Chiede il riconoscimento dell'assegno di invalidità e non si presenta dal CTU nominato dal giudice. Violazione del principio della collaborazione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 marzo - 30 maggio 2013, n. 13588
Presidente Bandini – Relatore Venuti
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 7 dicembre 2007, in riforma della sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da S.R. nei confronti dell'INPS, volta ad ottenere l'assegno ordinario d'invalidità, ha rigettato la domanda, accogliendo l'impugnazione dell'Istituto.
Ha osservato la Corte di merito che, disposta la rinnovazione della Consulenza tecnica espletata in primo grado, il S. non si era presentato al c.t.u. il giorno in cui era stato fissato l'inizio delle operazioni peritali; che ciò aveva comportato il mancato esperimento dell'incarico; che l'assicurato non aveva giustificato la mancata comparizione; che, non presentantosi alla visita medica, il S. era venuto meno all'onere di collaborazione, ciò che giustificava il rigetto della domanda non essendo stata consentita la verifica della ricorrenza dei requisiti di legge per il riconoscimento del diritto accertato in primo grado.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione il S. . L'INPS ha rilasciato procura al suo difensore, che ha partecipato alla discussione orale.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, cui fa seguito il relativo quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ. allora in vigore, il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 116 cod. proc. civ., lamenta che la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare che la mancata presentazione alla visita medica fosse stata determinata da un ingiustificato rifiuto di sottrarsi alla stessa, tanto più che non vi era la prova che il ricorrente fosse stato
convocato dal c.t.u. attraverso il "rituale invito", avendo il medesimo fissato la data di inizio delle operazioni peritali in udienza alla presenza dei procuratori costituiti.
Aggiunge il ricorrente che, se è vero che il giudice può desumere argomenti di prova, ai sensi dell'art. 116 cod. proc. civ., dal contegno tenuto dalle parti, nella specie non poteva trarsi alcun elemento sfavorevole dal comportamento processuale da lui tenuto, atteso che in primo grado gli era stata riconosciuto il diritto alla prestazione, circostanza questa incompatibile con la volontà di non collaborare all'espletamento della perizia medico-legale.
2. Il motivo non è fondato.
È principio consolidato di questa Corte che nelle controversie previdenziali nelle quali sia disposta nuova consulenza tecnica sullo stato di salute dell'assicurato a seguito di specifico gravame, si configura a carico del medesimo un onere di collaborazione, consistente nella sottoposizione a visita medica, che costituisce presupposto imprescindibile dell'accertamento medico. Pertanto la mancata, ingiustificata presentazione dell'assicurato alla visita medica, in quanto preclusiva delle necessarie indagini medicolegali, equivale al mancato soddisfacimento dell'onere della prova a carico dell'istante e ben può giustificare il rigetto della domanda (cfr., ex plurimis, Cass. n. 12662/95; Cass. n. 3311/99; Cass. 101/2001; Cass. 29906/11).
Nella specie la Corte territoriale si è attenuta a tale principio, accertando, con valutazione di fatto non censurabile in questa sede, che la mancata presentazione a visita dell'assicurato non fosse giustificata.
Né il c.t.u. era tenuto a convocare il ricorrente con un "rituale invito", posto che, a norma dell'art. 90 disp. att. cod. proc. civ., il consulente tecnico che sia autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice, deve dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni, con dichiarazione inserita nel processo verbale di udienza o con biglietto a mezzo del cancelliere, ciò che è avvenuto nella specie, avendo il c.t.u. - come da atto lo stesso ricorrente - fissato la data di inizio delle operazioni peritali in udienza alla presenza dei procuratori costituiti.
3. Con il secondo motivo, seguito anche qui dal quesito di diritto, il ricorrente denunzia violazione dell'art. 437, comma 2, cod. proc. civ., rilevando che, pur potendo in base a tale disposizione il giudice ammettere d'ufficio nuovi mezzi di prova, sempre che siano ritenuti indispensabili ai fini della decisione, nella specie non avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della consulenza tecnica espletata in primo grado, essendo questa fondata su un "irreprensibile percorso logico" e su "documenti inoppugnabili".
4. Il motivo non è fondato.
Innanzitutto la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova, ma uno strumento che ha la funzione di fornire all'attività ave valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede.
Tanto meno, poi, nella specie è stato ammesso d'ufficio un "nuovo mezzo di prova", avendo la Corte territoriale disposto la rinnovazione della consulenza tecnica espletata in primo grado in accoglimento della relativa richiesta avanzata dall'Istituto appellante.
Infine, rientra nella discrezionalità del giudice d'appello disporre la rinnovazione dell'elaborato peritale, ove ritenga che l'indagine eseguita dal c.t.u. presenti lacune, carenze od errori e comunque non offra rassicuranti elementi di giudizio.
5. Non v'è luogo a provvedere sulle spese di questo giudizio, ai sensi dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo - applicabile ratione temporis - anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 42, comma 11, d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
01-06-2013 22:28
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