Amministrazione di sostegno. Necessità di autorizzazione del G.T. per il giudizio di separazione
(Cc, articoli 374, 375, 411, 412, 596, 599 e 779; articolo 4 co. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898)
Nella materia dell’amministrazione di sostegno che richiama sotto tale profilo le disposizioni in materia di tutela ex art. 374 n. 5 cod. civ. non è esclusa la necessità di autorizzazione del G.T. qualora il giudizio di separazione debba intraprendersi dopo l’apertura dell’amministrazione di sostegno (come appunto nella presente fattispecie) non ostandovi il carattere personalissimo del diritto di richiedere la separazione, ed anche in questo caso ponendosi la necessità di compiere la preventiva valutazione giudiziale in ordine all’interesse ed al rischio economico per il beneficiario, agli effetti del combinato disposto di cui all’art. 374 c.c., n. 5 e art. 411 c.c., comma 1.
La mancanza di autorizzazione del giudice tutelare alla proposizione del ricorso per separazione consensuale è dato sufficiente a ritenere l’annullabilità della separazione consensuale intervenuta in sua assenza e per iniziativa personale tanto dell’amministratore di sostegno quanto dell’amministrato.
Il mancato rilievo da parte del giudice della separazione della mancanza di quella autorizzazione ex art. 182 comma 2 c.p.c. non vale a sanare la causa di invalidità, per il decisivo rilievo che l’autorizzazione mancante spetta ad organo diverso (il giudice tutelare) e competente funzionalmente alla verifica, necessariamente preventiva, della compatibilità dell’accordo di separazione, nei suoi concreti contenuti con l’interesse del soggetto beneficiario.
Tribunale Taranto, sezione I, sentenza 4 marzo 2025 n. 494 - Presidente e relatore Maggi
TRIBUNALE DI TARANTO
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Taranto, prima sezione civile, riunito in camera di consiglio, nelle persone dei
magistrati:
dott. Marcello MAGGI - Presidente rel.
dott.ssa Patrizia NIGRI - Giudice
dott.ssa Anna CARBONARA - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. …/2023 RG
TRA
Avv. P1 nella qualità di amministratore di sostegno di P2 rappresentata e difesa dall'Avv. GB
ricorrente
E
C1 rappresentata e difesa dall'Avv.MD
resistente
Pubblico Ministero presso il Tribunale di Taranto -
interveniente
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con ricorso ex art. 281 decies c.p.c. depositato il 25-7-2023 l'avv. P1 nella qualità di amministratore
di sostegno di P2 ha premesso che: il P2 il 5-10-2015 aveva presentato ricorso al giudice tutelare
presso il Tribunale di Taranto per essere sottoposto ad amministrazione di sostegno essendo affetto
da ludopatia; il GT aveva accolto la domanda dichiarando aperta l'amministrazione di sostegno con
decreto del 20-1-2016, nominando amministratore C1 coniuge del P2 specificando i poteri conferiti
a quest'ultima, e precisando che l'amministratore non avrebbe potuto compiere gli atti di cui agli
artt. 374 e 375 c. civ. senza autorizzazione dello stesso giudice tutelare; successivamente era stata
omologata il 5-7-2021 la separazione consensuale tra il P2 e la C1 - dalla cui unione nel 2010 era nato
il figlio P1 - entrambi difesi dall avv. EG CUI IL P2 AVEVA pertanto personalmente conferito
mandato; nel ricorso per separazione il P2 aveva riconosciuto di essere debitore della moglie della
somma di Euro 27.000 per effetto cambiario da lui rilasciato, di Euro 2000 per rimborso del bonus
nascita relativo al figlio P1 e si era impegnato a corrispondere oltre ad un assegno di mantenimento
mensile di Euro 400 per lo stesso figlio anche il 50% delle spese straordinarie, oltre che di spese
ordinarie mediche e e di istruzione e l'obbligo di provvedere al 50% nelle spese di cambio di stagione
del vestiario; inoltre la casa familiare (alloggio fornito dall'Aeronautica Militare di cui il P2 è
dipendente) era stata attribuita alla moglie con obbligo del marito di farsi carico dell'affitto mensile
e delle spese condominiali e di utenza, ed era stato previsto in favore della C1 il rimborso spettante
al marito da parte del datore di lavoro delle spese comuni degli anni 2019 e 2020 dell'alloggio di
servizio sempre da lui versate perché addebitate in busta paga, ed il rimborso IRPEF 2020; dopo
quattro mesi dall'omologa la C1 aveva chiesto con istanza del 23-11-2021 la propria sostituzione
quale ADS essendo intervenuta separazione consensuale e lo stesso P2 in data 21-11-2021 aveva
formulato istanza di annullamento della separazione e di sostituzione dell'ADS; con decreto del GT
in sede del 13-1-2022 la C1 era stata sostituita con l'avv. P1 ; ai sensi dell'art.412 c.civ. la separazione
concordata era annullabile perché relativa ad atti non preventivamente autorizzati; ai sensi del
combinato disposto degli artt.411 e 374 c.civ. n.5 il beneficiario di amministrazione di sostegno per
promuovere azione giudiziaria avrebbe dovuto essere preventivamente autorizzato dal giudice
tutelare, autorizzazione che nella specie non era stata neppure richiesta; già con il decreto di apertura
dell'amministrazione era stato stabilito che l' X non avrebbe potuto compiere gli atti di cui all'artt.374
e 375 c.civ. senza preventiva autorizzazione del giudice tutelare; inoltre il P2 aveva agito
personalmente conferendo mandato in proprio ad un difensore senza la prescritta autorizzazione
del giudice tutelare; la mancanza di autorizzazione era causa di annullabilità della separazione
consensuale dato che quella era presupposto di sua validità; l'annullabilità della separazione
discendeva anche dal fatto che la C1 era in palese conflitto di interessi con il marito, cosa che avrebbe
reso necessaria la nomina da parte del giudice tutelare di un curatore speciale, affinchè assistesse
l'amministratore nella convenzione con il coniuge (...) e controinteressato; per effetto della
retroattività dell'annullamento della separazione dovevano essere restituite le prestazioni effettuate
in funzione di quell'atto secondo i principii dell'indebito oggettivo per il periodo dalla separazione
(luglio 2021) al mese di luglio 2023 per complessivi Euro 22891,01. Su tali premesse la ricorrente ha
chiesto pronunciare l'annullamento della separazione consensuale tra le parli omologata con decreto
del 5-7-2021 con condanna di C1 alla restituzione in favore del P2 e per lui all'ads avv. P1 della
somma di Euro 22891 (di cui Euro 10.000 a titolo di mantenimento del figlio, Euro 5759,67 a titolo di
canone alloggio casa coniugale, Euro 4340 a titolo di spese comuni dell'abitazione familiare, Euro
2791,34 a titolo di spese per il minore e riconoscimenti di debiti come da separazione omologata) o
di quella somma diversa maggiore o minore effettivamente dovuta, il tutto con vittoria di spese di
lite.
Si è costituita C1 instando in via preliminare per il rigetto della domanda in quanto infondata; in via
subordinata e per il caso di annullamento della separazione, ha instato per la dichiarazione di
irripetibilità delle somme versate dal P2 a titolo di mantenimento ordinario e straordinario del figlio
P1 per il pagamento dell'affitto e per spese comuni di alloggio militare assegnato alla stessa C1 ; il
tutto con vittoria di spese di lite. Ha evidenziato la convenuta: la piena validità dell'accordo di
separazione preceduta dall'accertamento in sede presidenziale della libera e consapevole volontà
del P2 e non accompagnata da alcun rilievo in ordine al difetto di legittimazione processuale del
medesimo sotto il profilo della mancanza di autorizzazione del G.T.; che nel periodo in cui la
convenzione di separazione era stata conclusa la patologia dalla quale il P2 era affetto (Disturbo di
gioco d'azzardo) era in fase di remissione; che non sarebbe stata necessaria la nomina di un curatore
speciale prevista per il diverso istituto dell'interdizione e per l'ipotesi in cui l'interdetto fosse stato
convenuto in giudizio, mentre nella specie il P2 aveva disposto consapevolmente di diritti
personalissimi e senza essere convenuto in giudizio; che le pattuizioni intervenute erano funzionali
al mantenimento del minore ivi incluse quelle riguardanti l'alloggio di servizio le quali erano state
poste a carico del P2 unico a poterle pagare, trattandosi di alloggio militare, e quelle relative alla
suddivisione delle spese straordinarie e di alcune spese ordinarie, peraltro conformi a molti
protocolli adottati nei tribunali italiani ;che il riconoscimento di un debito afferiva ad una cambiale
rilasciata prima di contrarre matrimonio e dell'apertura dell'amministrazione di sostegno;che di
fatto non vi erano interessi contrapposti ma interessi concordi nella tutela del minore, né obblighi
reciproci; che l'art.411 comma 3 c.civ. faceva salve le convenzioni in favore dell'amministratore di
sostegno che fosse coniuge dell'amministrato e vi era comunque irripetibilità delle somme richieste.
La causa istruita documentalmente è stata rimessa al collegio per la decisione all'udienza del 28-2-
2025, come da conclusioni in atti.
Esaminando dapprima la domanda di annullamento, è documentato che P2 e C1 si sono separati
consensualmente per effetto di decreto di omologa del 2-7-2021 ed a seguito di ricorso congiunto
datato 11 -3-2021 ,nel quale erano rappresentati e difesi dallo stesso avvocato ,cui avevano conferito
apposito mandato.
All'epoca della separazione il P2 era già da tempo sottoposto ,a seguito di sua domanda del 5-10-
2015, ad amministrazione di sostegno, in quanto affetto da ludopatia; a tale domanda aveva fallo
seguito decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno emesso dal giudice tutelare il 20-1-
2016, con nomina ad amministratore del coniuge del beneficiario C1 Sulla scorta delle condizioni di
separazione di cui al ricorso, i coniugi convennero in sintesi quanto segue: - la casa familiare
costituente alloggio dato in locazione da parte dell'Aeronautica Militare sarebbe rimasta nella
disponibilità della moglie con obbligo del marito di corrispondere il corrispettivo di locazione di
Euro 148,75 oltre oneri di spettanza già in concreto trattenuti in busta paga al P2 e comunque di
corrispondere il contributo di Euro 150 per la stessa ragione ove la moglie avesse reperito altra
abitazione; - l'affido congiunto del figlio minore P1 con sua collocazione presso l'abitazione materna
e disciplina del diritto di visita ed intrattenimento da parte del padre; - l'obbligo del marito di versare
alla moglie la somma di Euro 400 mensili per concorso al mantenimento del minore con addebito
diretto in busta paga, ed il consenso del P2 alla percezione diretta da parte della moglie delle quote
ANF; - a carico del P2 sarebbe rimasta la quota del 50% delle "spese mediche ordinarie/straordinarie
e di istruzione del minore", nonché le spese per attività ludico sportive c quelle per provvedere al
vestiario-cambio stagione del minore; - la C1 "essendo titolare di reddito" rinunciava ad ogni forma
di mantenimento ma veniva riconosciuto in favore della stessa il rimborso delle spese comuni
erogato dall'Aeronautica Militare per gli anni 2019 e 2020, il rimborso dichiarazione dei redditi
dell'anno 2020, ed il rimborso in tre rate del bonus nascita relativo al minore di Euro 2000; - il P2
riconosceva di essere debitore della somma di Euro 27000 portata da effetto cambiario e che avrebbe
rimborsato alla moglie come da separati accordi; - sarebbe rimasta nella disponibilità del P2
l'autovettura X anche se di proprietà della C1 con impegno ad effettuare il passaggio di proprietà
nei termini di legge; la C1 quale "tutrice" del P2 si impegnava a comunicare la separazione al giudice
tutelare con richiesta modifica dell'A.S. all'avvenuta omologa della stessa.
Come documentato, l'intervenuta omologa della separazione venne comunicata dall'ADS C1 al
giudice tutelare con istanza in data 22-11-2021 con la quale venne pure richiesta, allegando la
sopravvenuta incompatibilità, la sostituzione nell'incarico.
Ne discende che del ricorso per separazione consensuale non venne data alcuna preventiva in
formazione al giudice tutelare che non lo autorizzò.
In forza del decreto di apertura del giudice tutelare in data 20-1-2016 l'amministratore di sostegno
non avrebbe potuto compiere gli atti di cui agli artt.374 e 375 c.civ. (disposizioni richiamate in tema
di amministrazione di sostegno dall'art.411 comma 1 c.civ.) senza l'autorizzazione dello stesso
organo giudiziario. Tra gli atti che avrebbero richiesto autorizzazione del GT in forza dell'art.374 n.5
c.civ. (nel testo applicabile ratione temporis rispetto al momento della separazione) era pertanto il
"promuovere giudizi", salvo che si trattasse di azioni di nunciazione, di azioni possessorie o di
sfratto, per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.
Nell'espressione "promuovere giudizi" doveva intendersi ricompresa anche la separazione
consensuale, sia perché quest'ultima comportava il ricorso sia pure congiunto al giudice della
separazione con la formulazione di una domanda giudiziale di omologa delle condizioni concordate
(spettando al giudice la verifica della rispondenza degli accordi all'interesse della prole minore ex
art. 158 c.civ. applicabile ratione temporis), sia perché l'art.374 n.5 c.civ. nel contemplare le eccezioni
al principio di necessaria autorizzazione non prevedeva le domande di separazione e divorzio (e
quindi argomentando a contrario non le comprendeva tra quelle per le quali l'autorizzazione non si
rendeva necessaria),sia perché nonostante si trattasse di azioni personali esse potevano comunque
rendere necessaria la verifica della conformità delle condizioni pattuite, in specie di carattere
patrimoniale, con la tutela del beneficiario.
Riguardo a tale ultimo punto la giurisprudenza della S.C. ha ritenuto che anche le azioni di
separazione e divorzio rientrino tra quelle per le quali è necessaria preventiva autorizzazione del
GT. Si è in particolare ritenuto che l'amministratore di sostegno, tenuto a proteggere gli interessi del
beneficiario, "non ha bisogno dell'autorizzazione del giudice tutelare per coltivare le liti promosse
dall'assistito in epoca anteriore alla sottoposizione alla protezione, perché manca in tale ipotesi,
diversamente da quella dell'inizio ex novo de! giudizio da parte sua, la necessità di compiere la
preventiva valutazione giudiziale in ordine all'interesse ed al rischio economico per il beneficiario,
agli effetti del combinato disposto di cui all'art. 374 c.c., n. 5 e art. 411 c.c., comma 1." A tali principi
continua la Corte "non si sottraggono i giudizi di separazione e divorzio, essendo stato oramai
superato il risalente orientamento ermeneutico, seguito dalla Corte di appello, secondo il quale "...
in applicazione analogica della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 5 - che regola l'ipotesi in cui
l'interdetto infermo di mente sia convenuto in un giudizio di divorzio - in relazione agli artt. 78 e 79
c.p.c., legittimato a proporre la domanda di divorzio per l'interdetto è un curatore speciale, la cui
nomina può essere richiesta dal tutore." (Cass. n. 9582 del 21/07/2000)." Invero, questa Corte di
recente ha affermato (Cass. n. 14669 del 06/06/2018), con principio a cui si intende dare continuità
anche in tema di amministrazione di sostegno, che "Sussiste la legittimazione attiva dell'interdetto
infermo di mente, tramite il proprio rappresentante legale, a promuovere il giudizio di separazione
personale, in applicazione analogica di quanto stabilito dal legislatore con riferimento al divorzio -
dal D.Lgs. n. 898 del 1970, art. 4, comma 5, che espressamente disciplina la sola ipotesi in cui
l'incapace abbia il ruolo di convenuto. Trattasi di opzione ermeneutica costituzionalmente orientata,
volta ad evitare che l'interdetto sia privato in fatto di un diritto personalissimo di particolare rilievo,
che la legge attribuisce ad entrambi i coniugi senza disparità di trattamento, nei casi previsti, ed il
cui esercizio può rendersi necessario per assicurare l'adeguata protezione dei soggetto incapace. "
Pertanto "il tutore può compiere in nome e per conto dell'interdetto anche un atto personalissimo
(sempre che ne sia accertata la conformità alle esigenze di protezione), sicché la designazione di un
curatore speciale è necessaria solo nel caso di conflitto di interessi tra il tutore ed il rappresentato,
non evincendosi dal sistema una generale e tassativa preclusione al compimento di atti di
straordinaria amministrazione da parte del rappresentante legale dell'incapace" (Cassazione civile ,
sez. I 14/3/2022 n. 8247 in motivazione)
Ne deriva che anche nella materia dell'amministrazione di sostegno che richiama sotto tale profilo
le disposizioni in materia di tutela ex art.374 n. 5 c.civ. non è esclusa la necessità di autorizzazione
del GT qualora il giudizio di separazione debba intraprendersi dopo l'apertura dell'amministrazione
di sostegno(come appunto nella presente fattispecie) non ostandovi il carattere personalissimo del
diritto di richiedere la separazione, ed anche in questo caso ponendosi la necessità di compiere la
preventiva valutazione giudiziale in ordine all'interesse ed al rischio economico per il beneficiario,
agli effetti del combinato disposto di cui all'art. 374 c.c., n. 5 e art. 411 c.c., comma 1 (si veda anche in
tal senso Cass.. civile , sez. 1 30/6/2014 n. 14794).
L'interpretazione sistematica del decreto di apertura della amministrazione di sostegno induce
inoltre a ritenere che neppure l'amministrato potesse promuovere il giudizio di separazione
consensuale per sua iniziativa e conferire incarico patrocinio senza autorizzazione del G.T.. Ciò sia
perché essendo richiesta espressamente l'autorizzazione del giudice tutelare per il soggetto
incaricato della tutela degli interessi del beneficiario in ragione della necessità di verificare la
compatibilità dell'iniziativa giudiziaria con l'interesse ed il rischio economico del beneficiario, tale
necessità si poneva necessariamente - ed anzi a fortiori - per azioni promosse direttamente dal
soggetto protetto; sia perché come detto anche con riguardo ad azioni inerenti a diritti personalissimi
si poteva porre quella esigenza di tutela; sia perchè il decreto non poneva espressa esclusione di
quelle azioni dal perimetro di quelle che avrebbero richiesto preventiva autorizzazione; sia infine
perché anche l'assunzione di obbligazioni per l'amministrato doveva essere sottoposta a preventiva
autorizzazione del giudice tutelare non solo quando decisa dall'amministratore ma a fortiori quando
riconducibile ad iniziativa personale del soggetto protetto, dovendosi valutare preventivamente la
compatibilità dell'iniziativa con l'interesse dell'amministrato ex art. 374 n.2 c.civ..
Ai sensi dell'art. 412 c.civ. "gli alti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di
disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal
giudice, possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero,
del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa. Possono essere parimenti annullati su istanza
dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi credi ed aventi causa, gli atti compiuti
personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel
decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno".
La fattispecie di invalidità è integrata nella piana lettera della nonna, dal semplice dato formale della
mancanza del requisito della preventiva autorizzazione da parte del giudice tutelare al compimento
di un allo che invece l'avrebbe richiesta. Ne discende che nella specie la mancanza di autorizzazione
del giudice tutelare alla proposizione del ricorso per separazione consensuale è dato sufficiente a
ritenere l'annullabilità della separazione consensuale intervenuta in sua assenza e per iniziativa
personale tanto dell'amministratore di sostegno quanto dell'amministrato.
A ciò non ostano né la lettera dell'art.411 comma 3 c.civ. né la circostanza che la carenza di
autorizzazione non fosse stata rilevata nel corso dell'udienza ex art. 708 c.p.c. (nel corso della quale
anzi il presidente aveva inteso accertare la capacità del P2 ascoltandolo personalmente) e poi in sede
di omologa.
Sotto il primo profilo occorre ricordare che l'art. 411 c. civ. comma 2 c.civ. stabilisce che
all'amministratore di sostegno si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni degli
articoli 596, 599 e 779". Mentre il terzo comma della norma prevede "che sono in ogni caso valide le
disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell'amministratore di sostegno che sia parente
entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla
funzione in quanto con lui stabilmente convivente".
Il richiamo alle "convenzioni" di cui al terzo comma appena citato non sembra idoneo ad escludere
la necessità di autorizzazione per la separazione consensuale che riguardi un coniuge amministrato
di sostegno. Non si tratta infatti di autorizzare mere convenzioni ma la promozione di un giudizio,
né comunque di autorizzare accordi "in favore dell'amministratore di sostegno", ben potendo una
separazione consensuale contenere previsioni in favore di soggetti differenti (come appunto nella
specie in favore del figlio minore).
A ciò si aggiunga che la norma del terzo comma dell'art.411 c.civ. sembra fare riferimento, se letta
in coordinamento con il precedente secondo comma, alle disposizioni a causa di morte od alla
convenzioni che integrino liberalità tra vivi, facendo da pendant a quanto previsto dalle disposizioni
ivi richiamate in tema di tutela e ponendo delle eccezioni al principio di nullità di quelle disposizioni
ove le liberalità siano effettuate in favore di soggetti legati da rapporti di stretta parentela o coniugio
con l'amministrato; è esclusa però la causa di mera liberalità rispetto a convenzioni finalizzate alla
risoluzione della crisi familiare come quelle di separazione consensuale.
Parimenti non ostativa alla pronuncia di annullamento della separazione consensuale a causa della
mancata autorizzazione è la circostanza che la mancanza di autorizzazione non fosse stata rilevata
dal giudice della separazione, il quale anzi aveva accertato la capacità del soggetto interessato.
Non viene infatti in discussione nella specie la verifica della capacità naturale dell'amministrato
rispetto all'atto clic si doveva compiere (donde l'ininfluenza della prova testimoniale chiesta dalla
resistente), essendo rilevante ai fini dell'annullamento il mero dato formale della mancata preventiva
autorizzazione del giudice tutelare. Parimenti il mancato rilievo da parte del giudice della
separazione della mancanza di quella autorizzazione ex art. 182 comma 2 c.p.c. non poteva valere a
sanare la causa di invalidità, per il decisivo rilievo che l'autorizzazione mancante sarebbe spettata
ad organo diverso (il giudice tutelare) e competente funzionalmente alla verifica, necessariamente
preventiva, della compatibilità dell'accordo di separazione, nei suoi concreti contenuti con l'interesse
del soggetto beneficiario.
Ne segue che l'impugnata separazione consensuale deve essere annullata per violazione dell'art.412
c. civ. non essendo stata preceduta la proposizione del ricorso dalla prescritta autorizzazione
giudiziale; rimane pertanto assorbito l'ulteriore allegato profilo afferente alla invalidità della
separazione per sussistenza di un conflitto di interesse tra amministratore di sostegno e beneficiario.
Va a questo punto esaminata la questione della ripetibilità delle prestazioni di versamento di somme
in esecuzione della convenzione di separazione consensuale, la quale si pone in ragione della
normale retroattività inter partes della pronuncia di annullamento(art. 1445 c.civ.). Tale efficacia ex
tunc ad avviso della ricorrente, comporterebbe il venir meno della fonte di quelle prestazioni con la
conseguente esperibilità dell'azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.civ. (condictio
ob causam finitam).
Non può venire in primo luogo in rilievo per affermare l'irripetibilità delle prestazioni pecuniarie
eseguite in adempimento della convenzione di separazione consensuale il principio posto dall'art.
1445 c.civ.. Infatti anche ove per "diritti acquisiti" da fare salvi dall'efficacia retroattiva si abbia
riguardo all'acquisto di diritti di credito nell'interesse del figlio minore(come il credito al
mantenimento), non si tratterebbe di acquisti "a titolo oneroso" ossia dietro corrispettivo come
richiesto dalla norma, ma derivanti dall'obbligo di ciascun genitore di contribuire al mantenimento
del figlio. Senza poi contare che rileverebbe lo stato di buona fede soggettiva del rappresentante
legale(ex art. 1391 comma 1 c.civ.) ossia del genitore che avrebbe dovuto rappresentare il minore il
quale, essendo amministratore di sostegno non poteva non conoscere la causa di annullabilità
dovuta alla mancata richiesta di autorizzazione al giudice tutelare.
Vengono invece in rilievo a porre limite alla ripetibilità delle prestazioni eseguite: 1) la
considerazione per cui la separazione se pone modifica agli obblighi discendenti dal matrimonio nel
rapporto tra i coniugi, non attenua nè fa venire meno l'obbligo legale di mantenimento del genitore
nei confronti del figlio minore(o maggiorenne incolpevolmente non autonomo), obbligo che
,indipendentemente dall'annullamento della convenzione di separazione, sarebbe comunque nella
specie rimasto in essere;
2) il principio affermato in materia analoga da Cassazione civile , sez. un. 8/11/2022 n. 32914 in tema
di ripetizione di prestazioni divenute indebite nei rapporti tra coniugi o ex coniugi per le ipotesi di
modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle
condizioni economiche riguardanti i loro rapporti sulla base di una diversa valutazione, per il
passato, dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice
istruttore. In tali ipotesi secondo la pronuncia citata da ultimo non opera la "condictio indebiti" e
quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell'an debeatur, al
fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell'assegno) ad una rivalutazione, con effetto
ex tunc, "delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)", sia
se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla
base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta,
alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui
si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto
richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica. A giustificazione di tale
orientamento si è affermato che "ove con la sentenza venga escluso in radice e "ab origine" .... il
presupposto del diritto ai mantenimento, separativo o divorzile, per la mancanza di uno "stato di
bisogno" del soggetto richiedente (inteso, nell'accezione più propria dell'assegno di mantenimento
o di divorzio, come mancanza di redditi adeguati), ovvero si addebiti la separazione al coniuge che,
nelle more, abbia goduto di un assegno con funzione non meramente alimentare, non vi sono ragioni
per escludere l'obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, ai sensi dell'art. 2033
c.c. (con conseguente piena ripetibilità). Per converso, si deve affermare che, invece, non sorge, a
favore del coniuge separato o dell'ex coniuge, obbligato o richiesto, il diritto di ripetere le maggiori
somme provvisoriamente versate sia se si procede (sotto il profilo dell'un debeatur, al fine di
escludere il diritto al contributo e la debenza dell'assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc,
delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione) sia nel caso in
cui l'assegno stabilito in sede presidenziale (o nel rapporto tra la sentenza definitiva di un grado di
giudizio rispetto a quella, sostitutiva, del grado successivo) venga rimodulato "al ribasso"; il tutto
sempre se l'assegno in questione non superi la misura che garantisca al soggetto debole di far fronte
alle normali esigenze di vita della persona media, tale che la somma di denaro possa
ragionevolmente e verosimilmente ritenersi pressoché tutta consumata, nel periodo per il quale è
stata prevista la sua corresponsione. Ciò si giustifica in considerazione della tutela di quella
solidarietà post-familiare, sottesa in tutta la disciplina relativa alla crisi della famiglia, e del fatto che
non è in discussione, in tali ipotesi, l'esistenza e la permanenza, in giudizio, di un soggetto in
condizioni di debolezza economica. Si deve infatti ragionevolmente presumere, in rapporto all'entità
della somma di denaro litigiosa, che le maggiori somme (attribuite in via provvisoria o in via
definitiva con la sentenza di primo grado), versate medio tempore dal richiesto al richiedente, siano
state comunque (in atto o in potenza) consumate, proprio per fini di sostentamento, dal coniuge
debole. Si tratta, oltretutto, di una regola anche di esperienza pratica, in quanto il denaro, nell'ambito
di cifre di modesta entità, percepito in funzione del necessario sostentamento del coniuge, è da
presumere che sia stato speso a quel fine, con conseguente esclusione di ogni, inutile, azione di
ripetizione. L'entità, necessariamente, modesta di tale somma di denaro non può essere determinata
in maniera fissa ed astratta, considerato che il legislatore non ha fissato in maniera rigida la misura
ed il contenuto neppure della prestazione alimentare in senso proprio, essendosi ritenuta necessaria
una valutazione personalizzata e in concreto, la cui determinazione è riservata al giudice di merito,
valutate tutte le variabili del caso concreto: la situazione personale e sociale del coniuge debole, le
ragionevoli aspettative di tenore di vita ingenerate dal rapporto matrimoniale ovvero di non
autosufficienza economica, nonché il contesto socio-economico e territoriale in cui i coniugi o gli ex
coniugi sono inseriti."(così in motivazione la sentenza da ultimo citata).
Facendo applicazione di questi principii nella presente fattispecie si deve ritenere che le somme
versate dal P2 per il mantenimento del figlio non possano essere ripetute pur dopo il venire menu
della specifica causa debendi data dall'accordo di omologa; ciò non solo in ragione del permanere
dell'obbligo legale di mantenimento paterno, ma anche per il fatto che le somme versate e chieste in
restituzione sono andate a beneficio di un soggetto(il figlio minore) per definizione non in grado di
provvedere al proprio sostentamento, ed in misura non eccedente quanto utile a far fronte alle
normali esigenze di vita della persona media; in guisa che la somma di denaro corrisposta poteva
ragionevolmente e verosimilmente ritenersi pressoché tutta consumata, nel periodo per il quale è
stata prevista la sua corresponsione per fare fronte a quelle esigenze.
In ragione di ciò non sono suscettibili di restituzione tanto l'importo previsto per assegno di
mantenimento ordinario(Euro 400 mensili da luglio 2021 a luglio 2023, per complessivi Euro 10.000)
quanto le somme richieste al 50% per spese straordinarie, sanitarie e sportive comunque rientranti
nell'ambito del mantenimento del figlio (il ricorrente le ha indicate in maniera globale quali "spese
per il minore").
Non sono suscettibili di restituzione neppure le somme richieste dalla parte ricorrente per Euro
5769,67 a titolo di canone di alloggio, e di Euro 4340 a titolo di "spese comuni" dell'abitazione
familiare (spese condominiali e per servizi relativi all'abitazione quali forniture di gas.luce ed
impianto di ascensore) di fatto versate dal P2 all'Amministrazione concedente mediante ritenuta
sulla retribuzione. In sede di separazione i coniugi avevano stabilito che la casa in fitto presso
alloggio dell'Aeronautica Militare sarebbe "rimasta"' alla C1 con obbligo ed impegno del P2 di
pagarne l'affitto oltre "oneri di spettanza".
La circostanza dell'annullamento della separazione non produce tuttavia fattispecie di indebito
oggettivo che dia luogo all'obbligo di restituzione delle somme pagate, come invece affermato dalla
parte ricorrente. Il pagamento del corrispettivo di affitto e degli oneri accessori sotto forma di "spese
comuni" trovava comunque causa nel precedente rapporto di servizio del militare con
l'Amministrazione di appartenenza instaurato intuitu personae; né è possibile ritenere che la
corresponsione del canone di affitto e delle spese comuni da parte del P2 mediante ritenuta sulla
retribuzione costituisse indebito soggettivo ex art.2036 c.civ. sotto forma di pagamento di debito
altrui in base ad errore scusabile, in quanto giuridicamente il versamento di quelle somme da parte
del P2 continuava ad integrare il pagamento di un debito proprio, non essendosi verificata alcuna
successione nel rapporto locativo della C1 in ragione del godimento dell'alloggio di fatto intervenuto
a fare data dall'omologa della separazione; tale successione non era stata infatti convenuta,
prevedendosi che comunque il conduttore dell'Amministrazione militare avrebbe continuato a
corrispondere a questa i canoni e gli "oneri di spettanza" di natura accessoria.
E' invece ripetibile essendone venuta meno la pattuita causa debendi, la somma di Euro 607,75 quale
"rata dicembre 2021 in favore dell'ex moglie C1
come da omologa di separazione del 5-7-2021" perché inerente alla sistemazione concordata di
rapporti patrimoniali tra i coniugi e non già direttamente all'assolvimento dell'obbligazione di
mantenimento del figlio; in questi limiti pertanto la domanda di ripetizione può essere accolta.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza nella misura della metà in ragione dell'accoglimento
della domanda di annullamento; mentre possono essere compensate per la residua metà, in ragione
della parziale infondatezza della domanda di ripetizione di indebito.
P.Q.M.
- accoglie, per quanto di ragione, la domanda proposta dall avv. P1 nella qualità di amministratore
di sostegno di P2 nei confronti di C1 e per l'effetto :
- annulla la separazione consensuale intervenuta tra P2 e C1 omologata con decreto di questo
Tribunale del 2-7-2021 ; dispone che la presente sentenza, al passaggio in giudicato, sia comunicata
all'Ufficio di stato Civile del Comune di X per le annotazioni di legge;
- condanna C1 alla restituzione in favore di P2 e per esso dell'avv. P1 nella qualità di suo
amministratore di sostegno al pagamento della somma di Euro 607.75 per le causali in motivazione;
- condanna C1 al pagamento in favore della parte ricorrente di metà delle spese di lite, metà che
liquida in complessivi Euro 3500 per compensi, oltre IVA cap e rfsg al 15% dichiarando la
compensazione tra le parli per la metà residua.
Conclusione
Così deciso in Taranto, il 4 marzo 2025.
Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2025.
25-04-2025 19:30
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