Fino al 17 agosto 2020 sono vietati i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e le procedure di licenziamento collettivo: ambito applicativo e deroghe
L'art. 80 del D.L. 34/2020 (c.d. Decreto rilancio) ha ampliato il periodo di sospensione, previsto dall'art. 46 del D.L. 18/2020 , del potere di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e delle stesse procedure di licenziamento collettivo fino ad arrivare al 17 agosto 2020, in parallelo con l'applicazione dei diversi ammortizzatori sociali il cui ambito di utilizzazione in realtà è più ampio potendo arrivare fino al 31 ottobre 2020. La norma è in fase di conversione, pertanto il predetto termine potrebbe spostarsi ulteriormente, per effetto dell'estrema mobilità che presenta la disciplina sugli ammortizzatori.
Licenziamenti individuali
Secondo l'art. 46 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) fino alla scadenza del termine del 17 agosto 2020, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604 .
Quest'ultima norma regola l'ambito del giustificato motivo oggettivo (gmo) alla sussistenza di ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.
È il classico gmo come interpretato dalla giurisprudenza negli anni, con l'individuazione di una ricca e articolata casistica ancora oggi in fase di continua evoluzione.
Tutti i casi in questione presuppongono che il datore di lavoro giunga al licenziamento solo dopo avere attivato il repechage, cioè l'individuazione delle eventuali mansioni o compiti alternativi a cui il lavoratore potrebbe essere avviato per scongiurare il recesso, anche inferiori dal punto di vista professionale se non sussistono mansioni equivalenti.
Il divieto riguarda tutti i datori di lavoro qualunque sia il numero dei dipendenti e a prescindere da quando sono stati assunti i dipendenti, cioè se rientrano o meno nella tutela dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori o nel decreto 23/2015 attuativo del job act.
Esclusioni
Circoscrivendo la sospensione del potere di recesso a quelli caratterizzati da un gmo, vediamo di ricapitolare le altre tipologie di recesso che sono escluse dal divieto e che pertanto sono attivabili in presenza di tutti i presupposti previsti:
1) licenziamento per giusta causa;
2) licenziamento per giustificato motivo soggettivo, tra cui la giurisprudenza annovera l'ipotesi dello scarso rendimento e comprendendo anche tutti i casi di natura disciplinare, riconducibili a colpa del dipendente non così grave però da spingere pe run recesso per giusta causa;
3) licenziamento per raggiunti limiti di età per il diritto alla pensione di vecchiaia;
4) licenziamento per superamento del periodo di comporto;
5) licenziamento del "dirigente apicale;
6) licenziamento durante il periodo di prova;
7) licenziamento dei lavoratori domestici;
8) cessazione del contratto di apprendistato al termine del periodo di formazione.
Licenziamento per inidoneità fisica
In caso di sopravvenuta inidoneità alla mansione, accertata dal medico competente in base alla procedura prevista dal D.Lgs. 81/2008 in materia di sorveglianza sanitaria, qualora il datore di lavoro non sia in grado di reimpiegare il lavoratore può licenziarlo dandogli il prescritto preavviso o pagandogli l'indennità sostitutiva, nel rispetto delle regole dell'art. 3 della legge 604/1966 .
Si tratta pertanto in base a quanto precisato dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota 24 giugno 2020, prot. n. 298 , di un licenziamento per gmo, ricadente anch'esso nel divieto previsto dal D.L. 18/2020.
Se si tratta di lavoratori a rischio, soggetti alla sorveglianza attiva da parte del medico competente, cioè disabili gravi, immunodepressi, affetti da patologie oncologiche o obbligati a terapie salvavita, l'art. 83 del D.L. 34/2020 prevede espressamente che l'inidoneità alla mansione accertata nell'esercizio di questa sorveglianza eccezionale, non può in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro. La norma risolve esplicitamente il problema anche se lo aggancia alla data della fine emergenza, al momento 31 luglio 2020. Tuttavia, riteniamo che, ricadendo il caso nell'ambito de recesso per inidoneità alla mansione, allo stesso si applichi il divieto fino al 17 agosto 2020.
Aspetti procedurali
Con l'art. 80 del D.L. 34/2020 sono state disciplinate anche le procedure di conciliazione preventiva che è obbligatorio instaurare presso l'ITL competente per poter fare dei licenziamenti per gmo nell'ambito di imprese da 15 dipendenti in su.
In pratica per il termine di 5 mesi (e quindi fino al prossimo 17 agosto), non potranno essere avviate le procedure previste dall'art. 7 della L. n. 604/1966 , né potranno essere trattate quelle pendenti. I relativi termini saranno pertanto soggetti a sospensione e riprenderanno a decorrere dal 18 agosto in avanti.
Licenziamento collettivo
L'avvio delle procedure di cui agli artt. 4 , 5 e 24, della legge 223/1991 è precluso dal 17 marzo 2020 fino al 17 agosto 2020 e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020 (art. 46, D.L. 18/2020 , L. 27/2020).
Pertanto occorre distinguere:
– dal 17 marzo e per i 5 mesi successivi è vietato intraprendere una procedura di licenziamento collettivo anche on presenza delle condizioni di legge e dei presupposti di fatto;
– le procedure avviate prima del 23 febbraio 2020 e in corso alla data del 17 marzo sono invece sospese fino al 17 agosto 2020 e potranno essere completate dal 18 agosto 2020 in avanti. Pertanto nel periodo indicato i termini procedurali sono appunto sospesi, non decorrono e riprenderanno a farlo dal 18 agosto 2020.
Cambio appalti
In deroga a quanto detto sono fatte salve, rispetto al divieto di licenziamento, le procedure di recesso nelle ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto.
In tali procedure infatti in cui un datore di lavoro nuovo subentra al precedente nella gestione di un contratto di appalto, quasi sempre il personale impiegato è licenziato dall'appaltatore uscente per essere riassunto da quello subentrante.
Il divieto però non opera nelle ipotesi e nella misura in cui il nuovo appaltatore "assorba" il personale impiegato nell'appalto. Il divieto permane invece in capo all'appaltatore uscente in relazione al personale non "assorbito", per il quale sarà quindi possibile richiedere il trattamento di integrazione salariale se ne ricorrano i presupposti (INL, nota 3 giugno 2020 n. 160 ).
Si ricorda che
La giurisprudenza ha individuato nell'ambito del giustificato motivo oggettivo due filoni:
a) uno relativo all'azienda e alle seguenti principali circostanze:
– cessazione dell'attività produttiva e/o liquidazione dell'azienda, se non realizza l'ipotesi di licenziamento collettivo;
– fallimento;
– soppressione del posto di lavoro;
– riorganizzazione per recuperare una maggiore economicità della gestione;
– fine lavori (o fase lavorativa) in edilizia.
b) uno alla persona del lavoratore e ai seguenti fatti:
– sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore (Cass. 27.6.2003, n. 272);
– carcerazione preventiva e detenzione per condanna passata in giudicato;
– impossibilità sopravvenuta della prestazione dovuta ad esempio alla scadenza del permesso di soggiorno per i lavoratori extracomunitari
06-07-2020 15:41
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