Soggetto affetto da psicosi schizofrenica paranoidea cronica grave.
Tribunale Marsala, Sent., 17-01-2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MARSALA
SEZIONE CIVILE
Composto dai signori Magistrati
Dott. Michele Ruvolo - Presidente
Dott. Francesco Paolo Pizzo - Giudice
Dott.ssa Francescamaria Piruzza - Giudice rel.
riunito in camera di consiglio, ha pronunciato il seguente provvedimento, nella causa civile iscritta al n. 811 dell'anno 2016 del Ruolo Generale, sul ricorso proposto
da
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MARSALA
- RICORRENTE-
e
F.R., nata a M. D. V. il (...)
- INTERDICENDA-
OGGETTO: Interdizione giudiziale
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso depositato in data 6 aprile 2016 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala chiedeva una pronuncia di inabilitazione nei confronti di R.F. in quanto affetta da "psicosi schizofrenica paranoidea cronica grave" di cui non aveva affatto coscienza e stante l'insufficienza e l'inadeguatezza della misura dell'amministrazione di sostegno adottata nei suoi confronti con decreto del Tribunale di Marsala dell'8 agosto 2014.
All'udienza del 19 giugno 2017 la Procura della Repubblica, anche alla luce delle considerazioni espresse in udienza dall'amministratore di sostegno di R.F. circa il grave stato fisio-psichico della ragazza in quanto totalmente succube dei genitori e bisognosa di cure, modificava la domanda iniziale chiedendo una pronuncia di interdizione.
Il Giudice, dopo aver acquisito la relazione di consulenza a firma della dott.ssa Nicolazzo nominata in sostituzione del precedente consulente rinunciatario, rimetteva la causa al Collegio per la decisione.
Con ordinanza dell'11 settembre 2017 veniva disposta la rimessione sul ruolo della causa al fine di consentire la notifica della nuova domanda di interdizione all'interdicenda e ai genitori della stessa.
All'udienza del 13 novembre 2017, verificata la regolarità del contraddittorio, veniva nuovamente sentita R.F. e rimessa la causa al Collegio per la decisione.
2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
Premesso che, ai sensi dell'art. 414 c.c., "Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione", al Tribunale spetta valutare se l'infermità di mente da cui il soggetto è affetto presenti carattere di abitualità, cioè di durata nel tempo tale da qualificarla come habitus normale del soggetto, anche in presenza di lucidi intervalli, e tale da incidere sulla capacità del soggetto medesimo di provvedere alla cura dei propri interessi.
A seguito dell'entrata in vigore della L. n. 6 del 2004, pur in presenza di detti presupposti, la pronuncia di interdizione non è obbligatoria, avendo l'ordinamento apprestato l'ulteriore forma di tutela dell'amministrazione di sostegno e modificato, al contempo, la disciplina dell'interdizione e dell'inabilitazione.
Secondo quanto affermato dall'articolo 1 della predetta normativa, l'istituto dell'amministrazione di sostegno è stato introdotto al fine "di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte dell'autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente". È evidente, pertanto, il principio ispiratore della novella, nonché la sua finalità, ossia la minore limitazione possibile della capacità di agire del beneficiario.
Nondimeno, l'introduzione dell'amministrazione di sostegno non implica che a seguito dell'entrata in vigore della L. n. 6 del 2004 gli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione debbano considerarsi abrogati: come infatti chiarito anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 440/2005, la complessiva disciplina inserita dalla L. n. 6 del 2004 sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, nel caso concreto, garantisca all'incapace la tutela più adeguata con la minore limitazione possibile della sua capacità, ferma restando la possibilità di ricorrere alle più invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione - che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l'inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l'interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria - ove ciò risulti assolutamente necessario per la protezione della persona, in una prospettiva di constatata impossibilità di ricorso all'amministrazione di sostegno.
Rispetto agli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso e meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi da parte del soggetto carente di autonomia - potendo l'infermità anche essere totale e permanente - ma facendo piuttosto riferimento ad un criterio funzionale basato sulla natura e sul tipo di attività che l'incapace non è più in grado di compiere da sé, nonché sulla idoneità dell'uno o dell'altro istituto ad assicurare all'incapace la protezione più adeguata col suo minor sacrificio.
In altri termini, la scelta dell'una o dell'altra misura deve tenere conto in via prioritaria del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, nel senso che ad "un'attività minima, estremamente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto, vuoi per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, vuoi per la semplicità delle operazioni da svolgere (attinenti, ad esempio, alla gestione ordinaria del reddito da pensione), e per l'attitudine del soggetto protetto a non porre in discussione i risultati dell'attività di sostegno nei suoi confronti, corrisponderà l'amministrazione di sostegno mentre si potrà ricorrere all'interdizione quando si tratta di gestire un' attività di una certa complessità, da svolgere in una molteplicità di direzioni, ovvero nei casi in cui appaia necessario impedire al soggetto da tutelare di compiere atti pregiudizievoli per sé, eventualmente anche in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione che porti detto soggetto ad avere contatti con l'esterno. Come ulteriore criterio che può aggiungersi ma non sostituire il criterio principale il giudice può considerare "anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie" (cfr. Cass. civ. 22 aprile 2009, n. 9628).
In tale ambito va dunque collocata la discrezionalità del giudice in ordine alla facoltatività delle misure di interdizione e di inabilitazione, occorrendo valutare prioritariamente la conformità dell'amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario e, solo ove tale misura si riveli inadeguata alla concreta situazione, può applicarsi quella più radicale dell'interdizione, che attribuisce, a differenza dell'amministrazione di sostegno, uno status di incapacità.
Ciò premesso, va osservato che nella fattispecie concreta con decreto del 12 agosto 2014 è stata aperta l'amministrazione di sostegno nei confronti di R.F. e conferito all'amministratore di sostegno, tra l'altro, il compito di occuparsi delle questioni che riguardano la salute e l'attività di riabilitazione della beneficiaria.
Tuttavia, la completa assenza di coscienza di malattia da parte dell'amministrata, conseguente alla natura della patologia, ed il difetto di ogni forma di collaborazione da parte sua e dei sui genitori hanno impedito all'amministratore di sostegno di rendere efficace l'attività di assistenza alla salute della beneficiaria tanto che ogni tentativo di ricovero della R. presso strutture specializzate è stato fallimentare.
L'inadeguatezza della misura dell'amministrazione di sostegno emerge in modo evidente dalla relazione inviata dalla dott.ssa Nicolazzo, dirigente psichiatra del Centro di Salute Mentale di Mazara del Vallo, all'amministratore di sostegno con cui è stata rappresentata l'impossibilità di ricoverare R.F. presso una casa di cura: "in data odierna la sottoscritta dott.ssa Nicolazzo, dir. med. Psichiatria del CSM di Mazara del Vallo, unitamente al collega dott. E. G.L. e all'A.S. dott.ssa V. G. e all'I.P. dott.ssa G. A. ci siamo recati al domicilio della paziente per eseguire quanto autorizzato su sua richiesta dal Giudice tutelare ovvero il ricovero della paziente presso la CTA Villa Azzurra di Petrosino; abbiamo chiesto l'ausilio delle Forze dell'ordine ovvero della Polizia di Mazara. La Polizia ha intimato alla madre di aprirci e così, a differenza delle altre domiciliari, siamo riusciti ad entrare a casa; la ragazza è rimasta per tutto il tempo impaurita, appoggiata al muro in un angolo senza proferire alcuna parola; come sempre sporca nella persona e trascurata nell'abbigliamento; la stanza in cui siamo entrati era sudicia e disorganizzata; il padre per tutto l'intervento è stato oppositivo, verbalmente e fisicamente violento; ha spintonato gli operatori più volte tentando di fare uscire da casa e con l'ausilio delle Forze di Polizia siamo riusciti a mantenere la porta di legno e quella con le grate di ferro aperte; il padre si è mostrato violento verbalmente con la figlia gridandole con aggressività estrema e con una mimica improntata a minacciosità, con gli occhi spalancati e violenti, che "se voleva andare era maggiorenne", terrorizzandola nel frattempo e dandole, con l'atteggiamento, il comando opposto. La madre era agitata e delirante: "mia figlia muore se esce da qua", disorganizzata nei discorsi ed illogica nel ragionamento che non aveva un senso condivisibile. F.R. è succube sia fisicamente, come indicato, e soprattutto psicologicamente di entrambi i genitori; la sua volontà non è libera e non è consapevole della gravità della sua condizione clinica e di vita: non le è permesso di uscire di casa..." (cfr. relazione CSM di Mazara del Vallo del 20 maggio 2015, prot. (...), all. al fascicolo dell'amministrazione di sostegno n. 468/2014).
Deve evidenziarsi che in passato la R. è stata sottoposta anche a trattamento sanitario obbligatorio presso il reparto di psichiatria di Trapani. In una sua precedente relazione del 10 luglio 2012, pure allegata al fascicolo relativo all'amministrazione di sostegno acquisito al presente giudizio, la dott.ssa Nicolazzo ha evidenziato che "la giovane di 23 anni trascorre le giornate con i genitori, non le è consentito uscire da sola e di fare amicizie, di vivere come giovani della sua età. Estremamente regredita i genitori soprattutto la madre si relaziona con F. come una bimba piccola.....F., come ci è stato riferito dai colleghi del Servizio Psichiatrico di diagnosi e Cure, dove è stata ricoverata in TSO dal 27 giugno 2012 al 10 luglio 2012 urina nei bicchieri, raccoglie le sue feci in tasca, scopre costantemente il seno sinistro maneggiando il capezzolo, al momento del ricovero non si lavava da mesi con strisce di feci sulle braccia, puzzando in maniera disumana, inoltre non si alimentava da giorni perché le allucinazioni le dicevano di non mangiare e di non bere".
Vista la notevole difficoltà di procedere all'esame peritale della ragazza da parte del CTU precedentemente nominato - che ha pure rinunciato all'incarico dichiarando in udienza di non avere la necessaria competenza - si è proceduto alla sua sostituzione con la stessa dott.ssa Nicolazzo, stante la disponibilità manifestata dalla stessa all'udienza del 26 giugno 2017 (in cui era stata convocata per sentirla a sommarie informazioni), stante la sua notevole esperienza nel settore e la conoscenza approfondita del caso in esame avendo, per come sopra chiarito, visitato in precedenti occasioni l'interdicenda presso il suo domicilio e avendo anche relazionato in passato in merito alle sue condizioni (da ultimo nel 2015 come da relazione citata).
Orbene, all'esito della prima visita domiciliare effettuata in data 7 luglio 2017 dalla dott.ssa Nicolazzo la stessa ha riferito: "la madre ci apre la grata e la porta entriamo con l'amministratore di sostegno nell'unica stanza al piano terra composta da cucina e bagno; in fondo c'è F. adagiata immobile su una sedia, l'aspetto è immutato se non peggiorato, emaciata, pallida, sporca e maleodorante; i capelli sono incollati di sebo e sporco, peli lunghi e neri sulle gambe e che escono dalle ascelle sudate e maleodoranti; la casa è sporca e la puzza è nauseabonda, chiediamo alla madre di lasciare la porta aperta per respirare e sopportare il fetore con il pretesto dell'eccessivo caldo. L'amministratore di sostegno distrae la madre in modo da permettermi l'accesso a F. altrimenti impossibile; sappiamo che la madre non la fa parlare ed esprimere e copre con i suoi discorsi deliranti e persecutori e scoordinati ogni possibilità di espressione di F.. F. è orientata sulla sua data di nascita e sul parametro spaziale sa che siamo a Mazara; quando diciamo che è magra e se si alimenta irrompe la madre che dice che mangia e scopre il pranzo arancine avariate e biscotti duri (quindi non cucinano ma acquistano rosticceria che conservano per giorni). Chiedo se esce e la madre sostiene che sono uscite per andare in processione e che la figlia non esce mai da sola perché è pericoloso perché "i neri la agguantano". Evidente l'ideazione delirante paranoidea della madre di F.. F. sostiene che passa le giornate leggendo, le chiedo di farmi vedere cosa legge al prossimo incontro".
Al successivo incontro avvenuto sempre presso l'abitazione dell'interdicenda la dott.ssa Nicolazzo ha relazionato quanto segue: "F. mi fa trovare sul tavolo i libri che legge che sono quelli della scuola sempre gli stessi da anni, emerge dal colloquio l'assoluta incapacità di volontà autonoma ad ogni domanda sui suoi gusti e preferenze non sa rispondermi e mi rigira la domanda chiedendomi a me cosa piace...mi dice che vorrebbe riprendere a studiare. Parrebbe che i genitori l'abbiano costretta ad interrompere gli studi perché la scuola è un luogo pericoloso e lei verbalizza che avrebbe voluto studiare ma la sua volontà non è stata ascoltata. Parla a monosillabe. È evidente che non le è permesso esprimersi da sempre e che ha smesso di farlo. Diciamo alla madre che F. è molto magra e pallida e avrebbe bisogno di fare almeno un esame del sangue e la madre ci dice che la figlia sta benissimo e non ha bisogno di visite ed esami. All'invito a venirci a trovare in ambulatorio per continuare a parlare di F. la signora dice che non ha più nulla da dirci e F. è in assoluto silenzio e parrebbe a tratti allucinata con allucinazioni uditive della mimica ed espressioni del viso" (cfr. relazione di CTU a firma della dott.ssa Nicolazzo dep. all'udienza del 17 luglio 2017).
La dott.ssa Nicolazzo, nella relazione tecnica a sua firma, ha concluso precisando che "il quadro clinico di psicosi schizofrenica paranoidea cronica in questo caso produce la incapacità di cura del sé e della propria persona. F. non cura l'igiene personale, è sporca e maleodorante, non cura la sua alimentazione: mangia quello che capita, non cura la sua salute, è magrissima e pallida e non fa alcun accertamento, né assume i farmaci consigliati alle dimissioni del ricovero allo SPDC di Trapani e si è sempre rifiutata di effettuare le visite necessarie presso il Centro di Salute Mentale di Mazara...non ha amici, né conoscenti, le uniche persone con cui si relaziona sono i suoi genitori....alla sua inerzia si aggiunge la visione distorta e persecutoria della realtà della madre per cui tutto fuori di casa è pericoloso e lei accetta. R grado di infermità mentale è abituale cronico e cristalizzato.....la capacità di autodeterminazione è assente".
E risultato pertanto che la R. è affetta da disturbo schizofrenico paranoide che causa problemi della sfera volitiva e percettiva, allucinazioni uditive. Il c.t.u. ha evidenziato che la R. non ha coscienza della malattia e non è in grado di gestirsi autonomamente soprattutto per quanto riguarda le cure che non accetta.
La situazione patologica della ragazza risultano aggravate a causa del contesto familiare in cui è inserita. Il padre R.A. è conosciuto dal Centro di Salute Mentale sin dall'anno 1995. Risulta affetto da epilessia grave e presenta "grave turbe del comportamento" mentre la moglie S.V.M., non risulta essere stata seguita dal CSM ma presenta una grave alterazione della capacità di critica e dell'esame della realtà e disorganizzazione del funzionamento come da grave patologia psicotica (cfr. relazione del CSM allegata alla relazione della Questura di Trapani del 12 giugno 2013).
Gli assistenti sociali del Comune di Mazara del Vallo, interrogati in passato sulla situazione della R. da parte del Commissariato di Pubblica sicurezza - che ha operato in attuazione della delega di indagine ricevuta da parte della Procura del Tribunale di Marsala - hanno evidenziato di essersi interessati del caso negli anni 2004-2005 perchè F.R., all'epoca minorenne, viveva in una situazione di grave disagio legato alle dinamiche familiari che non le permettevano di avere spazi di autonomia decisionale con conseguente danno sulla sfera personale, dello sviluppo e scolastico (cfr. relazione del settore servizi culturali e alla persona del Comune di Mazara del Vallo del 2012, allegata al fascicolo dell'amministrazione di sostegno).
Dalla documentazione in atti risulta che la R. rifiutando le cure ha reso necessario il suo ricovero in regime di T.S.O. (dal 27 giugno 2012 al 10 luglio 2012).
La stessa si è opposta al ricovero presso strutture specializzate. L'ultimo tentativo di ricoverarla risale all'anno 2015 quando il Dipartimento di Salute Mentale ha chiesto "un urgente intervento per un progetto di inserimento in Comunità terapeutica assistita per l'amministrata che le permetta un processo di separazione dalla relazione simbiotica e destrutturante con la madre e un percorso in autonomia". Il suddetto tentativo è rimasto infruttuoso avendo incontrato la ferma opposizione anche violenta dei genitori della ragazza.
Dal 2015 non si registra alcun miglioramento della sua situazione per come confermato nel presente giudizio dalla dott.ssa Nicolazzo nonché dal suo amministratore di sostegno sia nelle relazioni periodiche tramesse al Giudice Tutelare sia nel corso della sua audizione nell'ambito del presente procedimento. Non ha più praticato alcuna terapia farmacologica antipsicotica, né si è presentata presso il CSM per i controlli clinici, vive relegata a casa, non esce mai se non accompagnata dalla madre, non studia, non lavora, non ha nessuna relazione interpersonale a parte quella con i genitori.
La sua incapacità di autodeterminarsi è emersa anche nel corso del suo esame avvenuto in data 13 novembre 2017. La ragazza in udienza è apparsa spaesata, rispondeva a stento, a monosillabe, anche a semplici domande manifestando l'incapacità di esprimersi e di formulare un pensiero di senso compiuto. Rivolgeva continuamente il suo sguardo alla madre, presente all'audizione, cercando con gli occhi il suo aiuto o la sua approvazione prima di accennare una risposta tant'è che nel silenzio di F. rispondeva sempre la madre al posto suo. In altri casi, la R. si limitava a rigirare la stessa domanda al suo interlocutore "Non so, lei che mi dice?" (cfr. verbale di udienza del 13 novembre 2017).
La ragazza anche nei gesti e nella mimica si presenta ancora come una bambina piccola. Anche nel corso del suo esame ha trovato conferma quanto rappresentato dalla dott.ssa Nicolazzo nella sua relazione peritale con riferimento al rapporto tra R.F. e la madre. Era la madre che rispondeva in udienza alle domande rivolte alla figlia nonostante i continui richiami da parte del Giudice diretti a farle fare silenzio.
Nel corso del suo esame è emerso, altresì, che la ragazza non esce da tempo e soprattutto da sola avendo la madre manifestato, con argomentazioni prive di senso, la preoccupazione che possa succederle qualcosa sentendosi perseguitata "io temo per l'incolumità mia e di mia figlia" (cfr. verb. ud. cit.).
Pur in assenza di attività di carattere patrimoniale da gestire (la ragazza è priva di reddito), la natura e la gravità della patologia, la totale assenza di coscienza della malattia da parte della beneficiaria, il contesto familiare non sano e fortemente repressivo della sua libertà personale in cui risulta inserita, la difficoltà per l'amministratore di provvedere alla cura della salute della ragazza a causa del suo netto rifiuto a trasferirsi in una struttura di assistenza presso la quale potrebbe seguire un percorso terapeutico e di riabilitazione inducono a ritenere che l'amministrazione di sostegno sia stata misura insufficiente a garantire adeguata protezione alla beneficiaria.
In ipotesi del genere, invero, l'interdizione, quale misura di totale limitazione della capacità di agire, appare quella più idonea a fornire una risposta efficace agli interessi del beneficiario, consentendo al tutore di compiere nel suo interesse e per suo conto ogni atto di ordinaria e straordinaria amministrazione, col precipuo fine di evitare che questi compia atti pregiudizievoli per sé e per gli altri.
L'art. 413 c.c., nell'ipotesi in cui la scelta dell'amministrazione di sostegno si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario, prevede la possibilità di promuovere il giudizio di interdizione.
Per quanto detto occorre dunque dichiarare l'interdizione di R.F. e, stante la pendenza della procedura di amministrazione di sostegno, trasmettere la presente sentenza al giudice tutelare per i provvedimenti di competenza.
3. Quanto alla regolamentazione delle spese di lite, il Tribunale ritiene che i rapporti tra le parti e la contumacia della parte resistente giustifichino la compensazione delle spese del giudizio.
Quanto alle spese della CTU espletata, le stesse, liquidate con separato decreto, vanno poste a carico della parte ricorrente.
Infine, in osservanza del disposto di cui all'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003 (Codice della privacy) va prescritto, pur in assenza di specifica istanza di parte, che sia fatta a cura della Cancelleria l'annotazione di cui al primo comma, volta a precludere in caso di divulgazione della presente pronuncia l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell'interessata.
P.Q.M.
pronunciando nella causa di primo grado indicata in epigrafe sulla domanda proposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala nei confronti di R.F., così provvede:
- dichiara l'interdizione di R.F., nata a M. del V. il (...) e ivi residente in via M. n. 18;
- nomina l'avv. Arianna Giacalone, con studio in Marsala, Corso Gramsci n. 184, quale tutrice di R.F.;
- compensa le spese di lite tra le parti;
- pone le spese della CTU espletata, liquidate come da separato decreto, a carico della parte ricorrente;
- dispone la trasmissione di copia della presente sentenza al Giudice Tutelare, per i provvedimenti di Sua competenza;
- manda alla Cancelleria per l'annotazione di cui all'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003.
Cosi deciso in Marsala, nella camera di consiglio dell'8 gennaio 2018.
Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2018.
13-10-2018 19:09
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