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Sentenza

Se la paziente non osserva le prescrizioni del medico non asumendo i farmaci pre...
Se la paziente non osserva le prescrizioni del medico non asumendo i farmaci prescritti non c'e' responsabilita' medica
Corte di Cassazione Sez. Terza Civ. - Sent. del 15.05.2012, n. 7529

Presidente Trifone - Relatore Petti

Svolgimento del processo

1. Con citazione del 23 luglio 2001 gli eredi di V.C. , M.A. e le figlie D.E. e L.E. , convenivano dinanzi al Tribunale di Milano la Azienda sanitaria locale della Provincia di Milano per sentirla dichiarare responsabile, a titolo contrattuale o extracontrattuale, per il decesso della congiunta avvenuto il giorno (…) , dopo due visite domiciliari della guardia medica, nelle persone dei dottori K.O. e A.R. che avevano sottovalutato le gravi condizioni della paziente, senza provvedere al ricovero ospedaliero. Paziente poi deceduta il giorno successivo alla seconda visita per complicazioni respiratorie da infezione polmonare.
La Azienda si costituiva e contestava il fondamento della domanda, ma chiamava in giudizio i due medici. Si costituiva il dr. O. e sosteneva che la paziente non aveva osservato le prescrizioni mediche non assumendo i medicinali trovati intatti al suo capezzale, restava contumace la R. .
Era disposta consulenza medico legale e l'interrogatorio libero del dottore e delle figlie della defunta, era acquisita documentazione medica.
2. Il Tribunale di Milano con sentenza del 7 settembre 2004 rigettava le domande attrici e compensava le spese di liti ma poneva per un terzo le spese di consulenza medica a carico delle attrici.
4.Contro la decisione hanno proposto appello principale gli eredi della V. , in proprio e nella qualità, affidato a sei motivi; hanno resistito le controparti.

Motivi della decisione

5. Il ricorso non merita accoglimento per le considerazioni appresso indicate.
Per chiarezza espositiva si offre una sintesi descrittiva dei motivi, ed a seguire la confutazione in punto di diritto.

Sintesi dei motivi.

Nel primo motivo si deduce error in iudicando per violazione delle norme di cui agli artt. 2049 e 1228 c.c. in tema di responsabilità dell'ente sanitario per lo operato dei medici preposti in regime di convenzione. Si censura la motivazione della Corte di appello nel punto in cui esclude in capo alla ASL la responsabilità basata sulla norma dello art. 2049 c.c. configurando unicamente la responsabilità contrattuale. In particolare si deduce - a pag 43 del ricorso - che il punto relativo della responsabilità contrattuale non era stato oggetto di motivo di appello da parte della convenuta e che su di esso opera il giudicato interno. La esclusione della responsabilità aquiliana era da considerarsi errata sul rilievo che il rapporto di preposizione non si concreta necessariamente in un rapporto di lavoro subordinato, risultando il potere direttivo, con chiarezza dalla prassi e dalla disciplina legislativa del servizio della guardia medica, dovendosi considerare lo inserimento dei medici di guardia nella organizzazione funzionale ed aziendale degli enti sanitari. Nel caso di responsabilità contrattuale si deduce la applicazione dello art. 1228 cod. civile.
Nel secondo motivo si deduce error in iudicando per violazione degli artt.1176, 1218, 2043 c.c. in tema di responsabilità medica per omissione e vizio della motivazione su punto decisivo. La tesi è che i sanitari non disposero il ricovero di urgenza in ospedale, che avrebbe consentito appropriate indagini e cure, e che tale omissione è in nesso di causalità con lo evento di danno, e si cita Cass. SU 11 gennaio 2008 n.581. Nel corpo del motivo si censura inoltre la CTU che ha considerato adeguate alla situazione clinica le prescrizioni di medicine in occasione delle visite domiciliari. Si deduce inoltre la mancata considerazione dei rilievi critici del consulente di parte, rilevanti e specifici.
Nel terzo motivo si deduce il vizio della motivazione omessa e insufficiente su punti decisivi, in relazione al mancato rilievo della gravità della situazione clinica, che riguardava una grave infiammazione polmonare, tale da rendere doveroso lo immediato ricovero ospedaliero.
Il quadro clinico consentiva una diagnosi di infezione localizzata alle vie aeree con concomitante presenza di dispnea.
Nel quarto motivo si deduce l'error in iudicando per la violazione degli artt. 1176 e 1218 c.c. in tema di responsabilità medica per interventi di non speciale difficoltà e in tema di distribuzione degli oneri probatori. Si assume che lo evento di danno era direttamente imputabile ad una colpa presunta a carico dei sanitari e non già ad una complicanza imprevista ed imprevedibile; presunzione che doveva essere superata con elementi di prova giustificativi della condotta dei sanitari, elementi di prova a carico dei medici.
Nel quinto motivo si deduce la nullità della CTU per omesso esame di punti tecnici decisivi e per la inadeguatezza della stessa formulazione dei quesiti, come error in procedendo. Si riproduce il quesito formulato dal tribunale a ff 67 del ricorso per sostenere che la sua inedaguatezza risulta fuorviante per le valutazioni e gli approfondimenti richiesti al CTU e per la conseguente inidoneità delle risposte formulate ai quesiti.
Nel sesto motivo si deduce ancora error in iudicando e vizio della motivazione in tema di determinazione del nesso di causalità tra condotta ed evento, sul rilievo che era stato accertato che la V. non aveva assunto lo antibiotico Velamox prescritto dal Dott. O. , sul rilievo che i carabinieri rinvennero presso il domicilio della defunta una confezione intatta di detto medicinale. Si sostiene che tale circostanza non vale ad interrompere il nesso di causalità.

6. Confutazione in diritto

Il primo motivo di ricorso risulta inammissibile ai sensi dello art.360 bis n. 1, del codice di rito, nel testo vigente ratione temporis, in quanto la Corte di appello nella qualificazione della natura contrattuale dello illecito, quanto alla responsabilità professionale dei medici e della struttura, ha deciso le questioni di diritto in modo conforme ai dettati delle Sezioni Unite 1 luglio 2002 n.9556 e 11 gennaio 2008 n.577 e successive conformi tra cui ord.SU 26 gennaio 1778 n.2011, e lo esame del motivo non offre elementi tali da indurre un mutamento di giurisprudenza consolidata. Non senza rilevare, in una diversa prospettiva problematica che le sezioni unite della Cassazione nelle sentenze gemelle del novembre 2008 ed in particolare nella sentenza n. 11 novembre 2008 n.26972, nel punto 4.3 della motivazione sistematica della responsabilità contrattuale da inadempimento con effetti lesivi di un diritto umano inviolabile quale è la salute, hanno riproposto ed esteso il principio della responsabilità da contatto sociale qualificato, anche alla struttura medica ed hanno ampliato la tutela dei soggetti terzi, inserendoli nel principio di garanzia, contenente lo obbligo di adempimento immediato della tutela della salute e della libera autodeterminazione attraverso il principio del consenso informato.
Con la integrazione sistematica, la posizione dei sanitari della guardia medica, sulla base della organizzazione del, servizio di continuità assistenziale all'epoca dei fatti vigente, gennaio 2000, appare connotata dalla esistenza di un contatto sociale da cui scaturisce un obbligo di protezione. In tal senso deve integrarsi e completarsi la lettura della disciplina in esame, senza peraltro modificare la valutazione che esclude la violazione del detto obbligo sia da parte dei medici che da parte della struttura.
Peraltro correttamente i giudici del merito hanno escluso la responsabilità extracontrattuale in capo alla ASL per la insussistenza dei presupposti di cui allo art. 2049 c.c., che è norma che attiene alla fattispecie propria dello illecito aquiliano, mentre qui opera la responsabilità organizzativa dello ente sanitario in relazione a poteri di vigilanza e controllo sul presidio di guardia medica.
Il secondo motivo è giuridicamente infondato avendo la Corte di appello, nel confermare la decisione del tribunale, esattamente applicato il principio espresso dalle Sezioni Uniti nella sentenza 11 gennaio 2008 n.576 secondo cui “nella imputazione per omissione colposa il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta omissiva del comportamento dovuto” corollario deve valutarsi la omissione specifica imposta da una norma giuridica, ovvero anche una omissione generica in relazione alla prestazione professionale del sanitario impegnato nello intervento da contatto sociale.
Nella fattispecie in esame i giudici di appello concordano con i primi giudici sulla adeguatezza delle condotte e delle prescrizioni dei medici di guardia, le cui condotte vengono esaminate e valutate dai consulenti medici legali in contraddittorio con i consulenti di parte. Non risulta dunque verificato lo inadempimento nella forma di condotta emissiva ovvero nella forma di una diagnosi errata o di una misura di cautela non presa, in riferimento ad entrambi i sanitari, e dunque l'evento di danno non si ricollega deterministicamente, o in termini di probabilità, con la condotta dei sanitari. La gravissima complicanza non è da ascrivere a condotta medica, ma alle condizioni di solitudine della malata, che non ebbe la forza o la volontà di prendere le medicine prescritte, con conseguente progressivo indebolimento delle capacità respiratorie.
I restanti motivi, dal terzo al sesto, ruotano tutti sulla questione centrale della valutazione del nesso causale, tardivamente deducendosi la nullità intrinseca della CTU per la omessa considerazione delle particolari condizioni di salute della paziente e per la inidoneità di quesiti fuorvianti.
In senso contrario si osserva; tutte le censure sono strumentali ad una diversa ricostruzione del fatto dannoso e delle condotte dei sanitari e tendono ad una valutazione delle prove e ad una confutazione delle conclusioni peritali, che, invece dimostrano un particolare impegno e scrupolo nella ricostruzione e nello esame del consulente di ufficio ed il prudente apprezzamento delle prove da parte del giudice del merito, non sindacabile in questa sede.
Non sussiste pertanto né la nullità della CTU, tardivamente sollevata, né gli errores in iudicando od i vizi della motivazione denunciati, con la conseguenza del rigetto complessivo del ricorso.
Quanto al regolamento delle spese, la complessità delle questioni esaminate e le difficoltà obbiettive anche sul piano delle indagini scientifiche, evidenziano la presenza di giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Depositata in Cancelleria il 15.05.2012
Avv. Antonino Sugamele

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