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Sentenza

Congedo parentale. Abuso del congedo parentale a madre disabile (Legge 92/2012, ...
Congedo parentale. Abuso del congedo parentale a madre disabile (Legge 92/2012, articolo 1 comma 47 della; legge 53/2000; Dlgs 151/2001, articolo 42)
    Corte d’Appello Reggio Calabria, Sez. lavoro civile, sentenza, 24 febbraio 2025, n. 134 – Pres. Crucitti, Cons. Rel. Chinè
CORTE D'APPELLO DI REGGIO CALABRIA
Sezione lavoro
La Corte di Appello di Reggio Calabria - Sezione Lavoro - riunita in camera di consiglio e composta
dai Signori Magistrati:
1 Dott.ssa Maria Luisa Crucitti - Presidente
2 Dott. ssa Ginevra Chinè - Consigliere rel
3 Dott. ssa Maria Carla Arena - Consigliere
nella causa celebrata con le forme di cui all'art. 127 ter c.p.c. viene emessa la seguente
SENTENZA
in grado di appello, nel procedimento iscritto al n. …/2023 R.G.L. e vertente
TRA
B.D. (C.F. (...)), rappresentato e difeso dagli Avv.ti…;
E
M.C.T. SPA (P.I. (...)), in persona del legale rappresentante pro - tempore, con sede legale in G. T.,
via A. R. n. 1, rappresentata e difesa dagli Avv.ti…;
- reclamata -
Svolgimento del processo
B.D. ha impugnato, nelle forme di cui all'art. 1 co. 47 e ss L. n. 92 del 2012, il licenziamento
disciplinare che la M.C. s.p.a. gli ha comminato in data 22.10.2020, ai sensi dell'art. 35 (B) CCNL
Lavoratori dei porti.
Il licenziamento ha fatto seguito alla contestazione disciplinare mossagli in data 7.10.2020 ex art.7 L.
n. 300 del 1970 per avere - durante un periodo di congedo straordinario ex art. 42 D.Lgs. n. 151 del
2001 di 63 giorni consecutivi finalizzato all'assistenza della madre invalida ex art. 3 comma 3 L. n.
104 del 1992- abusato del relativo diritto, utilizzando il beneficio della sospensione della prestazione
di lavoro per scopi estranei alle finalità di assistenza del familiare disabile, sulla base della seguente
contestazione: "abbiamo appreso che Lei- quantomeno nelperiodo dal 29 gennaio 2020 al 5 febbraio
2020 - ha utilizzato il congedo straordinario da Lei richiesto per l'assistenza alla madre disabile ai
sensi del combinato disposto della L. n. 53 del 2000 e del D.Lgs. n. 151 del 2001 per scopi estranei
rispetto a quelli connessi alla concessione del predetto beneficio, ossia per motivi non ine-renti alla
prestazione di assistenza in favore della Sig.ra C.G.. Lei, infatti, risulta aver richiesto il citato congedo
per soddisfare Sue esigenze personali. Al riguardo rileviamo che, quantomeno nel predetto periodo,
Lei ha omesso qualsivoglia attività di assistenza alla Sig.ra C.G. e, difatti, in tali giornate Lei non si
è mai neppure recato presso l'abitazione della sig.ra G.C., né - in ogni caso - ha intrattenuto
qualsivoglia rapporto con la predetta e, dunque, manca nel caso di specie un intervento assistenziale
di carattere permanente, continuativo e globale a favore della madre. Risulta, al contrario, che
quantomeno nei giorni 3, 4 e 5 febbraio 2020, Lei ha trascorso le giornate attendendo ad attività del
tutto per-sonali (quali incontri con gli amici, visita presso un meccanico, etc). Rileviamo, altresì, che
- sebbene nell'ambito della richiesta Lei ab-bia dichiarato la convivenza con la sig.ra G. dalle verifiche
effettuate risulta che Lei in realtà è domiciliato presso differente abitazione, in via R. n. 43, S. F.
(R.C.)".
A fondamento dell'impugnativa ha eccepito la genericità e la tardività della contestazione degli
addebiti; l'insussistenza del fatto contestato, l'assenza di giusta causa ed il difetto di proporzionalità.
Ha chiesto, quindi, condannarsi la società resistente alla reintegra ed, in subordine, al pagamento
dell'indennità risarcitoria.
Nella resistenza della società convenuta ed espletata la fase istruttoria, il giudice ha accertato
l'infondatezza delle censure che avrebbero dato luogo alla reintegra, ritenendo però il licenziamento
illegittimo sotto il profilo della intempestività della contestazione ed accordando, quindi, la sola
tutela risarcitoria nella misura di 10 mensilità parametrate all'ultima retribuzione globale di fatto.
B.D. ha proposto opposizione, ai sensi dell'art. 1, co. 51, L. n. 92 del 2012, avverso la suddetta
Ordinanza dell’ 11.03.2022 reiterando gli originari motivi di impugnazione.
Si è costituita la M.C.T. SPA per difendersi.
Con la sentenza oggetto di impugnazione il Tribunale ha rigettato l'opposizione del B., confermando
l'Ordinanza emessa in data 11.03 2022 nel giudizio sommario n. 178/2021 R.G. e condannando il
ricorrente al pagamento integrale delle spese di lite.
Nello specifico, il giudice di primo grado dopo avere premesso che il congedo ex art. 42 comma 5
D.Lgs. n. 151 del 2001 spetta per l'assistenza a persona in condizioni di disabilità grave, debitamente
accertata, in presenza di una minorazione, "singola o plurima", che "abbia ridotto l'autonomia
personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente,
continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione" (art. 3, comma 3, L. n. 104 del
1992); ha evidenziato che la norma, al fine di estendere la possibilità di fruire del congedo
straordinario al figlio originariamente non convivente, lo obbliga, ove gli sia concesso il beneficio,
ad "instaurare una convivenza che garantisca al genitore disabile un'assistenza permanente e
continuativa": quindi necessità di un'assistenza permanente e continuativa che realizzi, nella
quotidiana condivisione dei bisogni, una costante relazione di affetto e di cura.
Secondo l'assunto del Tribunale " ai fini del congedo straordinario non solo è prevista la necessità
della convivenza ma anche, conformemente al dettato prescritto dall'art. 3, comma 3, L. n. 104 del
1992, che si realizzi "un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera
individuale o in quella di relazione" in favore del familiare disabile.
In coerenza con la ratio del beneficio, l'assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi
in relazione diretta con l'esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia
l'assistenza al disabile. Ove si accerti che il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al
disabile manchi del tutto, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e
dunque si è in presenza di un uso improprio, ovvero di un abuso del diritto (cfr. Cass. n. 17968 del
2016) o, secondo altra prospettiva, di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia
nei confronti del datore di lavoro (che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine
generale) che dell'Ente assicurativo (v. Cass. n. 9217 del 2016)"
Sulla base di ciò il Tribunale ha ritenuto che, nel caso concreto, vi sia stato uno sviamento dalla
finalità della fruizione del congedo parentale, atteso che dal monitoraggio operato era emerso che il
B. non era in realtà stabilmente convivente con la madre, come invece risultante dalle dichiarazioni
anagrafiche, poiché risultava di fatto domiciliato presso altro indirizzo. Inoltre egli, in tutto l'arco
temporale di osservazione, da parte degli investigatori, non era mai stato avvistato nei pressi dell’
abitazione della propria madre e non era mai stato visto accedere all'appartamento della stessa.
Durante il periodo di osservazione, invece, il ricorrente era stato visto dedicarsi a varie attività,
nessuna delle quali riconducibile all'assistenza alla madre. Tra l'altro, le risultanze dell'indagine
investigativa, supportate dai rilievi fotografici, erano state confermate dai testi Z.D. e M.A., incaricati
dall'agenzia investigativa di eseguire l'attività di osservazione, appostamento e pedinamento del B..
Avverso detta sentenza ha proposto reclamo il B. per i seguenti motivi:
1) Errata individuazione da parte del primo giudice degli elementi costitutivi dell'abuso di congedo
parentale.
Il reclamante ha eccepito l'erroneità della decisione perché fondata su un report investigativo
frettoloso e lacunoso, perché svolta in maniera saltuaria (terminando nel tardo pomeriggio) e mai
nelle ore notturne, attesa a che l'estrema brevità del periodo di indagini (8 giorni, dal 29 gennaio
2020 al 5 febbraio 2020), rispetto alla durata complessiva del congedo straordinario (63 giorni).
Ha anche eccepito l’ errore nella valutazione delle prove offerte, rilevando che tutti i testi avrebbero
confermato la presenza del B. presso l'abitazione della madre, anche nell’ anno 2020; che lo stesso
era solito raggiungere l'abitazione in via D. a piedi o con la macchina, una Fiat di colore nero, che
era solito parcheggiare nella rimessa adiacente l'abitazione; che era il B. ad occuparsi delle attività
di cura della madre.
2) Erroneità della sentenza laddove il primo giudice ha ritenuto sussistere la giusta causa
dilicenziamento.
Il reclamante ha eccepito la mancanza di giusta causa di licenziamento in assenza di alcun
nocumento morale né, tantomeno, un materiale atteso che la società vanta oltre un migliaio di
dipendenti, ragione per cui l'assenza del ricorrente non avrebbe recato alcun pregiudizio nell’
organizzazione imprenditoriale.
3) Erroneità della sentenza nella parte in cui il primo giudice ha condannato il reclamante alle spese
di lite
Il reclamante ha anche eccepito che l'accoglimento parziale del ricorso non avrebbe giustificato la
condanna del lavoratore alle spese di lite, quantificate in Euro 4.000,00 (oltre accessori), ma semmai
la compensazione parziale delle stesse.
Si è costituita la M. s.p.a in appello per difendersi, chiedendo il rigetto integrale del reclamo e la
conferma della sentenza impugnata.
Il decreto ex art. 127 ter è stato ritualmente comunicato alle parti.
Le parti hanno depositato note nel termine fissato nel predetto decreto.
La causa è stata decisa nella camera di consiglio del 12.02.2025.
Motivi della decisione
Il reclamo è infondato.
Va premesso che il licenziamento- la cui contestazione disciplinare è stata sopra trascritta-non è
generico, né privo di motivazione.
Orbene, nella lettera di contestazione in esame risulta specificamente indicato l'arco temporale nel
quale è stato riscontrato l'uso distorto del congedo per lo svolgimento di attività diversa da quella
di assistenza alla madre disabile. E’ palesemente evincibile il fatto contestato e la sua natura, oltre
che la sua collocazione temporale.
Né, alcuna violazione del diritto di difesa è riscontrabile con riferimento al mancato accesso alle fonti
di prova nella disponibilità del datore di lavoro.
E’ sufficiente, al fine di garantire il diritto di difesa dell'incolpato - e di consentire, quindi, allo stesso
di far valere senza alcun condizionamento o limitazione le proprie ragioni - è una chiara
contestazione dei fatti addebitati, non assumendo, invece, rilievo la sola mancata indicazione delle
norme violate o una loro erronea individuazione, spettando in ogni caso all'organo giudicante la
definizione giuridica dei fatti contestati e configurandosi una lesione al diritto di difesa solo
allorquando l'incolpato venga sanzionato per fatti diversi da quelli che gli sono stati addebitati ed
in relazione ai quali ha apprestato la propria difesa. (Cass. Sez Unite n. 10842 del 10/07/2003).
Fatte queste premesse è corretto e condivisibile l'accertamento condotto in primo grado con
riferimento alla sussistenza del fatto contestato, consistente nell'abuso del diritto, ovvero nello
sviamento della finalità propria sottesa al congedo straordinario di cui ha usufruito il B..
Dalle indagini svolte dagli investigatori (dal 29 gennaio al 5 febbraio) è emersa la prova che il B. non
era convivente con la propria madre, nonostante lì avesse la sua residenza anagrafica (Via D. n. 20
S. F.) ma risultava di fatto domiciliato in via R. n. 43 ( S. F.) con la moglie ed i figli.
Inoltre egli, in tutto l'arco temporale di osservazione, non è mai stato avvistato nei pressi della casa
della madre, che avrebbe dovuto assistere, e non è mai stato visto entrare all'appartamento di
quest'ultima. Durante il periodo di osservazione, invece, il ricorrente è stato visto dedicarsi a varie
attività, del tutto estranee all'assistenza alla madre.
Le risultanze dell'indagine investigativa con gli allegati fotografici sono state confermate dai testi
Z.D. e M.A., sentiti nella precedente fase, incaricati dall'agenzia investigativa di eseguire l'attività di
osservazione, appostamento e pedinamento del B..
Gli investigatori privati hanno concluso il report affermando che : "premesso che il dipendente non
abita all'indirizzo di Via D. n. 20, come da lui indicato nella domanda di congedo straordinario
all'INPS, che richiede come requisito quello della convivenza nel medesimo stabile, stesso numero
civico, anche se non nello stesso appartamento (msg. 6512/2010) e ciò per garantire al disabile una
continua e duratura convivenza, abbiamo documentato non solo che il sig. B.D. vive e dimora a
tutt'altro indirizzo (via R. 43, S. F.), ma che durante il servizio di osservazione non è mai stato notato
presso l'abitazione della madre in via D. n. 20. Al contrario, presso l'abitazione materna, è stato
notato il fratello B.F., che in un'occasione, si è recato anche in una farmacia di San Ferdinando. Dopo
l'identificazione dell'effettivo domicilio di B.D., l'osservazione è proseguita direttamente nei suoi
confronti documentando che l'uomo trascorre diverso tempo fuori casa, in compagnia degli amici,
intrattenendosi nella piazza del comune di San Ferdinando, nei bar e transitando sul lungomare,
quindi esercitando attività di puro svago. Nessuna delle attività svolte dall'uomo durante il servizio
di osservazione diretta può essere riconducibile ad una qualche forma di assistenza a beneficio della
madre disabile, G.C., in quanto l'uomo, come specificato, ha soddisfatto puramente i suoi interessi
personali e non certo quelli dell'assistita. In conclusione, nelle giornate di osservazione condotta, il
B.D. non è mai stato notato recarsi presso l'abitazione della madre in via D. n. 20 a S. F. (R.)".
In sintesi, dalle indagini ispettive sono emerse le circostanze di seguito riportate che palesano
l'esistenza del fatto contestato: "- nelle giornate del 29 e 30 gennaio 2020: il B. non veniva visto in
loco. Nessuna delle due auto individuate di proprietà della sig.ra G. venivano ivi viste.
- in data 31 gennaio 2020: nei pressi dell'abitazione della sig.ra G. risultava posteggiata l'automobile
Nissan (in uso al sig. F.B., fratello del ricorrente), che, difatti, alle ore 11 del mattino usciva
dall'abitazione, saliva sull'auto e si allontanava.
- nella giornata di sabato 1 febbraio 2020: era ancora il solo fratello (F.B.) a recarsi, alle ore 10.30,
presso l'abitazione della madre.
- in data 3 febbraio 2020: gli investigatori - dopo aver rilevato la presenza della sig.ra G. presso la
propria abitazione -rilevavano ancora una volta il fratello del ricorrente recarsi presso l'abitazione
della madre. Soltanto alle ore 13.13 del 3 febbraio 2020, a seguito di alcuni sopralluoghi, veniva per
la prima volta intercettata l'autovettura Fiat (intestata alla sig.ra G., di cui supra) parcheggiata a San
Ferdinando, in Via degli Studi; gli investigatori osservavano, poco dopo, il ricorrente che saliva a
bordo dell'auto (mai presente presso l'abitazione della madre) e partiva, recandosi in via R. (sempre
a S. F.), dove parcheggiava ed entrava al civico n. 43, che veniva così identificato come sua effettiva
abitazione. E, infatti, il sig. B. vi faceva ritorno in altre occasioni e - anche in piena notte - la sua
autovettura era ivi posteggiata.
- nella giornata del 4 febbraio 2020: il ricorrente veniva visto uscire dalla sua abitazione (a S. F., via
R. 43) alle ore 9.29 e salire a bodo dell'autovettura già identificata"
Al riguardo, la Z. che ha condotto le indagini ha precisato che "il giorno in cui abbiamo intercettato,
casualmente, l'auto del B. abbiamo deciso di seguirlo e così abbiano individuato l'ulteriore domicilio
indicato nel report ed a quel punto abbiamo proseguito l'osservazione per parecchie ore, per l'intero
pomeriggio, andando avanti ed indietro per non essere scoperti; si tratta del giorno in cui abbiamo
poi visto l'auto nella stessa posizione (n.d.r. presso la sua effettiva abitazione, Via R. n. 43) anche la
sera e poi anche la mattina dopo".
Proseguendo nella disamina del report, emerge che anche nella giornata del 4 febbraio, il ricorrente
si è recato presso un bar, presso un supermercato a far la spesa, in piazza a parlare con degli amici
e sul lungomare di San Ferdinando.
In definitiva, lo stesso conduceva una vita ordinaria senza prestare alcuna assistenza alla propria
madre utilizzando pertanto indebitamente il congedo ex art. 42, D.Lgs. n. 151 del 2001.
Il reclamante ha contestato gli esiti dell'indagine investigativa, denunciando la superficialità e la loro
incompletezza, ha ribadito di convivere con la madre, di trascorrere le ore notturne nell'abitazione
della medesima e di non essere mai venuto meno ai suoi doveri di assistenza nel periodo di congedo.
Tali affermazioni sono rimaste delle mere allegazioni, sfornite di qualunque riscontro probatorio.
L'indagine investigativa in realtà - consistita in attività di osservazione appostamento e pedinamento
- si è protratta con continuità per quasi tutto l'arco della giornata, ovvero dalla mattina alle 7 fino al
tardo pomeriggio e nelle ore notturne si è esplicata mediante passaggi periodici per accertare se vi
fosse parcheggiata l'autovettura in uso al ricorrente. Il reclamante non è stato mai visto di mattina
uscire dall'abitazione della propria madre e ciò conferma che questi abitava presso altro indirizzo
con la sua famiglia.
Pertanto, le risultanze dell'attività investigativa danno sufficiente certezza, in considerazione
dell'ampiezza, della durata e dell'accuratezza degli accertamenti effettuati, che il ricorrente
dimorava in una diversa abitazione e che durante il giorno non si recava nell'abitazione della madre
per prestarle una pur minima assistenza.
Non è, dunque, credibile, quanto riferito dalla moglie del lavoratore, circa la convivenza di
quest'ultimo con la propria madre e non con la sua famiglia.
Gli investigatori non hanno mai visto quest'ultimo uscire di mattina dall'abitazione della madre
durante gli appostamenti diurni.
In realtà, la sua auto è stata intercettata solo la mattina del 3 febbraio in via Degli S. e da lì è stata
vista spostarsi presso in via R..
Se il reclamante avesse dormito in via D. certamente sarebbe stato visto uscire da quella casa la
mattina del 3 febbraio, atteso che lì vi era fissa un’unità operativa rimasta in osservazione (come
risulta dal report).
Sempre il 3 febbraio, dopo vari giri (nessuno collegato all'assistenza al familiare) l'auto del lavoratore
è stata parcheggiata in via R. e quest'ultimo è stato visto entrare nella abitazione in via R. dove risiede
il suo nucleo familiare e dove è rimasto fino alla mattina successiva.
Invero, per come già detto, l'attività di osservazione si è svolta, per i primi giorni, in via D. con
appostamenti fissi dalla mattina intorno alle 7 e fino al tardo pomeriggio e la sera con passaggi
saltuari.
Non vi è dubbio, pertanto, che nei giorni di osservazione il ricorrente non si trovava nell'abitazione
della madre, nè in orario diurno e né notturno.
Le dichiarazioni dei testimoni intimati dal B. non sono in alcun modo idonee a smentire gli
accertamenti o a rivelare qualche lacuna nell'attività investigativa
Nessuno di loro ha riferito alcunché di rilevante con riferimento al periodo oggetto di accertamento.
Difatti, il fratello dello stesso viveva già a T. in quel periodo; R.P. ha reso dichiarazioni generiche e
confuse e non riferite a quel periodo. Dapprima ha affermato di incontrare spesso il B. nei pressi
della casa della mamma, salvo poi precisare che per via del suo lavoro durante la settimana è
generalmente fuori sede. Ha riferito, inoltre, di sapere che il B. è coniugato da prima del 2020 e che
lo stesso vive con la moglie. Il teste B. ha dichiarato di non avere una frequentazione attuale con il
ricorrente, vivendo peraltro a G. T.. Il teste S. ha raccontato episodi riguardanti il periodo successivo
a quello di osservazione. Infine, le dichiarazioni delle moglie sono contrastanti con gli accertamenti
ispettivi e di per sé appaiono poco credibili per le ragioni sopra evidenziate.
Sul punto, il Giudice di prime cure ha correttamente evidenziato che: " Le dichiarazioni dei testimoni
non sono in alcun modo idonee a smentire gli accertamenti o a rivelare qualche lacuna nell'attività
investigativa. Nessuno di loro riferisce alcunchè di rilevante nel periodo oggetto di indagine. Difatti,
il fratello viveva già a T. in quel periodo; R.P. ha reso dichiarazioni generiche e confuse. Dapprima
ha affermato di incontrare spesso il ricorrente nei pressi della casa della mamma, salvo poi precisare
che per via del suo lavoro durante la settimana è generalmente fuori sede. Ha riferito inoltre di
sapere che il ricorrente è coniugato da prima del 2020 e che lo stesso vive con la moglie. Il teste B. ha
dichiarato di non avere una frequentazione attuale con il ricorrente, vivendo peraltro a G. T.. Il teste
S. ha raccontato episodi riguardanti il periodo successivo a quello di osservazione. Infine, le
dichiarazioni della moglie non sono dotate di quel grado di attendibilità necessario per confermare
la ricostruzione dei fatti offerta dal ricorrente".
Risulta, quindi, pacificamente accertata la totale mancanza di nesso causale tra assenza dal lavoro e
assistenza al disabile poiché il beneficiario non conviveva con la madre portatrice di handicap, né le
garantiva in alcun modo assistenza, tanto meno permanente, continuativa e globale.
Il reclamante ha contestato l'attività investigativa, asserendo che avrebbe errato sia nell'individuare
l'oggetto dell'indagine, concentrandosi solo sulla persona di B.D. sia nel dedurre la presenza del B.,
in un luogo o nell'altro, dalla presenza dell'autovettura Fiat Punto Tg. (...), peraltro intestata alla
madre.
Le contestazioni del reclamante, in ordine all'oggetto dell'indagine e alle modalità di esecuzione
dell'attività investigativa, sono del tutto infondate.
Poiché ad essere messa in discussione è la liceità della condotta del B., ed è del tutto normale che le
indagini si siano focalizzate sugli spostamenti di quest'ultimo e, in particolare, che si siano
concentrate inizialmente presso il domicilio della Sig.ra G., in Via D. n. 20 (luogo dove il B. aveva
dichiarato di risiedere e dove l'attività di cura legittimante il congedo avrebbe dovuto svolgersi),
dove il B. non è mai stato avvistato, né a piedi, né con la propria autovettura, essendo irrilevante il
fatto che spesso la parcheggiasse in una rimessa adiacente l'immobile.
La predetta circostanza non è, comunque, idonea a giustificare il mancato avvistamento del B. atteso
che, come ha correttamente evidenziato la reclamata, né lo stesso, né i testi, hanno mai riferito della
presenza di un qualche sistema di passaggio interno tra la predetta rimessa e l'immobile della madre,
che avrebbe eventualmente potuto consentire al B. di passare senza essere notato.
È smentita anche l'affermazione secondo cui l'attività di indagine non sarebbe mai avvenuta durante
le ore notturne, circostanza, invece, confermata nel report per tutti i giorni oggetto di indagine, ove
si evince che sono stati effettuati ogni giorno passaggi serali e notturni.
Orbene, il fatto contestato -in sintesi l'avere abusato del congedo ex art. 42, D.Lgs. n. 151 del 2001 -
configura una giusta causa di licenziamento.
Sul punto si è espressa anche la Corte di Cassazione, precisando che "l'assenza dal lavoro deve porsi
in relazione causale diretta con l'assistenza al disabile, senza che la ratio della norma ne consenta
l'utilizzo in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per detta
assistenza: quest'ultima, dunque, può essere prestata anche svolgendo compiti che si risolvano in
un'utilità per il disabile, che vanno comunque raffrontati ai tempi di assistenza diretta prestata"
(Cass. Ordinanza n. 2235/2023).
In altri termini, "l'assistenza che legittima il beneficio in favore del lavoratore, pur non potendosi
intendere esclusiva al punto tale da impedire a chi la presta di dedicare spazi temporali adeguati
alle personali esigenze di vita, deve comunque garantire al familiare disabile un intervento
assistenziale di carattere permanente, continuativo e globale".
Posto che l'assenza dal lavoro per usufruire di permessi e congedi deve porsi in relazione causale
diretta con lo scopo di assistenza al disabile, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto
legittimo il licenziamento del lavoratore che durante i permessi ex L. n. 104 del 1992 aveva svolto
attività incompatibili con l'assistenza della madre, essendosi recato prima presso il mercato, poi al
supermercato e infine al mare con la famiglia, piuttosto che presso l'abitazione della madre (Cass. n.
17102/2021).
Ancora, la Corte di Cassazione (sent. n. 29062/2017) ha stabilito che " pur riconoscendo al beneficiario
del congedo la possibilità di riservarsi degli spazi di vita personali ha ribadito la necessità che
risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che
deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del
disabile".
La stessa Cassazione ha, difatti, già avuto modo di chiarire che "ove manchi del tutto il nesso causale
tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso
del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del
datore di lavoro che dell'ente assicurativo che genera la responsabilità del dipendente" (Cass. Sez.
Lav. n. 19580/2019), idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa
di licenziamento.
Orbene, il fatto contestato sussiste ed è idoneo a ledere il vincolo fiduciario giustificando il
licenziamento.
Con il terzo motivo di appello il reclamante contesta la statuizione del Giudice di prime cure in
ordine alla condanna alle spese ritenendo corretta la compensazione attesa la soccombenza parziale.
L'assunto è fondato.
Sebbene l'opposizione sia stata rigettata con conferma dell'ordinanza emessa nella fase sommaria, il
Tribunale avrebbe dovuto tenere conto dell'esito complessivo della lite e compensare parzialmente
le spese, atteso il parziale accoglimento del ricorso.
" In tema di regolamento delle spese processuali in appello, per il principio di soccombenza (ex art.
91 c.p.c.) - la quale va individuata ex post, con riguardo al processo considerato unitariamente, cioè
all'esito della controversia decisa dal giudice dell'impugnazione e non dei singoli segmenti (grado e
fase) del giudizio - e tenuto conto dell'infrazionabilità della domanda, deve ritenersi implicita nella
richiesta di condanna alle spese di lite formulata dall'appellante anche quella di regolamento delle
spese del primo grado" ( Cass., 23639/2024 , Cass., 9064/2018).
Pertanto, il detto capo va riformato e le spese di lite- così come quantificate già in sentenza il cui
profilo non è stato oggetto di censura- vanno compensate nella misura di 1/3 mentre i restanti 2/3
seguono la soccombenza e vanno poste a carico del B.D..
Per le stesse ragioni, determinate dalla valutazione dell'esito finale della lite, le spese del seguente
grado seguono la soccombenza parziale, sicchè vanno compensate per 1/3 mentre i restanti 2/3 vanno
posti a carico di B.D..
L'importo liquidabile in questa fase- quantificato in complessivi Euro 9.991,00 -valore
indeterminabile complessità bassa per le fasi studio, introduttiva istruttoria ( sulla liquidazione della
fase istruttoria cfr Cass., 8561/2023, Cass.,29857/2022) e decisionale ai valori medi - va ridotto
pertanto di 1/3 ed ammonta così ad Euro 6.660,66.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Reggio di Calabria sezione lavoro definitivamente decidendo sul reclamo
proposto da B.D. contro M.C.T. SPA avverso la sentenza del Tribunale di Palmi n. 846/2023,
pubblicata in data 05.07.2023 ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa così provvede:
1) Accoglie il reclamo limitatamente al capo relativo alle spese di lite che riforma come in parte
motiva e conferma per il resto la sentenza;
2) Condanna B.D. al pagamento di 2/3 delle spese di lite della presente fase quantificate in Euro
6.660,66 per compensi, oltre spese generali al 15% iva e c.p.a. come per legge.
Conclusione
Così deciso in Reggio Calabria, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025.
Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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