Trasferimento del dipendente titolare dei permessi ex Legge 104
(Legge 5 febbraio 1992 n. 104, articolo 33)
Corte d’Appello Firenze, sezione lavoro, sentenza 7 gennaio 2025 n. 8 – Pres. Papait, Cons. Rel. Rugiu
La Corte di Appello di Firenze
Sezione lavoro
così composta:
dr. Maria Lorena Papait - Presidente
dr. Roberta Santoni Rugiu - Consigliera rel.
dr. Nicoletta Taiti - Consigliera
nella causa iscritta al n. …/ 2024 RG
promossa da
spa E.
Avv. …
appellante
contro
P.L.
Avv. …
appellato
avente ad oggetto: appello della sentenza n. …/ 2024 del Tribunale di Pisa quale giudice del lavoro,
pubblicata il 25 gennaio 2024
all'esito della camera di consiglio dell'udienza 7 gennaio 2025 con lettura del dispositivo, ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il Tribunale di Pisa, con la decisione impugnata, aveva accolto il ricorso del dipendente L.P. nei
confronti della datrice spa E., condannando la società a trasferire il dipendente presso il punto
vendita di L., via C.D.P..
La decisione era così motivata:
- P. era dipendente di E. dal 17 dicembre 2010, inquadrato al livello V CCNL commercio,
- dal dicembre 2011, era in servizio presso il punto vendita di P., addetto al reparto frutta e verdura
- dall'anno 2017, era titolare dei permessi di cui alla L. n. 104 del 1992 per l'assistenza alla madre
A.P., residente nel Comune di C., loc. V.
- dall'anno 2018, aveva chiesto ripetutamente il trasferimento verso sedi di lavoro più vicine
all'abitazione della madre, fra cui il punto vendita di L. via C.D.P.
- con ricorso al Tribunale di Pisa, aveva affermato il proprio diritto alla scelta della sede di lavoro
più vicina al domicilio della madre, e la società si era opposta richiamando impedimenti di natura
tecnico organizzativa, nonché il fatto che le richieste di trasferimento non sarebbero state rivolte ad
avvicinarsi effettivamente alla madre
- a fondamento della domanda, emergeva che già dall'anno 2019 nel punto vendita di L. via C.D.P.
vi era disponibile una posizione lavorativa che avrebbe dovuto essere assegnata a P. ai sensi della L.
n. 104 del 1992, e ciò anche a prescindere dal fatto che fosse in corso un (asserito) iter selettivo per
assumere e destinare a tale negozio un altro lavoratore, privo dei titoli di preferenza che aveva invece
P.
- il negozio di L. via C.D.P. distava 16,3 km dall'abitazione della madre del ricorrente, e quindi
l'accoglimento della domanda non poteva essere precluso dal fatto che, in via transattiva, la società
si fosse resa disponibile a trasferire il lavoratore nel diverso punto vendita di L.D.C., viale K., il quale
distava invece 18,5 km dalla stessa abitazione.
La spa E. aveva appellato la sentenza in rito e nel merito, chiedendone la riforma integrale con rigetto
della domanda del lavoratore.
A) Nullità della sentenza per violazione del contraddittorio
Secondo la società, la sentenza era nulla per essere stata resa all'ud. 25 gennaio 2024 nonostante che,
con il provvedimento assunto alla precedente ud. 11 luglio 2023, il Tribunale avesse fissato tale data
esclusivamente per la verifica della conciliazione, e quindi E. avesse depositato le note scritte al solo
fine di rifiutare la proposta conciliativa. Per il resto, la società si era fidata che il giudizio sarebbe
ulteriormente proseguito dopo l'ud. Di gennaio, per la trattazione delle proprie contestazioni nel
merito e delle proprie istanze istruttorie, che ancora avrebbero dovuto essere discusse e decise
all'esito di successiva apposita udienza ai sensi dell'art. 420 c.p.c., mai tenuta.
Il Tribunale, pronunciando sentenza all'ud. fissata per la sola conciliazione, senza la necessaria ud.
di discussione, aveva violato il diritto al contraddittorio (da rispettare inderogabilmente, sia che la
discussione si tenesse in presenza delle parti e dei procuratori, sia che si tenesse in trattazione scritta
o da remoto ai sensi degli artt. 127 bis e 127 ter c.p.c.).
La violazione del contraddittorio aveva impedito alla società di prendere posizione sul fatto che il
ricorrente aveva modificato in modo inammissibile la propria domanda e le proprie produzioni
documentali con le note di trattazione scritta per l'ud. 25 maggio 2023, chiedendo il punto vendita
di L. via C.D.P., mentre nel ricorso introduttivo aveva chiesto il punto vendita di C., Loc. M..
B) Nullità della sentenza per violazione del principio della domanda
Secondo la società, il Tribunale avrebbe violato il principio di corrispondenza fra chiesto e
pronunciato.
Infatti - trascurando le conclusioni del ricorso introduttivo che chiedevano il trasferimento nel punto
vendita di C., Loc. M. - la sentenza lo aveva invece disposto nel diverso punto vendita di L., via
C.D.P..
Del resto, già prima di introdurre il giudizio, P. aveva formulato richieste diverse da quella poi
ribadita in giudizio poiché, mentre in origine aveva insistito per il trasferimento dalla sede di P. a
quella di M. (in tal senso la richiesta del 26 luglio 2019, doc. 5), con la successiva lettera del 2020 (doc.
7) aveva chiesto addirittura l'avvicinamento alla propria residenza in L., e non più a quella della
madre in C..
Il trasferimento nel punto vendita di L., via C.D.P. era stato disposto in modo irrituale in sentenza,
accogliendo le nuove conclusioni formulate nelle note di trattazione scritta per l'ud. 25 maggio 2023.
Ma le conclusioni originarie non avrebbero potuto essere modificate, senza autorizzazione del
giudice e senza gravi motivi, presupposti che nel caso in esame mancavano entrambi.
Come già detto al precedente motivo A), la mancanza di un'apposita udienza di discussione aveva
impedito ad E. di eccepire l'inammissibilità della modifica unilaterale della domanda attuata dalla
difesa del lavoratore. Del resto, con la propria memoria di costituzione, la società aveva potuto
prendere posizione solo in ordine alla richiesta di trasferimento nel punto vendita di C., Loc. M..
C) Mancata ammissione dell'istruttoria orale, violazione del diritto di difesa
Secondo la società, il Tribunale avrebbe dovuto ammettere la prova orale dedotta nella memoria di
costituzione, essenziale per contrastare la domanda.
In particolare, con il capitolo 3), E. aveva chiesto di dimostrare che, pur a fronte della richiesta di
trasferimento nel punto vendita di L. via C.D.P. svolta da P. del maggio 2019, nel giugno 2019 aveva
dovuto destinare a quello stesso negozio un nuovo assunto, il cui "iter selettivo" era però stato
"avviato" già prima di tale richiesta di P..
Tale istanza istruttoria era reiterata in questo grado, in quanto indispensabile per dimostrare che la
società era già obbligata verso il nuovo assunto a collocarlo nell'unico posto vacante presso il negozio
di L. via C.D.P., effettiva regione aziendale ostativa del preteso diritto di P. ad ottenere il medesimo
posto.
D) Inammissibilità della documentazione prodotta tardivamente
Secondo la società, il Tribunale avrebbe errato motivando in modo comparativo la rispettiva
distanza dei punti vendita di L. via C.D.P., e di L.D.C. viale K., rispetto all'abitazione della madre di
P., individuando quindi il primo come più vicino rispetto al secondo (nonostante che quest'ultimo
fosse stato offerto addirittura dalla società in via transattiva).
Gli argomenti relativi alla distanza chilometrica si fondavano infatti su estratti di Google Maps, che
il lavoratore non aveva prodotto con il ricorso introduttivo, bensì irritualmente con le note di
trattazione scritta per l'udienza cartolare del 25 maggio 2023.
Si trattava di documentazione tardiva, e quindi non utilizzabile ai fini della decisione, poiché
prodotta in violazione del diritto del contraddittorio, senza che alla società fosse stata consentita la
discussione sul punto anche al fine di formulare contestazioni e prove contrarie.
E) Motivazione illogica, insufficiente e contraddittoria
Secondo la società, il Tribunale avrebbe errato nel destinare P. a L., via C.D.P., sul solo presupposto
(derivante peraltro da documentazione prodotta tardivamente, come da motivo D) che tale negozio
fosse di 2,2 km più vicino all'abitazione della madre in C. frazione V., rispetto a quello di C. viale K.,
che pure la società aveva offerto in via transattiva.
E se, come era doveroso, il Tribunale avesse consentito di istruire adeguatamente le circostanze
controverse, la maggiore distanza dall'abitazione della madre si sarebbe ridotta a soli 1,6 km invece
che 2,2.
Si trattava in tutti i casi di differenze irrisorie, sia in termini chilometrici che di tempo di percorrenza
(poiché in tutti i casi dall'abitazione della madre P. avrebbe impiegato solo 7 minuti in più per
raggiungere il negozio di viale K. rispetto a quello di via C.D.P.).
Per contro, la decisione impugnata aveva invece imposto ad E. di trasferire un altro dipendente dal
punto vendita di L. via C.D.P. (sede assegnata giudizialmente a P.) al punto vendita di P. (sede nella
quale P. era in servizio prima del giudizio), imponendo al collega uno spostamento di 30 km, che
comportava circa 30 minuti di viaggio in auto.
F) Infondatezza del diritto, violazione dell'art. 33 L. n. 104 del 1992
Secondo la società, il Tribunale non aveva svolto il doveroso contemperamento dei contrapposti
interessi delle parti presupposto dalla norma in oggetto, che imponeva di comparare il diritto del
lavoratore ad avvicinarsi alla madre, da lui assistita, rispetto a quello del datore di non dover perciò
stravolgere la propria organizzazione aziendale.
L'inciso "ove possibile" dello stesso art. 33 comma 5 L. n. 104 del 1992 cit. escludeva che il lavoratore
avesse un diritto assoluto al trasferimento, mancando un obbligo della società di creare una
posizione lavorativa apposita, ovvero di spostare altro dipendente per fare spazio a chi esercitava il
diritto di assistere il familiare disabile.
Lo stesso inciso, piuttosto, significa che chi è titolare della preferenza ai sensi dell'art. 33 vanta una
sorta di prelazione ad ottenere una posizione lavorativa utile, purché presente in organico e vacante,
circostanza che non caratterizzava la sede di L. via C.D.P. dalla quale, per fare posto al ricorrente in
esecuzione della sentenza appellata, era stato necessario trasferire a scambio altro lavoratore alla
sede di P..
L.P. si era costituito chiedendo di respingere l'appello, con conferma della sentenza che aveva accolto
la propria domanda.
Secondo il Collegio, l'appello è infondato e va respinto. Nella presente motivazione, i relativi motivi
saranno affrontati nell'ordine inverso a quello con il quale sono stati formulati in appello, partendo
quindi dal merito del diritto ex art. 33 L. n. 104 del 1992 (motivi E, F), a cui sono strettamente collegate
le questioni relative alla formulazione delle domande e delle relative prove (motivi C, D), per
approdare quindi alle questioni processuali relative allo svolgimento del giudizio (motivi A, B).
Motivi E) ed F)
La sentenza appellata premetteva il fatto (pacifico) che il lavoratore L.P. era il familiare dedicato
all'assisteva della madre invalida A.P., e che quindi a tale titolo già dall'anno 2017 egli usufruiva dei
permessi di cui alla L. n. 104 del 1992.
All'epoca il lavoratore era in servizio presso il punto vendita E. di P..
La madre era sempre stata residente in C., frazione V., via P. n. 91 (come da certificato, doc. 11 ric.
1), residenza nota alla società proprio perché il lavoratore, usufruendo dei permessi di legge, per
tale assistenza aveva comunicato alla datrice il relativo indirizzo.
Già da giugno 2018, P. aveva chiesto il trasferimento ai sensi dell'art. 33 L. n. 104 del 1992 per
avvicinare la propria sede di lavoro alla residenza della madre, e quindi aveva rinnovato la stessa
richiesta nel maggio 2019.
Il punto vendita E. di L., via C.D.P. era il più vicino all'abitazione della madre, da cui distava soli
16,3 km, come risultava dagli estratti di Google Maps.
Tali estratti erano stati prodotti dal ricorrente nel corso del giudizio di primo grado, quando con le
note per l'ud. 25 maggio 2023 egli aveva individuato quella sede come quella rispetto alla quale
esercitare il diritto ex art. 33, mentre in origine nel ricorso introduttivo aveva individuato il punto
vendita in C., Loc. M..
La società, nella vicenda precedente il giudizio, aveva sempre negato il diritto al trasferimento
richiesto dal lavoratore ai sensi dell'art. 33, e ciò anche a fronte dell'accordo che egli aveva concluso
con il collega S.L. per scambiare le rispettive sedi di servizio (P. abitava a L. e lavorava a P., mentre
L. abitava a P. e lavorava a M.).
In giudizio, la società aveva offerto in via transattiva il trasferimento presso un punto vendita ancora
diverso, in L.D.C. viale K., tuttavia ponendo come condizione che ciò avvenisse con modifica del
regime orario che avrebbe dovuto essere esteso anche alla domenica, fino a quel momento non
lavorata da P..
Il Tribunale aveva comparato la distanza fra l'abitazione della madre e via C.D.P. da un lato (16,3
km) e viale K. dall'altro (18,5 km), concludendo che - in base alla minore distanza chilometrica - il
lavoratore aveva diritto ad ottenere il trasferimento nella prima (individuata nel corso del giudizio)
piuttosto che nella seconda (offerta in via transattiva).
Secondo il Collegio, la comparazione chilometrica rappresentava il passaggio decisivo della
valutazione in esame, a prescindere dal fatto che né le distanze né i relativi tempi di percorrenza
fossero elevati. Rimane comunque il dato decisivo che la maggiore vicinanza, e quindi il minor
tempo di spostamento, rappresenta esattamente l'utilità che la L. n. 104 del 1992 riconosce ai
lavoratori titolari dei diritti di assistenza di familiari non autosufficienti (condizione pacifica nel caso
in esame).
La circostanza che, eseguendo la sentenza appellata, per collocare P. nel punto vendita di L., via
C.D.P., fosse stato necessario trasferire altrove un collega non rappresenta ragione aziendale ostativa
del diritto in esame. Infatti - per quanto si dirà in relazione al motivo C) - la società non aveva
comunque dimostrato perché tale collega dovesse essere collocato necessariamente in quel punto
vendita, nonostante la richiesta già formulata da P. con preferenza legale di essere lì trasferito.
Motivo D)
La comparazione delle distanze chilometriche, decisiva per l'accoglimento della domanda, si basava
su estratti di Google Maps prodotti da lavoratore nel corso del giudizio, il cui contenuto era solo
parzialmente contestato dalla società (pagg. 24/25 appello).
Secondo il Collegio, premesso che i documenti di cui si discute altro non sono che una
rappresentazione in pianta di luoghi con l'indicazione delle relative distanze, è decisivo che la stessa
società appellante avesse riconosciuto che via C.D.P. era comunque più vicina all'abitazione della
madre rispetto a viale K..
Del resto, una volta definito il criterio con il quale la distanza va calcolata (in linea d'aria, percorsi
stradali, percorsi pedonali ecc.), il relativo chilometraggio rappresenta un dato oggettivo certo, ai
confini del fatto notorio.
Ciò premesso, tornando ai motivi E) ed F), la prima questione di merito posta dall'appello é se avere
agito per ottenere il trasferimento per avvicinarsi all'abitazione della madre ai sensi dell'art. 33 L. n.
104 del 1992 cit., individuando:
- in origine come sede di riferimento quella di C., località M. (nella quale prima del giudizio era
sembrato possibile lo scambio con il collega S.L.)
- e poi nel corso del giudizio con le note per l'ud. 25 maggio 2023 quella di L., via C.D.P. rappresenti
una modifica della domanda, che avrebbe richiesto giusti motivi e relativa autorizzazione del
giudice.
Secondo il Collegio la risposta è negativa, poiché il diritto azionato dal lavoratore era finalizzato non
ad un luogo geografico specifico quale sede di servizio, bensì ad avvicinare una sede di servizio
alternativa a quella attuale, che fosse il più possibile all'abitazione della madre, in favore della quale
è pacifico che egli esercitasse l'assistenza tutelata dalla L. n. 104 del 1992.
Del resto, già dal giugno 2018, prima del giudizio, il lavoratore aveva reiterato numerose e varie
richieste di trasferimento sempre ai sensi dell'art. 33 L. n. 104 del 1992 cit., individuando fra gli altri
anche via C.D.P. (vedi date e richiami ai relativi documenti precisati in proposito nella memoria di
costituzione dell'appellato, pag. 9).
Peraltro, mentre in viale K. il posto libero offerto in via transattiva dalla società presupponeva una
significativa modifica del regime orario, non consentita dal lavoratore, in via C.D.P. invece è pacifico
che vi fosse un altro posto libero, che la società aveva coperto con una nuova assunzione disposta
solo in seguito nel giugno 2019.
La seconda questione di merito posta dall'appello è se quest'ultima circostanza fosse o meno ostativa
del trasferimento a cui P. aveva diritto.
In proposito, il Collegio concorda con il Tribunale, nel senso della irrilevanza del mero fatto che l'iter
di assunzione del nuovo dipendente fosse già in corso quando nel maggio 2019 P. aveva chiesto via
C.D.P..
Infatti, le richieste del lavoratore di ottenere una sede più prossima all'abitazione della madre (come
pacificamente quella di L., via C.D.P.) risalivano appunto all'anno precedente, avendo egli reiterato
numerose e varie istanze in tal senso già dal giugno 2018.
Si trattava peraltro di richieste sempre negate dalla società, e ciò anche a fronte dell'accordo per lo
scambio delle rispettive posizioni, all'epoca raggiunto con il collega L..
Motivo C)
Il Collegio concorda con il Tribunale anche sulla irrilevanza delle istanze di prova orale formulate
dalla società in primo grado, e ribadite in appello (pagg. 29/30).
In proposito, era prospettato come decisivo il capitolo 3), secondo il quale nel negozio di L. via C.D.P.
vi era un posto vacante e disponibile, che però era stato coperto il 4 giugno 2019 da altro collega,
all'esito di un "iter selettivo" già avviato quando la società aveva ricevuto la richiesta di trasferimento
di P. del maggio 2019.
Ma si tratta di deduzione irrilevante per due profili.
Da un lato, perché nel maggio 2019 P. non aveva avanzato la prima richiesta di trasferimento bensì
l'ennesima istanza in tal senso. Dall'altro lato, perché il capitolo 3) era generico e si limitava ad
un'asserzione, e quindi, non avrebbe consentito di ricostruire né in che cosa fosse consistito tale "iter
selettivo", né quando sarebbe iniziato, né infine per quale motivo tale vicenda avrebbe imposto alla
società di collocare il neoassunto proprio in via C.D.P., piuttosto che in un qualsiasi altro punto
vendita E..
Motivi A) e B)
Secondo il Collegio, le nullità oggetto delle censure in esame non sussistono.
All'ud. cartolare 11 luglio 2023 il giudice aveva formulato una proposta conciliativa rinviando la sua
verifica all'ud. cartolare 25 gennaio 2024, in vista della quale la società appellata aveva depositato
note per respingere la proposta transattiva, insistendo comunque nelle conclusioni in merito e nelle
istanze istruttorie già formulate nella propria memoria di costituzione.
Del resto, secondo i principi generali del rito del lavoro, entrambe le udienze, luglio 2023 e gennaio
2024, erano sempre state anche di discussione, come reso palese dal fatto che le note depositate dalla
società non si limitavano alle ipotesi transattive ma richiamavano comunque anche conclusioni ed
istanze.
Quanto al fatto che nelle conclusioni originarie del ricorso la sede di destinazione per l'esercizio della
preferenza ex art. 33 fosse indicata in C., Loc. M., mentre nelle successive note per l'ud. 25 maggio
2023 la sede fosse indicata in L., via C.D.P., non si tratta di una modifica inammissibile della
domanda.
Come già detto superando i motivi di appello nel merito, la domanda giudiziale era stata formulata
a conclusione di un lungo iter di istanze di vario contenuto, reiterate dal lavoratore negli anni
precedenti, sempre alla ricerca di un avvicinamento della propria sede di lavoro da P. all'abitazione
della madre in C., Loc. V., tutte respinte dalla società.
Il diritto oggetto del presente giudizio non poteva quindi essere inteso in modo restrittivo come
riferito alla richiesta di una specifica destinazione geografica (come tale non modificabile se non per
gravi motivi e con autorizzazione del giudice), dal momento che il vero e proprio oggetto era il
diritto al trasferimento per facilitare l'assistenza di un familiare non autosufficiente, di cui
pacificamente è titolare il lavoratore.
Tale ampia portata della domanda era infatti stata ben compresa dalla stessa difesa della società
appellata, la quale aveva dedotto circostanze e chiesto prove non solo sul punto vendita di C., Loc.
M., ma anche su una pluralità di altri punti vendita, fra cui L., via C.D.P., L. Loc. A., P. e sul resto
del territorio di L. (vedi pag. 7 punti 14 e 16 memoria di costituzione in primo grado).
Infine, come già detto sopra nel superare il motivo D), ritenuta la ritualità della nuova indicazione
della sede richiesta dal lavoratore in L., piuttosto che in C., una volta che il giudice aveva individuato
come trasferimenti possibili quello in L. alternativo a quello in L.D.C., era rituale altresì che la
decisione finale sulla base della rispettiva distanza di questi ultimi punti vendita rispetto
all'abitazione della madre in C., Loc. V., fosse basata sugli estratti di Google Maps prodotti nel corso
del giudizio dal lavoratore. Infatti, si trattava di rappresentazione grafiche che supportavano il dato
oggettivo (ai confini del notorio) della rispettiva distanza chilometrica fra i diversi punti di interesse.
Spese di lite e C.U.
Le spese di lite di secondo grado seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo nell'ambito
degli importi minimi dello scaglione di valore indeterminabile di complessità bassa delle cause di
appello (esclusa la fase istruttoria non svolta in questo grado, risolto in un'unica udienza di
discussione e decisione in presenza).
Nei confronti della società appellante, integralmente soccombente, devono essere dichiarati i
presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, respinge l'appello e conferma la sentenza appellata.
Condanna la società appellante al pagamento delle spese di lite di secondo grado liquidate in Euro.
3. 473,00 oltre spese generali 15%, Iva e Cpa.
Dichiara che nei confronti della società appellante sussistono i presupposti processuali per il
raddoppio del contributo unificato.
Conclusione
Così deciso in Firenze, il 7 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2025
21-03-2025 14:05
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