Rapporto di lavoro. Subordinazione. Prestazioni elementari.
Corte d'Appello di Bologna, Sentenza n. 69/2025 del 10-02-2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
Sezione lavoro
La Corte d'Appello, nella persona dei consiglieri ### relatore ### ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa di II grado iscritta al n. 46/2024 RGA promossa
da:
### SOCIETÀ ### con il patrocinio dell'avv. ### appellante
contro
### con il patrocinio dell'avv. ### appellata
### qualificazione e differenze retributive posta in decisione
all'udienza collegiale del giorno 6/2/2025 udita la relazione della causa
fatta dal ### dott. ### sentite le parti e viste le conclusioni dalle
medesime rassegnate e come in atti; esaminati gli atti e i documenti
di causa, ### esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della
decisione
1. Come riassunto nella sentenza qui appellata, “con il ricorso
depositato in data 29 novembre 2021 ### conveniva in giudizio
davanti al Tribunale di ### affinchè il Tribunale adito in via principale
accertasse e dichiarasse che tra la stessa e la società resistente era
intercorso un rapporto di lavoro subordinato di natura ordinaria e non
mutualistica a tempo indeterminato, orario parziale 50%, a far data
dal giorno 27.10.2014 al 31.12.2020”; la lavoratrice chiedeva il
riconoscimento di differenze retributive secondo le gradate
prospettazioni di cui al ricorso (riferite, in via di progressivo subordine,
ai vari livelli di qualificazione del personale, dal quinto al primo).
Nel contraddittorio con la società cooperativa, che contestava la
prospettazione della lavoratrice, assunte prove documentali e orali ed
espletata CTU contabile, il Tribunale accoglieva il ricorso per la parte
riferita alla rivendicata subordinazione; ravvisava lo svolgimento di
mansioni ascrivibili al primo livello del ### di settore e condannava
la società al pagamento della somma di €.18.183,74 oltre accessori e
oltre alle spese del grado.
2. Ha proposto appello la società ### lamentando A. Violazione o
falsa applicazione dell'art. 2094 cod. civ. e dell'art. 1, L. 142/2001,
in punto criteri distintivi e accertamento della subordinazione della
socia ### insussistenza dei criteri sussidiari della subordinazione e
quindi della relativa presunzione di subordinazione e B. Violazione
dell'art. 116 cod. proc. civ. in punto omessa e/o comunque erronea
valutazione del materiale probatorio, per aver considerato idonei a
provare la subordinazione indici privi del carattere della c.d.
“sussidiarietà”. Violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. in punto omessa
e/o insufficiente motivazione. e ha chiesto, in riforma della sentenza
impugnata, il rigetto delle domande della lavoratrice, se del caso
previa remissione della causa in istruttoria (pur fermo l'onere
probatorio incombente sulla predetta e ritenuto dalla medesima non
assolto).
Si è ricostituito il contraddittorio con la costituzione della ### che ha
innanzi tutto eccepito l'inammissibilità del gravame e ne ha comunque
chiesto il rigetto nel merito.
La causa è stata istruita con l'acquisizione della documentazione già
prodotta dalle parti ed è stata decisa come da infrascritto dispositivo,
per i seguenti motivi.
3. Va premesso che non si ravvisa l'eccepita inammissibilità del
gravame: la tesi di parte appellata si fonda su una lettura per così dire
atomistica e formalistica dell'appello1, che non tiene conto di quanto
emergente dal tenore complessivo dello scritto.
Il primo motivo censura la decisione per non avere fatto buon uso dei
principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che impone una
valutazione complessiva degli elementi tutti utili a dare indicazione
della natura del rapporto; per contro, il ragionamento del primo
giudice sarebbe erroneo “poiché ### non considera la precisa ragione
per la quale la socia ### beneficiava dell'indicato trattamento
previdenziale ### tralascia di considerare le precise indicazioni del
### è antitetico (ed addirittura opposto) a quello pacificamente
adottato dalla Corte di Cassazione ### determina automaticamente
la natura del rapporto a partire dal regime previdenziale adottato,
senza neppure alcun accertamento in ordine modalità concrete con
cui si è svolto il rapporto ### viola l'art. 4 della legge 142/2001 nella
parte dispone espressamente che al rapporto di lavoro adottato
corrisponde il regime previdenziale e non il contrario ### viola altresì
la legge 142/2001 nella parte in cui stabilisce che deve trattarsi in
ogni caso di un trattamento previdenziale compatibile con la posizione
di socio lavoratore”. 1 “### infatti, non indica le circostanze di fatto,
e impugna solo due capi della sentenza e tralascia gli aspetti
fondamentali ed autonomi della decisione, per cui gli stessi sono -
oramai - coperti da giudicato.
Da ciò consegue che l'appello non è idoneo a raggiungere lo scopo
devolutivo dei fatti di causa al Giudice superiore. Oltre a ciò si osservi
che nell'appello non sono indicati i riferimenti ai documenti da cui
controparte trarrebbe le proprie conclusioni: comunque non possono
essere verificate le asserzioni dell'appellante” (pag. 8 mem. cost.)
Il motivo è infondato.
Va innanzi tutto precisato che l'ambito lavorativo di causa è quello
dello svolgimento di attività di pulizia: la descrizione del lavoro è
contenuta in ricorso, ove si legge che “1)### è divenuta, in data
###, dipendente di ### società con più di 15 dipendenti (doc. n. 1
ricorso introduttivo), in esito alla sottoscrizione del contratto
denominato «### disciplinato dalla ### 241/01 - art. 1 comma 3»
(doc. n. 2 ricorso introduttivo), in questa sede oggetto di
accertamento di disconoscimento, il cui giorno di inizio lavoro era
stato indicato nel 27.10.2014. 2) In detto contratto, solo
formalmente mutualistico, la sig.ra ### era solo formalmente
considerata quale lavoratrice autonoma, come meglio indicato
nell'articolo 1 denominato «### del contratto» (doc. n. 2 ricorso
introduttivo). 3)La paga oraria era stabilita in € 6,55 lordi,
successivamente aumentati fino ad €.7,05 lordi (doc. n. 3 ricorso
introduttivo). 4)Le mansioni espletate dalla sig.ra ### a far data
dall'instaurazione del rapporto di lavoro (27.10.2014), formalmente
denominato ### sino alla sua cessazione, erano addetta alle pulizie.
5) La sede di lavoro, a far data dal 27.10.2014 al 31.12.2020 era sita
in ### n. 20, presso i locali in uso della società ### S.p.A.:uffici,
magazzini e piazzali, e ciò in virtù dei contratti di appalto stipulati tra
### S.p.a., in qualità di committente, e ### in qualità di
appaltatore. 6) ### di lavoro, osservato dalla signora ### ed
ordinato da ### era il seguente: inizio alle ore 05.30 e cessazione
alle ore 09.30 dal lunedì al venerdì, per un totale di 20 ore settimanali
(orario di lavoro a tempo parziale al 50%)”.
Controvertono le parti della natura del rapporto, appunto, e, dicasi
marginalmente, degli orari, ma non è in contestazione la sede di
lavoro e il tipo di attività.
In questo contesto, il primo giudice ha correttamente rilevato (vds.
pagg. 4 e 5) come - il tenore letterale del contratto non sia dirimente;
- lo stesso abbia espressamente indicato una retribuzione oraria; - la
società ha inviato al ### per l'### una comunicazione di assunzione
della lavoratrice come dipendente2 2 così dal doc. 5 trasmesso da ITL
in ottemperanza all'ordine di esibizione del 21/3/2022 - il contratto
d'appalto tra ### e la committente ### s.p.a. prevedesse un
coordinatore - nella persona di certa ### Pia3 - e l'annotazione delle
presenza della ### - le modalità concrete di svolgimento del lavoro
ne hanno confermato la natura subordinata (per regolarità di orario di
lavoro, continuità di retribuzione e mancanza di una minima
organizzazione e/o rischio di impresa in capo al prestatore).
Come evidente dall'elencazione sintetica che precede, il Tribunale non
si è sottratto alla disamina di tutti gli elementi utili al procedimento
qualificatorio, noto che i singoli elementi non hanno decisiva valenza
e la formalizzazione del contratto concorre bensì nella valutazione
complessiva, ma non vincola la decisione, per la necessità che la
stessa tenga conto delle concrete modalità di svolgimento del lavoro.
Anche recentemente è stato infatti ribadito che “secondo il consolidato
orientamento [... della Corte di Cassazione, n.d.r.], se è la soggezione
del lavoratore al potere di direzione ed organizzazione del datore di
lavoro (con conseguente limitazione della sua autonomia ed
inserimento nell'organizzazione aziendale) ad assumere la funzione di
parametro normativo principale di individuazione della natura
subordinata del rapporto, tuttavia, soprattutto in particolari realtà
lavorative, anche ulteriori elementi, quali l'assenza di rischio, la
continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della
retribuzione ed eventualmente altri, pur avendo natura sussidiaria e
non decisiva, possono costituire, sulla base di una valutazione
complessiva e non meramente atomistica delle risultanze processuali,
adeguati indici rivelatori della reale sistemazione degli interessi
perseguiti dalle parti, sì da prevalere sulla formale contraria volontà
manifestata dalle medesime ( S.U. n.379/1999; Cass. n.4171/2006;
Cass. n.5645/2009; Cass. n. 11207/2009, tutte richiamate da Cass.
n. 2212/2017)” (Cassazione civile sez. lav., 07/06/2024, n. 15955).
E' altresì condivisibile il riferimento alla pronuncia di Cassazione civile
sez. lav., 13/10/2022, n. 29973, diffusamente richiamata dal primo
giudice, che ha trattato proprio dell'organizzazione della società qui
appellante, sia pure nel diverso contesto delle pretese contributive di
### La Corte di legittimità, ricordata “l'indisponibilità del tipo
negoziale sia da parte del legislatore, sia da parte dei contraenti
individuali" (sentenza n. 76 del 2015, cit., punto 8 del ### in diritto),
ha osservato, così respingendo il ricorso della società, che i giudici del
merito avevano effettuato un accertamento in concreto e ha
evidenziato che “la Corte di merito ha accertato lo svolgimento in via
continuativa di prestazioni di pulizia e di facchinaggio nell'ambito degli
appalti di volta in volta acquisiti dalla società e ha posto l'accento
sull'elemento della retribuzione dei lavoratori, proporzionale alla
durata delle prestazioni svolte, e sulla mancata assunzione di rischi
imprenditoriali. I lavoratori non hanno apportato attrezzature e
materiali propri.
In presenza di prestazioni elementari, ripetitive e predeterminate
nelle modalità di esecuzione, occorre fare ricorso a elementi sussidiari,
ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro. ...” Ha ricordato,
ancora, che se l'esercizio del potere direttivo e disciplinare è sicuro
indice di subordinazione, la sua assenza non denota di per sé la natura
autonoma del rapporto (Cass., sez. lav., 27 marzo 2000, n. 3674): è
di tutta evidenza, infatti, che proprio nelle mansioni più semplici e
ripetitive è ben possibile non avere riscontro di specifici ordini e
direttive, per l'auto-evidenza del compito.
Quanto al potere disciplinare, poi, un prestatore diligente e dunque
mai sanzionato non è certo interdetto dal dare prova di
subordinazione.
Prosegue la Corte di Cassazione - proprio con riferimento all'assetto
dei rapporti di ### - affermando che “In particolare, i normali indici
sintomatici della subordinazione, come l'assoggettamento del
prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e
disciplinare del datore di lavoro, sono inapplicabili allorché la
prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare,
ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione (Cass.,
Sez. II, 31 ottobre 2013, 24561).
In tale frangente, occorre fare ricorso a criteri distintivi sussidiari,
come la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione
del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza
di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con
riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti necessari)
e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al
prestatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri
rapporti di lavoro (Cass., sez. lav., 19 aprile 2010, n. 9251, richiamata
anche dalla Corte d'appello di Milano a fondamento della decisione,
21 gennaio 2009, n. 1536, e 5 maggio 2004, n. 8569).” Ebbene, nulla
ha addotto la società per connotare di autonomia un lavoro
consistente nello svolgere la pulizia di alcuni uffici, sempre nel
medesimo orario, con percezione di una retribuzione sostanzialmente
uniforme (a parte le variazioni connesse alla diversa composizione dei
mesi).
Quanto poi alla valenza probatoria del materiale valorizzato dal
Tribunale - e così trattandosi del secondo motivo di gravame - pare
sufficiente ricordare come gli orari e la loro ripetitività siano emersi
con nettezza dalla deposizione dei testi ### 4 e ### 5.
Eloquente è anche quanto riferito dal teste ### che lavorava per la
società committente: “### solo dire che se ### non poteva venire
o ci avvisava ### chiedendo se poteva inviare qualcun altro, oppure
eravamo noi che chiamavamo la ### per chiedere perché mancava
la donna delle pulizie. Ciò non è avvenuto nel caso di ### perché è
sempre stata corretta”. Si coglie quella che era la - peraltro facilmente
intuibile - organizzazione, basata sul controllo da parte della ###
delle persone impiegate nei diversi appalti e sulla vigilanza del
corretto loro operare, in esecuzione delle concordate mansioni, così
pienamente integrandosi la subordinazione correttamente ravvisata
dal Tribunale.
In questo contesto fattuale, sarebbe stato onere della società - non
assolto - quello di indicare come si esplicasse la presunta autonomia.
### si è limitata a richiamare astratte previsioni regolamentari e
normative (pagg. 7-8 appello), che non dicono evidentemente nulla
del concreto atteggiarsi del rapporto, legittimando così l'utilizzo degli
indici rivelatori di cui già si è detto.
Parimenti da respingere è l'ulteriore censura - di cu alle pagg. 17 e 18
dell'appello - riferita, senza specifica capitolazione, alla liquidazione
delle differenze retributive spettanti.
La critica qui mossa è sovrapponibile a quella già articolata in sede di
operazioni peritali e ha trovato persuasiva risposta da parte del ###
che ha confermato come la differenza a credito della lavoratrice sia
data dalle somme spettanti al lordo, ma senza tenere conto dei ristorni
(già liquidati al netto delle ritenute fiscali6).
La decisione impugnata merita dunque integrale conferma. 6 così da
pag. 23 della CTU in atti di primo grado
4. Le spese del grado - liquidate secondo i parametri medi di tariffa in
relazione al valore di causa (18mila circa) e per le tre fasi
effettivamente svolte e da distrarre ex art. 93 c.p.c. su conforme
richiesta - seguono la soccombenza. Deve altresì darsi atto della
sussistenza dei presupposti processuali previsti dal novellato art. 131-
quater, D.P.R. n. 115/02, ai fini del versamento da parte
dell'appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per l'impugnazione.
P.q.m.
La Corte d'Appello - sezione lavoro, definitivamente pronunciando
sull'appello proposto da ### SOCIETÀ ### avverso la sentenza n.
497/2023 del Tribunale di ### resa e pubblicata il giorno
21/12/2023, ogni diversa e contraria domanda o eccezione disattesa,
assorbita o respinta, 1. respinge l'appello; 2. condanna la società
appellante al pagamento delle spese del grado, liquidate in €.4.000,00
per compenso, oltre spese generali ed oltre IVA e CPA come per legge
- da distrarre ex art. 93 c.p.c.; 3. dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali previsti dal novellato art. 131-quater, D.P.R.
n. 115/02, ai fini del versamento da parte dell'appellante di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per l'impugnazione.
25-02-2025 21:52
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