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Sentenza

Contratti bancari: indebito oggettivo.Il contratto di conto corrente non basta, ...
Contratti bancari: indebito oggettivo.Il contratto di conto corrente non basta, né è indispensabile: la prova può venire da presunzioni, argomenti ex articolo 116 del Cpc o giuramento. Se mancano tutti i movimenti, il giudice può integrare con Ctu.
Corte d'Appello di Caltanissetta, Sentenza n. 455/2025 del 27-10-2025
LA CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA
SEZIONE CIVILE
Composta dai seguenti ### dott. ### dott. ### dott. ### ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa in secondo grado iscritta al n. 322/2022 del Ruolo Generale degli ### civili contenziosi
concernente l'impugnazione della sentenza n. 565/2022 emessa dal Tribunale di Enna, pubblicata il
###, di cui al n. R.G. 809/2013
TRA
### s.p.a., (C.F.: ###), rappresentata e difesa dall'avv. ### in forza di procura in atti ed elettivamente
domiciliat ###, presso lo studio della stessa; - appellante –
CONTRO
### (C.F.: ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### che lo rappresenta e
difende giusta procura in atti; - appellata –
Oggetto: azione di ripetizione in materia bancaria ### come da atti di causa
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, ### conveniva in giudizio ### S.p.A. esponendo: - di aver
stipulato con la ### di ### - ### di ### - oggi ### S.p.A. il rapporto di conto corrente bancario e
contestuale scoperto di conto (inizialmente di ### 90 milioni, ridotto ad € 20.000,00 nel 2004)
recante il n. 10/8290 con decorrenza a far data dal 02.12.1993, rapporto estinto in data ### con
versamento della somma di € 1.652,71; - che, previa richiesta a ### S.p.A. di copia di estratti conto,
contratti di conto corrente e di apertura di credito, nonché delle eventuali convenzioni stipulate
successivamente, l'istituto rilasciava solo copia degli estratti conto relativi all'anno 2002 ma non
anche la copia dell'altra documentazione richiesta; - di avere conferito incarico econometrico sulla
propria posizione ad un consulente tecnico di parte il quale, all'esito dell'esame degli estratti conto,
accertava l'illegittima applicazione, da parte dell'istituto bancario convenuto, della capitalizzazione
trimestrale degli interessi passivi, delle commissioni di massimo scoperto, della data di valuta
relativa all'emissione di assegni bancari, di interessi passivi ultra-legali non pattuiti per iscritto,
nonché di spese e oneri non pattuiti; - di avere dunque indebitamente corrisposto all'istituto
convenuto l'importo complessivo di € 81.918,67. ### pertanto chiedeva: - ritenere e dichiarare la
nullità e/o inefficacia delle obbligazioni determinanti la corresponsione di interessi passivi nella
misura ultra-legale in riferimento al rapporto di conto corrente in esame, determinati in violazione
dell'art. 1284 in quanto mai pattuiti contrattualmente e, comunque successivamente variati in senso
sfavorevole al correntista senza pattuizione sottoscritta dall'attore e senza alcuna preventiva
comunicazione; - Ritenere e dichiarare illegittime e dunque non dovute le somme corrisposte a titolo
di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, delle commissioni e delle spese, nonché
l'inefficacia ed invalidità di tutte le variazioni delle condizioni contrattuali successive alla stipula del
contratto e sfavorevoli al correntista; in alternativa, ritenere e dichiarare la nullità delle clausole di
capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, delle commissioni e delle spese; - Ritenere e
dichiarare non dovute per indeterminatezza e indeterminabilità dell'oggetto, e in ogni caso perché
prestazione senza causa, le somme addebitate per commissione di massimo scoperto calcolate in
costanza di utilizzo del rapporto di conto, in aggiunta agli interessi passivi; - Ritenere e dichiarare non
dovute, perché mai pattuite e dunque indebite, le somme corrisposte dall'attore alla convenuta; -
Rideterminare il saldo effettivo del rapporto bancario, riliquidando lo stesso, per tutta la durata e sin
dall'apertura, con interessi passivi al tasso legale, senza alcuna capitalizzazione di interessi passivi
(trimestrale, semestrale, annuale), di commissioni di massimo scoperto e di spese, applicando la
valuta effettiva alla data di esecuzione dell'operazione quale data di decorrenza degli interessi sulle
singole operazioni.
In subordine ### chiedeva - l'applicazione, per tutta la durata del rapporto, degli interessi passivi al
tasso di sostituzione ex art. 117 T.U.B. (D.lgs. 385/93); - di vedere condannata la ### convenuta alla
restituzione della complessiva somma di € 81.918,67 o di quella maggiore o minore ritenuta di
giustizia, oltre interessi dalla data della domanda al soddisfo, anche quale indennità per
l'arricchimento senza causa derivante dall'incasso di tali somme.
Nel costituirsi in giudizio, ### S.p.A. eccepiva in via preliminare l'intervenuta prescrizione della
domanda di ripetizione delle rimesse di natura solutoria risalenti ad oltre dieci anni prima della
proposizione del presente giudizio e, nel merito, l'infondatezza della domanda, chiedendone il
rigetto.
La causa veniva istruita a mezzo di produzione documentale e c.t.u. econometrica.
Con sentenza n. 565/2022 il Tribunale di ### accoglieva parzialmente la domanda di ripetizione
formulata da ### e condannava ### S.p.A. al pagamento, in favore dell'attore, della somma di €
76.584,50, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo: a fondamento del deciso, il Tribunale
preliminarmente disattendeva l'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca convenuta poiché,
essendo il conto corrente per cui è lite affidato sin dall'origine, tutte le rimesse effettuate dal
correntista erano da ritenere ripristinatorie sì da far decorrere il termine di prescrizione decennale
dalla data di estinzione del conto, vale a dire dal 30 gennaio 2006, con la conseguenza che l'atto di
citazione in giudizio notificato ad ### S.p.A. nel giugno 2013 aveva efficacemente comportato
l'interruzione del termine di prescrizione decennale.
Nel merito, in relazione all'eccezione sollevata dalla banca convenuta circa il mancato assolvimento
dell'onere probatorio ad opera di parte attrice, il giudice di primo grado rigettava tale doglianza
ritenendola infondata, alla luce della documentazione agli atti, avendo il correntista prodotto la serie
degli estratti di conto corrente bancario attestante i movimenti in dare ed avere ed avendo posto a
fondamento della propria pretesa la mancata pattuizione, in modo conforme al quadro normativo,
dei tassi di interesse e di ogni altro onere o condizione applicati dalla banca al rapporto senza che
quest'ultima avesse dimostrato la legittimità delle condizioni contrattuali contestate dal cliente e la
giusta causa delle attribuzioni patrimoniali eseguite dal ### Avverso tale sentenza ### S.p.a. ha
proposto appello facendo leva sui seguenti profili di doglianza: 1) Erroneità della sentenza nella parte
in cui il giudice non aveva ritenuto che incombesse sull'attore ### l'onere di provare l'esistenza del
contratto di conto corrente bancario in contestazione; violazione del disposto di cui all'art. 2697 c.c.
che impone a chi agisce in ripetizione l'onere di provare il difetto di giusta causa delle attribuzioni
patrimoniali e la nullità delle clausole contrattuali; 2) Inammissibilità della c.t.u. in quanto ammessa
pur non avendo il correntista depositato gli estratti conto dall'inizio del rapporto sino alla sua
conclusione, con conseguente vizio della sentenza che sulle conclusioni della c.t.u. aveva accolto la
domanda di ripetizione di indebito; erroneo ricorso alle cosiddette “scritture di raccordo”; 3)
Erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice ha disatteso l'eccezione di prescrizione sollevata
dalla banca per avere, in assenza del contratto di affidamento, le rimesse effettuate dal correntista
natura solutoria e non ripristinatoria; 4) Vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata per avere
accolto il giudice de plano le risultanze della c.t.u. nella misura in cui quest'ultima aveva conteggiato,
ai fini della ricostruzione del saldo complessivo, gli interessi creditori in assenza di apposita domanda
attorea; erroneo riconoscimento degli interessi creditori in quanto prescritti a seguito della
decorrenza del termine di prescrizione quinquennale giusta applicazione dell'art. 2948, n. 4, c.c.; 5)
Erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui il giudice ha disposto la condanna della banca
al pagamento delle spese di lite in misura ritenuta esorbitante ed al pagamento delle spese di c.t.u.
liquidate.
In via istruttoria la banca appellante ha chiesto il richiamo del C.T.U. nominato nel giudizio di primo
grado, ovvero la nomina di un nuovo perito d'### al fine di espungere dai conteggi effettuati i
versamenti solutori, ovvero quelli destinati a coprire un passivo eccedente i limiti
dell'accreditamento, e di espungere dalla rideterminazione del saldo finale del conto corrente la
somma di € 10.438,20, pari alla differenza tra interessi creditori erroneamente ricalcolati
ammontanti ad ### 10.439,62 ed interessi creditori originari pari ad ### 1,42.
Nel costituirsi in giudizio in grado d'appello, ### ha contestato in fatto e diritto il merito delle avverse
pretese instando per il rigetto del gravame e per la conferma della sentenza di primo grado.
Radicatosi il contraddittorio, all'udienza del 26 giugno 2026 sono stati assegnati alle parti i termini
per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e la causa è stata posta in
decisione.
Tanto premesso, la Corte reputa di dovere disattendere l'appello azionato da ### s.p.a. per i motivi
di seguito evidenziati.
La causa al vaglio del presente giudizio ha ad oggetto l'azione di ripetizione di indebito azionata da
### nei confronti di ### S.p.A. con la quale il ### ha intrattenuto il rapporto di conto corrente
bancario affidato n. 10/8290 con decorrenza a far data dal 02.12.1993 e sino al 30.01.2006, data
quest'ultima di estinzione del rapporto in essere tra le parti: come detto, a fondamento della
domanda il ### ha prodotto gli estratti di conto corrente bancario e relativi riassunti scalari, sia pur
con le limitate carenze documentali indicate alla pagina 7 dell'elaborato peritale effettuato in prime
cure, ma non copia fotostatica del contratto di conto corrente bancario e della pedissequa apertura
di credito bancario.
Ciò posto, con la prima doglianza la banca appellante censura la sentenza nella parte in cui non ha
rilevato, in violazione dell'art. 2697 c.c. in tema di onere della prova, l'infondatezza della domanda
di ripetizione di indebito ex art. 2033 azionata dal ### per non avere quest'ultimo prodotto i contratti
bancari inter partes e la conseguente assenza di causa giustificativa degli esborsi di cui il correntista
ha rivendicato la ripetizione: la difesa della banca ha richiamato l'orientamento giurisprudenziale
della Suprema Corte di Cassazione che, con la recente ordinanza n. ### del 13 dicembre 2019, ha
affermato come “Nei rapporti di conto corrente bancario, il cliente che agisca per ottenere la
restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha l'onere di provare
l'inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto
che contiene siffatte clausole, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di
spostare detto onere in capo alla banca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione
quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento
della sua sottoscrizione”.
La Corte, pur non ignorando l'arresto giurisprudenziale sopra riportato, reputa ciononostante di
dover disattendere la doglianza avuto riguardo sia al successivo principio affermato dalla Suprema
Corte che, con ordinanza n. 1550 del 19 gennaio 2022, ha affermato che “In materia di contratti
bancari che prevedano il pagamento di interessi anatocistici o a tasso ultralegale, la prova
dell'inesistenza di una giusta causa dell'attribuzione patrimoniale, compiuta in favore del convenuto,
grava sull'attore in ripetizione dell'indebito, ancorché si tratti di prova di un fatto negativo; la
produzione del contratto posto a base del rapporto bancario è a tal fine: per un verso non
indispensabile e per altro verso neppure sufficiente. Non è sufficiente perché, anche qualora sia
stato esibito il contratto, resta possibile che l'accordo sugli interessi sia stato stipulato con un atto
diverso e successivo; e non è neppure indispensabile, perché anche altri mezzi di prova, quali le
presunzioni, unitamente agli argomenti di prova ricavabili dal comportamento processuale della
controparte, ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c., nonché, al limite, il giuramento, possono valere
allo scopo di dimostrare l'assenza dei fatti costitutivi del debito dell'attore”, sia al tenore
contenutistico della difese della banca appellante la quale ha sì avuto buon gioco nel rilevare
l'omessa produzione della copia fotostatica del contratto di conto corrente ma non ha contestato né
l'esistenza del rapporto giuridico con il ### durato dal 1993 sino al 2006, rapporto provato dalla serie
di estratti di conto corrente versati in atti e dalle missive avutesi tra le parti in data 23 febbraio 1999,
3 maggio 1999 e 19 giugno 2001 depositate dal ### a corredo della memoria istruttoria ex art. 183,
sesto comma, n. 2, c.p.c. in primo grado, né l'applicazione durante il suddetto rapporto, in violazione
del disposto di cui all'art. 1283 c.c., del doppio termine di capitalizzazione degli interessi creditori e
debitori, rispettivamente annuale e trimestrale, o di commissioni di massimo scoperto con tasso
indeterminato, o di antergazione e postergazione di valute con modalità non divisate in contratto: la
banca non può limitarsi a dire che il documento contrattuale, della cui esistenza lo stesso correntista
ha dato atto per averne fatto espresso richiesta di ostensione con lo strumento dell'art. 119 T.U.B.,
non essendo stato prodotto, non può costituire la base della domanda di ripetizione azionata nella
presente sede, avendo il cliente odierno appellato piuttosto provato, a corredo della domanda di
ripetizione, sia l'esistenza del vincolo negoziale tra le parti protrattosi per 13 anni, sia la serie
continua di estratti conto ad eccezione di quelli compresi tra il 28 aprile 1995 ed il 12 maggio 1995,
sia l'esistenza delle indebite dazioni di denaro sulla base di pattuizioni nulle, quale quella che
prevede il diverso termine di calcolo degli interessi creditori e debitori, sia infine, a mezzo di c.t.u.
contabile, l'ammontare dell'indebito nella misura ivi calcolata. In sostanza, il cliente odierno
appellato ha fornito gli ulteriori mezzi di prova di cui parla l'ordinanza del 2022 e che la Corte reputa
sufficienti a dar contezza del rapporto negoziale avutosi tra le parti di causa.
Con il secondo motivo di appello la banca ha messo in luce l'assenza di soluzione di continuità degli
estratti conto versati in atti senza la quale, a suo dire, non si poteva pervenire con certezza alla
determinazione degli asseriti e non provati addebiti sine causa sui quali si fonda la domanda di
ripetizione: la banca in particolare ha eccepito la inammissibilità e/o nullità dell'elaborato peritale
che aveva utilizzato, per colmare i vuoti probatori, le scritture di raccordo tra vari trimestri,
giungendo in tal modo a soluzioni incerte e non appaganti, ed ha stigmatizzato il contenuto della
sentenza di primo grado che, sulle risultanze della c.t.u., aveva basato il proprio ragionamento alla
base della pronuncia di condanna.
La Corte non condivide la tesi della banca appellante e reputa di confermare la sentenza di primo
grado nella misura in cui ha ritenuto ammissibile l'utilizzo, ad opera del C.T.U., dei necessari raccordi
tra i trimestri che presentavano le limitate carenze documentali indicate alla pagina 7 dell'elaborato
peritale espletato in primo grado, lacune documentali che non hanno impedito al perito dell'### ai
fini del calcolo delle ragioni di dare ed avere tra le parti, di operare i necessari raccordi per il tramite
dei riassunti scalari e dei movimenti generali prodotti agli atti in conformità all'insegnamento della
Suprema Corte di Cassazione che, con ordinanza ### del 3 dicembre 2018, ha affermato che “In
materia di conto corrente bancario il cliente, il quale agisca in giudizio per la ripetizione dell'indebito,
è tenuto a fornire la prova dei movimenti del conto, tuttavia, qualora limiti l'adempimento ad alcuni
aspetti temporali dell'intero andamento del rapporto, il giudice può integrare la prova carente, sulla
base delle deduzioni svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d'ufficio, in
particolare disponendo una consulenza contabile”; nel caso in esame, come accertato dal Giudice di
primo grado, risulta che il abbia prodotto la serie degli estratti conto per l'intero periodo dal 1993
sino al 2006 ad eccezione degli estratti conto compresi tra il 28 aprile 1995 ed il 12 maggio 1995,
periodo quest'ultimo assai limitato che non ha impedito al C.T.U. di dare corso al mandato ricevuto,
ricostruendo i movimenti contabili, e di verificare il complessivo andamento del rapporto di conto
corrente interamente ricostruito per tutta la sua durata dal 02.12.1993 al 30.01.2006, avendo il
perito proceduto in ossequio al prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui, anche in
mancanza degli estratti conto, la ricostruzione del conto può essere effettuata con documenti diversi
che offrano indicazioni certe e complete sull'andamento del conto corrente.
Quanto poi alla carenza probatoria indicata dalla banca appellante a fondamento della asserita
inammissibilità della c.t.u. espletata in primo grado, carenza che concerne unicamente il mese di
agosto 2003, la Corte rileva come ad essere mancante nella documentazione prodotta dal ### non
sia stato l'estratto conto ma unicamente il riassunto scalare, come si evince dalla dell'allegato 5a del
fascicolo di parte appellata in cui è proprio riportato l'estratto di conto corrente bancario afferente
il mese di agosto 2003 nel quale figura un solo movimento dato dall'emissione dell'assegno bancario
n. ### per l'importo di € 1.555,00. In definitiva le limitate carenze documentali non hanno inficiato
le determinazioni cui è pervenuto il C.T.U. e sulle quali è stata fondata la domanda di condanna della
banca.
Con il terzo motivo di doglianza la banca ha fatto valere l'erroneità della sentenza nella parte in cui
il giudice aveva disatteso l'eccezione di prescrizione per essere le rimesse effettuate dal correntista,
in assenza del contratto di affidamento, di natura solutoria e non ripristinatoria: ad avviso della banca
non poteva darsi credito alla teoria del fido di fatto, non potendo supplire alla mancata produzione
del documento contrattuale di apertura di creduto né le risultanze degli estratti riportanti addebiti
di interessi per scoperto di conto né, tanto meno, le lettere prodotte dal ### con le quali la banca
aveva affermato di volere ridurre lo scoperto di conto da 120 ad 80 milioni del vecchio conio, non
desumendosi da tali atti né l'ammontare dell'affidamento, né la data a partire dalla quale il conto
sarebbe stato affidato.
Anche tale doglianza si palesa ad avviso della Corte infondata, avendo il correntista ### dato prova
del fatto che il rapporto di conto corrente bancario per cui è lite sia stato sempre oggetto di
affidamento dall'inizio per lire 120 milioni del vecchio conio e, a far data dal 3 maggio 1999, per il
minore importo di 80 milioni di lire: tale prova si desume inequivocabilmente dal contenuto
semantico delle dichiarazioni datate 23 febbraio 1999, 3 maggio 1999 e 19 giugno 2001, depositate
dal ### a corredo della memoria istruttoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c. in primo grado, da
cui si evince come il conto corrente, inizialmente affidato per 120 milioni di lire italiane, sia stato poi
affidato per il minore importo di 80 milioni, senza che per tale conclusione occorra scomodare la
teorica del fido di fatto; tali risultanze consentono di mettere fuori gioco l'eccezione di prescrizione
delle rimesse solutorie prospettata dalla difesa della banca appellante, atteso che tutte le rimesse
accertate dal c.t.u. in presenza di fido e nei limiti di esso si devono ritenere ripristinatorie e, in quanto
tali, passibili di prescrizione decennale a far data dalla chiusura del conto validamente interrotta con
la proposizione del presente giudizio.
Con ulteriore motivo di impugnazione la banca ha dedotto sia il vizio di ultrapetizione della sentenza
impugnata, per avere il deciso accolto le risultanze della c.t.u. nella misura in cui quest'ultima aveva
conteggiato, ai fini della ricostruzione del saldo complessivo, anche gli interessi a credito del
correntista in assenza di apposita domanda spiegata da parte attrice, sia la sua erroneità per avere
riconosciuto al ### la spettanza degli interessi creditori ad onta della maturazione della prescrizione
quinquennale prevista dall'art. 2948, n. 4, del codice civile.
I profili da ultimo palesati meritano stessa sorte dei precedenti posto che non sussiste alcun vizio di
ultrapetizione, scaturendo il riconoscimento degli interessi creditori in favore del ### dalla domanda
di rideterminazione del saldo effettivo del conto corrente, indicata nelle conclusioni in primo grado
ad opera della parte odierna appellata, che non può essere compiutamente evasa se non con il
computo anche di tale voce: la natura accessoria degli interessi rispetto al saldo effettivo del conto
corrente, per come riliquidato, fa sì che anche questi ultimi siano soggetti alla prescrizione
decennale, decorrente dalla data di chiusura del conto, al pari della richiesta di rideterminazione del
saldo del conto corrente costituente oggetto della domanda di ripetizione di indebito.
Da ultimo infondata si palesa la censura della banca che ha esecrato la quantificazione della propria
condanna al pagamento delle spese in favore della controparte secondo i parametri medi dello
scaglione di riferimento che va da ### 52.001,00 ad ### 260.000,00, stante l'ammontare della
condanna definitiva a poco più di 76 mila ### più vicina al minimo della forbice di valore, nonché
l'addebito a proprio detrimento delle spese di c.t.u.: le statuizioni del Tribunale sui predetti specifici
punti si palesano immuni da censura in quanto diretta applicazione del principio di soccombenza ed
in quanto la liquidazione dei compensi ha avuto ad oggetto, come riferito dalla stessa banca, i
parametri medi dello scaglione di riferimento, parametri che si ritengono congrui data la complessità
del contenzioso bancario e la difficoltà delle operazioni contabili effettuate che hanno richiesto
l'adozione di una consulenza tecnica d'ufficio.
In definitiva nulla osta alla conferma della sentenza gravata: le spese seguono la soccombenza e
vanno addossate alla ### S.p.A. nella misura di cui al dispositivo, avuto riguardo ai parametri medi
dei procedimenti svolti avanti alla Corte d'Appello di valore da ### 52.001,00 ad ### 260.000,00, con
esclusione della fase istruttoria.
P.Q.M.
La Corte d'Appello di Caltanissetta, Sezione Unica Civile, così provvede: 1. Rigetta l'appello azionato
dalla ### S.p.A. avverso la sentenza n. 565/2022, emessa dal Tribunale di ### che conferma; 2. ###
S.p.A. al pagamento delle spese di lite sostenute da ### spese liquidate in ### 9.991,00 (di cui ###
2.977,00 per la fase di studio, ### 1.911,00 per la fase introduttiva ed ### 5.103,00 per la fase
decisoria) oltre rimborso forfettario spese generali 15 %, i.v.a. e c.p.a. come per legge, spese da
distrarre in favore dell'avv. ### in quanto dichiaratasi anticipataria; 3. Visto l'art. 13, comma 1-quater,
D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
della ### S.p.A., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per
l'appello a norma dell'art. 13, comma 1-bis, D.P.R. n. 115/2002.
Avv. Antonino Sugamele

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