La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare.
Nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento, specie a fronte di una domanda di parte, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di risarcimento danni derivanti da responsabilità sanitaria, la Suprema Corte, richiamato l’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata; nella circostanza, infatti, la corte del merito, pur ritenendo necessaria la consulenza tecnica per accertare l’andamento e l’incidenza causale dei fatti nonché le del tutto ambigue conclusioni tratte dal consulente, a fronte della richiesta della parte e di quest’ultimo di costituire un collegio, affiancando al medico legale uno specialista della materia per dissipare tale ambiguità, non aveva compiuto più alcun approfondimento, rigettando l’impugnazione e ribaltando sulla parte, per mancato assolvimento dell’onere probatorio, la pur rilevata carenza o ambiguità dell’elaborato peritale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, ordinanza 16 dicembre 2022, n. 37027).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 13 maggio 2024, n. 13038 – Presidente Travaglino – Relatore Rubino
20-05-2024 14:34
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