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Sentenza

Trapani. L'attore chiama in giudizio un ingegnere per ivi sentirlo condannare al...
Trapani. L'attore chiama in giudizio un ingegnere per ivi sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza delle condotte asseritamente diffamatorie poste in essere dal convenuto in occasione di un procedimento penale, nell'ambito del quale veniva emesso dal GIP del tribunale di Marsala decreto di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. che vedeva l'odierno attore nominato custode giudiziario con funzione di amministratore delle quote sociali della E. s.r.l. intestate al convenuto: danno quantificato dall'attore in Euro 600.000,00.
Tribunale Trapani, Sent., 03-09-2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TRAPANI

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice dott. Gaetano Sole, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 1901/2014 del Ruolo Generale degli Affari Civili contenziosi vertente

TRA

D.A. ((...)) nato in P. l' (...), rappresentato e difeso dall'avv. Mattia Cristina Catanzaro, giusta procura in atti

ATTORE

Contro

A.V. ((...)) nato in C. il (...), rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Alessandro Di Girolamo, giusta procura in atti

CONVENUTO

OGGETTO: risarcimento danni da reato
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato il dott. A.D. conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale l'ing. V.A., per ivi sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza delle condotte asseritamente diffamatorie poste in essere dal convenuto in occasione del procedimento penale iscritto nei confronti di A.V. + 19 sub 1485/2005 R.G.N.R. - 23/2006 R.GIP, nell'ambito del quale veniva emesso dal GIP del tribunale di Marsala decreto di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. che vedeva l'odierno attore nominato custode giudiziario con funzione di amministratore delle quote sociali della E. s.r.l. intestate al convenuto: danno quantificato dall'attore in Euro 600.000,00.

In breve, l'attore lamenta di essere stato bersaglio di una serie di istanze, richieste e relazioni (indirizzate all'autorità giudiziaria) nonché di una serie di azioni giudiziarie, gravemente lesive del proprio diritto all'onore ed alla reputazione.

In particolare, l'attore lamenta l'illiceità della condotta del convenuto in relazione ai seguenti documenti:

1) Quanto alla relazione n. 1 del 26 marzo 2008 l'ing. A.V. affermava che il dott. D. prima della immissione in possesso non avrebbe redatto l'inventario dei beni e delle documentazioni presenti presso la sede legale. Asserzione non veritiera e che avrebbe avuto quale risvolto il fatto che l'allora GIP del Tribunale di Marsala, nella persona del dott. R.R., chiedesse al Custode Giudiziario di riferire sulla circostanza;

2) Quanto alla nota n. 2 del 26 marzo 2008 l'attore lamenta che il convenuto avrebbe illegittimamente denunziato una serie di inadempienze che avrebbero determinato il depauperamento del patrimonio aziendale, tra cui: il fatto di aver autonomamente nominato una serie di coadiutori (dott. T.F., dott. A.F., ing. D.P.G.) con funzioni di amministratori di fatto e di custodi, senza preventivo assenso scritto del GIP, né consentendo al GIP di valutarne i curriculum vitae; il fatto di aver omesso rilevanti valori di beni, come quelli della E. srl che da sola sarebbe risultata titolare di beni per un valore superiore a 10.000.000,00 di Euro (omissione che avrebbe determinato una errata valutazione in difetto da parte del GIP, della somma dei beni già sequestrati con la conseguente ricerca di altri beni anche personali degli indagati, ed emissione di ulteriori provvedimenti di sequestro a danno del convenuto); la totale assenza fisica dell'amministrazione giudiziaria, nella persona dell'a.g. e dei suoi coadiutori, nella gestione sia pur ordinaria e minima della società; il fatto di aver avere causato la totale inagibilità dei locali aziendali per carenza di igiene e sicurezza strutturale delle sedi lavorative; il fatto che vi fosse una rilevante mancanza di beni aziendali tra i quali, l'olio extravergine di oliva dai silos dell'oleificio aziendale; il fatto di aver censurato scelte compiute dall'amministratore quali quella l'aver progressivamente ceduto una serie di beni aziendali, così di fatto smembrando l'azienda e svilendone il valore intrinseco; il fatto di essere inadatto a ricoprire l'incarico per essere al contempo destinatario di oltre 30 cariche effettive, tali da rendere, per mancanza di tempo, impossibile il diligente espletamento dell'incarico;

3) Quanto all'istanza del 04/09/2008 l'attore lamenta l'illegittimità della denunzia di una ulteriore serie di presunte inadempienze tra cui: (oltre a quelle già precedentemente evidenziate e poi ribadite) la mancata redazione di un rendiconto trimestrale; il mancato recapito della posta e delle notifiche giudiziarie al convenuto;

4) Quanto alle istanze del 19/01/2009 e del 21/01/2009 l'attore lamenta l'illegittimità di quanto denunziato dal convenuto il quale a sua volta denunziava la falsità di quanto rappresentato dal D. al GIP, nonché la sussistenza di un preciso progetto da parte del D. volto ad "azzerare le attività professionali e di costruzioni della E. srl, e vendere tutto a pezzi smembrando l'azienda e provvedere ad affittare ciò che non poteva essere venduto, al fine di utilizzare i proventi per pagare le loro parcelle relative ad attività inutili", lamentando poi la deficitaria gestione dell'attore causa di un deficit aziendale prima mai verificatosi;

5) Quanto all'istanza del 30/01/2012 l'attore lamenta l'illegittimità di quanto denunziato dal convenuto il quale denunziava la falsità di quanto rappresentato dal D. nella relazione n. 50 quanto alla inesistenza di ulteriori registri contabili" nonché circa l'affermazione inerente all'esistenza di un "caotico archivio documentale", nonché circa l'inadempimento da parte del D. di "ogni adempimento di legge sui registri contabili dal 2007 ad oggi", che a dire del convenuto avrebbe determinato un danno sia a questi, che ai creditori sociali sia allo Stato (in relazione alla mancata percezione di proventi fiscali)";

6) Quanto alla memoria del 28/02/2012 l'attore lamenta l'illegittimità di quanto denunziato dal convenuto il quale accusava l'attore di aver illegittimamente prelevato somme dal conto corrente della società E. ;

Infine, l'attore lamentava l'illegittimità di una serie di iniziative giudiziarie poste in essere dall'attore (alcune già conclusesi con la soccombenza dello stesso).

In definitiva, l'attore riteneva che le condotte suindicate, in quanto volte a mettere in discussione la professionalità e diligenza del D. nell'espletamento dell'incarico ricevuto, integrassero gli estremi del reato di diffamazione, cagionando all'attore un danno non patrimoniale di rilevante entità. Lamentava, inoltre, la sussistenza di un danno patrimoniale pari ad Euro 123.140,71 in relazione alle spese processuali sostenute dall'attore per difendersi nei giudizi nei quali era stato invocato in giudizio dal convenuto.

Si costituiva in giudizio il convenuto, contestando variamente la fondatezza della domanda spiegata ex adverso.

Segnatamente, l'ing. A. rivendicava la fondatezza delle lamentele più volte evidenziate all'autorità giudiziaria, giustificate dalla mala gestio posta in essere dall'amministratore giudiziario, il quale, sebbene nominato custode giudiziario con compiti di amministratore giudiziario esclusivamente della ditta A.V. e non anche dei beni personali, avrebbe illegittimamente esautorato l'ing. A. da ogni possibilità di amministrare i propri beni e svolgere la propria attività professionale di ingegnere. Le inadempienze del D. avrebbero, poi, condotto ad una sostanziale paralisi dell'attività aziendale cui conseguiva lo "svuotamento" dell'impresa, e l'insorgere di una situazione debitoria gravosa.

Inoltre veniva eccepita l'intervenuta prescrizione della pretesa risarcitoria in relazione alle condotte antecedenti il quinquennio dalla notifica dell'atto introduttivo. Infine (previa richiesta di chiamata in causa dei Ministeri della Giustizia e dell'Economia e Finanze) veniva spiegata domanda riconvenzionale a mezzo della quale il convenuto chiedeva ottenersi un risarcimento per i danni cagionati dal D. per fatti di mala gestio nello svolgimento dell'incarico di custode giudiziario assunto su incarico del Tribunale penale di Marsala: danni quantificati in complessivi Euro 11.435.704,72. Con ordinanza del 14/04/2015, veniva quindi disposta la separazione della domanda riconvenzionale promossa da A.V. da quella attorea. Il giudizio scaturente dalla domanda riconvenzionale veniva quindi riassunto presso il Tribunale di Palermo (competente ex art. 25 c.p.c.).

La causa è stata istruita mediante l'acquisizione dei documenti offerti in giudizio dalle parti, nonché mediante l'escussione di taluni testimoni.

La domanda è infondata e va quindi rigettata.

L'attore lamenta in via principale di aver subito un danno ingiusto in conseguenza del fatto illecito, rilevante ex art. 2043 c.c., posto in essere dal convenuto V.A. il quale avrebbe posto in essere una condotta diffamatoria nei confronti del D..

Ora, deve preliminarmente rilevarsi come l'art. 2697 c.c. imponga all'attore che intende far valere in giudizio un proprio diritto, l'onere di fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa. Tale regola fa sì che l'attore che invochi la sussistenza di un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, debba fornire la prova degli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità descritta dall'art. 2043 c.c., e cioè: a) della sussistenza del fatto commissivo od omissivo che si assume illecito; b) del dolo o della colpa, quali coefficienti soggettivi che devono caratterizzare il fatto; c) della sussistenza di un "danno ingiusto", e cioè di una lesione non giustificata di un proprio interesse meritevole di tutela (c.d. danno evento), con la precisazione che se la lesione riguarda un diritto della persona costituzionalmente garantito, ovvero negli altri casi espressamente previsti dalla legge interna o comunitaria (art. 2059 c.c.) è ammesso il risarcimento del danno non patrimoniale; d) del nesso di causalità tra fatto doloso o colposo e danno evento; e) della sussistenza di un pregiudizio che consegua direttamente e immediatamente alla lesione (c.d. danno conseguenza: art. 1223 c.c.).

Orbene nel caso si specie l'attore non ha fornito la prova della sussistenza degli elementi costitutivi della invocata fattispecie di responsabilità aquiliana.

Anzitutto, non può non evidenziarsi come, dal punto di vista oggettivo, l'attore non abbia fornito la prova di aver effettivamente operato in maniera diligente e professionalmente accorta in relazione all'incarico espletato.

E invero, va subito rilevato come in seno all'atto introduttivo l'attore si sia limitato ad elencare le doglianze mosse dal convenuto - innanzi all'autorità giudiziaria procedente - al fine di evidenziare una serie di mancanze nella gestione del proprio incarico, come se la falsità di tali affermazioni fosse in re ipsa. Tant'è che a tale elencazione, che esaurisce la parte in fatto dell'atto introduttivo, segue una disamina in diritto in ordine ai presupposti che consentono il risarcimento del danno da diffamazione.

Orbene, se è vero che il convenuto si rivolgeva all'autorità giudiziaria (Tribunale di Marsala), evidenziando una serie di circostanze quali la mancata (o tardiva) redazione dell'inventario, la sostanziale assenza dell'amministratore nella gestione dell'azienda, il progressivo svuotamento della società, l'arbitraria nomina di coadiutori senza preventiva autorizzazione dell'A.G. ecc., il custode-amministratore giudiziario in questa sede, al fine di provare la natura oggettivamente diffamatoria delle affermazioni dell'A., avrebbe dovuto puntualmente soffermarsi sui singoli profili di lagnanza evidenziati dando prova dell'inconsistenza degli stessi e della falsità delle accuse mosse da controparte: prova che non è stata minimamente offerta. Difatti, è appena il caso di sottolineare come non vi sia alcuna presunzione di diligente adempimento dell'incarico espletato da parte dell'attore (come implicitamente vorrebbe la difesa del D.).

Al contrario, essendo state le predette inadempienze ribadite dal convenuto nella propria comparsa di costituzione e risposta, l'attore aveva un onere di specifica contestazione delle circostanze in questione, in assenza della quale i fatti dedotti dall'ing. A. (almeno in relazione al presente procedimento) possono ritenersi non contestati ai sensi dell'art. 115 c.p.c.

Peraltro, deve sottolinearsi come alcune anomalie nella gestione del patrimonio sottoposto a sequestro siano state provate dal convenuto - che pure non poteva ritenersi gravato dal relativo onere - nel corso del giudizio.

A titolo esemplificativo ci si riferisce:

a) Alle circostanze evidenziate dal teste A.A.: "è vero, i dipendenti mi riferivano, per come sopra detto, che le bollette della luce e del telefono non erano state pagate e pertanto le linee erano state staccate, che, credo dopo le ferie estive, in alcune stanze del comparto tecnico dell'ufficio di via Crispi era crollato il tetto, e pertanto si erano trasferiti presso l'oleificio in via P. e che sempre a dire dei dipendenti dell'olio era andato a male"; (...) è vero, i dipendenti si lamentavano con me di non ricevere gli stipendi";

b) Alle circostanze evidenziate dal teste D.M.L. "posso dire che il dott. D. ed i suoi collaboratori gestivano la E. ma il dott. D. l'ho visto solo due volte ed i collaboratori non venivano tutti i giorni, veniva più spesso l'ing. D.P., una volta a settimana certe volte due, non tutti i giorni e ci dava delle disposizioni ma lui non era preparato per seguire i progetti di cui occupavamo e quindi si e creata una situazione di stallo e sono mandati a buon fine solo pochi progetti mentre altri non sono stati più seguiti anche perchè poi ci hanno staccato la luce ed il telefono e poi e crollato il soffitto della sede; c'è stato un intervento dei vigili del fuoco che hanno dichiarato inagibile il locale; questo più o meno da settembre 2007 in poi; ci siamo trasferiti all'oleificio e poi anche li ci hanno tagliato la luce e questo più o meno nell'aprile del 2008; si capiva c'erano problemi economici anche dal fatto che non ci pagavano gli stipendi (...) prima dell'amministrazione giudiziaria tutti gli stipendi erano regolari";

Ancora, sotto il profilo soggettivo, l'attore avrebbe dovuto fornire prova dell'elemento soggettivo dell'illecito: il dolo di diffamazione. L'autore dell'illecito, cioè, deve avere la consapevolezza di offendere l'onore e la reputazione altrui.

Consapevolezza che si può desumere anche dalla intrinseca consistenza diffamatoria delle espressioni usate (cfr. Cass. n. 25420 del 26/10/2017).

Nel caso in esame tale consapevolezza può dirsi tutt'altro che provata. Ed invero, è del tutto ragionevole ritenere che le iniziative poste in essere dall'ing. A. siano state poste in essere non al fine di offendere gratuitamente l'onore o la reputazione dell'ausiliario, bensì al fine tutelare l'integrità aziendale che - almeno secondo la prospettiva del convenuto - l'amministrazione giudiziaria stava depauperando. Ed invero è documentalmente provato che ogni istanza presentata dal convenuto era rivolta all'autorità giudiziaria di cui si chiedeva un intervento.

Infine, anche a voler ritenere, in via del tutto ipotetica, che le istanze depositate dal convenuto potessero avere un contenuto astrattamente lesivo della reputazione dell'attore, non può non evidenziarsi come la condotta debba comunque ritenersi non punibile alla luce del disposto di cui all'art. 598 c.p.

E invero, con specifico riferimento alle ipotesi di diffamazione asseritamente poste in essere nell'ambito di procedimenti giudiziari, viene in rilievo la speciale esimente prevista dall'art. 598 c.p. rubricato "Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative" a mente della quale: "Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'Autorità amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo".

In relazione a tale fattispecie la S.C. ha recentemente avuto modo di affermare: "In tema di diffamazione, V operatività della speciale esimente prevista dall'art. 598 c.p. - con la quale il legislatore ha inteso garantire alle parti del processo e ai rispettivi difensori la più ampia libertà espressiva nell'esercizio del diritto di difesa - è subordinata alla duplice condizione che le espressioni offensive attengano in modo diretto ed immediato all'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni svolte a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta "(così Cass. Civ. n. 13797 del 31/05/2018).

Nel caso di specie non v'è dubbio che le censure mosse dall'ing. A. attenessero direttamente all'oggetto del procedimento penale, e segnatamente al piano attinente alla portata del provvedimento di sequestro che riguardava direttamente la sfera soggettiva del preposto (incidendo sulla propria capacità di svolgere attività professionale), nonché su quella dell'integrità patrimoniale dello stesso (avendo l'imputato la legittima aspettativa a non subire una falcidia del proprio patrimonio nel caso, poi effettivamente verificatosi, in cui i beni fossero stati poi dissequestrati).

Infine, quanto alla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, non può che rilevarsene l'assoluta infondatezza, giacché le somme richieste attengono a spese legali le quali trovano la propria regolamentazione, alla luce del principio di soccombenza, all'interno dei procedimenti di cui trattasi non potendo le spese processuali "essere considerato danno, ai sensi dell'art. 2043 c.c., ed essendo soggetto alla disciplina prevista per la regolamentazione delle spese del giudizio dagli art. 91 e 92 c.p.c., applicabile anche nel processo penale." (così Cass. n. 20313 del 09/10/2015; Cass. n. 1748 del 08/02/2012).

In conclusione, la domanda non merita accoglimento, restando assorbite le ulteriori questioni agitate dalle parti.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano secondo i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014 (parametri medi).
P.Q.M.

Il Tribunale di Trapani, Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Dott. Gaetano Sole, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, così provvede:

1) rigetta la domanda;

2) condanna l'attore al pagamento in favore dell'ing. V.A. alla refusione delle spese di lite da questi affrontate, che si liquidano nella complessiva somma di Euro 27.804,00 oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CP, da distrarsi in favore del procuratore antistatario;

Così deciso in Trapani, il 2 settembre 2019.

Depositata in Cancelleria il 3 settembre 2019.
Avv. Antonino Sugamele

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