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Sentenza

Opposizione a decreto ingiuntivo. Onere della prova. Fattura....
Opposizione a decreto ingiuntivo. Onere della prova. Fattura.

Il Tribunale di Termini Imerese muove il suo argomentare dall’assunto per cui, configurandosi il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo come un giudizio ordinario di cognizione, e svolgendosi lo stesso seconde le norme del procedimento ordinario, allora, secondo i principi generali in tema di onere della prova, incombe su chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa.

Alla luce di tale premessa precisa, poi, l’adito Giudice siciliano che la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale, e alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo e si struttura secondo le forme di una dichiarazione, indirizzata all’altra parte, avente a oggetto fatti concernenti un rapporto già costituito, onde, quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto, sia oggetto di contestazione tra le parti stesse, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può, attese le sue caratteristiche genetiche (formazione a opera della stessa parte che intende avvalersene), assurgere a prova del contratto.

Al più essa può rappresentare un mero indizio della stipulazione di quest’ultimo, e dell’esecuzione della prestazione indicata, mentre nessun valore, nemmeno indiziario, le si può riconoscere tanto in ordine alla corrispondenza della prestazione indicata con quella pattuita, quanto in relazione agli altri elementi costitutivi del contratto tant’è che, contro e in aggiunta al contenuto della fattura, sono ammissibili prove anche testimoniali dirette a dimostrare eventuali convenzioni non risultanti dall’atto, ovvero a esso sottostanti.

Un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può dunque costituire prova in favore della stessa, né determina una inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza.

In conclusione, nel processo di cognizione che segue all’opposizione a decreto ingiuntivo, la fattura non costituisce fonte di prova, in favore della parte che l’ha emessa, dei fatti che la stessa vi ha dichiarato.

Tribunale Termini Imerese, 12 maggio 2025 n. 644
giudizio.” Si costitutiva, con comparsa di costituzione e risposta, la
società ### S.r.l. in liquidazione, contestando tutto quanto ex
adverso dedotto, perché infondato in fatto ed in diritto e rassegnava
le seguenti conclusioni: “- rigettare, con qualsivoglia statuizione,
l'opposizione proposta da parte del sigg. ### notificata in data ###,
in quanto erronea ed infondata in fatto ed in diritto; - di conseguenza,
in accoglimento della domanda avanzata da parte della ### s.r.l.,
dire e dichiarare la sussistenza del credito azionato dalla società
opposta con il decreto ingiuntivo e per l'effetto condannare il sig. ###
come sopra generalizzato a pagare in favore della società ricorrente
### S.R.L. in liquidazione, in persona del liquidatore legale
rappresentante p.t. la complessiva somma di €. 16.896,32 per la
causale suindicata, oltre gli interessi moratori come da domanda dalla
data di scadenza di ogni singola fattura e fino all'effettivo soddisfo; -
in ogni caso, confermare integralmente il decreto ingiuntivo n.
159/2024 emesso dal Tribunale di ### - dott. ### - depositato il
### nel procedimento R.G. 1/2024.”.
Con decreto reso in data ###, dopo le verifiche preliminari, ex art.
171 ter c.p.c., il Giudice confermava l'udienza del 21.11.2024 per la
trattazione.
Con ordinanza riservata resa in data ###, il Tribunale rigettava le
richieste istruttorie, formulate da parte opposta e fissava l'udienza
cartolare del 10.04.2025, per la precisazione delle conclusioni, ai sensi
dell'art. 189 c.p.c., con l'assegnazione dei termini ivi previsti.
Con ordinanza riservata resa in data ###, sulle conclusioni
rassegnate da entrambe le parti, la causa veniva posta in decisione.
Ciò posto, occorre, in primo luogo, premettere quale considerazione
necessaria e pregiudiziale a qualsivoglia statuizione sul merito della
controversia che, nella struttura del giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale
delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che attore in senso
sostanziale è l'opposto mentre il ruolo di convenuto in senso
sostanziale è dell'opponente; dunque, esplicando ciò i suoi effetti, sia
in ordine ai poteri ed alle preclusioni di ordine processuale,
rispettivamente previsti per ciascuna delle due parti, sia nell'ambito
dell'onere della prova; grava sull'opposto l'onere della prova dei fatti
costitutivi della domanda proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo
mentre sul debitore opponente - avente la veste sostanziale di
convenuto - quella degli eventuali fatti estintivi, modificativi o
impeditivi dell'obbligazione.
In connessione con il rilievo relativo alla natura del giudizio di
opposizione ed alla veste che in esso le parti assumono, va ricordato
che, secondo un criterio di ripartizione ormai notoriamente accreditato
dalle ### della Corte di Cassazione, nell'ipotesi di domanda di
condanna all'adempimento di un'obbligazione, sul preteso creditore
incombe l'onere di provare la sussistenza del titolo, laddove
sull'ipotizzato debitore incombe, invece, l'onere di provare
l'adempimento che egli deduca essere avvenuto ad estinzione
dell'obbligazione su di lui gravante.
In concreto, sulla società opposta, che agisce per ottenere la
condanna del ### al pagamento della somma di €. 16.896,32 oltre
interessi di mora ai sensi dell'art. 5 D.lgs. n. 231/2002 sino al soddisfo
e spese giudiziali del procedimento monitorio, incombeva l'onere di
provare la sussistenza di un rapporto obbligatorio che individuasse
nella società ingiunta il soggetto debitore, nei propri confronti, della
suddetta somma; sull'opponente gravava, invece, l'onere di provare
l'avvenuta verificazione di fatti estintivi del debito in ipotesi sussistenti
a suo favore.
In sede di procedimento monitorio, il credito vantato dalla società
opposta deriva dalle fatture, meglio descritte in atti, relative a
fornitura di merci.
La Cassazione ha, invero, affermato che configurandosi il giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo come giudizio ordinario di cognizione
e svolgendosi lo stesso seconde le norme del procedimento ordinario
incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, su
chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi
probatori a sostegno della propria pretesa.
La Corte precisa, poi, che la fattura commerciale, avuto riguardo alla
sua formazione unilaterale e alla sua funzione di far risultare
documentalmente elementi relativi all'esecuzione di un contratto,
s'inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo e si struttura
secondo le forme di una dichiarazione, indirizzata all'altra parte,
avente ad oggetto fatti concernenti un rapporto già costituito, onde,
quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto, sia
oggetto di contestazione tra le parti stesse, la fattura, ancorché
annotata nei libri obbligatori, non può, attese le sue caratteristiche
genetiche (formazione ad opera della stessa parte che intende
avvalersene), assurgere a prova del contratto, ma, al più,
rappresentare un mero indizio della stipulazione di quest'ultimo e
dell'esecuzione della prestazione indicata, mentre nessun valore,
nemmeno indiziario, le si può riconoscere tanto in ordine alla
corrispondenza della prestazione indicata con quella pattuita, quanto
in relazione agli altri elementi costitutivi del contratto tant'è che,
contro e in aggiunta al contenuto della fattura, sono ammissibili prove
anche testimoniali dirette a dimostrare eventuali convenzioni non
risultanti dall'atto, ovvero ad esso sottostanti (Cass. n. 8126 del 2004;
Cass. n. 10434 del 2002).
Invero, condividendo le conclusioni della Corte, un documento
proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova
in favore della stessa, né determina inversione dell'onere probatorio
nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto,
anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza.
Pertanto, nel processo di cognizione che segue all'opposizione a
decreto ingiuntivo, la fattura non costituisce fonte di prova, in favore
della parte che l'ha emessa, dei fatti che la stessa vi ha dichiarato
(Cass. n. 5573 del 1997; Cass. n. 9685 del 2000; Cass. n. 17050 del
2011).
Applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame, va osservato
che l'opponente ha dichiarato espressamente di disconoscere, ai sensi
dell'art. 214 c.p.c., le firme apposte su tutti i documenti di trasporto,
depositati da parte opposta, in data ###; a tal fine, lo stesso ha
negato formalmente le proprie sottoscrizioni.
In particolare, le firme disconosciute dal ### di cui ha negato la
sottoscrizione sono quelle apposte nella casella “firma destinatario”
nei seguenti documenti di trasporto: n. 263 del 26.2.2018, n. 323 del
12.3.2018, n. 359 del 19.3.2018, n. 387 del 26.3.2018, n. 428 del
3.4.2018, n. 447 del 9.4.2018, n. 511 del 23.4.2018, 538 del
30.4.2018, n. 571 del 7.5.2018, n. 602 del 14.5.2018, n. 668 del
28.5.2018, n. 669 del 4.6.2018, n. 731 del 11.6.2018, n. 771 del
18.6.2018 e 791 del 25.5.2018. ###, pertanto, ha contestato le
fatture poste a base del ricorso per decreto ingiuntivo, deducendo di
non avere mai ricevuto la merce in esse indicate.
Tale disconoscimento è stato dunque effettuato in modo specifico e
determinato; invero, il disconoscimento di una scrittura privata ai
sensi dell'art. 214 c.p.c. deve comunque rivestire i caratteri della
specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di
stile, pur non richiedendo formule sacramentali o vincolate; pertanto,
la parte che intenda negare l'autenticità della propria sottoscrizione è
tenuta a specificare, ove più siano i documenti prodotti e a quali di
questi si riferisca (cfr. Cass. civ. Sez. II, 22.01.2018, n. 1537).
Premesso quanto sopra, si osserva che, per effetto dell'avvenuto
disconoscimento, i documenti, oggetto di causa, non rivestono alcuna
efficacia probatoria.
Prevede, infatti, l'art. 216 c.p.c. che “la parte che intende avvalersi
della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione,
proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando
le scritture che possono servire di comparazione”.
Nel caso di specie, parte opposta non ha formulato alcuna istanza di
verificazione né ha prodotto gli originali delle scritture disconosciute.
È pacifico che, in caso di disconoscimento dell'autenticità della
sottoscrizione di scrittura privata prodotta in copia fotostatica, la parte
che la abbia esibita in giudizio e intenda avvalersi della prova
documentale rappresentata dalla suddetta scrittura, deve produrre
l'originale al fine di ottenerne la verificazione.
Tale disconoscimento poneva a carico della società creditrice l'onere
di chiedere la verificazione della documentazione, al fine di dimostrare
l'autenticità della sottoscrizione e quindi l'esistenza del proprio
credito.
Il caso in esame chiama in causa la disciplina della scrittura privata e
del suo disconoscimento, regolata dagli articoli 214 e seguenti del
codice di procedura civile.
###. 216, primo comma, c.p.c. stabilisce che “La parte che intende
valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione,
proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando
le scritture che possono servire di comparazione”.
Il principio fondamentale è quello enunciato dalla Corte di Cassazione,
secondo cui “La parte, che intende valersi di una scrittura privata
disconosciuta, nel chiederne la verificazione, ai sensi dell'art. 216,
primo comma, cod. proc. civ., deve proporre i mezzi di prova ritenuti
utili e produrre o indicare le scritture di comparazione, senza che tale
imprescindibile onere possa ritenersi assolto mediante la loro
allegazione ad una perizia di parte, che attiene all'espletamento di una
consulenza tecnica d'ufficio, ossia ad una fase eventuale ed in ogni
caso successiva alla proposizione dell'istanza di verificazione”
(Cassazione civile, ### II, sentenza n. 22078 del 17 ottobre 2014).
Questa pronuncia della Suprema Corte chiarisce in modo
inequivocabile gli oneri probatori gravanti sulla parte che intende
avvalersi di una scrittura privata disconosciuta. In particolare, si
evidenzia come non sia sufficiente la mera richiesta di verificazione,
ma sia necessario fornire concreti elementi a sostegno della stessa, in
primis le scritture di comparazione.
Nel caso di specie, la società creditrice non ha neanche formulato
istanza di verificazione, omettendo di produrre o indicare scritture di
comparazione: ciò determina l'inefficacia probatoria delle fatture e dei
documenti allegati.
Con una recente ordinanza, la Cassazione ha poi statuito: “Ove sia
prodotto in giudizio un documento in copia fotografica o fotostatica,
qualora la parte contro cui è avvenuta la produzione disconosca
espressamente ed in modo formale il contenuto e l'autenticità della
sottoscrizione, il giudice non può attribuire alcuna efficacia probatoria
a tale documento, a meno che la parte, che l'abbia prodotto, intenda
avvalersene, chiedendone la verificazione giudiziale e, quindi, solo nel
caso in cui - all'esito della procedura prevista dagli artt. 216 e ss.
c.p.c. - rimanga accertata la veridicità e l'originalità della
sottoscrizione del documento stesso, è consentito conferirgli, in
funzione decisoria, l'efficacia propriamente prevista dalla legge,
ovvero - con riferimento al caso di specie - quella contemplata dall'art.
2702 c.c.” (cfr. Cassazione, sez. II civile, ordinanza 22 marzo 2023,
n. 8161).
La mancata proposizione dell'istanza di verificazione di una scrittura
privata equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione
di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova,
con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto (Cass. S.U.
1.2.2022 n. 3086).
Pertanto, all'esito della mancata presentazione di un'istanza di
verificazione conseguente al disconoscimento, è preclusa al giudice la
valutazione ai fini della formazione del proprio convincimento, senza
che gli sia consentito maturare altrimenti il giudizio sulla sua
autenticità in base ad elementi estrinseci alla scrittura o ad argomenti
logici, divenendo perciò il documento irrilevante e non utilizzabile, nei
riguardi non solo della parte che lo disconosce, ma anche, e
segnatamente, della parte che lo ha prodotto ( Civ. 8.2.2024 n. 3602).
A ciò si aggiunga che le fatture azionate in sede monitoria da parte
opposta non risultano annotate nelle scritture contabili della ditta
dell'opponente ( estratti scritture autenticati).
Ai sensi dell'art. 2710 c.c., i libri bollati e vidimati nelle forme di legge,
quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori
per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa, anche se, con l'entrata
in vigore della legge 18.10.2001 n. 383, avvenuta il ###, è stato
soppresso l'obbligo della vidimazione e della bollatura.
In particolare, la Cassazione ha statuito che: “Le disposizioni degli
artt. 2709 e 2710 cod. civ., le quali regolano l'efficacia probatoria delle
scritture contabili contro l'imprenditore e nei rapporti tra imprenditori,
non precludono al giudice la possibilità di trarre dai libri contabili di
una delle parti, regolarmente tenuti, elementi indiziari atti a
concretare, in concorso con altre risultanze, una valida prova per
presunzione anche a favore dell'imprenditore che i libri stessi ha
prodotto in giudizio ###. 2710 cod. civ., il quale dispone che i libri
bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente
tenuti, possono fare prova tra gli imprenditori per i rapporti inerenti
all'esercizio dell'impresa, trova applicazione anche nel caso in cui una
delle parti sia stata dichiarata fallita (o insolvente) ove si tratti di
provare un rapporto obbligatorio sorto anteriormente alla
dichiarazione di fallimento e nel quale l'organo concorsuale sia
subentrato, riguardando le prove, anche in tal caso, un rapporto sorto
tra imprenditori e proseguito con le medesime regole”. (cfr. Cass. Civ.
Ordinanza dell'11 gennaio 2023 n. 532).
In definitiva, l'opposta non ha fornito idonea prova circa l'esistenza
del credito vantato e richiesto con il decreto ingiuntivo opposto.
Passando al codice di rito, l'art. 634, comma 2, c.p.c., dispone che
“Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché
per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano
un'attività commerciale, anche a persone che non esercitano tale
attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle
scritture contabili di cui agli artt. 2214 e seguenti del codice civile,
purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute,
nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle
leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme
stabilite per tali scritture”.
Con riferimento, ancora, al codice di rito, si rammenti, però, che lo
stesso art. 634, comma 2, c.p.c., attraverso il riferimento all'art.
2214 c.c., eleva le fatture commerciali a prova scritta idonea alla
concessione dell'ingiunzione, purché, si badi, esse siano “...
regolarmente tenute”.
Sempre con riferimento alle fatture commerciali, dalla lettera dell'art.
2214, comma 2, c.c., si evince che l'imprenditore deve “. . .
conservare ordinatamente per ciascun affare . . . le copie delle fatture
spedite”.
Ed invero con la sentenza del 12 gennaio 2016, n. 299 la Suprema
corte di Cassazione, confermava l'insegnamento (oramai granitico)
secondo cui “la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua
formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare
documentalmente elementi relativi all'esecuzione del contratto, si
inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo
nella dichiarazione indirizzata all'altra parte di fatti concernenti un
rapporto già costituto”, con le conseguenze che, laddove “ il rapporto
è contestato tra le parti, la fattura stessa non può costituire un valido
elemento di prova delle prestazioni eseguite, ma può al massimo
costituire un mero indizio ” (in questo senso vedasi anche Cass.
18/02/1995 n° 1798; Cass. 03/07/1998 n° 6502; Cass. 13/06/2006
n° 13651; Cass. 15/01/2009 n° 806; 28/06/2010 n° 15383; Cass.
21/07/2003 n° 11343; Cass. 17/12/2004 n° 23499; Cass.
05/08/2011 n° 17050; Cass. 13/01/2014 n° 462; nella
giurisprudenza di merito Tribunale di Modena 16/05/2012 n° 816;
Tribunale di Milano 02/12/2014 n° 14364; Tribunale di Salerno
02/11/2014 n° 5532; Tribunale di Messina 03/05/2006 n° 189;
Tribunale di Padova 25/11/2014 n° 3159).
La pronuncia in commento riprende il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità e di merito che ha ripetutamente
affermato l'inidoneità probatoria delle fatture commerciali, nel giudizio
di opposizione a decreto ingiuntivo, a fornire la dimostrazione certa
ed inequivoca dell'avvenuta effettiva prestazione delle forniture
effettuate nonché la necessità che la società di somministrazione provi
le misure del contatore e, dunque, i consumi effettivi.
Di tutto quanto detto da ultimo vi è altresì traccia nel consolidatissimo
orientamento che ascrive alla fattura commerciale la natura di “atto
giuridico in senso stretto a formazione unilaterale a parte creditoris”,
riconoscendo che la stessa non possiede alcun valore probatorio
assoluto in ordine all'esistenza del credito, che, proprio per tal motivo,
quando è oggetto di contestazione - come nell'archetipo della
vertenza tra debitore e creditore - dev'essere effettivamente verificato
in tutti i suoi elementi.
Come sostiene l'unanime giurisprudenza, la fattura commerciale,
avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di
far risultare documentalmente elementi relativi all'esecuzione di un
contratto, s'inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, e
si struttura secondo le forme di una dichiarazione, indirizzata all'altra
parte, avente ad oggetto fatti concernenti un rapporto già costituito,
onde, quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto,
sia oggetto di contestazione tra le parti stesse, la fattura, ancorché
annotata nei libri obbligatori, non può, attese le sue caratteristiche
genetiche (formazione ad opera della stessa parte che intende
avvalersene), assurgere a prova del contratto, ma, al più,
rappresentare un mero indizio della stipulazione di quest'ultimo e
dell'esecuzione della prestazione indicata, mentre nessun valore,
nemmeno indiziario, le si può riconoscere tanto in ordine alla
corrispondenza della prestazione indicata con quella pattuita, quanto
in relazione agli altri elementi costitutivi del contratto, tant'è che,
contro ed in aggiunta al contenuto della fattura, sono ammissibili
prove anche testimoniali dirette a dimostrare eventuali convenzioni
non risultanti dall'atto, ovvero ad esso sottostanti» (in tal senso,
espressamente, Cass., 28 aprile 2004, n. 8126); ancora, sul punto, la
S.C.: “le fatture commerciali, pur essendo prove idonee ai fini
dell'emissione del decreto ingiuntivo, hanno tal valore esclusivamente
nella fase monitoria del procedimento, mentre nel giudizio di
opposizione all'ingiunzione, come in ogni altro giudizio di cognizione,
le fatture, essendo documenti formati dalla stessa parte che se ne
avvale non integrano, di per sé, la piena prova del credito in esse
indicato e non comportano neppure l'inversione dell'onere della prova
in caso di contestazione sull'an o sul quantum del credito vantato in
giudizio”(così, Cass. sent. 3090/1979; ex plurimis, idd., 24 luglio
2000, n. 9685, 25 novembre 1988, 6343; tra la giurisprudenza di
merito, ### Isernia, 27 dicembre 2001, ### Cagliari, 16 dicembre
1992, ### 22 luglio 1991). ### di ### sez. civile Per quanto sopra
esposto, invero, costituiva preciso onere di parte opposta dimostrare
nel corso del giudizio di avere effettuato le forniture di cui pretende il
pagamento, nonché l'effettività e la congruità delle stesse.
Nondimeno, nessuna prova è stata fornita sul punto da parte opposta.
Alla luce delle premesse operate sulla natura del giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo, secondo i principi generali fissati
dall'art. 2697 c.c. colui che fa valere un diritto in giudizio ha l'onere
di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, mentre colui che
eccepisce l'inefficacia di tali fatti o la modifica o l'estinzione del diritto
ha, a sua volta, l'onere di provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.
Nella fattispecie l'opposta non ha provato il proprio credito attraverso
la documentazione versata in atti, al contrario, la prova della
infondatezza della pretesa creditoria avanzata da parte opposta ed
eccepita dall'opponente è invece stata fornita.
Per ultimo, si osserva che, come si desume dalla documentazione
versata in atti, l'opponente ha contestato le fatture, oggetto del
monitorio, e al tal fine ha prodotto le proprie scritture contabili, in
opposizione a quelle prodotte dalla società opposta.
Dalle predette scritture contabili (prodotte dal ###, sono emerse
altre fatture, emesse da parte opposta e regolarmente saldate, ma
non quelle poste a base del procedimento monitorio, da cui è scaturito
il decreto ingiuntivo opposto. ### di ### sez. civile Alla luce delle
superiori argomentazioni, merita accoglimento l'opposizione proposta
dal Comune di ### avverso il decreto ingiuntivo n. 159/2024 emesso
dal ### di ### in data ###, pubblicato in data ###, notificato in
data ###, stante l'assenza di tutti i presupposti di legge.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo
che segue, applicando i parametri medi del DM n. 55/2014, aggiornati
con le ### di cui al DM n. 147/2022, che rientrano nello scaglione
compreso tra € 5.201,00 ed € 26.000,00 secondo la natura ed il valore
della causa, nonché in base alle attività difensive effettivamente
svolte.
PQM
il ### definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda,
eccezione respinta, così provvede: - accoglie l'opposizione proposta
dal ### avverso il decreto ingiuntivo n. 159/2024 emesso dal ###
di ### in data ###, pubblicato in data ###, notificato in data ###,
per tutte le argomentazioni esposte in parte motiva; - per l'effetto,
revoca il già menzionato decreto ingiuntivo; - condanna la società
### S.R.L. in liquidazione al pagamento, in favore del ### delle
spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 3.661,00 di
cui € 286,00 per spese non imponibili ed € 3.397,00 per compensi
professionali, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. ###
di ### sez. civile Così deciso in ### il ### IL Giudice Dr.ssa ###
presente provvedimento viene redatto su documento informatico e
sottoscritto con firma digitale dal Giudice dr.ssa ### in conformità
alle prescrizioni del combinato disposto dell'art. 4 del D.L.
29/12/2009, n. 193, conv. con modifiche dalla L. 22/2/2010, 24, e
del decreto legislativo 7/3/2005, n. 82, e succ. mod. e nel rispetto
delle regole tecniche sancite dal decreto del ### della Giustizia del
21/2/2011 n. 44

Avv. Antonino Sugamele

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