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Sentenza

POSSESSO...
POSSESSO


    Tribunale di Lagonegro, 28 ottobre 2025 n. 615

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI LAGONEGRO in composizione monocratica e
nella persona del G.O.T., dott.ssa ### ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1258/2016 R.G. avente ad oggetto: azione
possessoria - merito ### ### ### (CF e P.IVA ###), in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ###atti ricorrente ###
(C.F.: ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### ed
elettivamente domiciliat ###atti resistente
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### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso per la reintegra nel possesso ex artt. 1168 c.c. e 703
c.p.c., la ricorrente società chiedeva che il Tribunale accogliesse le
seguenti conclusioni: “- ordinare con decreto inaudita altera parte,
l'immediata reintegra della ricorrente ### nel pieno possesso del
bene sopra specificato mediante la consegna di copia delle chiavi
del nuovo lucchetto posto a ### 2 chiusura della sbarra che
delimita e impedisce l'accesso al piazzale di proprietà della
ricorrente”.
A sostegno della domanda evidenziava: - di essere proprietaria,
nonché nel legittimo possesso, del terreno sito in ### alla ###
distinto catastalmente al foglio ### part.lla ###, per atto di
acquisto stipulato per notaio ### in data ### (Rep. ###); - che
il possesso di tale area, adibita a parcheggio di autovetture, è stato
esercitato in modo ininterrotto dalla data del predetto acquisto; -
che l'accesso a tale area avviene tramite una strada sulla quale si
trova una sbarra posta dai proprietari dei terreni circostanti per
evitare l'illegittimo uso (soprattutto parcheggi) da parte di terzi,
anche in considerazione della presenza di una struttura alberghiera
e del relativo ingresso; - di essere sempre stata in possesso delle
chiavi del lucchetto posto a chiusura della sbarra, proprio al fine di
poter accedere al proprio terreno; - che “alla fine del mese di luglio
del 2015 ha avuto notizia che l'avvocato ### anch'egli possessore
di un terreno posto al di là della sbarra, aveva apposto un nuovo
lucchetto di chiusura della sbarra, andando ad impedire così
l'accesso della ricorrente al proprio terreno”; - che tale apposizione
sostanzialmente privava la ### del possesso del proprio bene,
rendendone impossibile l'uso, ed è avvenuta contro (e comunque
in assenza) della volontà della ricorrente, nonché in maniera
clandestina in quanto all'insaputa di quest'ultima, che ne è venuta
a conoscenza solo in un momento successivo; - che a nulla erano
serviti gli inviti per un bonario componimento.
Riteneva, pertanto, sussistenti gli elementi per invocare, a
ragione, la tutela possessoria.
Si costituiva nel procedimento parte resistente che contestava, in
via preliminare, la tardività dell'azione e, nel merito,
l'insussistenza di ogni presupposto di legge ed evidenziava come
già fossero in precedenza state intraprese azioni dello stesso
genere e per lo stesso motivo, tutte disattese. Chiedeva, pertanto,
anche la condanna ex art. 96 c.p.c. di parte ricorrente.
Nella fase sommaria, ascoltati gli informatori, il ricorso veniva
respinto, con ordinanza del 24 luglio 2017, sul presupposto che
rispetto al “provvedimento di rigetto del 2010, in assenza di
deduzioni circa una nuova e successiva costituzione di una
relazione con il bene, incida negativamente sul positivo
apprezzamento della domanda in considerazione (non della
questione relativa all'autorità di giudicato delle pronunce cautelari,
quanto piuttosto) del disposto di cui all'art. 669-septies c.p.c. (da
ritenersi applicabile ai giudizi possessori visto il rinvio recettizio
dell'art. 703 capoverso c.p.c.) nella parte in cui prevede che
“l'ordinanza di rigetto non preclude la riproposizione dell'istanza
per il provvedimento cautelare quando si verifichino mutamenti
delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di
diritto”. Nel caso di specie, dunque, in mancanza di allegazione -
e tantomeno di prova - di un successivo (rispetto alla più volta
citata ordinanza di rigetto del 2010) avvenimento che abbia posto
in relazione la società attrice con il bene, deve considerarsi
mancante il requisito del possesso del bene necessario, come
detto, ai fini dell'accoglimento della domanda”.
Avverso detta ordinanza veniva proposto reclamo, anche disatteso
per accoglimento del motivo assorbente di tardività della
introduzione della tutela possessoria, e, nelle more, instaurato il
presente giudizio di merito possessorio.
Nel presente giudizio, concessi i termini di cui all'art. 183, c. 6,
c.p.c. e depositate le conseguenziali memorie, la causa veniva
istruita a mezzo prova testimoniale.
In seguito all'espletamento dell'attività istruttoria, la causa veniva
ritenuta matura per la decisione.
Successivamente, anche in seguito a vari rinvii, sulle conclusioni
delle parti come in atti e che si abbiano per integralmente trascritte
e riportate, la causa veniva trattenuta in decisione con la
concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c..
La controversia può essere decisa in ossequio al principio della
ragione più liquida e verrà analizzata la sola questione idonea a
definire il giudizio. È noto ormai che, in base a tale principio, la
domanda può essere respinta sulla base di una questione
assorbente, pur se logicamente subordinata, senza che sia
necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l'ordine
previsto dall'art. 276 cod. proc. civ., essendo ciò suggerito dal
principio di economia processuale e da esigenze di celerità anche
costituzionalmente protette (cfr., in tal senso, Tribunale, ###
sentenza 07 dicembre 2017 n. 1327, Tribunale di Piacenza, 28
ottobre 2010, n. 713; Tribunale di Piacenza, 19 febbraio 2011, n.
154; Cass. civ., sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883; Cass. civ., sez.
III, 10 ottobre 2007, n. 21266; Cass. civ., sez. III, 16 maggio
2006, n. 11356; Tribunale di ### 29 novembre 2012, n. 2029;
Tribunale di S. ### dei ### 12 gennaio 2011; Tribunale di
Torino, 21 novembre 2010, n. 6709; Corte d'Appello di Firenze 7
ottobre 2003; Tribunale di Lucca 8 febbraio 2001).
Invero, la sentenza, quale atto giuridico tipico, non ha il compito
di ricostruire compiutamente la vicenda oggetto del giudizio in tutti
i suoi aspetti giuridici, ma solo quello di accertare se ricorrano le
condizioni per concedere la tutela richiesta. Ne deriva che la
decisione può fondarsi sopra una ragione il cui esame
presupporrebbe logicamente la previa ### 5 considerazione di
altri aspetti del fatto stesso, se fosse invece richiesta una compiuta
valutazione dal punto di vista del diritto sostanziale.
Orbene, ritiene il Tribunale - come peraltro eccepito da parte
resistente sin dall'atto della costituzione nel procedimento
introdotto ex artt. 1168 c.c. e 703 c.p.c. - che la domanda risulta
tardiva, così come già evidenziato anche in sede di decisione del
reclamo (cfr. ordinanza collegiale del 3 ottobre 2017).
Risulta per tabulas e non contestato specificamente da parte
ricorrente, che la stessa ha avuto notizia della condotta di spoglio
alla fine del mese di luglio 2015, mentre l'azione possessoria è
stata introdotta in data 3 settembre 2016. Ne deriva che la
domanda risulta essere stata presentata oltre il termine annuale
di decadenza di cui all'art. 1168 c.c..
In particolare, la giurisprudenza ritiene, al contrario di quanto
sostenuto da parte ricorrente, che l'azione di reintegrazione deve
essere proposta (deposito in cancelleria del ricorso) entro un anno
dal compimento dello spoglio (art. 1168, c. 1, c.c.) e tale termine
è termine di decadenza e, pertanto, non soggetto alle cause di
interruzione e sospensione. Inoltre, si tratta di un termine di
natura sostanziale, nel senso che il suo inutile decorso estingue il
diritto alla tutela del possesso.
Il decorso del termine di decadenza è oggetto di una eccezione in
senso stretto. Pertanto, esso non è rilevabile d'ufficio (Cass., n.
7481/1997).
Nel caso di specie, la decadenza è stata eccepita ritualmente da
parte resistente all'atto della costituzione e ribadita nel corso della
varie fasi e difese, così che, una volta eccepita e allegata dal
resistente la decadenza (l'ultrannualità dell'azione), spetta al
ricorrente la prova della tempestività dell'azione (ex multis, Cass.,
n. 6055/1996; Cass., 15784/2002; Cass., n. 6428/2014) o, più
limitatamente, la prova di un atto di spoglio o molestia ulteriore e
successivo rispetto a quello per il quale il resistente ha provato il
decorso del termine (ex multis, Cass., 901/1986).
Rispetto a quanto sostenuto da parte ricorrente in merito alla
presenza di atti di esercizio del diritto, quali diffide stragiudiziali e
attivazione del procedimento di negoziazione assistita, il Tribunale
ritiene, in conformità a quanto già osservato nell'ordinanza
collegiale del 3 ottobre 2017, che nell'ambito dell'azione di spoglio
di cui all'art. 1168 c.c. non operano né la sospensione del termine
nel periodo feriale, rivestendo il suddetto termine natura
sostanziale (ex multis, Cass., 10058/2012), né l'interruzione per
avvenuta diffida ad adempiere e il successivo ricorso alla
negoziazione assistita.
Gli atti stragiudiziali richiamati da parte ricorrente non sono
configurabili alla stregua del ricorso, atto tipico richiesto dalla
legge per evitare la decadenza dall'azione di reintegra (ex multis,
Cass., 10936/1993; Cass., n. 5337/1987).
Inoltre, nel caso di specie l'esperimento del procedimento di
negoziazione assistito non è considerato quale condizione di
procedibilità della tutela invocato, laddove nell'ambito della tutela
possessoria è previsto il ricorso alla mediazione obbligatoria
esclusivamente per la fase del merito. Invero, la giurisprudenza
ritiene che anche l'attivazione del procedimento di mediazione
precedentemente alla presentazione del ricorso ex artt. 1168 c.c.
e 703 c.p.c., ipotesi neanche verificatasi nel caso di specie, non sia
atto a sospendere il decorso del termine decadenziale di un anno
dalla scoperta dello spoglio.
In particolare, l'avvio del procedimento volontario di mediazione
non interrompe il termine annuale decadenziale previsto dagli
articoli 1168 e 1170 del c.c. per l'esercizio delle azioni possessorie
di reintegrazione e manutenzione. Infatti, la comunicazione alla
controparte di una domanda di mediazione volontaria non è idonea
ad interrompere il termine di prescrizione o a impedire quello di
decadenza, applicandosi la disposizione di cui all'articolo 8, comma
secondo, del ### n. 28 del 2010, esclusivamente alla sola
mediazione obbligatoria in ragione della sua stessa "ratio": invero,
laddove la legge impone, a pena di improcedibilità, il procedimento
di mediazione, il legislatore ha previsto che tale obbligo non possa
pregiudicare le parti facendo comunque decorrere e maturare i
termini di prescrizione e decadenza.
Diversamente, al di fuori di tale ipotesi, la scelta di una parte di
avviare comunque il procedimento di mediazione volontaria non
può estendere i termini di prescrizione e decadenza, in quanto,
avallando siffatta interpretazione, la dilatazione dei termini
medesimi sarebbe rimessa alla mera volontà delle parti e non,
invece, a un obbligo di legge, a detrimento evidentemente dei
diritti della controparte a vedere cristallizzata la stabilità dei
rapporti giuridici (ex multis, Tribunale IV - Milano, 16/04/2025, n.
###).
Alla luce di quanto sopra specificato va dichiarata la tardività della
domanda. ### della eccezione preliminare di decadenza assorbe
ogni ulteriore questione di fatto e di diritto oggetto del presente
giudizio.
Quanto alla richiesta avanzata da parte resistente in relazione alla
temerarietà della lite, la stessa non può essere accolta in quanto,
come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, non ricorre
una ipotesi di responsabilità per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. per
il solo fatto della mera infondatezza dell'azione (ex multis Cass.
20/07/2023 n.21667).
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate, ex D.M.
55/2014 e ss.mm.ii, secondo il valore del giudizio e tenuto conto
dell'attività effettivamente svolta con riduzione del 50% tenuto
conto della non complessità delle questioni di fatto e di diritto
trattate.
PQM
Il Tribunale di Lagonegro, in composizione monocratica e nella
persona del g.o.t., dott.ssa ### definitivamente pronunciando nel
giudizio R.G. 1258/2016, ogni altra istanza, reietta e disattesa: -
rigetta il ricorso; - condanna ### ### in persona de legale
rapp.te p.t., a pagare in favore di ### le spese di lite, che si
liquidano, già dimidiate, in €.1.276,00 oltre spese generali 15%,
### e IVA come per legge se dovute, per compensi professionali
ex D.M. 55/2014 e ss.mm.ii. con distrazione ex art. 93 c.p.c. in
favore dell'avv. ### dichiaratosi antistatario.
Avv. Antonino Sugamele

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