Prete trasferito non vuole consegnare le chiavi della canonica al nuovo parroco nominato al suo posto.-
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 3 giugno – 16 ottobre 2020, n. 22425
Presidente Cosentino – Relatore Casadonte
Fatti di causa
1. La Parrocchia San Michele Arcangelo di Fornelli propose ricorso, innanzi al Tribunale di Isernia, per la reintegra nel possesso di una casa canonica, ubicata in Fornelli, nei confronti di Di Sc. Ci.. Espose che la casa canonica, di pertinenza della parrocchia era stata abitata dal parroco Don Gi. Gi. Di Sc., fratello di Di Sc. Ci., fino al suo trasferimento ad Ischia, avvenuto nel gennaio 2009; dopo il suo decesso, la parrocchia aveva chiesto ai familiari di rimuovere gli effetti e di liberare l'immobile ma Di Sc. Ci. si era rifiutato.
1.1. All'esito del giudizio di possessorio, la Corte d'appello di Campobasso, con sentenza del 14.3.2019, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Isernia, rigettò l'azione di reintegra del possesso perché proposto dopo un ano dallo spoglio.
1.2. La corte di merito osservò che lo spoglio nel possesso era avvenuto nel dicembre 2009, allorché Don Giovanni Di Sc., dante causa del resistente, aveva rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco. Conseguentemente dal gennaio 2009, la Parrocchia di San Michele Arcangelo aveva perso il possesso dell'immobile, sicché l'azione di reintegra, esercitata in data 28.12.2010, era tardiva. La corte distrettuale, con autonoma ratio affermò che l'azione andava rigettata quand'anche si dovesse affermare che la Parrocchia avrebbe esercitato il possesso per il tramite del sagrestano Pa. perché in tal caso non sussisterebbe il presunto spoglio ai suoi danni.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Parrocchia San Michele Arcangelo di Fornelli sulla base di due motivi, illustrati con memoria difensiva depositata in prossimità dell'udienza.
2.1. Di Sc. Ci. non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 116 c.p.c. in relazione all'art.360, comma 1, n.3 c.p.c. in quanto la corte di merito, mal governando le prove, avrebbe accertato che don Giovanni Scala si era rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo Parroco, dopo la sua partenza ad Ischia.
1.1. Il motivo non è fondato.
1.2. Le dedotte violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c. sono prive di consistenza, in quanto la violazione dell'art. 115 c.p.c. può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; la violazione dell'art. 116 c.p.c. è idonea ad integrare il vizio di cui all'art. 360, n. 4, c.p.c. denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (ex multis Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).
1.3. Nella specie, il giudice, nell'ambito della valutazione delle prove, insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che Don Gi. Gi. Di Sc., dopo il suo trasferimento ad Ischia, avvenuto nel gennaio 2009 si fosse rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco, consentendo l'accesso a terzi tramite il sagrestano Pa.. Conseguentemente dal gennaio 2009 la Parrocchia aveva perso il possesso dell'immobile e l'azione di reintegra esercitata in data 28.12.2010 era quindi tardiva.
1.4. Detta ratio decidendi è autonoma ed idonea a sostenere l'impugnazione, sicché è inammissibile la censura in ordine alla seconda ratio (Cassazione civile sez. III, 14/02/2012, n.2108).
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 c.c., 1168 c.c. e 2697 c.c., in relazione all'art.360, comma 1, n.3 c.p.c. in quanto sarebbe stato onere del Di Sc. provare che la Parrocchia fosse a conoscenza dello spossessamento oltre un anno prima dell'introduzione del giudizio possessorio.
2.1. Il motivo non è fondato.
2.2. La corte di merito ha accertato che Don Giovanni Scala, dopo la sua partenza ad Ischia, si era rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco ed aveva consentito l'accesso a terzi tramite il sagrestano, al quale aveva ordinato di non far accedere nessuno senza la sua autorizzazione.
2.3. Egli aveva esercitato sul bene un potere di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà che si era manifestato nell'esclusione della parrocchia dal possesso della casa canonica; tali attività, manifeste e non clandestine, erano idonee a provare che la Parrocchia, sin dal 2009, aveva perso il possesso della casa canonica. Conseguentemente, poiché il rifiuto della consegna delle chiavi si era verificato oltre un anno prima della proposizione della domanda, vi era stata comportare la decadenza dall'azione per decorso del termine annuale fissato dall'art. 1168 comma 1 c.c. (Cassazione civile sez. II, 15/02/1986, n.901).
3. Il ricorso va pertanto rigettato.
3.1. Non deve provvedersi sulle spese non avendo l'intimato svolto attività difensiva.
4. Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
20-10-2020 12:14
Richiedi una Consulenza