Osserva in sentenza la Corte d’Appello di Bari come il regime introdotto dall’articolo 13 Dlgs n. 38/2000 si applichi unicamente ai danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi, o denunciati, successivamente all’entrata in vigore del Dm 12 luglio 2000, recante le Tabelle valutative del danno biologico. Ne consegue che, in caso di malattia (od infortunio) denunciata dall’interessato prima del 9 agosto 2000, la stessa deve essere valutata in termini d’incidenza sull’attitudine al lavoro del richiedente, ai sensi dell’articolo 74 Dpr n. 1124/1965, e può dar luogo ad una rendita per inabilità permanente solo in caso di riduzione di tale attitudine in misura superiore al dieci per cento.
L’articolo 13 cit. ha introdotto un nuovo sistema di liquidazione del danno conseguente agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali, prevedendo, per la prima volta, la liquidazione del danno biologico (pertanto indipendentemente da una riduzione della capacità di produzione di un reddito da parte del lavoratore colpito), in capitale, in caso di menomazioni di grado pari a 6% e inferiore a 16% e mediante una rendita, per le menomazioni di grado superiore ed aggiungendo, in quest’ultimo caso, una ulteriore quota di rendita per le conseguenze patrimoniali, commisurata al grado di menomazione, alla retribuzione dell’assicurato e sulla base di una apposita nuova tabella dei coefficienti.
In precedenza, la disciplina relativa alla materia degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, stabilita dal Dpr n. 1124 cit., prevedeva, viceversa, un indennizzo dei postumi permanenti rappresentati da una riduzione della capacità lavorativa del dipendente oltre la soglia del 10%, secondo quanto stabilito dall’articolo 74 del medesimo Dpr, superata anche in caso di aggravamento successivo dipendente dal medesimo infortunio o malattia professionale.
Corte d'Appello di Bari, Sentenza n. 727/2024 del 13-05-2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Bari - ### per le controversie in materia di
lavoro, previdenza e assistenza - composta dai ### 1) dott.ssa ###
2) dott. ### 3) dott.ssa ### relatore ha emesso la seguente
S E N T E N Z A
nella controversia iscritta nel R.G. al numero sopra indicato;
T R A ### rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ###
E
INAIL rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ###
Con sentenza definitiva in data ###, il Tribunale del lavoro di ###
a) rigettava la domanda di ### intesa ad accertare che la ipoacusia
percettiva bilaterale - già riconosciuta quale malattia professionale
con postumi permanenti nella misura del 12% a decorrere dal febbraio
1996 - abbia determinato un grado complessivo di danno biologico in
misura superiore al 12% con condanna dell'### al pagamento della
rendita o dell'indennizzo parametrati al grado di invalidità riscontrato;
b) condannava il ricorrente al pagamento in favore dell'### delle
spese di lite, liquidandole in E 2.300,00, e a quelle di ###
Con ricorso depositato il #### proponeva gravame, chiedendo, in
riforma dell'impugnata sentenza, per i motivi che di seguito si
riepilogano e si valutano, l'accoglimento Sentenza n. ###/2024
pubbl. il ###
RG n. ###/2022 della domanda originariamente azionata in primo
grado.
L'### resisteva e concludeva per il rigetto del gravame.
Acquisiti il fascicolo d'ufficio relativo al primo grado di giudizio e i
documenti prodotti dalle parti, ammessa ed espletata ctu, in data
odierna la causa veniva decisa mediante pubblicazione del dispositivo
in calce trascritto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il ### dinanzi al Tribunale di ### dipendente
dell'### di ### sin dal 23.02.1987 con qualifica di operaio
metalmeccanico, deduceva: di essere addetto al montaggio di parti
meccaniche di aereomobili, e di aver utilizzato perciò strumentazionead aria compressa, quali martelli, avvitatori e trapani, nonché al
montaggio di scatolato di alluminio con relativa rivettatura a
schiacciamento per il tramite di meccaniche pneumatiche; di lavorare
otto ore al giorno per sei giorni a settimana; di aver accusato durante
lo svolgimento dell'attività lavorativa diverse patologie ad eziologia
professionale (paraplegia e ipoacusia percettiva bilaterale); che, in
particolare, gli era stata riconosciuta quale malattia professionale la
‘ipoacusia percettiva bilaterale' nella misura del 12% e a decorrere dal
23.2.1996; che, a causa di un sopravvenuto aggravamento del quadro
morbigeno, inerente l'apparato uditivo, il ### egli aveva formulato
all'### istanza di revisione passiva; che con provvedimento del
18.12.2018 l'### aveva respinto l'istanza.
Tanto detto, chiedeva accertarsi che la patologia dell'ipoacusia aveva
determinato un grado di invalidità in misura superiore al 12%, con
relativa condanna dell'### alla corresponsione della rendita o
dell'indennizzo, ed assumeva che, trattandosi di una patologia di
natura professionale già riconosciuta prima dell'emanazione del D.Lgs
38/2000, il parametro di valutazione fosse quello di cui al T.U. n.1124
del 1965 e relative tabelle di cui alla circolare n 22 del 1994, poiché,
per effetto del comma 2 dell'art. 13 del D.lgs 38/2000, la nuova
disciplina si applica esclusivamente agli infortuni sul lavoro verificatisi
e alle malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di
pubblicazione del suddetto decreto ministeriale, e cioè dal
25/07/2000. Solo in via gradata chiedeva l'applicazione delle tabelle
di cui al D.Lgs n. 38/2000.
L'### contestava la fondatezza della domanda attorea, escludendo
che il peggioramento del deficit uditivo fosse ascrivibile a causa
lavorativa, in quanto dal 2015 l'istante svolgeva mansioni diverse,
essendo stato adibito ad attività di ufficio.
Ammessa ed espletata consulenza tecnica di ufficio, il Tribunale del
lavoro di ### rigettava la domanda di ### Il primo giudice dava
conto delle considerazioni svolte nell'elaborato peritale dal ctu, dott.
### D'### specialista in otorinolaringolatria, il quale, nel rilevare
che il ### è effettivamente affetto dalle patologie denunciate, e non
senza evidenziare che l'ipoacusia neurosensioriale è patologia a
genesi multifattoriale, di cui una quota attribuibile a causa lavorativa
e l'altra a cause e###tralavorative (socio-presbiacusia), aveva
precisato di aver utilizzato dapprima ‘la classificazione sec. G. Rossi e
successivamente la tabella di ### per le ipoacusie intermedie
(allegato 1 della “### di indennizzo del danno biologico”, D.M.
12/07/2000, ### ordinario n.119 alla G.U. 25/07/2000 n.172)';
quindi, poiché ‘detta tabella prende in considerazione cinque
frequenze (500-1000-2000-3000-###z) ed assegna ad ognuno un
valore', concludeva che ‘ sottraendo all'ipoacusia complessivamente
riscontrata, la quota prevista per la socio/presbiacusia, il danno
uditivo accertato è pari al 12%».
Aggiungeva che il ### a seguito di osservazioni del ctp di parte
resistente, aveva specificato di aver utilizzato, per la valutazione del
danno, le tabelle ### (DM 12.7.2000), spiegando che ‘l'ipoacusia
professionale avvenuta nel 1996 dovesse essere valutata con la
tabella allegata alla circolare ### n. 22 del 07 luglio 1994. Qui però
stiamo considerando una condizione clinica non del 1996 ma del 2018
e quindi insorta progressivamente negli ultimi 20 anni circa,
condizione uditiva non presente nel 1996 o meglio presente con un
grado di gravità totalmente diverso. La richiesta di aggravamento e la
relativa domanda, è stata inoltrata diversi anni dopo (novembre 2018)
la prima valutazione ed il danno da me preso in considerazione è
insorto progressivamente dal 1996 fino al 2018 (data dell'ultimo
esame audiometrico preso in considerazione). Detto questo, ritengo
corretto l'uso delle tabelle da me utilizzate per l'attuale valutazione
del danno, danno successivo all'entrata in vigore delle nuove tabelle
cioè ### (D.M. 12/07/2000, ### ordinario n. 119 alla G.U.
25/07/2000 n. 172)'.
Il giudice registrava anche ulteriori osservazioni del ctu; in particolare,
il dott. D'### aveva precisato che il danno uditivo del ### con una
ipoacusia che interessa tutte le frequenze, anche quelle non coinvolte
in un danno da rumore, non poteva essere considerato solo a genesi
lavorativa, e, quindi, aveva scorporato il quantum di danno attribuibile
a causa e###tralavorativa, e di aver utilizzato, allo scopo, per lo
scorporo della socio-presbioacusia (la presbiacusia è espressione di
un fisiologico invecchiamento dell'apparato acustico, e la socio-acusia
è dovuta all'inquinamento acustico ambientale), la tabella ###
relativa all'innalzamento della soglia acustica attribuibile alla
socioacusia, e, tanto in sintonia con quanto stabilito anche dalla
Cassazione nella sentenza n. 6846/92.
In condivisione dei rilievi del consulente, frutto di accurati
accertamenti diagnostici e privi di vizi logico-giuridici, il Tribunale di
### escludeva la sussistenza di un aggravamento della malattia
professionale e rigettava la domanda.
*****
Con un unico articolato motivo l'appellante censura la sentenza per
aver acriticamente recepito le conclusioni del ctu, e per aver perciò
ritenuto corretta l'applicazione al caso di specie delle tabelle sec. ###
di indennizzo del danno biologico di cui al D.M. 12.07.2000 laddove,
invece, poichè la patologia della ipoacusia neurosensoriale bilaterale
gli era già stata riconosciuta sin dal 23.2.1996 (e, quindi, da epoca
precedente all'entrata in vigore del D.lgs 38/2000), e venendo perciò
in rilievo solo la revisione della percentuale di inabilità derivatane, la
normativa applicabile era quella prevista dall'art. 74 T.U. 1124/1965.
### mette in risalto che, non a caso, il giudice, nel conferire l'incarico
al ctu, aveva indicato i confini entro cui procedere alla valutazione del
danno acustico, ed aveva fatto espresso riferimento alla normativa del
1965.
Rimarca altresì - in merito alla operata decurtazione dei postumi
permanenti in considerazione degli effetti di cui alla
“socio/presbioacusia” (tab. sec. Rossi) - che lo stesso ### non aveva
mai fatto riferimento ad una valutazione secondo il metodo ### né
in fase di primo riconoscimento (9%), né in fase di prima revisione
passiva (del 2008), di modo che anche per l'istanza di revisione
passiva del 2018 doveva seguirsi la medesima metodologia prevista
dalla circolare n. 22/1994. ***** ### è fondato.
Con il gravame il ### sollecita la questione di quale sia la disciplina
applicabile nelle ipotesi in cui da una malattia professionale
denunciata (e accertata) anteriormente alla data di entrata in vigore
del sistema indennitario regolato dall'art. 13 d.lgs. n. 38 del 2000
derivino postumi che si evidenzino successivamente a tale data.
Invero, l'art.13 al comma 2 prevede che in ipotesi di danni
conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi nonché a malattie
professionali denunciate, a decorrere dalla data di entrata in vigore
del decreto ministeriale di cui al comma 3, l'### in luogo della
prestazione di cui al testo unico n. 1124 del 1965, art. 66 comma 1
n. 2), eroga l'indennizzo previsto e regolato dalle disposizioni dettate
in seguito dallo stesso articolo ed includenti, come è noto, anche il
danno biologico nell'ipotesi in cui la percentuale di menomazione
superi il 16 per cento nonché il solo danno biologico, in capitale, tra il
6 e il 15 per cento di menomazione.
Dette menomazioni, conseguenti alle lesioni dell'integrità psicofisica
di cui all'art. 13 comma 1 sono valutate in base a specifica ‘tabella
delle menomazioni', comprensiva degli aspetti dinamicorelazionali ed
ai sensi del comma 3, i relativi criteri applicativi e i successivi
adeguamenti sono approvati con decreto del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale su delibera del consiglio di amministrazione
dell'### Orbene, in continuità con il pensiero della Suprema Corte,
deve dirsi che la disciplina applicabile sia quella anteriore all'entrata
in vigore del D.Lgs 38/2000.
Giova riportare il passaggio qui di interesse riportato nella sentenza n
23892 del 2012. “Questa Corte di cassazione (Cassazione 4 febbraio
2015, n. 1998, Cass n 9956 del 2011) ha affermato che il nuovo
regime introdotto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 si applica
unicamente ai danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie
professionali verificatisi o denunciati successivamente all'entrata in
vigore del D.M. 12 luglio 2000, recante le tabelle valutative del danno
biologico.
Ne consegue che, in caso di malattia (od infortunio) denunciata
dall'interessato prima del 9 agosto 2000, la stessa deve essere
valutata in termini d'incidenza sull'attitudine al lavoro del richiedente,
ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 74, e può dar luogo ad una
rendita per inabilità permanente solo in caso di riduzione di tale
attitudine in misura superiore al 10 per cento.
Il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13 ha introdotto un nuovo
sistema di liquidazione del danno conseguente agli infortuni sul lavoro
e alle malattie professionali, prevedendo, per la prima volta, la
liquidazione del danno biologico (pertanto indipendentemente da una
riduzione della capacità di produzione di un reddito da parte del
lavoratore colpito), in capitale, in caso di menomazioni di grado pari
a 6% e inferiore a 16% e mediante una rendita, per le menomazioni
di grado superiore ed aggiungendo in quest'ultimo caso una ulteriore
quota di rendita per le conseguenze patrimoniali, commisurata al
grado di menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e sulla base
di una apposita nuova tabella dei coefficienti.
In precedenza, la disciplina relativa alla materia degli infortuni sul
lavoro e sulle malattie professionali, stabilita dal D.P.R. n. 1124 del
1965, prevedeva viceversa un indennizzo dei postumi permanenti
rappresentati da una riduzione della capacità lavorativa del
dipendente oltre la soglia del 10%, secondo quanto stabilito dall'art.
74 D.P.R. citato, superata anche in caso di aggravamento successivo
dipendente dal medesimo infortunio o malattia professionale (D.P.R.
n. 1124 del 1965, art. 83, comma 8).
Tale diversità di disciplina giustifica la disposizione della L. n. 38 del
2000, art. 13 secondo la quale il nuovo sistema è applicabile
unicamente per "i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a
malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data
di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 5", (poi
emanato il 12 luglio 2000, laddove la locuzione "verificatisi o
denunciati" si riferisce chiaramente agli infortuni e alle malattie
professionali, che sono oggetto della denuncia di cui al D.P.R. n. 1124
del 1965, artt. 52 e 53 e non ai danni che superino la soglia indicata
dalla legge, accertabili unicamente a posteriori anche quanto alla
decorrenza degli stessi (diversamente, del resto, ne deriverebbe
l'impossibilità di stabilire a priori i criteri con cui operare la valutazione
in un caso, come quello in esame, di manifestazione successiva dei
danni da infortunio occorso e denunciata prima della nuova disciplina),
(cfr. ord. sez. lav. n. 9956/2011).”
Stando così le cose, poiché nel caso in esame la malattia della
ipoacusia di cui si rivendica in questa sede l'aggravamento è stata
denunciata ed accertata sin dal 1996, vi è che i relativi postumi
permanenti vanno valutati in termini di incidenza sulla attitudine al
lavoro, e, quindi, ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile,
non può farsi riferimento, come invece ha fatto il ctu, e con lui il primo
giudice, alla disciplina vigente al momento di manifestazione
dell'asserito aggravamento, verificatosi molti anni dopo.
La sentenza impugnata ha quindi errato perchè, nel far proprie le
conclusioni del ctu, ha aderito alla tesi sostenuta dal ctu nel corpo
dell'elaborato peritale della applicabilità della disciplina di cui al D.Lgs.
n. 38 del 2000, in luogo del previgente regime di cui al D.P.R. n. 1124
del 1965, regime secondo cui l'indennizzo a carico dell'### si riferisce
esclusivamente alla riduzione della capacità lavorativa.
Non a caso il giudice aveva espressamente indicato al ctu nel TU
1124/1965 la disciplina da tenere a mente nel compiere gli
accertamenti peritali; invero, nel quesito il giudice aveva assegnato al
ctu dott ### ### di accertare, in relazione alla malattia
professionale ‘ipoacusia percettiva bilaterale', “se siano risultati
postumi superiori rispetto a quelli già riconosciuti dall'### pari al
12%, ai sensi della disciplina prevista T.U. n 1124/65 (ratione
temporis applicabile); in caso di risposta affermativa, ne quantifichi la
relativa percentuale e la relativa data di decorrenza”. In ragione della
fondatezza delle censure espresse nel gravame, la Corte ha ritenuto
necessario disporre consulenza medico legale.
Al ctu, dott. ### ha posto il seguente quesito: << accerti il ctu, in
relazione alla malattia professionale già riconosciuta dall'### con
postumi nella misura del 12% a decorrere dal 23.2.1996, se in capo
all'appellante vi siano postumi superiori rispetto a quelli già
riconosciuti dall'### facendo applicazione della disciplina prevista dal
T.U n 1124/65, in quanto ratione temporis applicabile (dovendo i
postumi essere valutati in termini di incidenza sulla attitudine al, e, in
caso di esito positivo, ne quantifichi la percentuale relativa e la
decorrenza; compia il c.t.u. ogni altro accertamento utile a fini di
causa”>>.
Con elaborato coerente con i quesiti posti, congruamente motivato e
sulla base di adeguati procedimenti di esame e verifica, il dott. ###
ha riconosciuto in capo al ### affetto da ‘ipoacusia neurosensoriale
bilaterale', una inabilità definitiva del 16% (sedici per cento) con
decorrenza da data di revisione (01-11-2018).
Preliminarmente, si è soffermato sulle peculiarità delle malattie
connesse alla menomazione dell'udito, ed ha spiegato che questa si
può manifestare in due forme: A) la menomazione è la conseguenza
di un'esposizione al rumore insufficiente per provocare una
distruzione permanente delle cellule sensoriali; perciò, il ricupero da
questa menomazione avviene nel giro di alcune ore. Questa
condizione viene comunemente chiamata “spostamento temporaneo
di soglia dovuto a rumore” o “deficit uditivo transitorio” (TTS ˆ
temporary threshold shift).
B) l'esposizione breve a rumori di elevata intensità o l'esposizione
prolungata a rumori di intensità inferiore (comunque almeno sopra gli
80 dB) provoca (può provocare) una lesione e quindi un danno
permanente alle strutture neurosensoriali dell'apparato uditivo;
questa condizione è chiamata “spostamento di soglia permanente
provocata da rumore” o “deficit uditivo permanente” (PTS ˆ
permanent threshold shift).
In relazione alla tipologia temporale di esposizione al rumore è
possibile distinguere: 1) Trauma acustico acuto 2) ### acustico
cronico Il trauma acustico cronico si manifesta in seguito a prolungate
esposizioni ad un rumore di livello anche meno elevato. Il rischio di
una lesione permanente aumenta se il soggetto che sia stato esposto
ad una sovra stimolazione acustica viene esposto al rumore prima che
abbia recuperato completamente la funzione uditiva. In altre parole
sussiste un rapporto diretto tra entità del rumore e durata
dell'esposizione. Stante la diversa suscettibilità individuale al rumore
non è facile fissare un limite matematicamente certo al 100% tra
rumore lesivo e rumore non lesivo. Tuttavia facendo riferimento alla
tabella ISO 1999-1990 si conviene sul fatto che circa l'85% della
popolazione possa subire un trauma acustico se esposto per 40 ore
settimanali a un rumore di 90 dB.
Infine va sottolineato che il rischio di contrarre una ipoacusia
maggiore di 25 dB per esposizioni a 85 dB ### per 35 anni, interessa
solo il 6.5% dei soggetti. In base a ciò intensità inferiori producono
entità ed epidemiologia di danno ancora ulteriormente inferiori, se non
impercettibili e probabilistici.
Il danno uditivo da rumore è irreversibile ma non evolutivo, una volta
cessata l'esposizione ed è proporzionale alla quantità di energia che
raggiunge la coclea nel tempo; dipende quindi da diversi fattori quali
il livello sonoro e la durata dell'esposizione, che devono essere tali da
provocare alterazioni a carico della coclea. Audiometricamente si può
affermare che l'andamento del deficit può così essere riassunto: il
danno uditivo, bilaterale e simmetrico (se da trauma acustico cronico
da ambiente lavorativo), si evidenzia già nel primo anno espositivo,
raggiunge il 90% dell'ampiezza attorno al 5° anno, crescendo infine
con andamento asintotico tendente ai 60 dB, in media, fino ai 10 anni
circa, sempre in funzione dell'intensità. … Dal punto di vista
squisitamente medico va affermato, quindi, che il danno cessa con
l'interruzione della esposizione al rumore potenzialmente lesivo.
Questo dato è ulteriormente avvalorato, come sottolineato, dalla
evidenza dell'andamento sostanzialmente asintotico a 4k Hz del
danno uditivo a partire dal 10° anno circa di esposizione, pur
permanendo il trauma sonoro, come è facilmente desumibile dal
grafico.
Dal punto di vista clinico per poter fare diagnosi di ipoacusia da
rumore professionale (che è una diagnosi medica ben definita e
definibile) vi deve essere l'incontro e, soprattutto, la contemporaneità,
di tre dati essenziali: anamnesi e valutazione positiva per esposizione
ad un rumore potenzialmente dannoso, entità e tempo di esposizione
del rumore tale da poter essere potenzialmente lesivi, riscontro
clinico-strumentale di un deficit uditivo riconducibile a tale
patogenesi.” La disamina del ctu è proseguita su un ulteriore aspetto,
afferente l'aggravamento della malattia. Al riguardo, il ctu ha
affermato: “### alla definizione di aggravamento vanno esposti
alcuni concetti. Già ### e ### nel 1961 avevano osservato che il
danno da rumore ha evoluzione temporale specifica: • massima
all'inizio dell'esposizione,• va poi riducendosi nel tempo, • si completa,
sostanzialmente, nei primi 10 anni espositivi e ciò almeno per
esposizioni costanti.
Per poter parlare di aggravamento dell'indebolimento permanente del
senso dell'udito di origine professionale, bisogna ricordare che
secondo la norma ISO 1999-1990, l'evoluzione di un danno uditivo da
rumore è massima nei primi 5-10 anni di esposizione, come già
accennato, per poi tendere a rallentare quantitativamente
successivamente. Ne deriva che un'evoluzione della soglia
audiometrica, valutata sulla base del confronto tra due esami
audiometrici, superiore alla variabilità test-retest (10 dB medi a 2-3-
4 kHz secondo la norma #### and #### è riconducibile ad un danno
da rumore solamente se accertata nei primi anni di esposizione, fatti
salvi gli altri punti (bilateralità evoluzione di tipo neurosensoriale,
sussistenza del nesso causale, morfologia compatibile della curva
audiometrica) e fa scattare l'obbligo di redigere un nuovo referto.
Nel periodo espositivo successivo, sempre in presenza di esposizione
costante, le variazioni attese di soglia riconducibili al rumore sono per
lo più inferiori al potere di risoluzione dell'audiometro (in genere 5 dB)
ed alla variabilità del test (10 dB in condizioni controllate, di più nelle
altre situazioni) ed è pertanto molto difficile poter ricondurre, con
sufficiente certezza, un eventuale aggravamento ad un'origine
professionale. In questi casi solamente un'attenta valutazione della
morfologia dei tracciati, della storia clinica e lavorativa (meglio se
eseguita da persone particolarmente esperte), e soprattutto di una
conferma diagnostica (eventuale assenza di altre patologie
dell'orecchio coesistenti, primitive precedenti e/o sopravvenute e/o
coesistenti, seppur molte volte “sine causa”), può consentire di
formulare un giudizio sulla riconducibilità dell'evoluzione peggiorativa
ad un'origine professionale.
In particolare non si ritiene possibile formulare limiti assoluti oltre i
quali ritenere verificato l'aggravamento anche se vi è un consenso
generale sul fatto che, nel caso del danno uditivo da rumore, debba
essere valutato, sostanzialmente, solo sulle frequenze 2-3-4 kHz,
fermi restando tutti i requisiti citati.” Quindi, il ctu è passato ad
esaminare nello specifico la vicenda del ### e, dopo aver
considerando che: “Il dato acclarato è che al sig. ### da parte
dell'### è stata prima riconosciuta una ipoacusia a genesi
professionale e poi è stato anche riconosciuto un aggravamento della
patologia. Attualmente è dibattuto il riconoscimento di una ulteriore
quota di aggravamento della ipoacusia.”.
Il dott. ### si è così espresso: “ ### gli esami audiometrici in atti
in funzione dell'attività e della storia lavorativa, in sintesi si possono
estrapolare alcune osservazioni fondamentali, poco considerate sino
ad ora. Il sig. ### ha iniziato a lavorare nel 1987.
Pertanto, nel 1997 aveva 10 anni di esposizione; nel 2008 aveva
accumulato 21 anni di esposizione; nel 2018 ben 31anni di
esposizione. Successivamente, nel 2019, vi fu lo spostamento
definitivo (come da anmnesi) in ambiente lavorativo del tutto diverso,
con mansione amministrativa e risoluzione definitiva dell'eventuale
esposizione. ### ora gli esami audiometrici depositati in atti,
ovviamente con la metodologia in vigore all'atto della prima domanda
(1996) e cioè con la metodologia ### del 1994, in vigore dal primo
agosto 1994, si evince, in maniera trasparente, quanto segue.
Esame della ### del ### presso l'### del 26-01-1989: nella
norma.
Esame della ### del ### presso l'### del 16-07-1993: inabilità del
7,46%.
Esame della ### del ### presso l'### del 18-09-1997: inabilità
15,30%. ### del 14-11-2008: inabilità del 15,90%.
Appare macroscopicamente evidente che i valori di inabilità (e quindi
le sottostanti soglie audiometriche e le relative variazioni nel tempo
dell'ipoacusia) ricalcano per grandi linee quanto sopra esposto sulla
evoluzione naturale nel tempo della ipoacusia da rumore professionale
in costanza di esposizione.
E questo dato è importante poiché è ampiamente noto che deficit
audiometrici che insorgono ulteriormente e in particolare sulle
frequenze gravi derivano da altre situazioni patogene che si
inseriscono e ben oltre le banali socio-presbiacusie.
Infatti le curve audiometriche del 03-12-2018 (###, del 29-06-2015
del 26-11-2018 e del 06-12- 2021 (### di ### assumono e
mostrano una morfologia sostanzialmente denominata "#### che,
mostrando un deficit importante anche sulle basse frequenze, denota
una fisiopatologia e patogenesi che nulla ha a che fare con la patologia
iniziale in questione. ### da rumore, come è noto, non mostra deficit
degni di nota sulle frequenze gravi>>.
Quindi, il dott. ### - premesso di aver fatto ricorso alla
“…metodologia in vigore all'atto della prima domanda (1996) e cioè
con la metodologia ### del 1994, in vigore dal primo agosto 1994” -
ha rassegnato le seguenti conclusioni: “valutati tutti i dati ed i motivi
anamnestici, lavorativi, tecnico-dottrinali e, soprattutto, audiologici in
atti per poter considerare e valutare con ponderatezza
l'aggravamento della ipoacusia, lamentato dal sig ### aggravamento
sempre eziopatogeneticamente riconducibile in maniera specifica ad
una esposizione a rumore lavorativo, si può affermare,
sostanzialmente in funzione degli esami audiometrici in atti, quanto
segue: può essere riconosciuta una inabilità definitiva del 16% con
decorrenza dalla data di revisione (1.11.2018)”, ed ha espressamente
ha dato conto che le parti non hanno pervenire osservazioni o
contestazioni.
Ebbene, le richiamate conclusioni vanno condivise.
Nè risultano inficiate nella loro validità dalle osservazioni rese in
udienza dal difensore dell'### non solo perchè tardivamente
espresse (non avendo, si è detto, l'### inviato osservazioni alla
bozza di perizia del ctu), ma anche perché l'ente assicuratore invoca
ancora una volta una circostanza - l'essere stato adibito il ### a
mansioni di ufficio diverse da quelle di operaio inizialmente espletate
- che il ctu (al quale peraltro è stato affidato l'incarico in ragione delle
doglianze dell'appellante sulla disciplina applicabile ratione temporis
ed in assenza di altre e diverse prospettazioni da parte dell'###, ha
tenuto nel debito conto e appositamente considerato, avendo
espressamente richiamato ‘lo spostamento definitivo (come da
anmnesi) in ambiente lavorativo del tutto diverso, con mansione
amministrativa'. ### è fondato e, conseguentemente, la sentenza
impugnata deve essere riformata.
Accolto l'appello, in riforma dell'impugnata sentenza, l'### va
condannato ad erogare all'appellante la rendita nella misura del 16%
con decorrenza dalla data di revisione (01-11-2018), oltre accessori
come per legge.
Le spese del doppio grado di giudizio e quelle di CTU vanno, pertanto,
poste a carico dell'### soccombente.
P. Q. M.
definitivamente pronunziando sull'appello, proposto con ricorso del
21.12.2022, da #### avverso la sentenza resa il ### dal Tribunale
di ### nei confronti dell'### così provvede: accoglie l'appello, e, per
l'effetto, in riforma della sentenza, condanna l'### a liquidare in
favore di ### la rendita per inabilità nella percentuale del 16% con
decorrenza dal 1.11.2018, oltre accessori di legge; condanna l'###
al pagamento in favore di ### delle spese di entrambi i gradi del
giudizio, che liquida, quelle di primo grado, in € 1.600,00 e, quelle di
secondo grado, in €. 2.000,00, oltre rimborso forfettario delle spese,
iva e cap come per legge; pone definitivamente a carico dell'### le
spese di entrambe le ctu ### deciso in ### il #### dott.ssa ###
estensore dott.ssa ###
28-05-2024 19:06
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