n. 66/2003 non contiene, per vero, un
esplicito riferimento al diritto alla mensa, essendo presente solo un
fugace richiamo all'eventuale consumazione del pasto, che, tuttavia,
fa presupporre la possibilità che il diritto alla pausa si possa
identificare con il diritto alla consumazione del pasto e
conseguenzialmente con il diritto alla mensa. ### disposizione
appare, quindi, l'unica utilizzabile per l'interpretazione dell'art. 29 del
C.C.N.L. del 2001.
Ne discende che non è possibile limitare, in assenza di specifiche
definizioni contrattuali collettive nazionali e, o, integrative, il diritto di
mensa, richiedendo presupposti ulteriori (quali, ad esempio, il
compimento di turni lavorativi che, iniziati di mattina, si prolunghino
il pomeriggio) poiché, non essendo tali limiti specificatamente
richiamati nel C.C.N.L. di categoria, non è possibile inferire alcuna
volontà delle parti di includere gli stessi nell'attribuzione del diritto di
mensa.
Il diritto alla mensa deve pertanto essere riconosciuto a tutti i
dipendenti che effettuino un orario di lavoro particolarmente gravoso
(e quindi a tutti i dipendenti che effettuino un orario lavorativo
giornaliero eccedente le sei ore); e ciò al fine di garantire loro il diritto
alla pausa oltre che il diritto alla mensa, essendo pienamente
compatibile la pausa per il recupero psicofisico con la consumazione
del pasto.
Tali considerazioni valgono anche per i turnisti. ### “eventuale”
contenuto nell'art. 8 del d.lgs. n. 66/2003, infatti, si riferisce
chiaramente alle possibilità che l'articolazione dell'orario di lavoro non
consenta un'interruzione adeguata per la consumazione del pasto per
esigenze dell'azienda che non permettono uno stacco di almeno
mezz'ora (mezz'ora durante il quale l'eventuale posizione lavorativa
occupata dal lavoratore risulterebbe scoperta).
In particolare, come afferma la circolare n. 8 del 2005 del Ministero
del ### in relazione all'art. 8 del d.lgs. n. 66/2003, “la
determinazione del momento in cui godere della pausa è rimessa al
datore di lavoro che la può individuare, tenuto conto delle esigenze
tecniche dell'attività lavorativa, in qualsiasi momento della giornata
lavorativa e non necessariamente successivamente al trascorrere
delle 6 ore di lavoro”.
Un'interpretazione simile è per vero possibile anche per l'espressione
“in relazione alla particolare articolazione dell'orario di lavoro”
presente nello stesso art. 29 C.C.N.L. del 2001, che quindi, così
inteso, si riferisce esattamente alle medesime ipotesi per le quali non
sarebbe possibile interrompere la prestazione lavorativa per
consumare il pasto: circostanza, quest'ultima, che non esclude il
diritto alla mensa del singolo lavoratore ma che presuppone la
necessità per il datore di lavoro di attivarsi per garantire l'esercizio del
diritto di mensa con modalità sostitutive.
Rimane, dunque, fermo il diritto alla mensa del personale turnista in
presenza di una prestazione lavorativa giornaliera che ecceda le sei
ore, secondo i principi sopra esaminati. ###à di usufruire della
mensa, per la particolare strutturazione dell'orario di lavoro e per
l'esigenza di continuità della prestazione lavorativa effettuata dal
personale turnista, non fa decadere il diritto di detto personale alla
mensa, ma, al contrario, fa sorgere in capo allo stesso il diritto alla
mensa con modalità sostitutive, id est il diritto ai buoni pasto.
La previsione contrattuale del C.C.N.L. 2016-2018 (art. 27) che,
disciplinando l'orario di lavoro, espressamente elimina la possibilità
per il dipendente in turno di effettuare una pausa di 30 minuti deve
essere quindi coordinata con la norma sopra citata nel senso che,
fermo restando l'obbligo di legge alla pausa e il diritto contrattuale
alla mensa per tutti i lavoratori dipendenti, il datore di lavoro deve
attivarsi per garantire l'esercizio del diritto con modalità sostitutive.
Le superiori considerazioni impongono dunque l'accoglimento della
domanda attorea e l'adozione di un decisum conforme ai numerosi
precedenti di merito (cfr., da ultimo, ### n. 783/2022; #### n.
963/2022) e di legittimità (cfr. Cass. n. ###/2022; Cass. n.
15629/2021; Cass. n. 5547/2021) in materia, che ben possono
richiamarsi in questa sede ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.
L'### resistente va quindi condannata al riconoscimento in favore di
parte ricorrente del diritto all'erogazione dei buoni pasto per ogni
turno lavorativo eccedente le sei ore a far tempo dalla data della
domanda nonché, per il quinquennio pregresso, al risarcimento del
danno patrimoniale patito dalla medesima parte ricorrente in
conseguenza della mancata erogazione dei buoni pasto per ogni turno
lavorativo eccedente le sei ore, così come risultante dai fogli presenza
prodotti e solo genericamente contestati dall'ente resistente.
A tal proposito, infatti, va rammentato che l'art. 29 del C.C.N.L. 1998-
2001, stipulato il ###, più volte richiamato, prevede il divieto di
monetizzazione del buono pasto.
Si consideri, poi, che costituisce ius receptum in giurisprudenza (cfr.
Cass. n. 21302/2019; Cass. n. 17975/2018; Cass. n. 29236/2017;
Cass. n. 19975/2017; Cass. n. 9388/2017; Cass. 10116/2015; Cass.
n. 4051/2011; Cass. n. 945/2006; Cass. n. 9285/2003) il principio
secondo cui, nel rito del lavoro, il convenuto ha l'onere della specifica
contestazione dei conteggi elaborati dall'attore, ai sensi degli artt.
167, primo comma, e 416, terzo comma, c.p.c., e tale onere opera
anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del
credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non
implica necessariamente l'affermazione dell'erroneità della
quantificazione, mentre la contestazione dell'esattezza del calcolo ha
una sua funzione autonoma, dovendosi escludere una generale
incompatibilità tra il sostenere la propria estraneità al momento
genetico del rapporto e il difendersi sul quantum debeatur. ###
onere di contestazione specifica implica la necessità per il convenuto
di muovere una critica precisa che involga puntuali circostanze di
fatto, risultanti dagli atti ovvero oggetto di prova, idonee a dimostrare
l'erroneità dei conteggi (cfr. Cass. n. 5949/2018; ### Livorno
25.05.2021 n. 226; ### Foggia 06.05.2021 n. 1984; ### Modena
12.01.2021 n. 3; #### di ### 05.11.2020; ### Modena,
17.06.2020 n. 237; ### Modena, 17.06.2020 n. 236; App. Bari
24.02.2020, n. 298; ### Modena, 06.11.2019 n. 290; ####
30.01.2019 n. 62; App. Bari 09/01/2019 n. 2072; App. Roma
24/10/2018 n. 3684).
Ne consegue che, in caso di mancata o generica contestazione dei
conteggi, questi ultimi si consolidano nell'importo formulato e devono
ritenersi accertati in via definitiva, vincolando in tal senso il giudice.
In ordine al quantum debeatur, il costo del pasto è quello stabilito dal
C.C.N.L., ossia € 1,03 a carico del lavoratore ed € 4,13 carico del
datore di lavoro, che sono i corrispettivi in euro di quelli stabiliti in lire
dal d.P.R. n. 270/1987 e dal d.P.R. n. 384/1990 (2.000 lire il
dipendente e 8.000 lire l'###.
Ne consegue che, tenuto conto della semplicità del conteggio e della
esiguità della somma richiesta, appare superfluo disporre un
accertamento contabile che appesantirebbe il giudizio, aumentandone
i costi e ritardandone l'esito.
Compete dunque a parte ricorrente, anche alla stregua di una
valutazione equitativa e### artt. 1226 e 2056 c.c., la somma di €
2.783,62 (pari a € 4,13 per 674 turni eccedenti le sei ore).
Su tale somma decorreranno gli interessi di legge.
Le spese, liquidate come da dispositivo sulla base dei parametri
minimi previsti dal D.M. n. 55/2014 tenuto conto della semplicità e
della serialità delle questioni trattate e con esclusione della fase
istruttoria, seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell'###
resistente.
p.q.m.
il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto così provvede: accoglie il
ricorso e, per l'effetto, condanna l'### di ### al pagamento in
favore di parte ricorrente della somma di € 2.783,62, a titolo di
risarcimento del danno, oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo,
nonché al riconoscimento in favore del predetto del diritto al
l'erogazione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei
ore a far tempo dalla data della domanda; condanna l'### resistente
al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in € 49,00 per spese
ed in € 1.030,00 per compensi, oltre spese generali, iva e cpa come
per legge, da distrarsi in favore del procuratore costituito ai sensi
dell'art. 93 c.p.c.

Avv. Antonino Sugamele

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