Magistrato ritarda il deposito di numerosi provvedimenti - Legittima la sanzione disciplinare Corte di Cassazione Sez. Unite Civ. - Sent. del 03.11.2011, n. 22729
Fatto
Alla dr.ssa A. M., giudice presso il Tribunale di (…), è stata inflitta la sanzione disciplinare della censura, in quanto ritenuta responsabile dell'illecito disciplinare di cui agli artt. l e 2, comma l, lett. q), d.lgs. n. 109/2006, “perché nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni, ritardava in modo reiterato, grave ed ingiustificato il deposito di numerosi provvedimenti”.
L'iniziativa disciplinare è scaturita da una ispezione ministeriale che evidenziava i ritardi nel deposito dei provvedimenti.
La dr.ssa M. ricorre contro la decisione del giudice disciplinare sulla base di tre motivi.
Diritto
Il ricorso non può trovare accoglimento.
1. Con il primo motivo, viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2, l° comma, lett. q), del d.lgs. 109/.2006. La ricorrente sostiene che i ritardi accumulati sono imputabili alla gravosità del ruolo delle cause, alla sua contemporanea applicazione ad una sezione distaccata del Tribunale con funzioni anche di coordinamento e alle carenze di organico.
Il motivo è inammissibile perché tende a dimostrare la sussistenza di fatti che, secondo la ricorrente, avrebbero reso inevitabili i ritardi accumulati. La sezione disciplinare, invece, ha ritenuto che i ritardi siano frutto della incapacità di organizzarsi della ricorrente, attesa la enormità dei ritardi stessi accumulati. Si tratta, come è evidente, di questioni di merito, che non possono essere risolte in questa sede, in presenza di congrua motivazione della sentenza impugnata.
2. Con il secondo motivo, vengono denunciati vizi di motivazione in quanto la motivazione afferma contraddittoriamente che l' “arco di tempo circoscritto”, nel quale sono stati accumulati ritardi, esclude la occasionalità dei ritardi stessi e la loro imputabilità ad una situazione contingente (v. alla fine di p. 8 della motivazione). Ritiene il Collegio che l'apparente contraddizione sia frutto di un evidente lapsus calami, essendo saltato un ”non” tra la parola “tempo” e la parola “circoscritto”. Il contesto chiarisce che proprio la durata eccessiva dei ritardi esclude la presenza di cause temporalmente circoscritte. Infatti, la motivazione prosegue (alle pp. 8 e 9) evidenziando che quando i ritardi “per quantità e per durata, superano ogni limite di comprensibile ragionevolezza, deve essere addebitata al magistrato la responsabilità di aver consentito, non organizzando il proprio lavoro in modo da evitare che i provvedimenti più risalenti rimanessero giacenti, una situazione di diniego di giustizia che di per se stessa costituisce elemento dell'illecito disciplinare”. I ritardi, infatti, hanno superato talora anche i mille giorni (circa tre anni) e quindi non può parlarsi di fenomeno circoscritto nel tempo.
Denunciando ancora vizi di motivazione, la ricorrente rileva che il CSM riconosce lo straordinario carico di lavoro che le era stato affidato, la sua laboriosità ed eccezionale dedizione manifestata, ma poi non ne tiene conto ai fini della giustificazione del ritardo, come evento inevitabile. La censura non tiene conto della giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale occorre la prova concreta e specifica della inevitabilità del danno, per escludere l'illecito, e non è sufficiente la prova della laboriosità, che è cosa diversa dalla inesigibilità di una diversa condotta. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio intende dare continuità , “In tema di illeciti disciplinari riguardanti magistrati, la fattispecie prevista dall'art. 2, comma l, lett. q) dell'art. 2 del d.lgs 23 febbraio 2006 n. 109 punisce il ritardo grave e reiterato nel deposito delle sentenze e dei provvedimenti, mentre l' “assenza di giustificazioni” non configura un elemento della condotta sanzionata, ma una causa di esclusione della punibilità disciplinare che richiede, per essere integrata, l'inesigibilità, da verificare in concreto, di una condotta diversa e, quindi, la dimostrazione dell'inevitabilità del ritardo grave, malgrado il magistrato abbia fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per evitarlo. In tale prospettiva, quindi, anche una lodevole laboriosità non può costituire una causa di giustificazione utile ad escludere la sussistenza dell'illecito in questione” (Cass. 7193/2011).
La ricorrente illustra poi una serie di circostanze che, a suo dire, proverebbero la sua particolare laboriosità e la gravosità degli incarichi che non le avrebbero consentito il puntuale deposito degli atti. Si tratta di circostanze di fatto (riassorbimento dei ritardi, produttività individuale e carico di lavoro della sezione di …) che, comunque, non mirano a fornire la prova concreta e specifica, riferita a ciascun singolo procedimento, della inevitabilità del ritardo di volta in volta accumulato.
3. Con il terzo ed ultimo motivo, la ricorrente denuncia la inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 3 bis d .lgs. 109/2006 e vizi di motivazione, per non avere applicato la scriminante del “fatto di scarsa rilevanza”. La censura appare evidentemente infondata. La gravità dei fatti contestati è fuori discussione ed emerge ictu oculi dalla semplice lettura del capo di imputazione (si tratta di ritardi che in sessantadue casi hanno ampiamente superato l'anno, avvicinandosi ai due anni, in quarantotto casi hanno raggiunto ed anche superato i due anni, in cinquantanove casi hanno raggiunto gli 800-1000 giorni e in cinque casi hanno superato i mille giorni). La valutazione positiva del comportamento del magistrato può incidere, in ipotesi, sulla graduazione della colpa, ma non può incidere sulla oggettiva rilevanza dei fatti contestati.
4. Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Depositata in Cancelleria il 03.11.2011
06-11-2011 00:00
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