Firma in Banca un contratto credendolo un investimento, ma si tratta di una polizza sulla vita. Cita in giudizio l'istituto di credito ed il giudice non accoglie la domanda.
Tribunale di Lanciano, sentenza 20 – 27 luglio 2015, n. 370
Giudice Cordisco
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato in data (…), M.R. conveniva in giudizio, davanti a questo Tribunale, la Banca (omissis), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, e chiedeva accertarsi e dichiararsi che quest'ultima (e per essa i funzionari e dirigenti della filiale di Lanciano che avevano operato nell'ambito delle deleghe loro conferite e delle funzioni assegnate), proponendole la sottoscrizione della polizza vita indicata in citazione ed inducendola a sottoscriverla, aveva violato le prescrizioni di cui all'art. 21 D.Lgs. n. 58/98; chiedeva, altresì, la condanna dell'istituto di credito al risarcimento dei danni subiti, oltre accessori.
Si costituiva in giudizio la Banca (omissis), la quale contestava puntualmente l'assunto avversario, di cui chiedeva il rigetto.
La domanda è infondata e, pertanto, deve essere rigettata.
Ed invero, la R. – nata nel (…), vedova senza figli, affetta dalle numerose patologie elencate in citazione e con frequentazione della scuola dell'obbligo fino alla quarta elementare, secondo quanto riferito nell'atto introduttivo – lamenta che l'allora direttore della filiale di Lanciano della Banca (omissis), unitamente ad un funzionario, le avevano suggerito di investire una consistente somma di danaro in un “contenitore valore garanzia”, garantendole un buon rendimento annuo, mentre si trattava, in realtà, di un contratto di assicurazione sulla vita a premio unico che contemplava forti penali in caso di riscatto anticipato ed alti costi di gestione e che non corrispondeva, dunque, alle caratteristiche di investimento prudente e prontamente smobilizzabile da lei richiesto.
Sulla scorta di tanto, l'istante sostiene la responsabilità della Banca per violazione degli obblighi informativi sulla stessa gravanti.
Ebbene, il richiamato art. 21, comma 1, TUF prevede che i soggetti abilitati nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento devono oltre che comportarsi con diligenza, trasparenza, correttezza, anche “acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati”.
Inoltre, l'art. 28 reg. Consob n° 11522 del 1998 prevede che gli intermediari autorizzati “non possono effettuare o consigliare o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi, sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento”.
Secondo la giurisprudenza della S.C., “in tema d'intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri d'informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d'investimento finanziari, può dar luogo a responsabilità contrattuale, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d'investimento e disinvestimento. Pertanto, è sufficiente che l'investitore alleghi da parte dell'intermediario l'inadempimento delle obbligazioni poste a suo carico dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 (integrato dalla normativa secondaria) e che provi che il pregiudizio lamentato consegua a siffatto inadempimento; l'intermediario ha invece l'onere di provare di aver rispettato i dettami di legge e di avere agito con la specifica diligenza richiesta” (Cass. n. 11412/12).
Ebbene, dalla documentazione prodotta risulta che la R. ha sottoscritto la polizza per cui è causa in data (…), previa ricezione del fascicolo formativo contenente la scheda sintetica, la nota informativa, le condizioni di assicurazione, il glossario ed il modulo di polizza, con espressa indicazione che il fascicolo stesso è stato consegnato alla contraente prima della sottoscrizione della polizza.
Risulta, ancora, dagli atti allegati dalla banca che l'attrice, nella stessa data del (…), ha compilato e sottoscritto un questionario di profilatura da cui emerge, tra l'altro, che l'orizzonte temporale per la realizzazione degli obiettivi era lungo (maggiore o uguale a 5 anni), che la probabilità di avere bisogno dei propri risparmi nei primi anni del contratto era bassa e che – sulla base delle informazioni scritte fornite dalla stessa contraente – l'operazione di investimento risultava adeguata.
Come si legge in citazione, la R. dopo circa un anno dall'investimento chiese alla banca quale fosse il relativo rendimento e, insoddisfatta del prodotto, decise di riscattare le somme investite.
Ebbene, proprio la circostanza suddetta, circa la capacità dell'istante di chiedere informazioni in merito all'investimento effettuato e di ritenere la non convenienza dello stesso rispetto alle proprie esigenze, stanno a dimostrare una propensione a valutare ed a scegliere come investire i propri risparmi.
Risulta, altresì, documentalmente provato che la R. il (…) (e, dunque, pochi giorni prima della sottoscrizione della polizza per cui è causa) ha compilato un questionario rilasciando informazioni scritte sulla sua esperienza in materia di investimenti finanziari e sulla sua propensione al rischio (risultata moderata).
A ciò aggiungasi che, come affermato nell'atto introduttivo, l'attrice era cliente della Banca (omissis) già da diversi anni ed aveva effettuato numerosi investimenti sin dal (…), anche per importi considerevoli.
Ciò premesso, risulta sicuramente assolto dalla banca il cd. “obbligo informativo dal lato passivo”, previsto dall'art. 28, lett. a), del Regolamento Consob n. 11522/98, il quale dispone che prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell'inizio della prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio.
Ma risulta rispettato anche il dovere di diligenza, correttezza e di informare ed informarsi di cui all'art. 21, avendo la banca posto la cliente, per quanto sopra, nella condizione di conoscere il tipo di prodotto che stava acquistando.
La convenuta, in sostanza, ha sufficientemente dimostrato di aver assolto al proprio obbligo di informativa circa le caratteristiche del prodotto in esame, anche in considerazione delle caratteristiche soggettive della cliente e del suo profilo di rischio quale emerge dalle sue concrete scelte di investimento, anche pregresse.
Ciò consente di escludere che la R., nell'effettuare l'investimento di cui si discute, abbia effettuato scelte non consapevoli, per effetto della violazione di specifici obblighi informativi della banca convenuta in merito alle caratteristiche del prodotto acquistato.
Né è possibile giungere a diverse conclusioni in considerazione delle patologie che affliggono l'attrice, le quali non incidono sulla capacità di intendere e di volere; così come ininfluente, ai fini che qui interessano, appare il grado di istruzione della R., che non le ha certo impedito di effettuare, anche in passato, consapevoli scelte di investimento dei propri risparmi.
In definitiva, la domanda deve essere rigettata, con ogni conseguenza di legge in ordine alle spese di lite, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Lanciano, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione notificato in data (...) da M.R. nei confronti della Banca (omissis), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, ogni ulteriore istanza, difesa ed eccezione disattesa, così provvede:
a) rigetta la domanda;
b) per l'effetto, condanna l'attrice al pagamento delle spese di lite, liquidate nella misura di euro 1.617,50 per compenso professionale, oltre accessori come per legge.
21-08-2015 22:20
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