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Sentenza

Credito al consumo – Finanziamenti – Difetto di forma (Dlgs 385/1993, articoli 1...
Credito al consumo – Finanziamenti – Difetto di forma (Dlgs 385/1993, articoli 117, 125 bis)
Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, particolare rigore è richiesto anche per la spendita del nome del rappresentato, con la conseguenza che, in mancanza di formule che consentano di individuare la spendita del nome altrui, non è ammissibile una contemplatio domini tacita, desunta da elementi presuntivi.

Se poi è vero che per i contratti bancari è richiesta la forma scritta ad substantiam, ribadita per i contratti di finanziamento al consumo dall’articolo 125 bis Tub, allora la nullità (per difetto di forma) di un contratto di finanziamento comporta il venir meno dalla causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali, con conseguente applicazione delle norme sulla ripetizione dell’indebito.

La forma presa in considerazione dal Legislatore è integrata dalla veste esteriore del contratto, mentre vi resta estranea la consegna dello scritto.

A fronte della prescrizione di carattere generale, contenuta nel primo comma dell’articolo 117 cit., per cui i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato al cliente, il secondo comma dispone, infatti, che il CICR può prevedere che “per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma” (cioè forma diversa da quella scritta).

Da un lato, dunque, deve essere restituito alla banca, anche mediante addebito in conto corrente, non solo il capitale erogato, ma anche gli interessi al tasso legale e, dall’altro, la banca deve restituire alla controparte le somme ricevute in eccesso in forza del contratto nullo e, quindi, non il capitale mutuato (che comunque le deve essere restituito), ma gli interessi ricevuti al tasso pattuito nel contratto viziato.

    Corte di Appello di Genova, sez. I, sentenza 26 maggio 2025 n. 641
Corte d'Appello di Genova, Sentenza n. 641/2025 del 26-05-2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA
Sezione Prima Civile
riunita in camera di consiglio e così composta PRESIDENTE Dr. ###
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa n. 249/2024 R.G. promossa da
### S.P.A. (COD. FISC. ###) - elettivamente domiciliata presso lo
studio dell'Avv. ### in VIA ### - rappresentata e difesa dall'Avv.
### appellante
nei confronti di
### (### FISC. ###), nata a ###, IN QUALITÀ ### (COD. FISC.
###), nato a ### il ###, elettivamente domiciliat ### ###,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti ### e ### appellata
###
Per l'appellante ### S.P.A.: “Nel merito, in via principale: - ### la
sentenza n. sentenza n. 100/2024 (R.G. n. 2339/2022) emessa e
pubblicata dal Tribunale di ### in data 01 febbraio 2024 e notificata
in data 04 febbraio 2024, nei termini prospettati dalla deducente
società nel presente atto di citazione in appello e, per l'effetto,
confermare il decreto ingiuntivo n. 465/2022 (R.G. n. 1589/2022)
pubblicato il ### e notificato il ### dal Tribunale di ### e
dichiararlo definitivamente esecutivo. Nel merito, in via subordinata:
- nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento, per
qualsiasi ragione, dello spiegato appello, con conseguente riforma
della sentenza appellata, condannare, comunque la parte opponente
al pagamento, in favore di ### S.p.A., dell'importo di € 21.315,84,
oltre interessi di mora da calcolarsi al tasso contrattualmente prevista,
sulla sola quota capitale residua, dal dovuto al saldo effettivo, ovvero
della diversa somma, che sarà accertata nel corso del presente
giudizio tenuto conto del capitale puro, ossia alla differenza tra
importo erogato e somme versate, di cui ha indebitamente beneficiato
l'odierno opponente.
In via istruttoria: - con riserva di ulteriormente dedurre nei termini di
cui all'articolo 183, comma 6, c.p.c., di cui si chiede sin d'ora la
concessione, la deducente società, in virtù di tutto quanto dedotto in
narrativa, si oppone alla richiesta di ammissione della prova per testi
ex adverso formulata. - nell'eventualità in cui il Giudice non dovesse
dichiarare l'inammissibilità del disconoscimento avversario, la
deducente società formula istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c.,
sull'originale o sulla copia dello stesso, dichiarando comunque di
volersi avvalere in giudizio del contratto prodotto in sede monitoria
(cfr. doc. 03 fascicolo monitorio). Per l'effetto, si indicano quali
scritture di comparazione le seguenti: i) il saggio grafico della sig.ra
### che dovrà essere rilasciato dall'opponente all'udienza di
giuramento del CTU ovvero entro la data di inizio delle operazioni
peritali; ii) copia del documento d'identità in corso di validità della
sig.ra ### che dovrà essere consegnato/esibito all'udienza di
giuramento del CTU ovvero entro la data di inizio delle operazioni
peritali ### procura alle liti, allegata all'atto di citazione in
opposizione; ### ricevuta di avvenuta consegna della comunicazione
di intervenuta cessione.
Si chiede, inoltre, che l'###mo Giudice adito voglia porre i relativi
costi ad esclusivo carico di parte opponente.
Il tutto, con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre accessori di legge,
così come previsto dal D.M. 55/2014. Si chiede sin d'ora l'acquisizione
del fascicolo della procedura monitoria, la quale si è svolta nelle forme
del ‘processo civile telematico'. Nell'eventualità in cui l'###mo
Giudice adito non fosse dell'avviso di dichiarare sin da subito
inammissibile il disconoscimento formulato dalla sig.ra ### prima
che venga autorizzata la CTU si chiede l'accoglimento dell'istanza di
esibizione ex art. 210 c.p.c. ordinando a ### l'esibizione in giudizio
dell'estratto conto relativo al C/C n. ###3 - ABI ### - CAB 99085,
dal quale risulti l'accredito della somma di euro 29.735,38 in data
###.
In ogni caso: - accertare e dichiarare, per tutto quanto emerso in
narrativa, la carenza di legittimazione passiva della deducente
società, quale mera cessionaria del credito, con riferimento alle
contestazioni avversarie relative alla richiesta di risarcimento danni
nonché di restituzione delle somme corrisposte alla società cedente,
risultando queste chiaramente inopponibili a ### S.p.A. (già ###
S.p.A.) e per essa ### S.p.A.
Con vittoria di spese diritti e onorari di entrambi i gradi del giudizio in
favore della deducente società”.
Per l'appellata ### “### all'###ma Corte d'Appello adita, reiectis
adversis, così giudicare: I) In via principale, rigettare ogni domanda
proposta e proponenda da ### S.p.A. con l'atto di citazione in appello
datato 4 marzo 2024, confermando integralmente la sentenza n.
100/2024 emessa in data 1° febbraio 2024 dal Tribunale Civile di ###
in composizione monocratica in persona del Giudice Dott. ### II) In
ogni caso, con vittoria di spese, oneri di assistenza legale, I.V.A. e
C.P.A. di legge comprese.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza definitiva n. 100/2024 del 01/02/2024, il Tribunale di
### in composizione monocratica, si pronunciava nella causa
promossa da ### QUALITÀ ### nei confronti di ### S.P.A., al fine
di sentir revocare il decreto ingiuntivo 465/2022 con il quale il
Tribunale di ### ordinava a ### il pagamento della somma di ###
21.315,84, oltre interessi, per il mancato rimborso del saldo residuo
di un finanziamento concesso nel febbraio del 2012 da ### s.p.a. (la
quale, in data ### aveva ceduto il proprio credito a ###. ###
deduceva che il contratto di finanziamento era nullo per violazione di
norme imperative o comunque annullabile per violenza del terzo,
insistendo sul fatto che né ### non vedente e invalido civile al 100%,
né ### sorella e procuratrice generale di ### avevano voluto e
sottoscritto il prestito in questione. Il Tribunale così decideva: «1.
Accoglie l'opposizione e per l'effetto revoca integralmente il decreto
ingiuntivo opposto n. 465/2022 del 5 luglio 2022. 2. Condanna la
convenuta opposta alla refusione delle spese di lite in favore
dell'opponente che liquida in € 3.500,00 per competenze professionali
del difensore oltre accessori di legge ed oltre refusione del CU di
legge».
Avverso tale decisione, proponeva appello dinanzi a questa ###
S.P.A., con atto notificato in data ###.
Con comparsa si costituiva ### QUALITÀ DI ### la quale instava
per il rigetto dell'appello.
Con ordinanza in data ###, il ### riteneva di non accogliere le
istanze istruttorie formulate da parte appellante circa l'autenticità
della firma di ### e di procedere ai sensi degli artt. 350 bis e 281
sexies c.p.c Le parti, quindi, precisavano le conclusioni trascritte in
epigrafe e depositavano note conclusionali in vista dell'udienza
collegiale di discussione ex art. 281-sexies c.p.c. del 21/05/2025.
All'esito di tale udienza, la ### tratteneva la causa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
### È ### E ### RIGETTATO.
1) ### - “LA NULLITÀ DELLA SENTENZA: ### DOCUMENTAZIONE
RILEVANTE AI FINI DECISORI”. ### denuncia la nullità della
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 2697
c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché per l'errata ricostruzione del
fatto e l'errata valutazione delle prove in atti. ### in particolare,
censura la decisione del Tribunale di ### laddove, respingendo le
controdeduzioni volte a evidenziare la circostanza che ### avrebbe
sottoscritto sia il contratto di finanziamento (doc. 1 - ### che il
successivo riconoscimento di debito a nome e per conto di ### (docc.
11 e 12 - ###, ha affermato che «tali asserzioni non corrispondono
al tenore letterale dei citati documenti, nei quali la sig.ra ### non
viene mai menzionata, né in proprio né in qualità di procuratrice del
fratello: in particolare non risulta in alcun modo che la sig.ra ###
abbia speso il nome del fratello. Vi è dunque una mera mancanza di
corrispondenza tra il sottoscrittore del documento e colui che vi
appare quale contraente» (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).
A sostegno della propria censura, l'appellante, oltre a ribadire che
### ha materialmente sottoscritto sia il contratto di mutuo che il
successivo riconoscimento di debito, deduce che l'appellata «non ha
mai negato di aver dato spontanea esecuzione, ancorché parziale, al
contratto per cui è causa, così come si evince dall'estratto conto,
versato in sede monitoria (cfr. doc. 07 fascicolo monitorio)» né ha mai
negato la titolarità del conto corrente su cui venivano addebitate le
rate del finanziamento, con la conseguenza che il disconoscimento
della sottoscrizione è privo di rilievo, dovendo trovare il principio
giurisprudenziale secondo cui “la parte che, prima del giudizio, abbia
tacitamente riconosciuto un documento da essa sottoscritto non può,
nel giudizio successivamente instaurato, legittimamente
disconoscerlo. Pertanto, ove il suddetto disconoscimento invece
avvenga, la parte che intenda avvalersi del documento non è tenuta
a proporre l'istanza di verificazione” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10849
del 28/06/2012). ### poi, reitera l'istanza ex art. 210 c.p.c. avente
ad oggetto l'esibizione della documentazione bancaria detenuta da
### s.p.a. attestante l'accredito della somma 29.735,38 a favore di
### Quindi, sempre a suffragio dell'impugnazione, viene
rappresentato che ### a) non ha sollevato «alcuna contestazione a
seguito della ricezione della diffida ad adempiere per l'importo
maturato in forza del contratto di causa. E ciò a riprova della piena
consapevolezza della posizione debitoria maturata in relazione al
regolamento negoziale sottoscritto in nome e per conto del fratello»;
b) «in data ### (…) ammetteva confessoriamente l'esposizione
debitoria maturata in forza del contratto per cui è causa, deducendo
di “occuparsi del fratello ### invalido per cecità” “avendo procura
generale” (### 11)»; c) «a fronte della posizione debitoria maturata,
si offriva (…) di sanare il debito in forza del predetto contratto
mediante sottoscrizione di un piano di rientro (### 11); d) in data
### firmava la proposta di pagamento inoltrata da ### s.p.a. (DOC.
12); e) «trasmetteva, via mail, l'accettazione della proposta di
pagamento, dalla stessa sottoscritta, in cui con riferimento al
contratto n.1324859 (cfr. doc. 03 fascicolo monitorio) si impegnava a
“restituire ratealmente l'importo complessivo di euro 37.505,62 con
le seguenti modalità: n. 124 rate mensili di euro 300,00 ciascuna, con
decorrenza obbligatoria dal 15/03/2015 e n. 1 rata finale da 305, 62”
(### 12)» (così, pagg. 9-10 dell'atto d'appello). Viene inoltre
aggiunto che ### è in possesso di documenti strettamente personali
dei fratelli ### (### 6, 7, 8 e 9), nonché della procura generale
rilasciata a favore di ### (### 5), del piano di rientro accettato da
quest'ultima (### 11 e 12) e della prova dell'erogazione del prestito
(### 14). Ciò detto, l'appellante sostiene che «se davvero parte
opponente non avesse sottoscritto il contratto de quo, non si
comprenderebbe come la società deducente possa essere in possesso
di documenti, strettamente personali, che risultano allegati al
contratto per cui è causa», evidenziando come «dalla documentazione
versata in atti emerge, poi, che le firme apposte dalla sig.ra ###
risultano di tutta evidenza molto simili a quelle in calce al contratto
per cui è causa nonché a quelle presenti sul modulo di “### del ###
di ### europee di base sul credito ai consumatori del ### a rimborso
rateale ### multiplo” nonché sul ### di ### europee (cfr. doc. 03
fascicolo monitorio e ### 10 e 13)» (cfr. pag. 11 dell'atto d'appello).
### dunque conclude che la ricostruzione operata dal Tribunale di
### non trova alcun riscontro nella predetta documentazione,
lamentandosi in particolare del fatto che il Giudice di primo grado
abbia «omesso di esaminare un documento rilevante prodotto dalla
scrivente difesa ossia il piano di rientro sottoscritto dalla sig.ra ###
Ed invero fin dalla comparsa di costituzione e risposta la scrivente
difesa al ### 11 ha prodotto il riconoscimento di debito con cui, a
fronte della posizione debitoria maturata, la sig.ra ### si è resa
disponibile a sanare il debito in forza del predetto contratto mediante
sottoscrizione di un piano di rientro dalla stessa sottoscritta. Tale
documento non è mai stato né disconosciuto né contestato da
controparte e comprova l'intervenuta sottoscrizione del contratto di
causa da parte dell'odierna appellata» (pag. 14 dell'atto d'appello).
### infine, reitera la domanda di indebito arricchimento non
riconosciuto dal Tribunale di ### secondo cui «vero è che la
nullità/inopponibilità del contratto non esonera l'accipiens dall'obbligo
di restituire quanto indebitamente ricevuto: tuttavia la domanda di
ripetizione - che comunque riguarderebbe esclusivamente la sorte
capitale depurata di ogni ulteriore appostazione stante la rilevata
invalidità negoziale - non è stata proposta dalla banca convenuta»
(così, pag. 3 della sentenza impugnata). La domanda di ripetizione,
ad avviso dell'appellante, è stata espressamente formulata, atteso
che, in via subordinata, è stato chiesto: «nella denegata, e non
creduta, ipotesi di revoca, per qualsiasi ragione, del decreto ingiuntivo
opposto, condannare comunque la parte opponente al pagamento, in
favore di ### S.p.A., dell'importo di € 21.315,84, oltre interessi di
mora da calcolarsi al tasso contrattualmente prevista, sulla sola quota
capitale residua, dal dovuto al saldo effettivo, ovvero della diversa
somma, che sarà accertata nel corso del presente giudizio tenuto
conto del capitale puro, ossia alla differenza tra importo erogato e
somme versate, di cui ha indebitamente beneficiato l'odierno
opponente» (pag. 15 dell'atto d'appello). ### I) Si legge nella
sentenza impugnata: «E' pacifico che il debitore ingiunto sig. ###
non ha personalmente sottoscritto il contratto di prestito personale n.
(...).
La stessa creditrice ingiungente sostiene, infatti, che il contratto “è
stato sottoscritto, in data ###, con l'allora ### dalla sig.ra ###
munita di procura generale (### N. 80870 e RACC. n. 9836), in nome
e per conto del fratello sig. ### (cfr. doc. 03 fascicolo monitorio)”
(cfr. comparsa di risposta pag. 8).
A detta dell'ingiungente ### avrebbe sottoscritto anche il successivo
riconoscimento di debito relativo allo stesso rapporto, tant'è vero che
“in data ###, la sig.ra ### trasmetteva, via mail, l'accettazione della
proposta di pagamento, dalla stessa sottoscritta, in cui con riferimento
al contratto n. (...) ( doc. 03 fascicolo monitorio) si impegnava a
“restituire ratealmente l'importo complessivo di euro 37.505,62 con
le seguenti modalità: n. 124 rate mensili di euro 300,00 ciascuna, con
decorrenza obbligatoria dal 15/03/2015 e n. 1 rata finale da 305, 62”
(### 12)” ( comparsa pag. 11).
Tali asserzioni non corrispondono al tenore letterale dei citati
documenti, nei quali la sig.ra ### non viene mai menzionata, né in
proprio né in qualità di procuratrice del fratello: in particolare non
risulta in alcun modo che la sig.ra ### abbia speso il nome del
fratello.
Vi è dunque una mera mancanza di corrispondenza tra il sottoscrittore
del documento e colui che vi appare quale contraente.
La mancata spendita del nome del preteso rappresentato impedisce
di ricondurre la fattispecie all'istituto della rappresentanza; nemmeno
potrebbe ipotizzarsi una contemplatio domini tacita stante la natura
formale del contratto di finanziamento al consumo.
Vale, infatti, ricordare che: - Il credito al consumo - categoria alla
quale appartiene il contratto oggetto di causa - richiede la stipulazione
in forma scritta a pena di nullità (cfr. art. 125 bis TUB col richiamo
all'art. 117 comma 3). - Per giurisprudenza pacifica nei contratti
“formali” la contemplatio domini deve risultare espressamente
dall'atto (cfr. Cass. civ. n. 3364/2010: “Nei contratti per i quali è
richiesta la forma scritta “ad substantiam”, particolare rigore è
richiesto anche per la spendita del nome del rappresentato, con la
conseguenza che, in mancanza di formule che consentano di
individuare la spendita del nome altrui, non è ammissibile una
“contemplatio domini” tacita, desunta da elementi presuntivi;
conforme Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 19306 del 07/07/2021:
“###appalto di opera pubblica, in caso di stipula a mezzo del
rappresentante, la natura formale del contratto esclude che la
"contemplatio domini", necessaria perché l'atto stipulato abbia effetto
nei confronti del rappresentato, possa realizzarsi mediante un
comportamento concludente, in quanto la spendita del nome altrui,
quale requisito di efficacia dell'atto concluso dal rappresentante,
partecipa della natura formale del negozio cui afferisce, rendendo
all'uopo necessaria la presenza dell'atto scritto”)».
II) ### sostiene testualmente: «… se è vero che “E' pacifico che il
debitore ingiunto sig. ### non ha personalmente sottoscritto il
contratto di prestito personale n. 1324859” come peraltro ritenuto dal
Giudice di prime cure, dalla documentazione in atti, emerge che il
contratto è stato sottoscritto, in data ###, con l'allora ### dalla
sig.ra ### munita di contestuale procura generale (### N. 80870 e
RACC. n. 9836), in nome e per conto del fratello sig. ### (cfr. doc.
03 fascicolo monitorio ###. 5 doc. 1 fascicolo di controparte cfr.
comparsa di risposta pag. 8). La difesa dell'odierna appellante ha
fornito piena prova della circostanza per cui la sig.ra ### ha
sottoscritto il regolamento negoziale di causa. Ed infatti, è stato
evidenziato che la sig.ra ### ha sottoscritto anche il successivo
riconoscimento di debito relativo allo stesso rapporto (### 11 e 12)».
III) Nei documenti menzionati, contrariamente a ciò che sostiene
l'appellante, non risulta in alcun modo la spendita del nome del
rappresentato. Il contratto è riferito a un soggetto (###, dal quale
pacificamente non è stato sottoscritto. La banca attribuisce la
sottoscrizione ad altro soggetto (### che secondo la banca avrebbe
agito in nome e per conto del soggetto cui è riferito il contratto.
Tuttavia, pur attribuendo la sottoscrizione a ### è decisiva la
considerazione che nel testo del documento contrattuale colei che lo
sottoscrive non dichiara in alcun modo di agire nella qualità di
procuratrice di ### Questo vale non solo per il documento 3 di parte
appellata, contenente il contratto, ma anche per il doc. 12 di parte
appellante, contenente il cosiddetto “riconoscimento di debito”.
IV) Per i contratti bancari è richiesta la forma scritta ad substantiam
(da ultimo: Cass. 1, 03/07/2024, n. 18230, Rv. 671664 - 01), ribadita
per i contratti di finanziamento al consumo dall'art 125 bis ### V)
### non censura, in definitiva, la sentenza impugnata nella parte in
cui viene dato atto espressamente che nei documenti contrattuali «la
sig.ra ### non viene mai menzionata, né in proprio né in qualità di
procuratrice del fratello: in particolare non risulta in alcun modo che
la sig.ra ### abbia speso il nome del fratello». Si limita a insistere,
in estrema sintesi, che il contratto in questione sarebbe stato
sottoscritto da ### in norme e per conto del fratello ### Peraltro
ciò, secondo le difese articolate dall'appellante, si dovrebbe desumere
sia da vari riconoscimenti con valenza confessoria effettuati da
controparte, sia da numerosi elementi presuntivi, senza tenere conto:
a) che secondo il Tribunale «Vi è … una mera mancanza di
corrispondenza tra il sottoscrittore del documento e colui che vi
appare quale contraente. La mancata spendita del nome del preteso
rappresentato impedisce di ricondurre la fattispecie all'istituto della
rappresentanza; nemmeno potrebbe ipotizzarsi una contemplatio
domini tacita stante la natura formale del contratto di finanziamento
al consumo»; b) che per i contratti per i quali è prevista la prova
scritta ad substantiam, la prova non può essere raggiunta né per testi,
né per presunzioni e neppure attraverso la confessione: “Il principio,
sancito dall'art. 115, comma 1, c.p.c., secondo cui i fatti non
specificamente contestati dalla parte costituita possono essere posti
a fondamento della decisione, senza necessità di prova, non opera nel
caso in cui il fatto costitutivo del diritto azionato sia rappresentato da
un atto per il quale la legge impone la forma scritta "ad substantiam",
dal momento che in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel
caso in cui una determinata forma sia richiesta "ad probationem",
l'osservanza dell'onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini
della dimostrazione del fatto, ma per l'esistenza stessa del diritto fatto
valere, il quale, pertanto, può essere provato soltanto in via
documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o per
presunzioni, né la stessa confessione della controparte” (Cass. Sez. 1,
17/10/2018, n. 25999, Rv. 651446 - 02).
VI) Quanto alla domanda di indebito arricchimento, che l'appellante
assume di avere proposto in primo grado, si legge nella sentenza
impugnata: «La natura formale dell'atto impedisce anche di attribuire
rilevanza alla fattuale messa a disposizione della somma mediante
accredito sul conto corrente. Vero è che la nullità/inopponibilità del
contratto non esonera l'accipiens dall'obbligo di restituire quanto
indebitamente ricevuto: tuttavia la domanda di ripetizione - che
comunque riguarderebbe esclusivamente la sorte capitale depurata di
ogni ulteriore appostazione stante la rilevata invalidità negoziale - non
è stata proposta dalla banca convenuta. Né, d'altro canto, la banca
rivolge domande direttamente nei confronti della sig.ra ### da qui la
sostanziale irrilevanza nel presente giudizio dell'indagine sulla
veridicità della sottoscrizione da essa asseritamente apposta al
contratto di finanziamento».
VII) In effetti, nella comparsa di costituzione in primo grado, la
convenuta in opposizione e attuale appellante si limita a richiedere,
nelle conclusioni: «nella denegata, e non creduta, ipotesi di revoca,
per qualsiasi ragione, del decreto ingiuntivo opposto, condannare
comunque la parte opponente al pagamento, in favore di ### S.p.A.,
dell'importo di € 21.315,84, oltre interessi di mora da calcolarsi al
tasso contrattualmente prevista, sulla sola quota capitale residua, dal
dovuto al saldo effettivo, ovvero della diversa somma, che sarà
accertata nel corso del presente giudizio tenuto conto del capitale
puro, ossia alla differenza tra importo erogato e somme versate, di
cui ha indebitamente beneficiato l'odierno opponente». Tali
conclusioni sono state richiamate dalla parte all'udienza ex art. 281
sexies c.p.c.
VIII) Dobbiamo considerare che in questo caso, come sopra ribadito,
sostanzialmente risulta stipulato un contratto di finanziamento nullo
per difetto di forma. Ebbene: “In tema di contratti bancari, la nullità
(nella specie per difetto di forma) di un contratto di finanziamento
comporta il venir meno dalla causa giustificatrice delle attribuzioni
patrimoniali, con conseguente applicazione delle norme sulla
ripetizione dell'indebito; ne deriva che, da un lato, deve essere
restituito alla banca, anche mediante addebito in conto corrente, non
solo il capitale erogato, ma anche gli interessi al tasso legale e,
dall'altro, la banca deve restituire alla controparte le somme ricevute
in eccesso in forza del contratto nullo e, quindi, non il capitale mutuato
(che comunque le deve essere restituito), ma gli interessi ricevuti al
tasso pattuito nel contratto viziato” (Cass. Sez. 1, 26/09/2023,
27390, Rv. 669134 - 01).
IX) Pur ammettendo che la banca avesse inteso esercitare con la
formulazione riportata, anche se generica, un'azione di ripetizione
indebito, l'appellante - anziché censurare sotto questo profilo la
sentenza impugnata (cioè nel senso di avere esercitato l'azione di
ripetizione di indebito) - in questa sede si limita ad affermare:
«Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di ### la scrivente
difesa ha formulato domanda di indebito arricchimento, che in questa
sede si reitera» (pag. 15 appello), laddove: i) quella formulata in
primo grado, nella sua genericità, può essere qualificata solo come
azione di ripetizione dell'indebito, non certo come azione di indebito
arricchimento; ii) l'appellante avrebbe dovuto censurare la sentenza
impugnata per avere ritenuto che tale azione, sia pur genericamente,
fosse stata in qualche modo formulata, ma non avendolo fatto, su tale
statuizione si è formato il giudicato; iii) sotto questo profilo, l'azione
di indebito arricchimento risulta formulata per la prima volta in questa
sede e quindi è inammissibile ex art. 345 comma 1 c.p.c.; iv) se si
dovesse qualificare come azione di indebito arricchimento quella
formulata in primo grado, la stessa sarebbe inammissibile perché
l'azione di indebito arricchimento è ammissibile solo ove non sia
esperibile quella di ripetizione di indebito come si desume da Cass.
Sez. 3, 18/10/2024, n. 27008, Rv. 672490 - 01 [“Ai fini del rispetto
della regola di sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c., la domanda di
ingiustificato arricchimento è proponibile ove la diversa azione si riveli
carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa
ove quest'ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto
azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità
derivante dall'illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme
imperative o con l'ordine pubblico. (### specie, relativa a un
contratto di mutuo le cui rate erano state addebitate su un conto
cointestato, alimentato dai versamenti di uno solo dei mutuatari, la
S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva dichiarato
improponibile la domanda di ingiustificato arricchimento avanzata da
quest'ultimo nei confronti dell'altro, in ragione dell'impossibilità, per il
ricorrente, di esperire l'azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.,
essendo comunque dovuti i pagamenti in favore della banca
mutuante)”, dal che si evince, a contrario, che ove l'azione di
ripetizione dell'indebito sia esperibile, come nel caso concreto, l'azione
di arricchimento non è ammissibile ex art. 2042 c.c.].
X) Dopo il primo e unico motivo d'appello ### svolge una serie di
deduzioni tese a mettere in luce la contraddittorietà della narrazione
dei fatti svolta da ### in primo grado. Si tratta del paragrafo
intitolato “### ricostruzione dei fatti ex adverso operata”, dove
l'appellante, neppure implicitamente, sembra avanzare censure che
investano la sentenza impugnata (pagg. 16 e ss. dell'atto d'appello).
TANTO PREMESSO, ### L'### L'### RIGETTATO.
Ai sensi dell'art. 91 c.p.c. devono pertanto essere poste a carico della
parte appellante le spese del presente grado di giudizio, liquidate
come di seguito in favore della parte appellata, ritenendo, quanto alla
misura della liquidazione, che, avuto riguardo ai parametri generali di
cui all'art. 4 DM 55/2014, mod. dal DM 147/22, si possano applicare
i valori medi dello scaglione di pertinenza della lite, di cui alle tabelle
allegate al decreto medesimo, soprattutto in considerazione del livello
di difficoltà della controversia e del grado di complessità delle
questioni giuridiche affrontate, nonché del valore dell'affare;.
Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022) Valore della causa: da €
5.201 a € 26.000 Fase di studio della controversia, valore medio: €
1.134,00 Fase introduttiva del giudizio, valore medio: € 921,00 Fase
istruttoria e/o di trattazione, valore medio: € 1.843,00 Fase
decisionale, valore medio: € 1.911,00 Compenso tabellare (valori
medi) € 5.809,00
P. Q. M.
### di ### diversa o contraria domanda, eccezione e deduzione
disattesa e reietta, definitivamente pronunciando, 1) rigetta l'appello
proposto da ### S.P.A., avverso la sentenza 100/2024 pronunciata
inter partes in data ### dal Tribunale di ### in composizione
monocratica, confermando integralmente la sentenza appellata. 2)
Condanna parte appellante a rifondere le spese del presente grado di
giudizio liquidate in € 5.809,00 per il compenso relativo alle fasi di
studio, introduzione, trattazione e/o istruzione e decisione della causa
ex DM 55/14, mod. dal DM 147/22, oltre accessori di legge (###
rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso) in
favore della parte appellata. 3) Ai fini di cui all'art. 13, comma 1
quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17,
della l. n. 228 del 2012 si dà atto dell'infondatezza dell'impugnazione.
Avv. Antonino Sugamele

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