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Sentenza

GARANZIE...
GARANZIE
Tribunale di Grosseto, Sentenza n. 756/2025 del 07-10-2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO
Contenzioso CIVILE
Il Tribunale, nella persona del ### ha pronunciato la seguente
SENTENZA
(art. 281-sexies c.p.c.) nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g.
2218/2023, avente a oggetto “contratti e obbligazioni varie”
vertente tra
### (C.F.: ###), ### (C.F.: ###), ### (C.F.: ###) e ###
(C.F.: ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio
dell'avv. ### che li rappresenta e difende in giudizio in virtù di
procure allegate alla citazione; ATTORI
contro
### (C.F.: ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio
dell'avv. ### che lo rappresenta e difende in giudizio in virtù di
procura allegata al ricorso monitorio; CONVENUTO
CONCLUSIONI: come da note scritte depositate in luogo
dell'udienza del 7.10.2025.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il sig. ### ha adito l'intestato Tribunale per sentire ingiungere agli
attori indicati in epigrafe il pagamento della somma pari ad €
27.175,28 (oltre interessi e spese della procedura), esponendo
che: • con contratto del 12.3.2013, i sigg. ### e ### (genitori
degli attuali opponenti) gli avrebbero promesso di alienare la quota
del 25% del diritto di nuda proprietà indivisa su alcuni immobili siti
nella ### con il precipuo fine di estinguere un debito di €
100.000,00; • con successiva scrittura privata del 30.12.2015, egli
avrebbe ceduto la posizione contrattuale agli odierni attori, i quali
si sarebbero impegnati a rimborsargli l'importo di € 100.000,00
attraverso un piano rateale della durata di vent'anni, a decorrere
dal 27 gennaio 2016, e al tasso nominale annuo del 3%; • benché
i cessionari, con simultaneo contratto di compravendita del
30.12.2015, avessero definitivamente acquistato i diritti cedutigli,
dal mese di ottobre 2019 avrebbero interrotto il pagamento delle
rate, accumulando al mese di settembre 2023 un debito di €
27.175,28, maggiorato degli interessi convenzionali.
Avverso il decreto ingiuntivo n. 557/23 (RG: 1841/2023), emesso
dal Tribunale di ### il ###, spiegavano opposizione i fratelli ###
eccependo in via pregiudiziale l'improcedibilità della domanda
avversaria per omesso esperimento della mediazione di cui all'art.
5 del D.Lgs. 28/2010, e chiedendo nel merito la revoca del decreto
ingiuntivo per infondatezza della pretesa monitoria e, in via
riconvenzionale, la restituzione della somma di € 24.402,40
indebitamente pagata negli anni al ### Nel dettaglio, essi
eccepivano anzitutto la nullità del contratto di cessione del 2015
per derivazione dalla nullità del contratto preliminare stipulato dai
genitori nel 2013, ritenuto elusivo del divieto di patto commissorio,
possedendone tutti i requisiti; in subordine, chiedevano
l'annullamento del contratto del 2015 per errore o dolo, o la sua
risoluzione per grave inadempimento del convenuto, sottrattosi
all'obbligazione di consegnargli il documento probatorio del credito
ceduto, eccependone ad ogni modo l'inadempimento ai sensi
dell'art. 1460 c.c.; eccepivano altresì l'estinzione dell'obbligazione
per intervenuta tacita quietanza e/o prova dell'avvenuto
pagamento del corrispettivo della cessione del credito e, infine, la
possibile usurarietà degli interessi concordati nel compromesso del
2013.
Si costituiva in giudizio il ### eccependo per un verso il difetto
d'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) e di legittimazione attiva (art.
81 c.p.c.) degli opponenti sulle domande di nullità, e chiedendo
comunque il rigetto integrale dell'opposizione, in quanto infondata
in fatto e in diritto.
Depositate le memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c., e sfumata alla
prima udienza la possibilità di conciliare la lite, anche per
l'aggravarsi della morosità controversa, il ### concedeva la
provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e fissava
l'udienza del 7.10.2025 per la discussione orale ex art. 281-sexies
c.p.c., assegnando alle parti un termine per depositare eventuali
note conclusive.
*****
1. I fatti di causa.
Dalla documentazione allegata al ricorso monitorio, emerge che i
sigg. ### e ### con contratto preliminare del 12.3.2013,
promisero di alienare ad ### la quota del 25% del diritto di nuda
proprietà indivisa su alcuni beni immobili situati nella ### per
compensare un credito di € 100.000,00 vantato nei loro confronti
dal promissario acquirente, già azionato nel 2011 con un
pignoramento immobiliare per mezzo di un decreto ingiuntivo non
opposto (all. 1).
Il contratto de quo fu risolutivamente condizionato all'integrale
soddisfacimento del credito del ### all'esito della procedura
esecutiva, di talché, in ipotesi negativa, si sarebbe appunto
realizzata la cessione definitiva della citata quota immobiliare.
Ad ogni modo, nelle more il ### si sarebbe obbligato a non
attivare o coltivare procedure coattive e ad abbandonare quella
pendente, conservando però il diritto di agire nuovamente per il
pagamento del credito e/o l'esecuzione del compromesso nel caso
d'inadempimento dei promittenti venditori.
Accadde però che il ### con successivo atto notarile del
30.12.2015, cedé l'intera posizione contrattuale di cui sopra,
comprensiva del credito, agli odierni attori, figli dei promittenti
alienanti, dietro impegno solidale dei medesimi di corrispondergli
la somma di € 100.000,00 mediante dilazione di pagamento
rateizzato su base mensile per la durata di vent'anni, con prima
scadenza al 27.1.2016, e al tasso nominale annuo del 3% (all. 2).
In pari data, tra l'altro, i cessionari acquisirono definitivamente dai
genitori i diritti di nuda proprietà oggetto del contratto preliminare
del 2013, nel quale erano appena subentrati (all. 3).
Il sig. ### lamentando l'illegittima interruzione dei versamenti
promessi dai fratelli ### a far data dall'ottobre 2019, ha chiesto
al Tribunale di ### d'ingiungere ai debitori di pagargli la somma
di € 27.175,28, maggiorata degli interessi convenzionali per
l'ulteriore importo di € 1.702,54.
Dal canto loro, gli ingiunti hanno svolto una lunga e articolata
premessa fattuale circa il contesto e i motivi che avrebbero indotto
i genitori a sottoscrivere il compromesso del 2013 - sulla quale non
vale la pena soffermarsi, in quanto infarcita di riferimenti del tutto
irrilevanti ai fini del decidere -, sollevando poi diverse eccezioni
che verranno partitamente esaminate.
2. ### improcedibilità della domanda ingiunzionale.
Gli opponenti hanno pregiudizialmente eccepito l'improcedibilità
della domanda monitoria, perché non preceduta dal tentativo di
mediazione prescritto dal contratto di cessione del 2015.
Come già chiarito con l'ordinanza del 21.6.2024, l'eccezione è
infondata, poiché se la mediazione convenzionale non viene
intrapresa prima dell'esercizio della domanda giudiziale - o se
avviata non sia ancora conclusa -, il ### deve limitarsi a fissare
la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 6
del D.Lgs. 28/2010 (artt. 5-sexies e 5 del cit. decreto), e nella
specie la procedura stragiudiziale, anche se introdotta dopo la
domanda monitoria, risulta poi espletata con esito negativo (all.ti
2 e 7 del convenuto).
3. ### nullità dei due contratti oggetto di causa.
Gli opponenti hanno eccepito la nullità, ai sensi degli artt. 1963 e
2744 c.c., del contratto preliminare del 2013 - e la conseguente
nullità derivata del contratto di cessione del 30.12.2015 - perché
elusivo del patto commissorio.
A tal proposito hanno evidenziato che: a) il compromesso del 2013
era risolutivamente condizionato all'integrale soddisfacimento del
credito vantato ### dal sig. ### e assolveva chiaramente a una
funzione di garanzia, e non solutoria; b) ### all'epoca sopraffatto
da ingentissimi debiti bancari, aveva l'esigenza di arginare gli altri
creditori, tra cui il ### tant'è che per preservare il patrimonio
immobiliare familiare fece intervenire nel preliminare la moglie
### quale suo garante, seppur del tutto estranea al credito del
### c) il compromesso del 2013 era assistito da un meccanismo
di proroga del termine per l'adempimento del debito anteriore
garantito dalla cessione del bene; d) c'era un'evidente
sproporzione tra il valore del credito presuntivamente vantato e il
patrimonio postone a garanzia.
Orbene, al di là dell'eccepito difetto di interesse ad agire (art. 100
c.p.c.) e di legittimazione attiva (art. 81 c.p.c.) sollevato
dall'opposto, le censure attoree non hanno pregio.
Infatti, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1963 e 2744
c.c., deve ritenersi nullo ogni patto - ma anche qualsiasi diverso
negozio che venga in concreo impiegato per conseguire tale
risultato (cfr. ex multis Cass. n. 23617/2017) - con cui si conviene
che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la
proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore, e
ciò anche quando il patto sia posteriore alla costituzione della
garanzia.
La ratio della nullità sancita da tale articolo risiede nel divieto di
raggiungere, in ogni modo, il risultato dell'illecita coercizione del
debitore a sottostare alla volontà del creditore.
Senonché, come precisato dalla Suprema Corte (cfr. Cass. n.
19508/2020) “il patto commissorio, vietato dall' art. 2744 c.c., è
configurabile solo quando il debitore sia costretto al trasferimento
di un bene, a tacitazione dell'obbligazione, e non anche ove tale
trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga
liberamente concordato quale datio in solutum ( art. 1197 c.c. ),
ovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all'atto
della costituzione dell'obbligazione medesima (art. 1286 c.c.)”;
parimenti, il divieto in esame non è configurabile ove il
trasferimento avvenga allo scopo di soddisfare un precedente
credito rimasto insoluto (cfr. ex multis Cass. n. 19694/2022 e
Cass. n. 1466/2023).
Nel caso di specie, il preliminare del 12.3.2013 non sortiva il
risultato per i debitori di dover subire il trasferimento di propri beni
in dipendenza dell'inadempimento dell'obbligazione, avendo
invece i contraenti inteso realizzare uno scambio, non condizionato
all'inadempimento di un pagamento.
Il compromesso andava, invero, a regolare le modalità e i termini
di pagamento di un credito preesistente del ### rimasto
insoddisfatto, e ciò escludeva la ricorrenza del patto commissorio,
mancando lo scopo di garanzia dell'intesa.
Va poi segnalato come lo stesso contratto prevedesse correttivi
per fronteggiare talune sopravvenienze (quali decurtazioni del
credito in presenza di incassi parziali e facoltà dei promittenti
venditori di cedere un numero inferiore di immobili se nelle more
il valore della nuda proprietà, al netto delle passività
definitivamente accertate, fosse stato superiore al diritto di credito
ancora vantato dal promissario acquirente), che paiono
ulteriormente allontanare l'operazione negoziale de qua dalla
figura del patto commissorio vietato dall'ordinamento.
Il compromesso del 12.3.2013, pertanto, è da ritenersi valido, con
conseguente validità del successivo contratto di cessione del
31.12.2015.
3. La domanda di annullamento del contratto di cessione del 2015.
Nelle conclusioni rassegnate nell'atto introduttivo, gli attori hanno
chiesto, in via subordinata, “l'annullamento per errore ovvero per
dolo, ovvero per altra causa che sarà provata all'esito dell'attività
istruttoria”, del contratto di cessione siglato nel 2015.
La domanda è talmente generica da non meritare
approfondimenti, dal momento che nel corpo della citazione, così
come della prima memoria di cui all'art. 171-ter c.p.c., difetta
qualsiasi allegazioni sulla ricorrenza delle condizioni prescritte
dagli artt. 1427, 1428, 1429, 1431 e 1439 c.c., idonee a
giustificare l'invocato annullamento.
4. La domanda risoluzione per inadempimento del contratto di
cessione del 2015 e l'eccezione d'inadempimento.
Gli opponenti hanno chiesto la risoluzione giudiziale del contratto
di cessione, o comunque hanno sollevato contro il ### l'eccezione
di cui all'art. 1460 c.c., dolendosi del suo grave inadempimento
all'obbligo di consegnargli il documento probatorio del credito
ceduto ex art. 1262 c.c., costituito dal decreto ingiuntivo
accennato nel compromesso del 2013.
Le doglianze non colgono nel segno.
Nella cessione di credito, il cedente è obbligato a consegnare al
cessionario i titoli probatori del credito (art. 1262 c.c.), attenendo
detta consegna non già alla fase della conclusione del contratto,
ma a quella attuativa, in quanto funzionale alla possibilità del
cessionario di far valere i diritti cedutigli.
La mancata consegna dei documenti costituisce un inadempimento
imputabile al cedente, che dà facoltà al cessionario di agire in
giudizio per ottenerne la consegna coattiva o per domandare la
risoluzione della cessione - sempre che questa sia stata realizzata
tramite un contratto a prestazioni corrispettive e che detta
omissione non sia di scarsa importanza -, oltreché per rivendicare
gli eventuali danni sofferti a causa della mancata consegna.
Ciononostante, la mancata consegna non può essere fatta valere
dal cessionario se nelle more il debitore ceduto abbia soddisfatto il
credito in suo favore, stante il sopravvenuto difetto di interesse
(cfr. Cass. n. 2747/1983).
Nela fattispecie di cui si discute, quand'anche il cedente ### non
avesse consegnato ai cessionari ### il documento probatorio del
credito ceduto, alcun nocumento possono aver subito gli stessi da
tale omissione, atteso che, contestualmente alla cessione del
2015, fruirono di quel credito verso i genitori per dar corso al
contratto preliminare del 2013 nel quale era subentrati per effetto
della cessione, siglando la compravendita definitiva. ### da parte
dei debitori ceduti estinse, pertanto, l'obbligo del ### di
consegnare il documento richiestogli e precluse irrimediabilmente
ai cessionari la possibilità di far valere responsabilità del cedente
per tale ipotetico inadempimento.
5. ### estinzione del credito ingiunto.
Gli attori hanno eccepito l'estinzione del credito ingiunto facendo
leva sulle pattuizioni contenute nel contratto di cessione del 2015,
e in particolare sul combinato disposto di due clausole negoziali,
che da un lato fissavano quale termine per il pagamento del
corrispettivo rateale della cessione del credito il «giorno 27 di
ciascun mese» e d'altro stabilivano che «la mancata trascrizione di
un atto diretto ad ottenere il pagamento del saldo prezzo di cui
sopra, decorsi 180 ### giorni dallo scadere del termine pattuito,
costituirà prova dell'avvenuto pagamento e tacita quietanza dello
stesso».
Seguendo la prospettazione attorea, giacché l'ultimo versamento
risalirebbe al 3.9.2019, da imputarsi alla rata scaduta il ### (all.
7 della citazione), e che non risulterebbero trascrizioni dell'opposto
di atti diretti a conseguire il pagamento del saldo prezzo nel
termine di 180 giorni decorrenti dal 27.9.2019, cioè il termine
pattuito scaduto, dovrebbe ritenersi integrata la prova
dell'avvenuto pagamento e tacita quietanza dello stesso, nel
rispetto di quanto convenuto tra le parti.
Anche tale rilievo va disatteso.
A tutto voler concedere, la clausola contenuta nel contratto di
cessione si riferiva chiaramente al “saldo prezzo”, e non alle
singole rate in cui lo stesso avrebbe dovuto onorarsi, sicché il
termine semestrale indicato nella pattuizione controversa
potrebbe al limite operare da dicembre 2034, ossia dall'ultima
mensilità del piano rateale contrattato (all. B del contratto). ###,
gli stessi opponenti ammettono il mancato pagamento delle rate
oggetto del decreto ingiuntivo, avendo per un verso dichiarato
d'aver corrisposto l'ultima rata a settembre 2019 e per altro verso
agito in riconvenzionale per la sola restituzione di quelle versate in
precedenza.
6. ### usurarietà degli interessi pattuiti nel compromesso del
2013.
Gli opponenti eccepiscono, infine, la presunta usurarietà degli
interessi pattuiti nel compromesso del 2013, segnalando in
particolare che il credito del ### incorporato nel decreto
ingiuntivo, poi azionato con il pignoramento immobiliare,
riportasse un capitale di € 74.698,61, elevato però alla somma
riconosciuta dai genitori di € 100.000,00, tenuto conto di non
meglio precisati “interessi e spese legali”, circostanza che, unita
alla mancanza del titolo giustificativo di tali importi, non
consentirebbe di comprendere la legittimità delle somme aggiunte
alla sorte capitale.
Anche l'ultima censura non è fondata per un'assorbente ragione.
La parte stessa non è in grado di dedurre la misura concreta degli
interessi pattuiti, tanto da dubitare se la medesima oltrepassasse
il tasso soglia per il trimestre di riferimento in relazione a quella
alla fattispecie negoziale, ai sensi dell'art. 644 c.p..
Siccome il contratto preliminare del 2013 conteneva un'espressa
ricognizione di debito dei promittenti venditori ex art. 1988 c.c.
per la somma di € 100.000,00 (di cui € 74.698,61 per capitale, e
il residuo per interessi e spese legali), era onere degli odierni attori
dimostrare la inesistenza, o invalidità o estinzione dell'obbligazione
principale. 7. ### del giudizio e le spese processuali.
In ragione di quanto esposto, l'opposizione va integralmente
respinta e il decreto ingiuntivo dev'essere confermato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo secondo i criteri di cui al D.M. 55/2014, applicando i
valori minimi per la fase istruttoria e decisionale, stante l'attività
svolta.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria o
diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: 1) rigetta
l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo
opposto 557/23 (RG: 1841/2023), emesso dal Tribunale di ### il
###; 2) condanna gli opponenti, in solido tra loro, a rifondere
all'opposto le spese di lite, che liquida in € 5.261,00 per compensi,
oltre ### CPA e spese generali (15%) come per legge
Avv. Antonino Sugamele

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