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Sentenza

PROCESSO CIVILE. Prova documentale - Allegazione e prova. (Cpc, disposizioni di ...
PROCESSO CIVILE. Prova documentale - Allegazione e prova. (Cpc, disposizioni di attuazione, articolo 76; Cpc, articolo 112)

Rammenta in sentenza la Corte d’Appello di Napoli il generale principio di diritto in base al quale il Giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte - sia pure quando questa ne faccia specifica istanza, esponendone gli scopi in riferimento alle sue pretese, pena l’impossibilità per la controparte di controdedurre, e per il Giudice stesso di valutare le risultanze probatorie ai fini della decisione - essendogli precluso, in forza del principio di cui all’articolo 112 c.p.c., solo di porre a base della decisione fatti che, ancorché rinvenibili all’esito di una ricerca condotta sui documenti prodotti, non siano stati oggetto di puntuale allegazione, o contestazione, negli scritti difensivi delle parti. Con particolare riguardo alla fase impugnatoria, la (sola) mera produzione di un documento in appello non comporta automaticamente il dovere del Giudice di esaminarlo, in ossequio all’onere di allegazione delle ragioni di doglianza sotteso al principio di specificità dei motivi di appello, sicché all’attività di produzione si deve accompagnare una corrispondente attività di allegazione, volta ad evidenziare il contenuto del documento e il suo significato. In materia di prova documentale nel processo civile, dunque, il Giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo Giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni. Affinché il Giudice di appello possa procedere all’autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perchè ritirato e non restituito, o perchè questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell’articolo 76 disp. att. c.p.c..

    Corte di appello, Napoli, sezione VII, 23 luglio 2025, n. 3915

due anni dall'ultima fattura (22/12/2014) e per il consistente
scoperto di € 202.512,81; - che, dunque, essa opponente aveva
provveduto ad estinguere in tutto o in parte le sue obbligazioni con
pagamento in contanti, di volta in volta, all'esito della consegna
merce, con conseguente inesistenza o ridimensionamento del
credito azionato in monitorio.
Tanto premesso, chiedeva, quindi, all'adito giudice di: “A)
preliminarmente, rigettare la richiesta di concessione della
provvisoria esecuzione all'opposto decreto per carenza dei
presupposti di legge; B) rigettare la domanda ricorso, perché
inammissibile ed infondata; C) sempre e comunque rigettarla; D)
in via gradata, dichiarare la parziale estinzione del debito di cui
all'opposto decreto nella misura che risulterà provata all'esito
dell'istruttoria; E) in ogni caso, revocare l'opposto decreto N°
1842/2016, emesso dal G.M. del Tribunale di ###ssa ### della
II Sezione Civile il ###/2016; F) condannare ex art. 96 c.p.c. la
ricorrente ### S.r.l., in persona del legale rapp.te pro tempore,
al risarcimento dei danni, in favore della opponente, da liquidarsi
in via equitativa dal Giudice;
G) condannare la ### S.r.l., in persona del legale rapp.te pro
tempore, al pagamento delle spese e compensi di lite con
attribuzione ai sottoscritti avvocati i quali dichiarano di non aver
percepito i compensi e di averne anticipato le spese”.
Si costituiva in giudizio la ### srl, chiedendo il rigetto
dell'opposizione e rappresentando che: - effettivamente, il
rapporto commerciale tra le parti, iniziato circa 40 anni addietro
tra i genitori dei legali rappresentanti delle rispettive società, era
originariamente improntato sulla reciproca stima personale e
commerciale ed era continuato anche dopo la morte dei genitori;
- proprio in considerazione di tali consolidati rapporti, erano stati
tollerati i ritardi nei pagamenti delle forniture; - in particolare, a
seguito delle forniture eseguite, erano state emesse nei confronti
della ### per ordini da quest'ultima effettuati, nell'anno 2010, n.
39 fatture per un totale di euro 82.557,38, di cui ne erano state
saldate solo 28, per euro 56.965,24, con un residuo insoluto di 11
fatture, per euro 25.592,14; nel 2011, n.55 fatture per un totale
di euro 149.377,50, di cui n. 25 saldate, per euro 82.259,14, e n.
30 insolute, per un totale di euro 67.118,36; nel 2012, n.25 fatture
per un totale di euro 92.167,29, di cui 16 saldate per euro
61.607,02 e 9 non pagate, per un totale di euro 30.560,77; nel
2013, n.71 fatture per un totale di euro 84.776,05, di cui 2 saldate,
per euro 13.955,88, e 69 insolute, per un totale di euro 70.820,17;
nel 2014, n.18 fatture, rimaste tutte impagate, per un totale di
euro 12.372,59; - dati gli inadempimenti sempre più consistenti,
nell'anno 2015 non aveva più fornito merce alla ### in quanto, a
fronte di forniture pari ad euro 421.250,81, aveva ricevuto il
pagamento solo di euro 214.787,28; - inoltre, la ### nel
momento in cui effettuava l'ordine, spesso consegnava assegni
post datati per il pagamento, contattando essa fornitrice poco
prima della scadenza del titolo e chiedendole di non porre i titoli
all'incasso; - tali assegni, ancora in suo possesso, ammontavano
ad euro 151.193,10 e non risultavano essere mai stati incassati,
nel rispetto dei datati rapporti commerciali; - pur limitando le
forniture dall'anno 2013, aveva tollerato i ritardi nei pagamenti,
non solo in virtù dei rapporti datati tra le parti, ma anche in quanto
aveva comunque riscosso la metà del credito e ricevuto in garanzia
assegni per l'importo di euro 151.193,10; - sarebbe, infine, del
tutto verosimile che, a fronte del pagamento della merce in
contante, per il rilevante importo dovuto, la ### non abbia
preteso il rilascio di una quietanza.
Chiedeva, dunque, all'adito giudice di: “1) in via del tutto
preliminare concedere ex art. 648 cpc la provvisoria esecutività del
decreto ingiuntivo n.1842/2016 (rg. 7189/2016) emesso dal
Tribunale di ### , seconda sezione civile, dott. ### il ###/2016
avverso la ### sas ed in favore della ### srl per l'intero importo
dell'ingiunzione pari ad euro 202.374,23 oltre interessi ed oltre le
spese liquidate nel procedimento monitorio, per i motivi esposti in
premessa ed in particolare perché l'opposizione non è fondata su
prova scritta, non è di pronta soluzione e perché sussiste il pericolo
del grave pregiudizio nel ritardo; 2) nel merito rigettare tutte le
domande dell'opponente ### sas, perché improcedibili,
inammissibili nonché infondate in fatto ed in diritto per i motivi
esposti in premessa del presente atto e conseguentemente
confermare in toto il decreto ingiuntivo n.1842/2016 (rg.
7189/2016) emesso dal Tribunale di ### , seconda sezione civile,
dott. ### il ###/2016 avverso la ### sas ed in favore della
### srl per l'importo di euro 202.374,23 ed oltre le spese liquidate
nel procedimento monitorio, ed oltre risarcimento dei danni per lite
temeraria, equitativamente determinato dal Tribunale; 3) in via
subordinata condannare la ### sas, in persona del legale rapp.te
p.t. alla somma complessiva maggiore di euro 206.463,53 o
minore ritenuta di giustizia; 4) condannare in ogni caso la ###
sas, in persona del legale rapp.te p.t. al pagamento delle spese di
lite del presente giudizio”.
Accolta la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività del
decreto ed espletata l'istruttoria del caso, il Tribunale di ### così
provvedeva: “-rigetta la opposizione in quanto non provata; -
conferma integralmente il decreto ingiuntivo n. 1842/2016 e
dichiarandolo definitivamente esecutivo; -condanna la opponente
ed in favore della opposta al pagamento delle spese processuali,
che liquida nella complessiva somma di € 13.430,00 oltre ###
CpA e rimborso forfettario”.
Con atto notificato il ###, la ### sas di ### ha impugnato la
predetta sentenza, chiedendone la riforma per i motivi di seguito
indicati e rassegnando le seguenti conclusioni: “### la Corte
d'Appello di Napoli, conoscendo del gravame proposto con il
presente atto avverso la sentenza n° ###/2020 pubbl. il ### RG
n. 618/2017, resa dal Tribunale di ### G.O.T. Avv. ### e
notificata in pari data, reietta ogni contraria istanza, eccezione o
difesa, così decidere: a) Accoglierlo ed in totale riforma della
stessa, dichiarare fondata, oltre che ammissibile l'opposizione
avverso il decreto ingiuntivo N. 1842/2016 emesso dal Tribunale
di ### il ###/2016, per i motivi di appello di cui ai capi 1) e 2)
che precedono; b) Per l'effetto, revocare il decreto ingiuntivo N.
1842/2016 emesso dal Tribunale di ### il ###/2016; c) In linea
gradata, accogliere l'appello limitatamente alla domanda
subordinata proposta in primo grado e dichiarare la parziale
estinzione del debito di cui all'opposto decreto nella misura che il
Giudice riterrà provata alla luce della documentazione prodotta,
sempre con conseguente revoca del decreto opposto; d) In
accoglimento del motivo di appello di cui al capo 4) che precede,
annullare il capo della sentenza relativo al governo delle spese; e)
Il tutto con vittoria di spese e compensi di lite per il doppio grado
di giudizio, con attribuzione per fattone anticipo”.
Si è costituita in giudizio la ### srl, chiedendo di: “rigettare
l'appello proposto dalla ### sas e di conseguenza confermare la
sentenza di primo grado del Tribunale di ### n.###/2020.
Condannare l'appellante alla rifusione delle spese e competenze
del doppio grado di giudizio”.
All'udienza del 20 marzo 2025, svoltasi ex art. 127 ter c.p.c., la
causa è stata trattenuta in decisione.
I motivi di appello Preliminarmente, deve essere disattesa
l'eccezione di inammissibilità dell'appello formulata dalla parte
appellata, fondata sul rilievo secondo cui la ### sas sarebbe priva
di qualsiasi titolarità ad azionare il presente giudizio in quanto in
data ###, e dunque prima della fine del giudizio di primo grado,
è stata cancellata dal registro delle imprese.
La questione trova agevole soluzione, alla luce della
giurisprudenza delle ### secondo cui la morte o la perdita di
capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso
non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano,
giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che: a) la
notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285
cod. proc. civ., è idonea a far decorrere il termine per
l'impugnazione nei confronti della parte deceduta o del
rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo
procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite
valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre
impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è
richiesta la procura speciale - in rappresentanza della parte che,
deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell'ambito del
processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione
dell'impugnazione presso di lui, ai sensi dell'art. 330, primo
comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza aliunde di
uno degli eventi previsti dall'art. 299 cod. proc. civ. da parte del
notificante (### U, n. 15295 del 4.7.2014, recentemente ribadita
dalla sentenza delle ### n. 29812 del 19.11.2024, anche quanto
alla applicabilità di tali principi all'ipotesi dell'estinzione della
persona giuridica).
Sempre in via preliminare, non può accogliersi l'eccezione di
inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis c.p.c., in quanto
superata dalla raggiunta fase decisoria (cfr., Cass. 15 aprile 2019,
n. 10422), non essendo stata ravvisata nel caso di specie la
manifesta infondatezza delle censure.
Neanche si rivela fondata l'eccezione di inammissibilità proposta
ex art. 342 c.p.c. E' noto che, secondo la costante giurisprudenza,
“gli articoli 342 e 434 del ### nel testo formulato dal Dl 83/2012,
convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, vanno
interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena
di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei
punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative
doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa
che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza
che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la
redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre
a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di
"revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene
la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (pt.
Cass. 28/07/2023, n.23100; 03/03/2022, n.7081).
Ai fini dell'ammissibilità del gravame, è sufficiente che l'atto di
appello indichi i passaggi argomentativi della sentenza che
l'appellante intende censurare, senza necessità di una trascrizione
testuale di tali parti, e che formuli, rispetto ad essi, le proprie
ragioni di dissenso, sì da esplicitare l'idoneità di tali ragioni a
determinare le modifiche della decisione impugnata, consentendo
alla controparte di formulare le proprie difese ed al giudice di
valutarne la portata.
Nella specie, parte appellante ha indicato con sufficiente puntualità
le parti della sentenza oggetto di censura e le ragioni di critica che
dovrebbero indurre la Corte a rivederle per ottenere la riforma
della decisione gravata. ### deve, dunque, essere delibato nel
merito. ### contesta la sentenza di primo grado, lamentando il
vizio di “omessa o errata valutazione e/o interpretazione delle
risultanze istruttorie” nella decisione adottata dal giudice di primo
grado.
In particolare, quest'ultimo avrebbe erroneamente valutato le
prove testimoniali e l'attendibilità dei testi escussi, in quanto “se
attenuata può ritenersi la testimonianza dei testi di parte
opponente, altrettanto, se non di più, può dirsi di quelli di parte
opposta, legati da rapporti di parentela, di lavoro e, quindi
economici con la società ### ed i suoi soci ed amministratore”.
In particolare, il teste ### già amministratore della ### non
avrebbe potuto essere considerato teste del tutto indifferente,
anche alla luce dei rapporti familiari con i soci della stessa. Lo
stesso, inoltre, pur tentando di sminuire la portata dei documenti
esibitigli, attestanti le modalità delle forniture effettuate alla ###
ed il pagamento frazionato per contanti, che risulterebbe evidente
dalla lettura dei messaggi ### prodotti, avrebbe ammesso che la
sottoscrizione posta in calce alle “proposte di commissione e
preventivo” era effettivamente la sua.
Ciò proverebbe che il rapporto commerciale tra le parti prevedeva
la consegna della merce solo ed unicamente previo contestuale
pagamento per contanti, quantomeno di un congruo acconto, con
saldo nelle settimane successive e, dunque, pur prescindendo da
una specifica contestazione delle singole fatture - di per se difficile
da operare, anche per il numero delle stesse e per la quantità
ricorrente delle merci fornite negli anni -, i pagamenti per contanti,
frazionati in piccole rate, versate a distanza di poco tempo le une
dalle altre, risulterebbero dimostrati, oltre che dalla prova
testimoniale, dalle “proposte di commissione e preventivo”, non
disconosciute dal teste ### nonchè dai messaggi ### allo stesso
esibiti e riconosciuti come autentici.
Da tali messaggi emergerebbe con chiarezza, in particolare, che
### - legale rappresentante della ### - “sollecitava di continuo
il pagamento del saldo il cui ammontare era sempre alquanto
modesto (€ 400; 988,57; 1.527,79; 688 stamattina e 1.832 oggi
### 1.737; 1.100; 943,51 ….) ed il pagamento del sospeso
condizionava la fornitura successiva”. Nelle dette conversazioni,
non vi sarebbe poi alcun riferimento, seppure generico, ad un
arretrato, nonostante l'asserito consistente sospeso di oltre €
200.000,00.
Il primo giudice non avrebbe affatto considerato, inoltre,
l'inverosimiglianza della versione fornita dalla ### secondo cui la
stessa avrebbe continuato a fornirle merce, con cadenza
ravvicinata, pur non ricevendo il pagamento per contanti pattuito
e riportato sulle fatture e ciò per circa 5 anni, attendendo il
maturare di ben 138 insoluti, senza mai inviare neanche un
sollecito, per poi accorgersi, a distanza di due anni dall'ultima
fattura (22/12/2014), di uno scoperto di € 202.512,81.
La motivazione del giudice di primo grado sarebbe dunque carente
e contraddittoria, avendo lo stesso anche omesso di pronunciarsi
sulla domanda subordinata, con la quale esso appellante aveva
chiesto di dichiarare la parziale estinzione del debito di cui
all'opposto decreto, nella misura emergente dalla documentazione
prodotta e alla luce dei pagamenti intervenuti nel rapporto inter
partes, da imputarsi a deconto dell'importo totale di cui al decreto,
domanda reiterata nella presente fase. ### è infondato.
Il giudice di primo grado ha ritenuto di non poter trarre “alcuna
valenza pienamente positiva” dalla espletata attività istruttoria in
considerazione delle opposte dichiarazioni fornite dai testi,
rilevando, in particolare, che quelle rese da ### e ### entrambi
fratelli di ### fossero “in parte inficiate sia dal rapporto di
parentale e sia dal trascorso di ex dipendente e socio della società
opponente”, avendo, peraltro, il primo anche precisato che alcune
circostanze gli erano state riferite proprio dal fratello.
Effettivamente, le testimonianze di segno opposto rese dai testi
nel corso del giudizio e volte ad avvalorare l'una e l'altra tesi non
si rivelano dirimenti.
Invero, oltre ad essere tra loro contrastanti, non appaiono idonee
al fine di dimostrare l'avvenuto pagamento, atteso che, pur
volendo dar credito alle versione di parte appellante, i testi da
questa indicati non hanno saputo spiegare in termini minimamente
chiari quale sarebbe l'ammontare dei pagamenti corrisposti in
contanti, neanche contestualizzando i tempi ed i luoghi del
presunto versamento e rendendo anche dichiarazioni de relato.
Né la prova del pagamento delle fatture azionate in monitorio
potrebbe essere tratta dalla documentazione depositata
dall'appellante.
Deve a questo punto precisarsi che la mera produzione di un
documento non risulta di per sé bastevole per assolvere al proprio
onere allegatorio non potendosi richiedere una lettura
estrapolativa dei fatti dalla mera analisi dei documenti prodotti,
essendo, invece, sempre necessario che i fatti posti a sostegno
delle domande od eccezioni, oltre ad essere provati
(eventualmente, appunto, mediante la produzione documentale)
vengano anche allegati negli scritti difensivi. Il giudice ha, infatti,
il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo
quando questa ne faccia specifica istanza, esponendone gli scopi
in riferimento alle sue pretese, pena l'impossibilità per la
controparte di controdedurre, e per il giudice stesso di valutare le
risultanze probatorie ai fini della decisione ( 8304/1990,
5149/2001, 23976/2004, 5711/2005, 20265/2005, Cass. sez. I,
28/04/2025, ud. 11/03/2025, dep. 28/04/2025, n.11145).
Nel caso di specie, i documenti prodotti dall'appellante non trovano
alcuno specifico e puntuale riscontro negli scritti difensivi,
trattandosi di allegazioni generiche che non possono costituire ex
se elemento di prova piena del pagamento, non potendo il giudice
dedurre ed estrapolare la stessa dalla mera analisi documentale,
in quanto all'attività di produzione dei documenti, deve
necessariamente accompagnarsi una corrispondente e puntuale
attività di allegazione, volta ad evidenziare il contenuto del
documento e il suo significato.
Invero, a fronte della produzione da parte dell'odierna parte
appellata delle 137 fatture, nelle quali erano descritte le merci
consegnate, non contestate dalla ### nonché della copia del
registro Iva vendite autenticato, l'impugnante non ha
adeguatamente né allegato, né dimostrato l'eccepito pagamento,
asseritamente avvenuto in contanti.
Si tenga conto del fatto che la parte appellata ha precisamente
indicato gli importi corrisposti e quelli ancora dovuti, anno per
anno, in relazione alle fatture emesse, mente l'impugnante si è
limitato a versare in atti documentazione confusa asseritamente
attestante gli avvenuti pagamenti in contanti, senza neanche, in
minima parte, indicare, contestualizzare o quantificare gli importi
pagati.
In particolare, negli stralci di conversazioni via chat prodotti in atti
(per lo più relative agli anni 2014/2015) si fa riferimento a
forniture e pagamenti che l'appellante neanche si premura di
collegare ad alcuna delle numerose fatture oggetto del giudizio. Lo
stesso dicasi con riferimento ai preventivi prodotti in atti,
asseritamente attestanti non ben precisati pagamenti effettuati in
contanti, sempre, per lo più, relativi a periodi diversi rispetto a
quelli indicati nelle fatture.
Insomma, l'opponente/odierna appellante non ha fornito alcuna
valida allegazione o prova, né scritta, né orale a sostegno della sua
opposizione, essendosi limitata a generiche ed infondate
contestazioni.
Del tutto correttamente, dunque, il Tribunale ha ritenuto provati i
fatti posti a fondamento del diritto fatto valere dal creditore, in
quanto non contestati (è risultato pacifico e non contestato, che la
merce di cui alle fatture indicate sia stata consegnata e risultata
idonea. Sul punto appare utile osservare quindi che non vi è stata
specifica contestazione ex art. 115 c.p.c., raggiungendosi, quindi
la c.d. pacificità dei fatti che, come noto, opera da limite alla
rilevabilità d'ufficio della sua mancanza" ( 1902/2002- e Cass.
2415/1995), verificandosi, quindi quella non contestazione
tempestiva cui la parte interessata ha l'onere di eccepire
specificatamente, e determinandosi quell'esonero di fornire la
relativa prova…) e, viceversa, non adeguatamente provato
l'asserito pagamento.
Appare, infine, condivisibile l'assunto del primo giudice, secondo
cui non può ritenersi credibile che, a fronte del pagamento della
merce in contante per un così rilevante importo, la s.a.s. ### non
abbia preteso il rilascio di una quietanza, mentre, invece, alla luce
dei risalenti rapporti commerciali tra le società, improntati, per
ammissione di entrambe le parti, sulla reciproca stima personale e
commerciale, possono spiegarsi i dilatati tempi di attesa da parte
della ### per il pagamento delle forniture, che, comunque, in
parte venivano saldate, anche con dazione di assegni in garanzia
del pagamento ancora dovuto. ### deve essere dunque
integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo secondo i nuovi parametri di cui al D.M. n. 55/2014
aggiornato al D.M. 147 del 13 agosto 2022, in base a valori tra i
minimi ed i medi tariffari, tenuto conto del valore della causa, della
natura dell'affare, delle questioni trattate, con esclusione della fase
istruttoria, non espletata in questo grado del giudizio.
Sussistono, infine, i presupposti di cui all'art 13, co. 1 quater, del
D.M. 115/2002, come modificato dalla L. 228/2012, a carico
dell'appellante per il pagamento di un ulteriore importo, a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per la presente
impugnazione, trattandosi di impugnazione notificata dopo il ###
(Cass. SS.UU. 3774/2014).
P.Q.M.
La Corte d'Appello di Napoli -Sezione Civile VII, definitivamente
pronunciando sull'appello proposto da ### S.a.s. di ### con atto
di appello notificato in data il ###, avverso la sentenza del
Tribunale di ### n. ###/2020 pubbl. il ###, ogni ulteriore
domanda od eccezione reietta, così provvede: 1) rigetta l'appello
e conferma la sentenza impugnata; 2) condanna ### S.a.s. di
### al pagamento, in favore di ### srl, delle spese del presente
grado di giudizio, che liquida in € 6.500,00 a titolo di compensi
professionali, oltre rimborso spese forfettarie in misura del 15%
ed ulteriori accessori come per legge; 3) dà atto della sussistenza
dei presupposti di cui all'art 13, co. 1 quater, del D.M. 115/2002,
come modificato dalla L. 228/2012, a carico dell'appellante per il
pagamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato,
pari a quello dovuto per la presente impugnazione
Avv. Antonino Sugamele

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